È
così assurdo pensare che stiano perdendo solo tempo? – affermò Sean guardando
le due persone nello schermo del suo pc, attraverso la telecamera. Era in
videochiamata con Rebecca e Colin, e stavano ovviamente parlando di Lana e Jennifer.
E
cosa vorresti fare? – lo scrutò Colin, mentre cercava di capire cosa volesse
dire il suo collega.
Una
cosa assolutamente assurda, come pretendi di riuscirci? – chiese Rebecca che
sapeva già vagamente di cosa parlasse il suo amico.
Per
questo ho te e Josh alleati – ridacchiò – Ricordi che mi parlasti di quella
porta che non si chiude bene?
La
cantina di Mark? – chiese e Colin sollevò un sopracciglio guardandoli.
Sean
cosa hai intenzione di fare? Chiuderle in una stanza? – la cosa era assurda,
quanto idilliaca, infatti scoppiò a ridere.
Vedi,
Bex? Colin apprezza! – ridacchiò – Dai, inventati una cena, voi che potete
vedervi, fatelo!
E
come ce le mando nella mia cantina, tutte e due? – chiese davvero curiosa.
Semplice,
tu ci vai con Lana e poi dato che non capisci nulla di vini – sorrise – Dirai a
Jen di raggiungere la moretta e aiutarla a decidere! Uhm? – guardò Colin.
Secondo
me fila – ridacchiò il moro.
Lana
ci ammazzerà tutti! – trattenne una risata Rebecca.
Basteranno
dodici minuti…
Nonostante
la titubanza, Rebecca era riuscita ad invitare i Dallas, Lana e Jennifer a casa
da loro. Sperava che almeno una delle due non si presentasse, non voleva
davvero trovarsi a gestire quella situazione, però i due mascalzoni sapevano come
lei, che era tempo di fare qualcosa per smovere quelle due. Il loro piano era
assurdo, poteva benissimo non funzionare e rovinare le cose, speravano che però
funzionasse, senza creare un precedente, ma qualcosa di duraturo.
Ad
accogliere in casa gli ospiti, fu Mark, il marito di Bex, che vide i piccoli di
Gin e Josh, sorridere porgendogli qualcosa per ringraziare dell’ospitalità,
poco dietro Jennifer. Anche lui era a conoscenza del “piano”, aveva detto la
sua, sapeva che qualcosa sarebbe sfociato tra le due dopo un Comic Con, dove
aveva accompagnato sua moglie. Sorrise accogliendo la castana e prese dalle sue
mani, una cheesecake fatta in casa, disse che si sarebbe diretto in cucina;
qualche istante dopo, da quando Jen si era richiusa la porta alle spalle,
suonarono al campanello. Senza aspettare, la donna mise mano alla maniglia e
aprì la porta, certo non si aspettava minimamente di ritrovarsi proprio lei,
davanti.
Ehi
– la mora sull’uscio della porta era rimasta sorpresa, ma non aveva abbandonato
il suo tipico sorriso.
Ehi
– la castana, sostò con la porta semiaperta e la incitò ad entrare.
Non
sapevo, è bello vederti – ammise, tralasciando il fatto che la sua migliore
amica non le avesse detto che aveva invitato anche altre persone per il pranzo
in veranda.
Lo
è anche per me – disse lasciandola passare e si chiuse la porta alle spalle. La
osservò, indossava un vestito a bretelline strette, a quadretti piccoli
grigio-nero, la stringeva in vita e poi scendeva morbido, le spalle scoperte,
dai capelli raccolti in una coda morbida: il tatuaggio in bella vista al di
sotto della nuca.
Stai
bene? – chiese Lana guardando l’espressione bloccata della sua ex collega.
Uhm,
sì. Guardavo il tatuaggio, è molto bello – disse allontanandosi appena per
poter proseguire verso la veranda, dopo averla fatta passare davanti.
Oh,
finalmente sei arrivata! – rise Bex, salutando Lana e vedendo apparire Jen poco
dopo – Jennifer – sorrise alla donna – Benvenuta!
Grazie
dell’invito – sorrise andando a dare un’occhiata al piccolo Milo che giocava
sul suo tappetone.
Grazie
tante – disse Lana raggiungendo la rossa in cucina – Non ti è venuto di
dirmelo? – chiese incrociando le braccia al petto.
No
– Rebecca mantieni il sangue freddo, o Sean ti prenderà in giro a vita –
È un semplice pranzo! Su! -ora o mai più pensò la padrona di casa –
Vieni in cantina, così il fresco ti farà calmare! Mark tesoro stiamo andando in
cantina – si rivolse all’uomo con un sorriso dolce.
Posso
scegliere io il vino? Così so cosa portare la prossima volta – scherzò Jen.
Diciamo
che quel cheesecake ha un aspetto magnifico, va più che bene – sorrise Bex,
nella sua mente, lo step del “piano” lo aveva fatto la castana stessa. Lana
guardò la sua amica, e poi la donna.
Okay
seguimi da questa parte – disse conoscendo bene casa dei due. Restarono in
silenzio finché non iniziarono a scendere le scale, per andare al piano di
sotto.
Wow,
si sta freschissimi qui – sorrise Jen – Che bella cantina, caspita!
Sì,
Mark ci tiene molto, è il suo gioiellino, prima viene Milo – sorrise.
Davvero
un bambino bellissimo – ammise la castana mentre si avvicinava alla prima
catasta di bottiglie – Sai a base di cosa sia il pranzo? – chiese sfiorando i
contenitori, leggendone le etichette.
Carne,
Bex ne sta divorando quantità industriali – ridacchiò.
Quindi
un buon rosso andrà bene, magari due bottiglie, anche tre – sorrise guardandosi
ancora intorno.
Se
me ne dai una, posso iniziare a risalire – ammise che la vicinanza con Jen, non
le aveva fatto così tanto effetto, prima. Con quel completo pantalone e canotta
rosso ruggine, le braccia allenate erano in risalto, come anche le spalle, le
mancava un po’ il respiro, da quando l’aveva vista.
Stai
bene? Sei claustrofobica? – chiese preoccupata.
No,
no, certo che no! – rispose e subito Jen le passò una bottiglia; così che la
donna potesse avviarsi verso le scale. Una volta davanti alla porta, provò ad
abbassare la maniglia ma non si aprì; riprovò senza successo.
Cosa
succede? – Jennifer le era arrivata da dietro in assoluto silenzio e Lana
sobbalzò portandosi una mano al petto, e per poco la bottiglia non si infranse
per terra. Jen con l’unica mano libera, riuscì ad afferrarla – Tienile –
sorrise e provò ad aprire ancora alla porta. Poco dopo iniziò a bussare,
avvisando Bex del problema, sentì i passi e la voce dall’altro lato,
tranquillizzarle, avrebbe chiamato il falegname nell’immediato.
Mi
dispiace, dovevo stare più attenta – si giustificò Lana guardandola scendere e
poggiarsi ad un tavolino poco distante. A sua volta poggiò le bottiglie e si
sedette all’ultimo scalino della rampa.
Dovresti
smetterla? – disse Jen, senza rispondere alle scuse dell’altra.
Prego?
– disse l’altra guardandola stranita, che diavolo le prendeva.
Lascia
stare! – incrociò le braccia muscolose, che si tesero e abbassò lo sguardo.
Anche
tu dovresti smetterla – riprese Lana, aspettando che l’altra sollevasse il viso
su di lei.
Come
scusa?
Sai
benissimo di cosa parlo, questa non sei tu Jenny, non sei più la stessa e sono preoccupata
per te! – la castana trasalì a sentire quel nomignolo che aveva sempre e solo
usato lei per chiamarla. La fissò negli occhi e sospirò, che motivo aveva, non
doveva.
Non
serve che tu ti preoccupi per me! – rispose agitandosi sul posto.
È
un tantino difficile e conosci anche il perché – ammise torturandosi le dita.
Pensavo
ti fosse passata! – abbandonò le braccia sui lati dei fianchi.
Pensavi
male – si mise in piedi – Non è qualcosa che passa dall’oggi al domani! –
ammise incrociando le braccia sotto il seno, che Jen non mancò di osservare, la
scollatura del vestito, mostrava parte del tessuto di pizzo del reggiseno nero.
È
passato del tempo, credevo…
Credevi
male Jennifer! Adesso però sono stanca, non posso aspettare in eterno – ammise
angosciata.
Cosa
stai aspettando? – chiese, anche se conosceva la risposta.
Sto
aspettando te, ma sembra che per noi, non ci sia storia, quindi me ne farò una
ragione – rispose abbassando lo sguardo. Avrebbe già dovuto farlo da tempo, da
quando la donna aveva iniziato a mostrare interesse per il suo attuale ragazzo,
ma non ci era riuscita.
Non
sei quella che lotta? – chiese.
È
una lotta solitaria, non posso pretendere di ottenere qualcosa. Credo che il
sentimento sia a senso unico, da un po’! – chiarì.
Credi
male… - Lana sollevò lo sguardo su quello della donna e rimase immobile – Mi
sono innamorata di te, forse prima che tu ti accorgessi di me – ammise.
Non
mi sei mai stata indifferente Jen – ammise a sua volta.
Sei
stata sposata quattro anni e sono certa, che non mi guardassi, se non come
collega o come Emma – chiarì.
Cosa
ne sai tu di come ti guardavo io? – disse scrutandola – Che ne sai?
So
che abbiamo perso tempo, che vorrei recuperare, ma non si può! – la guardò.
Perché
adesso sei tu quella impegnata – sorrise – Lo so!
Sai
quello che vogliamo far credere – la guardò – È tutto programmato, ma io sono
una donna libera!
Stai
dicendo che ti vuoi buttare in un'altra relazione adesso stesso? – chiese.
Sto
dicendo che adesso sarò solo me stessa, tornerò la Jennifer…
Della
quale mi sono innamorata? – la mora era davvero speranzosa. Voleva fare la
dura, ma dannazione, Jennifer le mandava il cervello in brodo di giuggiole e il
cuore impazziva nel suo petto.
Non
so se sarò la stessa, ma ci proverò – disse staccandosi dal tavolo e le andò
incontro, prendendole le mani. Entrambi i loro cuori fecero una capriola, e
sussultarono guardandosi negli occhi.
Voglio
che tu sia solo te stessa, sempre! – disse poggiando la fronte sulla sua – Io
non cambio niente di te! – disse lasciando le sue mani e portandole sul suo
viso – Sei così bella e dolce! Mi sei mancata – sorrise. Jen fissò i suoi occhi
verdi opachi in quelli nocciola dell’altra, portò le sue mani ad accarezzarle
le spalle.
Anche
tu – sorrise avvicinando piano le labbra alle sue, titubante se fosse o meno
giusto baciarla.
Puoi
baciarmi, se lo desideri – sorrise accarezzandole il mento con le dita.
Lo
desidero tanto, ma non so se riuscirò a fermarmi, e siamo bloccate in una
cantina…
Trascorrerà
meglio il tempo – sorrise ormai a filo sulle sue labbra e Jennifer non si
trattenne più e infranse le sue su quelle di Lana. Le sue dita finirono dietro
la nuca e poi presero a slegarle la coda, sorrisero tra le labbra, perché la
mora fece lo stesso con l’altra. La castana la girò nell’abbraccio e la spinse
verso quel tavolo, sollevò il suo vestito e presala per le cosce la sedette
sulla superficie, la mora sussultò al contatto del fresco.
Sei
sicura? – chiese Jen in preda alla passione, ma non voleva accelerare le cose
se la mora non voleva.
Lo
sono – le accarezzò il viso, scostandole i capelli dalle guance e riprese a
baciarla con passione, giocherellando a più riprese con la punta della sua
lingua, fino a invaderle la bocca. Mugugnarono nel bacio e si strinsero più
forte, sentendo l’eccitazione salire, quando Jen fece scontrare il suo bacino a
quello di Lana – Jen – ansimarono assieme.
Il
pavimento sarà fresco? – sorrise baciandole il collo, mentre le dita di Lana
vagavano nella chioma castana dell’altra.
C’è
un divanetto più infondo – ridacchiò quando l’altra la prese tra le braccia e
lei agganciò le gambe intorno alla sua vita – Ti sei pompata per questo motivo?
– scherzò accarezzandole le braccia.
Ovvio
- tentò di non farla sbattere da nessuna parte e poi finirono sdraiate sul
divano – Quanto sei bella! – le accarezzò il viso appena arrossato.
Smettila,
che arrossisco – disse passandosi una mano tra i capelli.
Mi
piace quando lo fai – si chinò a baciarle il collo e le sfilò il vestito –
Sapevo che era bellissimo – massaggiò il tessuto del reggiseno e di conseguenza
i suoi capezzoli – Eccitata?
Non
sai quanto adesso – disse prendendo una sua mano e portandosela tra le cosce –
Tutto per te – la punzecchiò leccandosi le labbra, e Jen dovette chiudere gli
occhi e mordersi un labbro quasi a sangue a quella sensazione – Guardami, ehi?
– le accarezzò il viso – Non pensarci più, siamo qui adesso!
Il
sorriso che la castana le rivolse fu il più bello che vide, dopo tanto tempo.
Abbassò la cerniera posteriore della canotta, poi sganciò il reggiseno suo e di
Jen, premendo i loro seni assieme. La castana scalzò via il pantalone e si
gettò nuovamente su di lei, e iniziarono a provocarsi piacere a vicenda, con le
dita che approfondivano il contatto in profondità, lasciandole gemere e
ansimare. Ora come ora non importava loro se le sentissero, avevano bisogno di
quel momento solo loro, e ringraziarono che si fosse bloccata la porta, mai
avrebbero saputo che era stato tutto organizzato, forse.
Stiamo
per tirarvi fuori – disse Josh mentre con il falegname scardinavano la porta,
ma dall’interno non ebbero risposta.
Entro,
io! – diciamo che Rebecca era timorosa, non sapeva quale scenario le si sarebbe
parato davanti, se macabro, nel caso si fossero ammazzate, se imbarazzante,
trovandole in atteggiamenti intimi. Ed infatti fu quello che vide, Lana era
cavalcioni su Jen, vedeva la sua testa muoversi sul seno della mora, che le
stringeva i capelli tra le dita – Lana? – la chiamò piano e le due trasalirono,
rimanendo strette, Jen che tentava di coprire la donna.
Oddio,
Bex! – disse passandosi una mano tra i capelli.
Fate
con calma – disse voltandosi e risalendo le scale dove erano gli altri, iniziò
ad esultare – Finalmente! – esclamò facendo scattare tutti, che scoppiarono a
ridere.
Tutto
organizzato? – disse Jen sollevando la testa dal suo petto e guardandola.
Questo
non potevano programmarlo – disse chinandosi a baciarla lasciando che le mani
di Jen ancora scorressero sul suo corpo nudo – Adesso dobbiamo rivestirci, ci
sono minori in casa – ancora un altro bacio e Jen accarezzò la sua schiena –
Possiamo continuare da me, più tardi!
Mi
stai invitando per un qualcosa di romantico? – chiese sfiorandole il sedere.
Sì,
ti dispiace? – la guardò.
Per
quanto l’improvvisazione sia eccitante, il romanticismo, con te è d’obbligo –
sorrise accarezzandole il viso.
Uh,
grazie – sorrise baciandola ancora e poi presero a vestirsi, sorridendosi come
se avessero fatto la cosa più normale del mondo: l’amore su un divanetto in una
cantina di vini – Cosa devo smettere di fare? – le chiese mentre si infilava il
vestito.
Smettere
di essere così sexy con il seno in mostra – ammise.
Sei
per caso gelosa? – chiese sistemandosi nuovamente i capelli.
Sì,
abbastanza, ti da fastidio? – chiese.
Se
nei limiti no, anzi, significa che ci tieni a me! – sorrise.
Certo
che ci tengo a te, soprattutto all’opera d’arte – sogghigno – Non sapevo quale
guardare – sapeva che la mora avrebbe capito, che aveva visto quella foto che
riprendeva il ponte a Firenze, a sfondo del suo collo e del suo davanzale.
Che
occhio – ridacchiò e l’attirò per un altro lunghissimo bacio, perdendosi a
sentire il sapore nella sua bocca.