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Autore: Lady Mnemosyne    31/07/2020    0 recensioni
– E va bene – si arrese – Monica mi ha lasciata […] Dice di aver trovato il suo vero amore e che io non la faccio sentire come la fa sentire lui. –
Così tu cerchi di raccogliere i pezzi e rimetterli insieme, ma forse non è il caso di riprovarci di nuovo, forse è meglio lasciar perdere, è più sicuro. Ma mentre tu cerchi di chiudere tutto in un forziere ventimila leghe sotto i mari, una dolce sirena, che ti incanta con quella stessa musica che tu ti vanti di saper cantare così bene, ti si fa vicina e ti distrae, è sul punto di farti cambiare idea…
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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8. Dreamcatcher
 

La pioggia non aveva desistito per tutta la notte e nella poca luce che riusciva a farsi strada tra le nuvole dense, gli edifici sembravano sciogliersi in masse dai contorni smussati. Le persone camminavano veloci sotto le fragili cupole cerate degli ombrelli, costeggiate dalle auto che, di corsa come al solito, di tanto in tanto inzuppavano qualche passante nella più totale noncuranza.
Per una volta Lei si era impegnata per arrivare puntuale all’appuntamento, tanto che, quando cominciò a scorgere da lontano la vetrina del bar, si trovò ad essere persino in anticipo. Nonostante questo, non ci mise molto ad individuare la figura di Ambra, già seduta ad uno dei tavolini ad aspettarla. Imprecò mentalmente, augurandosi che non si sarebbe dimostrata così maniacale anche in futuro, altrimenti sarebbe incorsa in un esaurimento nervoso ben prima della fine del progetto. Spense il mozzicone di sigaretta nell’ultimo cestino utile e, dopo aver preso un profondo respiro, entrò.
Un piacevole teporino la accolse, immediatamente seguito da un aroma decisamente dolce, come di cannella. Tempo mezzo secondo e Ambra aveva alzato un braccio per farsi vedere, mentre Lei già si stava avviando con tutta calma nella sua direzione. Una accattivante musica anni ‘50 aleggiava a basso volume nel locale, il cui arredamento riprendeva, per quanto possibile lo stile dello stesso periodo.
– Buongiorno! – esclamò Ambra, che sguazzava in maniera piuttosto evidente in un brodo di giuggiole.
– Buongiorno – rispose, cercando di mostrare almeno un minimo di entusiasmo, giusto per non sembrare maleducata.
Il cameriere piombò immediatamente a prendere le ordinazioni, così per qualche minuto non ci fu realmente bisogno di parlare, ma quando se ne fu andato, la musica sembrò suonare improvvisamente ad alto volume in quel silenzio. Lei rimpianse i tempi in cui all’interno dei locali era permesso fumare.
– Bene – cercò di iniziare – Quindi in cosa consiste questo progetto, più di preciso? –
Ambra sembrò sollevata di avere qualcosa di cui parlare:
– Sì, allora: la mia idea sarebbe studiare come nasce un quadro e come nasce una fotografia dal soggetto simile o persino uguale, se si riesce, per mettere a confronto i due procedimenti e vedere se e cosa hanno in comune questi processi artistici. –
Sorrise appena, a spiegazione conclusa; era evidente che aveva ripetuto questa frase molte volte, probabilmente nei vari colloqui con i referenti.
– Sembra interessante – ammise.
“Non posso crederci che lo pensi davvero”
– E hai già qualche idea su come procedere? –
Nel frattempo un caffè e un cappuccino erano comparsi tra loro.
– Idee proprio – rispose Ambra, ancora ingolfata nella timidezza – Forse la cosa migliore sarebbe trovare davvero uno stesso soggetto, poi io dovrei vedere come tu lavori proprio mentre dipingi, se per te va bene. Potrei scattare qualche foto ogni tanto e dovrei farti qualche domanda. Poi devo scrivere la relazione, ma di questa parte me ne occupo a parte, alla fine. –
Alzò gli occhi solo a frase conclusa, dopo aver giocherellato con la tazzina del caffè per tutto il tempo, e le rivolse uno sguardo così insicuro, da farle quasi tenerezza. Notò che tre anelli molto sottili le luccicavano attorno alle dita.
Nonostante il pensiero che qualcuno la osservasse mentre dipingeva le facesse venire l’orticaria, ormai era in ballo e bisognava ballare, perciò si leccò la schiuma del cappuccino dalle labbra e rispose:
– Non suona affatto male, insomma: mi sembra che abbia senso. Entro quando devi consegnare? Giusto per organizzarsi. –
Un lampo velocissimo illuminò il viso di Ambra, dopo il commento positivo:
– Marzo, abbiamo tutto il tempo. Non mi piace fare le cose di corsa.–
Sorrise ancora, un po’ meno impacciata. I capelli biondi, davvero molto lunghi, le incorniciavano il viso in una nuvola vaporosa.
– Ottimo, così non ci verrà l’ansia – concordò, bevendo un altro sorso di cappuccino.
– E invece per il soggetto? Immagino dobbiamo puntare su qualcosa di statico, non su quelle foto del momento irripetibile da reporter di guerra. –
– Beh sì, altrimenti penso che ci complicheremmo la vita e basta. –
Fece una pausa per prendere tempo con il pretesto di vuotare la tazzina dell’ultima lacrima di caffè rimasta.
– Non saprei, a me piacciono sia i paesaggi che i ritratti che le nature morte o le foto di fiori… Non so, tu hai preferenze? –
– In linea di massima mi piacciono i ritratti, ma sono flessibile – rispose pacatamente e per un millesimo di secondo il ritratto di Monica le apparve davanti agli occhi.
– Allora andata per un ritratto, direi – azzardò Ambra con un accenno di sicurezza in più.
– Perfetto. Preferisci partire dalla pratica o dalle domande o non so: cos’hai in mente? –
– In realtà non sono arrivata a pensare così in là – ammise – Ma forse ha più senso cominciare dalla pratica, perché in astratto non saprei da dove partire. Per te è un problema? –
Ancora quello sguardo insicuro.
– No no, nessun problema. Quindi… Normalmente dipingo a casa, se posso, perciò potresti venire da me, se non ti dispiace. –
“Ma ti rendi conto di quanto è assurdo quello che stai dicendo?!”
Ambra sgranò appena gli occhi: – ...adesso? –
Lei per poco non le sputò in faccia l’ultimo sorso di cappuccino. Tossì leggermente per dissimulare.
– No no, intendevo in futuro, quando cominciamo – e allora fu Lei a sorridere impacciata.
– Ah ecco, mi sembrava strano – rise Ambra.
Lei rimase per un attimo in silenzio a contemplare quanto agghiacciante sarebbe stato portarla subito a casa: al suo appartamento serviva almeno un giorno per delle pulizie serie e soprattutto per renderlo il più anonimo possibile, dato che non aveva nessuna intenzione di lasciare che la propria casa facesse trapelare più dello stretto indispensabile su di sé e la propria vita. Una volta ripresasi dallo scompenso, continuò:
– Quando vorresti cominciare? –
Ambra sbuffò, riflettendo:
– Direi la settimana prossima, se per te non è troppo presto. Personalmente preferirei nel fine settimana, così almeno non ci dobbiamo preoccupare delle lezioni. –
– Mi sembra un’ottima idea! – convenne subito, davvero non le andava di mettersi ad incastrare anche questo impegno con il resto.
– Facciamo nel pomeriggio? – chiese.
– Sì, va bene. Verso le 4? – Ambra sembrava finalmente aver acquisito un minimo di disinvoltura.
– Andata! – sorrise appena.
Portata a termine la questione principale, il silenzio tornò a posarsi tra loro, anche se l’imbarazzo era di molto diminuito rispetto all’inizio, finché, inaspettatamente, Ambra non prese la parola:
– È da molto che canti? – chiese timidamente.
– Stando a mia madre, da sempre – rispose, celando dietro una risata beffarda la sorpresa di fronte ad una domanda personale.
– Seriamente parlando, da una decina d’anni – concluse.
– Cavolo! – esclamò Ambra sgranando gli occhi.
– Sì, è un po’ di tempo – si schermì appena, mentre nella mente i ricordi frullavano come coriandoli.
– E a te com’è nata la passione per la fotografia? –
Ambra rise: – Da una gita scolastica alle medie: i miei mi comprarono una di quelle macchinette usa e getta, ancora col rullino, e da lì in poi è diventata una passione. –
– Io invece non sono mai stata brava a fare le foto, mi vengono sempre immancabilmente sfocate. –
Ambra ridacchiò: – Beh, adesso va di moda fare le foto sfocate, eri all’avanguardia. –
Lei ricambiò la risata: – Hai ragione! Forse dovremmo invertirci: tu dipingi e io ti fotografo. –
– No no, assolutamente – disse subito Ambra, un po’ allarmata – Non so disegnare neanche gli omini stilizzati. –
Si ritrovarono entrambe a ridere e per un attimo Lei dovette riconoscere che non era poi così terribile parlare con Ambra.
– Come mai hai cercato proprio me per il tuo progetto? – chiese con sincera curiosità. Ambra arrossì nuovamente, nonostante fosse riuscita a guadagnare una certa naturalezza rispetto all’inizio della conversazione.
– Ho visto uno dei tuoi quadri quando hanno fatto la mostra per l’open day dell’accademia. Era da un po’ che avevo questo progetto in mente, ma non mi ero ancora convinta. Poi ho visto il tuo ritratto e ho deciso che era ora di tentare. –
Ancora una volta Ambra aveva parlato per tutto il tempo fissandosi le mani, Lei invece si era persa in un flusso parecchio amaro di ricordi, rievocato dal pensiero di quel ritratto.
– A proposito: chi è quella ragazza? – continuò Ambra, guardandola finalmente in viso.
– È mia sorella – rispose Lei con un mezzo sorriso.
– Wow, non vi assomigliate per niente! Però dovete essere veramente legate: quel ritratto sembrava quasi parlare da solo, per quanto era bello. Sembrava molto sentito. –
Questa volta fu Lei a distogliere lo sguardo dall’espressione curiosa di Ambra:
– Sì, diciamo che avevamo un bel rapporto – mormorò senza energia. Ambra si rese conto immediatamente che non era un argomento piacevole e tornò a fissarsi le mani, rammaricata. Dopo qualche secondo Lei buttò lì la prima domanda che le venne in mente, per distrarsi dai propri pensieri:
– Tu sei figlia unica? –
– No, ho un fratello più grande, ma non andiamo molto d’accordo. –
– Allora quasi figlia unica – replicò Lei, facendole l’occhiolino.
– Già – sorrise, ma si sentiva ancora a disagio per aver toccato un tasto dolente, anche se non intenzionalmente.
In quel momento le campane di una chiesa non troppo lontana cominciarono a suonare festose, facendosi timidamente largo anche nel locale.
– Caspita, devo scappare! – sobbalzò Ambra – Non pensavo fosse già mezzogiorno. –
In un baleno era in piedi e vestita in direzione della cassa e, quando Lei riuscì finalmente a raggiungerla, aveva ormai pagato per entrambe.
– Ma dai, non dovevi! – protestò.
– Ci mancherebbe, invece! – ribatté Ambra – Poi avrai modo di ricambiare in futuro, penso che ci vedremo spesso – e sorrise, avviandosi fuori. Lei la seguì, considerando che forse bastava un po’ di fretta per scrollarla dalla sua timida impacciataggine.
– Allora a sabato – disse Lei.
– D’accordo. Se succede qualcosa, ti scrivo – rispose Ambra, che scalpitava sul posto, pronta a partire.
– Sì, tanto il numero ce l’hai – e un pensiero non esattamente amorevole volò in direzione dei suoi compagni di band.
– Allora ciao! – disse Ambra sorridendo, prima di voltarsi e prendere la fuga a passo spedito verso chissà dove. Lei sollevò appena la mano, in cenno di saluto, poi la ricacciò in tasca e si avviò verso la casa di Federico, dove la aspettava un bel pranzetto, seguito da prove, il tutto verosimilmente inframezzato dal terzo grado sull’incontro che si era appena concluso. Si accese una sigaretta a farle compagnia lungo il tragitto.
Era una vita che non pensava a sua sorella, caspita… quasi se ne era dimenticata. Ma ora capiva perché Ambra avesse cercato proprio lei: quello era il quadro migliore che avesse mai dipinto, l’unico di cui fosse realmente soddisfatta e di cui andasse fiera. E la ragione l’aveva colta immediatamente anche Ambra, ovvero che in quel quadro era condensato tutto l’affetto che provava per quella piccola peste. Si immerse completamente nei ricordi della loro infanzia, tanto che intorno a sé non distingueva altro se non lo stretto indispensabile per non sbagliare strada, mentre davanti agli occhi le danzavano caldi pomeriggi d’estate, parchi pieni di giochi, distese di ombrelloni e sabbia, il tutto accompagnato da risate senza fine. Si scoprì a sorridere di fronte al ricordo di valanghe di pasticci e marachelle, come quando facevano finta di dormire e poi si scambiavano bisbigli da un letto all’altro non appena la mamma voltava l’angolo.
Il portone di casa di Federico la riportò alla realtà un attimo prima che questa dolce nostalgia si trasformasse in cupo rimpianto. Scosse la testa per ritornare del tutto in sé e, quando si sentì pronta all’assalto, suonò il campanello. Federico le spuntò davanti quasi immediatamente, sfoggiando il grembiule da cuoco e con una seccante espressione ammiccante in volto:
– Allora? Com’è andata? – chiese senza spostarsi dalla soglia, come se le stesse facendo una domanda confidenziale. Lei alzò un sopracciglio e incrociò le braccia:
– Se non ti togli quell’espressione ridicola dalla faccia e non la smetti di comportarti da dodicenne, le prove le fate da soli. –
Federico incrociò le braccia a sua volta:
– Come siamo permalosi! Entra va’, per una volta che sei in orario. –
Gli altri erano già seduti al tavolo della cucina e, non appena Lei comparve sulla porta, i loro sguardi curiosi si fissarono su di Lei, neanche fossero stati attratti da una calamita.
– Non ci provate: non voglio sentire domande di natura sentimentale o sessuale – e guardò esplicitamente Davide – a proposito di Ambra, è chiaro? –
– Beh, allora posso anche andare a casa – disse Davide e la cucina si riempì all’istante di una calda risata.




 

I feel I might get left out in the cold…
Ooh and I died today a little inside
and I can see you waitin’ for your chance to go

 

   
 
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