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Autore: FDFlames    02/08/2020    0 recensioni
La Valle Verde era sempre stata un luogo pacifico, abitata da persone umili e semplici - contadini, pastori e mercanti. Ma è proprio la loro ingenuità che il malvagio Lord Vyde intende sfruttare.
Stabilitosi all'estremo ovest, è riuscito ad unire i clan belligeranti sotto l'unico simbolo e nome di Ideev. E ora gli Ideev, come edera su un albero, si arrampicano sulla Valle Verde, soffocando la vita e la libertà.
Aera non intende sottomettersi. Spinta dal suo coraggio, dall'amore per il suo clan, e dal desiderio di giustizia, decide di intraprendere un pericoloso viaggio, che la porterà dritta nella tana del suo nemico. Ed è disposta anche al sacrificio, pur di restituire al suo mondo la libertà.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
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Capitolo Venti

Yohana stava ancora scappando. Le sembrava di aver attraversato una foresta infinita, oppure la stessa foresta per infinite volte, girando in cerchio.
Ma aveva continuato a correre nella stessa direzione, opposta alla quale sentiva provenire le urla degli Ideev, lo stridere delle armi, e i tonfi dei corpi morti dei membri di quello che era il suo clan.
Il vestito che indossava, bianco e con l’orlo ricamato, le impediva di correre più veloce, ma era la paura a mostrarle la via. Strinse la sua collana, per impedire al ciondolo di tintinnare e attirare quindi gli Ideev, ma sarebbe bastato il suo respiro affannoso a mostrar loro la via. Gli Ideev l’avrebbero raggiunta presto.
Ma da che parte correre? E poi, aveva senso correre? Forse era meglio tentare di raggiungere l’Oriente? Continuare verso sud? Forse avrebbe trovato un porto, a nord, ma che cosa avrebbe fatto se avesse scoperto che era sotto il controllo degli Ideev?
Si fermò a prendere fiato, sedendosi accanto a un albero, tra i cespugli. L’ansia cresceva. I soldati urlavano. L’avrebbero trovata, se non fosse sparita in fretta da lì. Doveva decidere da che parte andare.
Fu allora che ebbe un’idea: nessuno si sarebbe mai aspettato di vederla correre incontro al pericolo. A meno che qualcuno non la stesse seguendo da molto vicino, gli Ideev non sarebbero stati preparati al suo viaggio verso ovest.
E se davvero avesse avuto qualcuno alle costole? Forse sarebbe stata in grado di difendersi. Certo, dipendeva dal numero di nemici. Tutto ciò che era riuscita a recuperare dallo scontro con gli Ideev era stato il bastone di uno dei membri più anziani del clan Lokeef. Non era una vera e propria arma, ma con quello forse sarebbe riuscita a mettere fuori combattimento uno o due uomini. Dipendeva anche dalle armi a disposizione degli Ideev. Un arco o una balestra, e per lei sarebbe stata la fine. Ma che senso avrebbe avuto ucciderla?
Yohana respirò profondamente. Il suo cuore batteva a un ritmo accelerato, e non sentiva altro, rimbombare nelle orecchie.
Si voltò, verso ovest, e sentì un brivido scorrerle lungo la schiena. Le faceva paura anche solo guardare in quella direzione.
Le sembrò di vedere una fortezza nera, in lontananza, sulla sponda di un lago rosso come il sangue, circondata da una foresta buia come la notte. Era come se da essa dilagasse un’aura oscura e corrotta, come se essa fosse la fonte di ogni malvagità. Il cielo rispecchiava il colore del lago, come se fosse il tramonto, ma anche se il cielo era limpido, il sole non si vedeva. Tutto ciò che esisteva era un contrasto tra il nero della fortezza e della foresta e il rosso del lago e del cielo, e non si poteva capire quale fosse il soggetto e quale il colore di sfondo, in quel dipinto macabro.
Nonostante la sensazione di inquietudine, Yohana continuò a guardare, focalizzando la sua attenzione sulla fortezza. Le sembrò che se si stesse ingrandendo, ma senza avvicinarsi, allo stesso ritmo a cui la sua paura aumentava. Ed ecco, a una finestra rossa, affacciarsi la figura di un uomo, i tratti resi irriconoscibili dal contrasto con il rosso dello sfondo. Rimaneva un’ombra, una figura nera, fosse un fantasma che si aggirava per la fortezza.
Ma Yohana lo avrebbe saputo riconoscere, seppure non lo avesse mai visto prima – quell’uomo era, doveva essere, Lord Vyde. Non ne aveva la prova, ma lo sentiva, e una sensazione vale più di ogni prova, perché è vera e inconfutabile, nel cuore di chi la avverte.
E l’ombra, dai tratti indistinguibili, le sorrise. Ne fu certa. Non lo vide sorridere, ma ancora una volta non ne ebbe bisogno. La stava chiamando, la stava attirando, la stava invitando.
E Yohana cedette.
Stava per rimettersi in marcia quando qualcuno le bloccò le braccia, da dietro. Sentì la paura, e l’istinto di liberarsi, reso impossibile dalla presa del suo aggressore. Provò a scalciare, ma altre mani le bloccarono anche le gambe. Ogni suo tentativo di divincolarsi era reso vano da quelle braccia e quelle mani infinite, di uomini che Yohana non vide mai. Il suo sguardo rimase fisso sulla fortezza, alla ricerca di quell’ombra sorridente nel buio e nel rosso. Ma era svanita nel nulla, così come era arrivata.
Non sprecò nemmeno fiato per urlare. Chi l’avrebbe sentita, se non altri Ideev?
Non poté però evitare di porre al panico una serie di domande che rimasero senza risposta. Era finita? Che cosa sarebbe successo, adesso? Sarebbe stata condotta a quella fortezza nera, a quel lago rosso sangue? Avrebbe visto qualcosa di più o presto sarebbe arrivato il buio? E quel buio sarebbe durato per sempre?
***
Ridd si svegliò; grondava di sudore. Il suo ennesimo incubo non era molto diverso dai precedenti.
Il suo gatto faceva le fusa, acciambellato tra i capelli biondi dell’uomo. Ridd distese un braccio per accarezzarlo, e adagio lo scostò. Si tirò a sedere e lo accarezzò ancora, dopodiché si alzò e si avviò verso il ruscello, nella speranza che l’acqua fresca potesse riportarlo completamente alla realtà.
Non aveva notato che Reyns lo aveva preceduto. Il ragazzo, anche se era rimasto di guardia tutta la notte, sembrava molto più riposato di lui. Ridd ne sapeva abbastanza per capire che il suo aspetto avrebbe potuto portare Reyns in una posizione di vantaggio, durante il discorso che l’uomo avrebbe voluto riservargli: insomma, Ridd, capelli arruffati e borse sotto gli occhi, avrebbe dovuto lavorare sodo per poter essere colui che chiede. Sulla sua credibilità aleggiavano dei dubbi – chi si può fidare di un uomo che prende decisioni ancora prima di sistemarsi la camicia? Doveva gettare dei dubbi sul ragazzo.
Dipendeva solo da loro due, e Reyns se la cavava, a parlare, ma aveva commesso un errore: aveva dimostrato a Ridd di avere un cuore. Lui, il suo, l’aveva perso tempo prima. Non era un gioco pulito, ma era una macchia che avrebbe potuto lavare via. Era un campo di battaglia, e le loro parole erano armi, affilate come spade.
«Com’è andato il turno di guardia?» chiese l’uomo, «Ciò che è tuo ti verrà portato via se non lo sorvegli giorno e notte. È questo che pensi, vero?»
Il ragazzo sorrise alla battuta, se non altro per distrarsi da quello che, suonando come una minaccia, era un semplice dato di fatto: Aera gli sarebbe stata portata via, a prescindere dal tempo, dalla devozione e dall’amore. E Ridd era familiare con quel tipo di addii.
Ridd voleva arrivare da tutt’altra parte, con le sue parole, e Reyns non ci mise molto a capirlo. Aveva già iniziato a indirizzarsi verso le sue debolezze; voleva un compromesso, voleva chiedergli qualcosa. Qualcosa che Reyns non gli avrebbe mai dato. Piuttosto, il giovane avrebbe giocato con la sua impazienza.
«Hai ragione, quindi sarà meglio tenere gli occhi aperti.» convenne Reyns, «Kired e quel meridionale potrebbero tornare.»
«Kired non mi sembra certo il tipo da farsi scrupoli. Acciufferebbe la ragazza e fuggirebbe via senza voltarsi, se solo ti distraessi un attimo.» lo avvertì Ridd, «Ma... Quel meridionale? Strano che tu ti riferisca così a qualcuno con il quale potresti condividere proprio il luogo d’origine, e che, secondo Aera, potrebbe anche aver fatto parte del vostro stesso clan!»
«Ridd...» sospirò Reyns, senza aggiungere altro. I suoi occhi dicevano tutto.
«Se ti lasciassi sfuggire un’espressione del genere in un’altra occasione, Venam e Daul potrebbero iniziare a sospettare.» insinuò poi l’uomo.
«Sì, ma sarebbe strano, da parte loro, non sospettare di me, dopo aver trovato il tuo cadavere.» ribatté il ragazzo, con un sorriso, forse scherzoso, che svanì così com’era comparso. Anche in questo caso, i suoi occhi furono abbastanza per dissuadere l’uomo dal divagare oltre, e per spaventarlo, pure.
Ridd capì di non essere nella posizione migliore per fare certe insinuazioni, e si limitò a parlare tra sé e sé, quasi sovrappensiero: «Mi chiedo che fine farà la parte di Gatto... Prima era perfetto, non c’era nemmeno da litigare... Un’isola principale e quattro minori. L’unica questione su cui avremmo potuto avere da ridire sarebbe potuto essere il nome dell’isola, o la sua posizione. Ma, dopotutto, avevi già pensato a quello, vero? Ah, sono sicuro che avevi già assegnato a ognuno di noi un’isola e un ruolo specifico. I tuoi piani potrebbero essere stati rovinati dalla morte di Gatto. Ora l’unico che potrebbe prendere il suo posto è qualcuno che si avvicini ad eguagliare le sue doti, qualcuno di flessibile, e, modestia a parte, io sono il più vicino a Gatto, in quel senso.»
Reyns gli gettò un’occhiata scettica e disinteressata, ma Ridd continuò: «Daul dipendeva da lui, e non vorrai lasciare spazio a Venam! Con qualcosa di più di un’isoletta tra le mani, potrebbe puntare a distruggere proprio il tuo Impero. Sta già tramando contro di te, e immagino che te ne sia accorto. Non ci hai mai pensato?»
«Quello a cui ho pensato è stato il fatto che tutto questo è tremendamente ingiusto, e dovremmo combattere per evitare che il dominio di Vyde sul nostro regno vada avanti.»
«Reyns, sai bene che io non ho più nulla per cui combattere.» gli ricordò Ridd, con la sua solita, esasperante tristezza negli occhi.
«Sono stanco di sentirmi colpevole per questo.» sbottò Reyns, «Sai bene che Yohana non ce l’avrebbe fatta comunque. Smettila di incolparmi per non essere riuscito a salvarla. Se qualcun altro si fosse ritrovato nella mia stessa situazione, non avrebbe perso un secondo del suo tempo per tentare di aiutarla. Io ho semplicemente fallito, come avrebbe fallito chiunque. Anche tu.»
«È questo che ripeti a te stesso, per riuscire a dormire, la notte?» chiese Ridd, le sue parole ardenti, tanto da risvegliare la fiamma di quel dolore accantonato, e di quel falso perdono. Non erano ceneri, ma braci, pronte a far divampare un incendio alla prima occasione.
E Reyns sapeva che non sarebbe mai riuscito a domarlo.
«Sai che non dormo.» rispose il ragazzo. Le sue occhiaie erano ben visibili sulla sua pelle chiara, e coronavano di un viola bluastro le sue iridi amaranto, «Proprio come non dormi neanche tu. Perché anche tu ti senti in colpa, per ciò che mi hai fatto. Per ciò che hai fatto a mio padre.»
La vergogna prese Ridd alla sprovvista, come uno scroscio di pioggia improvviso, lasciandolo infreddolito, tremante, e solo, di fronte al ragazzo, che lo guardava negli occhi, senza compassione né rammarico. «Tu stesso mi hai ripetuto più volte che quell’uomo non era un padre.» cercò di difendersi.
«Non avevo nient’altro.» disse Reyns, continuando a fissarlo con quei suoi occhi spietati, «Non avevo nessun altro. E, senza di lui, Vyde ha preso il suo posto. Ora, possiamo continuare a darci la colpa a vicenda, oppure possiamo cominciare ad aiutarci.»
La proposta di Reyns, del tutto inaspettata, fece risvegliare una sorta di ingenuità infantile in Ridd, il quale tuttavia si costrinse a rimanere scettico. La sua bontà gli si era ritorta contro così tante volte che stava cominciando a capire che la gentilezza non è una qualità necessaria in questo mondo, ma un ostacolo. «Non credo di poter essere aiutato, Reyns.» sospirò, abbassando lo sguardo.
«Ti darò qualcosa per cui continuare a vivere, Ridd. Te lo prometto.» Le parole di Reyns costrinsero l’uomo ad alzare gli occhi di nuovo. «Tu mi hai perdonato, quando io non avrei avuto il coraggio di guardarmi allo specchio. È il minimo che possa fare.»
«Be’, se vuoi fare qualcosa di più, allora intasca la ricompensa e dammi la parte di Gatto!» gli ordinò, senza più mezzi termini, senza più giri di parole, senza più scuse. «Due isole sono qualcosa per cui continuare a vivere, per quanto mi riguarda.»
Abbassò lo sguardo, e Reyns capì che cosa si nascondesse dietro all’ombra che era calata sul suo volto. Le parole di Ridd erano bugie, bugie alle quali lui stesso ancora tentava disperatamente di credere.
«Ridd, tu sei condannato a vivere con dei ricordi terribili. Per colpa mia. Vuoi che sia io a portare sulle spalle il peso di un altro tradimento? Altre vite? Altre colpe?»
«Ma no! Che dici? Io voglio solo darti un consiglio.» rispose l’uomo, abbassando la voce e mettendo a Reyns una mano sulla spalla. «Un consiglio da amico.»
«Noi non siamo amici.» lo contraddisse il ragazzo, scostando la mano di Ridd. «Non ci potrà mai essere amicizia, tra un assassino e un traditore.»
Ridd sorrise. «Vedi, Reyns, è questo che mi piace di te. Sei un vero e proprio enigma!»
Fece una pausa e prese fiato. Il trucco era lo stesso: le risate prendevano il posto del pianto, a comando. «Infatti, nemmeno adesso riesco a capire... Chi di noi due è l’assassino, e chi è il traditore?»
«Ma Ridd,» rispose Reyns, in tono grave, «Tu non hai mai tradito nessuno.»
***
Aera poteva ormai dirsi abituata alla vita da viaggiatrice: si svegliava all’alba e si lavava il viso in qualche ruscello, insieme ai suoi compagni di viaggio faceva una rapida colazione a base di bacche e frutti di bosco e poi era ora di mettersi in marcia.
Sì, stava andando a morire, ma non le dispiaceva affatto passare i suoi ultimi giorni circondata dal verde che offriva il Bosco di Yede. E, soprattutto, ciò che rendeva meno amaro questo viaggio verso la Morte era il fatto di non essere sola – era insieme a Reyns. L’aver trovato qualcuno, come lei, disposto a morire pur di ridare la libertà alla Valle Verde, era già di per sé incredibile, e il fatto che quella persona l’amasse così tanto lo era ancora di più.
O forse l’amore era una conseguenza dello stare vicini? A forza di stare a contatto l’uno con l’altra erano arrivati ad accettarsi, magari?
No, quello avrebbe significato accontentarsi. Nel loro caso, l’amore era un ostacolo, un blocco. Nel loro caso, il fatto che Reyns amasse Aera al punto di essere se stesso soltanto con lei avrebbe potuto portare a conseguenze catastrofiche, se il giovane avesse lasciato cadere una volta per tutte la sua maschera.
«Ehi, Venam!» urlò Ridd, sfinito, dal fondo della fila, «Non possiamo rallentare il passo? Gatto non ce la fa!» chiese, per poi prendere fiato e aggiungere, sottovoce, «E neanche io...»
Aera si sforzò di trattenere un sorriso. Quell’uomo era incredibile: si sarebbe potuto trasformare nel più spietato dei guerrieri, ma ancora avrebbe avuto bisogno di una pausa prima di affrontare un ripido sentiero di montagna.
«Gatto?» domandò Venam, non capendo, all’inizio, ma poi ricordando, «Intendi quel randagio che hai trovato al villaggio di Reekir? E lascialo andare, se non ce la fa!»
«Avanti, Venam,» intervenne Daul, «Lo sai che lo dice perché è lui ad essere stanco.»
«Sopporterà.» rispose il capoclan, acido come al solito.
«Siamo tutti abbastanza affaticati, in realtà.» continuò Reyns, schierandosi dalla parte dei due Ideev, e smettendo di camminare. «Una sosta non farebbe male a nessuno, e credo che gioverebbe anche ai tuoi nervi, Venam.»
«Ragazzino, qui gli ordini li do io, hai capito bene?» ringhiò Venam, che si stava infuriando, «Sei un Ideev da non più di una settimana, quindi bada a come parli con qualcuno che lo è da molto più tempo di te!» lo ammonì, poi.
Reyns fu felice di poter rispondere: «Be’, c’è proprio da andare fieri di essere Ideev, dico bene?»
Venam era sempre più adirato; sapeva che il ragazzo si stava semplicemente prendendo gioco di lui, ma proprio per questo non riuscì a resistere dal ribattere: «Se non vuoi più viaggiare con noi, puoi sempre andartene per conto tuo, hai capito?»
Reyns sorrise, come se avesse portato a casa la vittoria. «Bene, allora.» sospirò, riprendendo a camminare, solo. Aera si sentì costretta a seguirlo, proprio come lui aveva previsto.
«Aspettate!» giunse la voce di Ridd, che si mise al seguito dei due ragazzi.
«Dove credi di andare?» gracchiò il capogruppo,
«I ragazzini sono gli unici a portare arco e frecce,» spiegò l’uomo, «E non ho alcuna intenzione di soffrire la fame, stasera.»
Daul alzò un sopracciglio, valutando le parole di Ridd. «In effetti, non ha tutti i torti.» constatò, seguendo Ridd.
«Tutti voi, ingrati, rallentate il passo!» si unì infine anche Venam.
Aera ridacchiò. La scena era semplicemente ridicola: era come se Reyns si fosse imposto come nuovo capogruppo, e a rovinarsi era stato lo stesso Venam. Ciò che era certo, ora, era che l’ultima parola in ogni decisione spettava a Reyns, e non più a Venam. Ma la ragazza non ebbe la capacità – o forse il coraggio – di vedere oltre la superficie, e si fermò, piena della sua ingenuità, ad assimilare la serie degli eventi così come le erano stati presentati. Forse era stanca di tutte quelle bugie, ma non aveva nemmeno voglia di verità. Tutto sarebbe cambiato molto presto, e non avrebbe mai più visto nessuna delle persone che l’avevano accompagnata durante il suo viaggio nello stesso modo.
Ridd raggiunse Reyns, e come era ormai solito fare, gli posò una mano sulla spalla.
«Allora, me la sono guadagnata, la parte di Gatto?» chiese, impaziente,
«Eravamo tutti quanti d’accordo,» gli ricordò Reyns, «Tu hai semplicemente avuto l’onore di iniziare questa piccola recita.»
«Esatto, e proprio per questo l’esito del nostro spettacolino è dovuto in gran parte a me.» sorrise l’uomo.
Reyns sospirò. «E sia,» acconsentì, «Ma riposerai sotto la terra di una sola delle due isole.»
«Questo a suo tempo, non credi?» sorrise Ridd, ottimista,
«Ormai non so più dirti come andrà a finire.» ammise il ragazzo, «Non posso garantirti che raggiungerai la fortezza.»
«Calma, calma,» cominciò Ridd, agitato, «Che significa?» chiese spiegazioni,
«Non dipende da me, Ridd.» rispose Reyns, e allungò il passo.
Lo lasciò senza una risposta e senza una sicurezza, come ormai Ridd viveva da anni. O, più che vivere, continuava. Continuava a camminare, a ridere, a scherzare, sotto quella sua facciata, continuando a bruciare, a soffrire per una colpa che era solo di Reyns, e per la quale il ragazzo aveva già pagato un prezzo troppo alto. Così non poteva ribattere, non poteva ottenere perdono, ma non poteva nemmeno perdonare Reyns. E bruciava, come una fiamma ostinata, anche sotto la pioggia, senza riuscire a spegnersi, senza riuscire a convincersi che era meglio arrendersi, e continuava a combattere. Non più come un membro del clan Lokeef, ma come un Ideev.
Non più come un uomo, ma come un mostro.

 
   
 
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