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Autore: AthenaKira83    02/08/2020    8 recensioni
Quando Magnus Bane, ex agente speciale della Marina militare statunitense, accetta di fare un favore al padre, di certo non si aspetta di dover fare da babysitter a uno scontroso, irritante, ma dannatamente attraente, agente di viaggi che non ha alcuna intenzione di rendergli facile il compito che gli è stato affidato.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"No!"
"Malaikatku..." [ndr. Angelo mio]
"No!"
"Magnus..."
"No!"
"Magnus Bane!"
"Ti ho detto di no! Non lascerò l'incarico! Ho preso un impegno e intendo portarlo a termine!"
Magnus fissò, imbronciato, sua madre che, a sua volta, sosteneva il suo sguardo con un cipiglio severo. Non erano neanche ventiquattro ore che era rinchiuso in quella stanzetta d'ospedale, anche se a lui sembrava di essere costretto in quel letto da un'eternità, che sua madre se ne usciva con quell'assurdità, mettendo a dura prova i suoi nervi, già fortemente provati.
"Sei stato ferito! Non permetterò che accada di nuovo!" berciò Dewi, piazzandosi le mani sui fianchi e guardandolo con uno sguardo battagliero.
"Sono un ex Marine, sial!" [ndr. cazzo]
"Modera il linguaggio, ragazzino!" gli intimò Dewi, puntandogli minacciosamente l'indice contro.
Magnus alzò gli occhi al cielo. "Ibu, [ndr. Mamma] farmi male era all'ordine del giorno quando ero nell'esercito!"
"Appunto! Era!"
"Non lascerò Alec da solo!"
"Astaga! [ndr. Oh mio Dio] Non sarà da solo! Tuo padre può sempre chiedere a un altro soldato di tenerlo d'occhio!" esclamò Dewi, gettando le braccia in alto.
Magnus la fissò, a bocca aperta, scioccato, non credendo alle proprie orecchie. La sua mano strinse con così tanta forza il lenzuolo del letto che rischiò di strapparlo.
Un'altra guardia del corpo? Demi Tuhan [ndr. Sant'Iddio], sua madre era improvvisamente e completamente impazzita, per caso? Come poteva anche solo pensare che fosse d'accordo con un'idea tanto insensata?
Grazie alla sua fervida immaginazione, il suo cervello cominciò a giocargli brutti scherzi e nella sua mente iniziarono a disegnarsi scenari piuttosto inquetanti. Un altro uomo, un altro Marine, che prendeva il suo posto. Qualcuno che scortava Alec a lavoro o nelle sue passeggiate notturne. Che gli dava il buongiorno ogni mattina e gli augurava la buonanotte ogni sera. Che lo proteggeva da qualsiasi pericolo e diventava il suo punto di riferimento a cui chiedere aiuto, in caso di necessità. Che faceva il cascamorto con lui, nel caso non fosse stato propriamente etero. No, era follia pura. Non poteva sopportarlo.
Cominciarono a mancargli l'aria e a fischiargli le orecchie. Un sibilo acuto, stridente, fastidioso. Minuscoli puntini neri sfarfallarono davanti a lui, appannandogli la vista. Si rese conto che non vedeva più dalla gelosia.
"NO!" tuonò, verso sua madre, proprio nel momento in cui Alec rientrava timidamente nella camera.
"Scusate..." mormorò il moro, guardando Magnus e Dewi con le guance arrossate. "Non volevo interrompervi... Torno dopo!" disse, pronto a fare dietrofront.
"Non interrompi niente, Alec." affermò Magnus, addolcendo il tono della voce e rivolgendogli un sorriso rassicurante. "Mia madre stava giusto andando via. Vero, Ibu?" chiese, indirizzando a sua madre uno sguardo arcigno.
Dewi alzò gli occhi al cielo e scosse piano la testa, con un sospiro rassegnato, prima di abbassarsi sul figlio per lasciargli un bacio sulla guancia. "Ci vediamo domani, sayang [ndr. tesoro]." lo salutò, accarezzando poi il braccio di Alec con un sorriso gentile, mentre usciva dalla stanza.
"Tutto ok?" chiese il moro, posando sul piccolo comodino, accanto al letto di Magnus, la rivista che aveva finto di dover comprare quando Dewi aveva chiesto di parlare con suo figlio.
Magnus annuì, imbronciato, iniziando a giocare con il bordo del lenzuolo sgualcito.
"Ne sei sicuro?" chiese Alec, inarcando un sopracciglio.
Magnus fece spallucce, continuando a torturare il lenzuolo.
"Non mi vuoi dire cosa è successo?" insisté Alec, sedendosi sulla seggiolina di plastica color verde pallido, di fianco al letto.
"E' una cosa stupida." borbottò Magnus, con tono infantile.
"Davvero?
"Mia madre vuole che lasci l'incarico!" sbottò Magnus, con veemenza, gonfiando le guance per l'indignazione. "Ti rendi conto? E' assurdo!"
"Oh." mormorò Alec, sorpreso.
"Non ho alcuna intenzione di farlo!" si affrettò a rassicurarlo Magnus, con tono deciso.
"Beh... non è una richiesta così assurda." affermò Alec, con calma, dopo un lungo momento.
Magnus alzò le sopracciglia, stupefatto. "Non lo è?"
Alec si mordicchiò il labbro inferiore, meditabondo. "No. Sei suo figlio. E sei stato ferito. E' comprensibile che sia preoccupata per te."
"E' solo un graffio!" sbuffò Magnus, alzando gli occhi al cielo per l'esasperazione. "Sono un ex Marine! Ho vissuto di peggio! Perché lo state dimenticando tutti?"
"Magnus, quel colpo avrebbe potuto ucciderti."
"Ma non è successo."
"Ma sarebbe potuto accadere!"
Magnus si accigliò. "E quindi?"
Alec prese un respiro profondo. Era la sua occasione di fare la cosa giusta. Magnus si era sempre preso cura di lui, anche a costo della vita, e, anche se detestava l'idea di ferirlo, era arrivato il momento di restituirgli il favore e liberarlo di lui e del pericolo che incombeva sulla sua persona. Non avrebbe più permesso che gli succedesse qualcosa.
"E quindi l'idea di tua madre non è poi così stupida." rispose Alec, risoluto.
"Stai scherzando?" esclamò Magnus, sdegnato.
Alec fissò l'ex Marine con sguardo mortalmente serio e scosse la testa con decisione.
Magnus sgranò gli occhi, poi li assottigliò, sospettoso. "Stai mentendo."
Alec sospirò. "Sei fuori uso, Magnus." affermò, usando un tono volutamente duro e indicando con un gesto eloquente il braccio fasciato. "Come puoi proteggermi in queste condizioni? Ci faresti ammazzare entrambi!"
"Sono stato addestrato a combattere in qualsiasi situazione." ribatté Magnus, ostinato.
"Non lo metto in dubbio, ma resta il fatto che sei ferito e non mi puoi essere di nessuno aiuto."
Magnus sbuffò un verso di scherno. "Sono comunque il migliore. E lo sai."
"Davvero?" lo sbeffeggiò Alec, scuotendo piano la testa. "Ma se sono dovuto intervenire io e stendere quel motociclista con quella bastonata! Se non l'avessi fatto, cosa ti sarebbe successo? Eh?" gli ricordò, gesticolando con le mani.
"Si può sapere che ti prende? Perché fai l'antipatico?" chiese Magnus, perplesso.
"Non sto facendo l'antipatico. Sto solo dicendo la verità." affermò Alec, allargando le braccia. "In questo momento, non sono al sicuro con te. Non lo sei neanche tu, per l'angelo, con quel braccio ferito!"
"Sai che non é vero." insistè Magnus, stringendo il lenzuolo tra le dita.
Alec sospirò profondamente, poi alzò lo sguardo, pronto a scoccare la freccia che, ne era certo, avrebbe centrato il bersaglio. "Magnus, qualcuno vuole uccidermi. E, da quel che ho capito, non si fermerà davanti a niente e a nessuno. Sono già indaffarato a non morire per mano di questo psicopatico... non ho tempo di preoccuparmi anche di te e del tuo ego smisurato."
Magnus spalancò gli occhi e lo fissò a bocca aperta, come se avesse appena ricevuto uno schiaffo in pieno viso.
Per qualche istante il silenzio nella stanza fu totale e il mondo parve fermarsi di colpo.
"Ok. Chiamerò mio padre più tardi." mormorò alla fine l'ex Marine, abbassando lo sguardo.
"Senti, Magnus..."
"Non preoccuparti. Gli dirò di assicurarsi che la nuova guardia del corpo sia estremamente competente e professionale." lo interruppe l'uomo, con un sorriso amaro. "Ora, per cortesia, puoi uscire e chiamare Cat? Il braccio inizia a farmi male e vorrei un altro po' di antidolorifico."
Alec strinse forte le mani in grembo, per impedire loro di tremare vistosamente. Annuì, prima di alzarsi e uscire dalla stanza.
Fino a pochi minuti prima, aveva creduto che l'attacco dei motociclisti fosse una delle cose più traumatizzanti che gli fosse capitato nella vita, insieme alla morte di Max. Non avrebbe mai pensato che lasciar andare Magnus potesse essere ancora più difficile da affrontare.

La giornata si prospettava lunga e monotona. Come tutte le altre da quando aveva "licenziato" Magnus del resto, rifletté Alec, seduto al tavolo della cucina, con il mento appoggiato sul palmo di una mano e lo sguardo perso nel vuoto.
Affondò distrattamente il cucchiaino che teneva tra le dita nello yogurt magro e senza zucchero posto davanti a lui, poi lo alzò e lasciò colare l'alimento di nuovo nel vasetto. Ripeté l'operazione ancora. E ancora. E ancora.
La sua vita era così "piatta" da quando aveva cambiato guardia del corpo. Dio, era sempre stata così, prima dell'arrivo di Magnus? Una fastidiosa vocina gli ricordò che solo pochi mesi prima avrebbe pagato oro per ritrovarsi in quella situazione, ma Alec la scacciò con uno sbuffo. Ora gli sembrava tutto così sbagliato, tutto così fuori posto.
Era passata più di una settimana e l'ex Marine non l'aveva mai chiamato, neanche per sincerarsi che il suo sostituto, scelto da Asmodeus, fosse all'altezza della situazione. Non che Alec si aspettasse una telefonata entusiastica, ma, insomma, un messaggino in cui Magnus lo rassicurava che la nuova guardia del corpo era un tipo a posto... beh, avrebbe anche potuto inviarglielo eh!
Woolsey Scott, il suo nuovo cane da guardia, era un bellissimo ragazzo dai capelli biondi e gli occhi verdi. Slanciato e con un fisico invidiabile, l'uomo era a capo di una società che gestiva servizi di sicurezza e sapeva il fatto suo. Una guardia del corpo estremamente competente e professionale come promesso, insomma.
Era anche un ex compagno di Magnus. In tutti i sensi.
Woolsey, come la persona che l'aveva preceduto, era un ex Marine dalla parlantina facile e Alec aveva imparato fin da subito che uno dei suoi argomenti preferiti era proprio Magnus Bane. Già.
Se ne avesse avuto la possibilità, infatti, Woolsey avrebbe parlato dell'uomo dagli occhi verde-oro per ore e ore e proprio durante uno dei suoi tanti monologhi su quanto fosse eccezionale Magnus come uomo, su quanto fosse fantastico Magnus come Marine e su quanto fosse formidabile Magnus come cecchino, Alec aveva scoperto che i due avevano avuto una relazione... o una cosa simile, visto che era stato solo qualcosa di fisico.
Estremamente fisico, come aveva tenuto a precisare Woolsey, con un sorriso estasiato che gli andava da un orecchio all'altro. "Quell'uomo é un mago a letto! Un mago! Fa certe cose con la lingua e con quelle sue dita lunghe e sottili che..."
Alec l'aveva stoppato bruscamente, calando con forza una mano sul piano della sua scrivania e ordinandogli di uscire dal suo ufficio perché doveva lavorare. Non voleva sapere. A lui non interessavano certi pettegolezzi. Nel modo più assoluto. Gestiva un'agenzia di viaggi, per l'angelo, mica il salone di una parrucchiera!
Il fatto che, udendo quelle parole, avesse sentito l'inspiegabile esigenza di tirare un pugno a Woolsey e di cancellare quel sorriso irritante dalla sua faccia non significava proprio niente. Niente di niente. Dopotutto, era una persona seria, lui. E matura. E per niente incline alla gelosia. Assolutamente.
Di buono c'era che il biondino non gli stava attaccato alle costole ventiquattro ore su ventiquattro. Da quando il suo appartamento era bruciato, infatti, Alec si era stabilito da Isabelle e la sua guardia del corpo lo sorvegliava solo quando era al lavoro o usciva per delle commissioni. Una volta che varcava la porta di casa di sua sorella, Alec era libero... se si poteva definire libertà essere rinchiuso in un appartamento di circa 200 mq con Isabelle e Simon!
Suo padre si era offerto di prendergli in affitto un nuovo alloggio, ma Alec aveva rifiutato. Aveva sempre considerato la sua libertà solitaria e indipendente come una manna dal cielo, ma ora rientrare, dopo una giornata di lavoro, in una casa deserta in cui lo aspettava solo la segreteria telefonica, bene che gli andava, era una prospettiva angosciante e deprimente. Aveva scoperto di desiderare di più. Di volere di più. Quando era uscito dall'ospedale, quindi, aveva chiesto ospitalità a Isabelle, che l'aveva accolto a braccia aperte, mentre Robert tappezzava il palazzo e il quartiere di uomini pronti a sorvegliare l'appartamento e i suoi preziosi figli.
Magnus gli mancava, più di quanto si aspettasse, ma Alec sapeva di aver fatto la cosa giusta. La situazione era diventata troppo pericolosa e non si sarebbe mai perdonato se gli fosse successo qualcosa.
E, in fin dei conti, prima o poi sarebbe comunque dovuto finire tutto, no? Una volta che tutta quella storia fosse conclusa, infatti, Magnus non gli avrebbe comunque più preparato gustosi manicaretti dai nomi esotici né l'avrebbe più accompagnato durante le sue passeggiate notturne. Non gli avrebbe più augurato il buongiorno e la buonanotte né l'avrebbe più punzecchiato con i suoi commenti arguti e ironici. Alec aveva solo accelerato l'inevitabile fine di quel rapporto. Tutto qui.
Spalancò improvvisamente la bocca e sbadigliò sonoramente. La notte dormiva poco o niente. Si girava e rigirava nel letto perché, oltre a Magnus, gli mancava anche Presidente Miao che, quando era ora di andare a letto, aveva preso l'abitudine di accoccolarsi accanto alla sua testa, accompagnando il moro nel mondo dei sogni a suon di fusa. Ora che non c'era più, addormentarsi era diventato molto faticoso e, quando finalmente ci riusciva, cadeva preda di un sonno agitato. Ogni mattina, poi, si svegliava e si ritrovava solo nel letto. Quello era sicuramente il momento peggiore di tutti.
Ma, si disse, non doveva era triste: aveva già avuto tanto e doveva essere contento così. Magnus era stato una breve, inaspettata, pazza, travolgente parentesi nella sua vita a cui, un giorno, avrebbe sicuramente ripensato con affetto e un pizzico di nostalgia.
"Perché non lo chiami?"
Alec voltò la testa verso la porta della cucina: Isabelle era appoggiata allo stipite, in pigiama e con i lunghi capelli neri scarmigliati, e lo guardava con un sguardo serio e risoluto.
"Chi?" chiese Alec, fingendo di non capire, mentre sorseggiava il suo frullato ipocalorico.
Fece una smorfia quando lo mandò giù. Aveva deciso di ritornare ai suoi cibi e frullati a basso contenuto calorico da ben quattro giorni, ma questi avevano misteriosamente perso qualsiasi gusto. Davvero c'era stato un tempo in cui non solo beveva litri e litri di quella brodaglia, ma gli piaceva pure? Bah! Gli sembrava impossibile!
Isabelle non replicò, limitandosi a lanciargli un'occhiata penetrante a cui il moro pensò bene di sfuggire fingendo di smistare la posta che era sopra al tavolo.
"Però! Guarda qua! Ne hai di corrispondenza!" commentò il ragazzo, con nonchalance, prendendo in mano una grande e anonima busta gialla.
"Sei un idiota! Lo sai, vero?" lo accusò Isabelle, scuotendo la testa con fare paternalistico, mentre andava a versarsi un po' di caffé nella sua tazza rosa confetto.
Alec la ignorò, lacerando la carta con le dita per esaminare il contenuto della busta e aggrottò la fronte quando scoprì che consisteva in una semplice e solitaria fotografia. La prese, curioso, prima che un'ondata di stupore lo travolgesse. Il cuore gli balzò in gola e venne assalito da un lacerante senso di nausea.
"Anzi! Sai che ti dico?" continuò Isabelle, prendendo il sacchetto dei biscotti al cioccolato e azzannandone uno. "Che è un idiota anche lui! Siete due grandissimi idioti! Ecco! L'ho detto!" berciò, voltandosi, stizzita, verso il fratello. "Alec?" lo chiamò, preoccupata, quando lo vide impallidire sempre di più.
Alec era come paralizzato: la fotografia ritraeva la sua camera da letto, arsa dal fuoco.
Nonostante non avesse ancora voluto vedere i danni riportati dal suo appartamento, la riconobbe subito: il letto era ridotto a un cumolo di detriti e sui muri erano visibili i segni delle fiamme e del fumo che avevano avviluppato la stanza.
Alec sentì la rabbia ribollirgli nelle vene. Perché gli avevano fatto questo? E perché gli avevano inviato la fotografia? Cosa volevano ottenere, mostrandogli quell'immagine? Quale messaggio volevano fargli pervenire? Volevano vantarsi? Volevano che si rendesse conto fin dove erano capaci di spingersi? Volevano farlo soffrire?
"Per l'angelo..." mormorò Isabelle, sconvolta, appoggiandosi alle spalle del fratello. "E' la tua camera!"
Alec annuì, rimettendo la foto dentro la busta gialla e alzandosi per gettare il tutto nella spazzatura. Non avrebbe permesso a colui che si celava dietro quello scatto di rovinargli la giornata. Aveva delle commissioni urgenti da fare, telefonate e e-mail da spedire. Il misterioso "fotografo" poteva pure andare a farsi fottere.
"Stai bene?" chiese Isabelle, abbracciandolo.
Alec ricambiò l'abbraccio e annuì. "Devo andare a lavoro." le disse, guardando l'orologio, prima di baciarle la fronte. "Woolsey mi starà aspettando di sotto. Ci vediamo stasera."
Isabelle lo strinse ancora per un attimo, prima di lasciarlo andare con un sospiro e guardare la busta gialla nella spazzatura. "Forse dovremmo avvertire..."
"No." la interruppe Alec, risoluto. "E' solo una foto. Niente di più. Niente di meno."
"Ma, Alec..."
"Ci vediamo stasera, Iz!" ripeté il fratello, salutandola e uscendo dall'appartamento.
Woolsey, che lo aspettava fuori dal portone, lo accompagnò in ufficio, dove Alec si buttò a capofitto nel lavoro. La sua intenzione era di concentrarsi unicamente su quello che doveva fare e non pensare più alla fotografia.
Ci riuscì fino alle sette di sera, quando la sua bionda guardia del corpo lo riportò a casa.
Alec, seduto nella macchina dell'ex Marine, osservò, silenzioso, la strada scorrere davanti a lui. "Woolsey?"
"Mh?"
"Possiamo fare una piccola deviazione?"
Woolsey lo guardò brevemente e annuì.
Dopo neanche dieci minuti, era di fronte al suo palazzo. Ad Alec sembrava che fosse passato un secolo dall'ultima volta che era uscito dal portone per andare in mezzo ai boschi con Magnus.
"Torno subito." disse Alec, slacciandosi la cintura di sicurezza.
"Vengo con te."
"No, non serve." lo fermò Alec. "Giuro che ci metto poco."
Woolsey tamburellò con le dita sul volante della sua auto sportiva. "Ok. Ti do cinque minuti, Lightwood. Poi vengo a prenderti." lo avvertì.
Alec alzò gli occhi al cielo e sbuffò, prima di annuire.
Fece gli scalini due a due ed ebbe un tuffo al cuore quando si ritrovò davanti alla porta del suo appartamento, danneggiata dai vigili del fuoco che l'avevano presa d'assalto per entrare in casa.
Prese un respiro profondo, come a farsi coraggio, e girò la chiave di riserva che aveva dato a Isabelle quando aveva comprato quell'appartamento. Un sinistro clic annunciò l'apertura della porta e il moro la spinse delicatamente per entrare.
La prima cosa che avvertì fu l'odore, che gli aggredì l'olfatto: era acre, pungente, intenso, nauseante.
Alec tossì violentemente, prima di coprirsi naso e bocca con una mano e avanzare di qualche passo all'interno del corridoio. Sbarrò gli occhi quando vide lo spettacolo desolante davanti a sé: il salotto era in condizioni disastrose e ciò che era riuscito a salvarsi dalle fiamme era andato irrimediabilmente danneggiato dall'acqua utilizzata dai vigili del fuoco.
Avanzò cautamente e iniziò a guardarsi attorno, sentendo l'angoscia assalirlo ogni secondo di più. Non c'era niente che si poteva salvare. Niente.
Si morse con forza il labbro inferiore, accarezzando delicatamente lo scheletro del suo amato divano, prima che un rumore, proveniente dalla camera da letto degli ospiti, lo congelasse sul posto.
Il cuore gli schizzò in gola in modo talmente rapido che rimase senza fiato per un momento.
Si guardò freneticamente in giro, alla ricerca di qualcosa, qualsiasi cosa, che avrebbe potuto usare per difendersi. La scelta ricadde sul telecomando deformato del televisore. Non era granché, ok, ma poteva sempre lanciarlo in testa a un eventuale intruso e poi scappare a gambe levate.
Si avvicinò alla stanza, quatto quatto, e, in prossimità della porta, alzò il braccio per colpire qualsiasi cosa si trovasse dietro di essa, con la speranza di fargli davvero male.
Lanciò un urlo acuto quando vide un uomo materializzarsi davanti a lui e, senza perdere altro tempo, gli scagliò addosso il telecomando con tutta la forza che aveva in corpo.
"SIAL!" gridò la figura nera.
Alec stava già per battere in ritirata quando si bloccò sui suoi passi, sorpreso di sentire quella parola, che conosceva bene, ma, soprattutto, quella voce.
"Magnus?" domandò, sbalordito, voltandosi di scatto.
"Sì..." mormorò l'uomo, uscendo dalla stanza, mentre si massaggiava la fronte con una smorfia. "Cazzo, hai davvero una mira micidiale! Se ti fossi arruolato nell'esercito, saresti stato un cecchino formidabile!"
Alec arrossì, imbarazzato. "Scusa! Non l'ho fatto apposta!"
Magnus gli rivolse un sorriso divertito. "Davvero? Comincio a credere di essere il tuo bersaglio preferito."
"Ma non è vero e... Aspetta!" si interruppe Alec, accigliandosi. "Cosa ci fai qui?"
"Potrei farti la stessa domanda."
"L'ho chiesto prima io!"
Magnus sorrise, scrollando le spalle. "Ero venuto a vedere se potevo recuperare qualcosa. Tu?"
"Lo stesso." confessò Alec. "Trovato niente?"
Magnus scosse la testa, contrariato. "I miei vestiti sono tutti da buttare." rivelò, con una smorfia. "Ma non importa. Ne comprerò altri, ancora più belli." dichiarò, annuendo con decisione.
Alec accennò un sorriso. Non lo vedeva da più di una settimana, ma era sempre il solito Magnus. Un po' meno appariscente e decisamente acciaccato, forse, ma sempre lui. I capelli neri erano privi di gel ed erano così arruffati che lo facevano sembrare un ragazzino. Il braccio ferito era stato fasciato con una vistosa benda colorata e, anziché i soliti indumenti sfarzosi e sgargianti, indossava una semplice maglietta bianca e un paio di pantaloni da tuta neri, vagamente familiari.
"Per l'angelo! Quelli sono miei" esclamò il moro, dopo un lungo momento, stupito, spalancando gli occhi e indicando l'indumento con l'indice.
"Già" confermò Magnus, divertito per quel déjà-vu. Guardò verso il basso e giocò maliziosamente con l'elastico che gli avvolgeva la vita. "Ho scoperto che sono molto più comodi dei miei jeans attillati." affermò, fornendo la stessa spiegazione che aveva usato con i boxer del moro, quando si trovavano nella casetta di legno in mezzo ai boschi. "Vuoi che me li tolga?" mormorò, inarcando un sopracciglio e leccandosi sfacciatamente le labbra.
Alec avvampò immediatamente. "Oh.mio.Dio! No!" gridò con veemenza, mentre alzava i palmi delle mani.
Magnus rise, mostrandogli la lingua, poi si guardò attorno. "Dov'é Woolsey?" domandò, guardando oltre le spalle del moro. Alla smorfia del ragazzo, l'uomo aggrottò la fronte. "Non gli avrai mica fatto qualcosa, vero?"
Alec lo fissò a bocca aperta, prima di assottigliare lo sguardo. "Perché pensi che gli abbia fatto qualcosa?"
Magnus alzò un sopracciglio, mordendosi l'interno delle guance per non sorridere, e indicò in modo eloquente la propria fronte.
"Oh per l'angelo! Te l'ho detto! Non l'ho fatto apposta! Credevo fosse il pazzo che mi ha incendiato casa!" sbuffò Alec, piantandosi le mani sui fianchi.
Magnus non rispose e con un sorriso ironico indicò anche il proprio braccio ferito.
"E' stato un incidente!" esclamò Alec, con fervore, alzando gli occhi al cielo. "L'hai detto anche tu! E' stato il motociclista a spararti! Io l'ho solo colpito alla testa!"
Il sorriso di Magnus si ampliò.
"Si può sapere che hai da sorridere tanto?" borbottò Alec, con una smorfia infastidita, incrociando le braccia al petto.
Magnus fece spallucce. "Sono contento che finalmente l'hai capito." mormorò semplicemente.
"Che cosa?" chiese Alec, perplesso, aggrottando la fronte.
"Che non è stata colpa tua." rispose Magnus, piegando la testa e rivolgendogli un dolce sorriso.
Alec si morse il labbro inferiore, sentendo un inspiegabile nodo in gola. "Guarda che l'ho sempre saputo." ribatté, ostentando un'indifferenza che in realtà non provava.
Magnus ridacchiò, allungando il braccio per scompigliargli i capelli e il cuore di Alec si strinse. Gli era mancata così tanto la sua risata che... Per l'angelo! pensò, con orrore. Si stava comportando come un adolescente con gli ormoni impazziti! Doveva assolutamente darsi un contegno!
"Fingerò di crederti." asserì Magnus, con un sorriso sbarazzino. "Allora, che ne hai fatto di Woolsey? Hai dato una botta in testa anche a lui e sei scappato?"
Alec gli lanciò un'occhiata impassibile, pronto a rispondere con una battuta sagace, quando sentì i passi di qualcuno fare velocemente le scale del palazzo.
"I cinque minuti sono passati, Lightwood!" gridò Woolsey, entrando in casa. "E' ora che ti riporti... Per tutti i diavoli! MAGS!" esclamò, illuminandosi tutto quando vide l'uomo dagli occhi di gatto. Si precipitò verso i due, scansò il corpo Alec con un gesto deciso della mano e si fiondò sull'ex compagno d'armi, abbracciandolo forte. "Come stai, vecchia carcassa? Tuo padre mi ha detto che il ragazzino ha provato a farti fuori." affermò, ridendo, indicando con il pollice il moro dietro di lui.
"E' stato un incidente!" sbuffò Alec, alzando gli occhi al cielo e allargando le braccia con fare esasperato, infastidito dal comportamento della sua nuova guardia del corpo.
Magnus rise, allegro. "Ciao Woolly!" lo salutò, ricambiando l'abbraccio. "Ti trovo bene!"
"A meraviglia, fratello!" affermò il biondo, dandogli una pacca sulla spalla sana. "Tu, invece, stai invecchiando! Farsi colpire da un moccioso che non ha neanche mai preso in mano una pistola..." lo prese in giro, scuotendo la testa.
"Per l'angelo! E' stato un incidente!" ripetè ancora una volta Alec, indispettito.
Magnus e Woolsey lo guardarono per un momento, scoppiando poi a ridere nello stesso istante.
"Ohhh andate al diavolo! Tutti e due!" berciò Alec, incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio.
I due ex Marine sghignazzarono ancora più forte.
"Quando ti hanno dimesso?" chiese Woolsey, con un largo sorriso.
"Ieri." rispose Magnus. "Sial, non vedevo l'ora di uscire da lì!" confidò, con uno sbuffo.
Woolsey rise. "Ti credo! Scommetto che hai fatto impazzire metà ospedale e hai flirtato con l'altra metà!"
Magnus rise, allegro, e Alec decise che ne aveva abbastanza. Non era affatto geloso della loro complicità. Assolutamente no. Solo che lui era venuto per vedere la sua casa, per scoprire se c'era qualcosa che poteva salvare, per dire simbolicamente addio alle sue cose... e quei due idioti rompiscatole, con le loro ciance stucchevoli e i sorrisetti sdolcinati che si rivolgevano, gli stavano rovinando il momento! Non era affatto giusto.
"Dove vai?" chiese Magnus, quando si accorse che il moro era quasi arrivato sulla porta.
Alec sventolò una mano, con noncuranza. "Non sono tenuto a dirtelo. Non sei più la mia guardia del corpo."
Magnus sorrise, alzando la mano sana in segno di resa, mentre Woolsey sghignazzava divertito.
"Pensavo di essergli antipatico io..." affermò il biondo, tirando una gomitata complice all'ex collega e abbassando la voce, ma non al punto tale che il moro non potesse sentire. "Ma é proprio stizzoso di natura."
"Vai a farti fottere, Woolsey!" berciò Alec, irritato, rivolgendogli il dito medio.
Il biondo ex Marine sorrise, radioso. "Non è affatto una brutta idea, Lightwood!" concordò, voltandosi poi verso Magnus e facendogli scivolare maliziosamente la punta dell'indice lungo tutto il torace. "Che ne dici, Mags?" domandò, con voce roca. "Portiamo a casa il bambino e ci rintaniamo nel tuo appartamento a ricordare i bei vecchi tempi?" mormorò, leccandosi le labbra.
"Tzè!" esclamò Alec, indignato.
"Che c'é Lightwood? Sei interessato a una cosa a tre?" chiese Woolsey, voltandosi verso il moro con un sorriso provocante.
"Ma neanche per idea!" sbottò Alec, arrossendo vistosamente. "Pervertito!"
Magnus e Woolsey risero, divertiti, mentre Alec li mandava nuovamente a quel paese con il dito medio e si incamminava fuori dal suo appartamento.
"Adoro farlo arrabbiare!" confessò Woolsey, con un enorme sorriso.
"Guarda che ti ho sentito, idiota!" borbottò Alec, ritornando sui suoi passi per lanciare un'occhiata fulminante i due ex militari.
"Rivolgeva anche a te questi epiteti così dolci e carini?" chiese Woolsey, ironico.
"Sempre." annuì Magnus, divertito.
"Ah... E io che mi illudevo di essere speciale." sospirò Woolsey, con finto rammarico. "Lightwood, così mi spezzi il cuore!" mormorò, portandosi teatralmente una mano al petto.
"Guarda che dovrei essere io quello amareggiato." ridacchiò Magnus, fintamente esasperato. "Speravo di essere l'unico a venire trattato come una pezza da piedi."
"E invece devi dividere questo onore con me." sorrise Woolsey, complice.
"Sul serio, andate a quel paese. Tutti e due." ringhiò Alec, serrando i pugni lungo i fianchi.
Woolsey sventolò una mano, ignorandolo. "Oh! E nascondeva anche a te le cose?" continuò, accostandosi maggiormente a Magnus.
"Del tipo?"
"No, ma fate pure come se non ci fossi eh!" brontolò Alec, nel tentativo di distrarre Woolsey da quello che stava per dire.
Woolsey, ancora una volta, ignorò il ragazzo. "Isabelle, quella santa ragazza, mi ha riferito che oggi ha ricevuto una foto."
"Una foto?" chiese Magnus, rivolgendosi ad Alec. "Che tipo di foto?"
"Niente." rispose Alec, sulla difensiva.
"Alec."
"Non é niente."
"Alexander Gideon Lightwood!" lo avvertì Magnus.
Alec alzò gli occhi al cielo e sbuffò sonoramente. "Qualcuno mi ha inviato una foto della mia camera da letto, così com'é ora. Tutto qua."
Magnus lo fissò intensamente. "Woolly?" disse infine, dopo un lungo attimo di silenzio. "Puoi lasciarci soli un momento?"
Woolsey sghignazzò e annuì. "Qualcuno è nei guai." cantilenò all'orecchio di Alec, prima di uscire dall'appartamento.
Alec gli lanciò un'occhiataccia e gli sventolò sotto al naso il dito medio, mentre l'altro rideva di gusto.
"Che c'è?" chiese poi a Magnus, sulla difensiva, incrociando le braccia al petto.
"Smettila." brontolò l'uomo, guardandolo con un cipiglio severo.
"Di fare cosa?"
"Di nascondere le cose. Perché non hai detto a Woolsey della foto? Non te l'ho assegnato perché ti faccia le treccine o ti racconti la favola della buona notte!"
Alec sgranò gli occhi. "Sei... sei stato tu? Ma... credevo..."
"Certo che sono stato io!" lo interruppe Magnus, alzando gli occhi al cielo, esasperato. "Non potevo mica lasciarti nelle mani del primo che capita! Mi fido di Woolsey!"
"Tzè! Ma certo che ti fidi di lui." borbottò Alec, risentito.
Magnus aggrottò la fronte, perplesso. "Che vuoi dire?"
"Niente." rispose Alec, scrollando le spalle con finta noncuranza.
Magnus lo fissò per un lungo momento, poi sorrise, divertito. "Ah. Te l'ha detto."
"Cosa? Che tu e lui facevate certe acrobazie in camera da letto che, a confronto, John Holmes e compagnia bella erano dei principianti?"
Il sorriso di Magnus minacciò di divorargli il volto. "Perché? La cosa ti crea problemi?"
Alec sputacchiò un verso stizzito. "Tzè! Assolutamente no! Non sono affari miei!" rispose, altezzoso. "E, per la cronaca, sappi che posso tornare all'appartamento di Isabelle anche da solo. Tu e Woolsey potete pure andare a casa tua a fare i vostri porci comodi!"
"Sento una non tanto velata nota di gelosia, Fiorellino." mormorò Magnus, compiaciuto, avvicinandosi al moro.
"Geloso? Io? Ma per favore! E non chiamarmi Fiorellino!" lo redarguì Alec, puntandogli l'indice contro.
"Io e Woolly siamo solo amici." lo informò Magnus, con un sorrisetto divertito.
"Sì. Certo. E lui lo sa?" lo sfidò Alec, guardandolo con uno sguardo carico di sufficienza.
"Certo che lo sa!"
"Davvero? Perché non si direbbe affatto!" ribatté Alec, piccato, scimmiottando con l'indice la carezza lasciva del biondo sul petto dell'ex guardia del corpo.
Magnus rise.
"Non c'é niente da ridere!" borbottò Alec, stizzito.
"Mi sei mancato, lo sai?" affermò Magnus, con un dolce sorriso.
Alec strinse maggiormente le braccia al petto. "Tu no."
"Lo sai, vero, che dovrei essere io quello arrabbiato con te e non il contrario?" domandò Magnus, con un sorriso divertito.
"Arrabbiato per che cosa?"
"Mi hai dato il ben servito!"
"Perché sei ferito!"
"Quando mi hai steso con quella micidiale ginocchiata nelle palle, non mi pare che tu ti sia fatto tanti problemi per la mia momentanea inabilità a proteggerti, eh."
Alec boccheggiò, preso alla sprovvista. "E'... é diverso!"
"Davvero?" chiese Magnus, con un sorriso allegro, inarcando un sopracciglio. "A me pare che siamo nella stessa situazione. Tu attacchi e io le prendo."
"Non é la stessa cosa!" insisté Alec, imbronciato. "Non hai rischiato di morire, in quella occasione."
Magnus lo fissò con uno sguardo eloquente. "Alec, c'é mancato poco che diventassi un eunuco!"
Alec sentì le guance scaldarsi. "Ma non é vero! Sei sempre il solito esagerato!"
Magnus si piazzò una mano sul fianco e gli lanciò un'occhiata maliziosa. "Vuoi che ti ricordi in che condizioni erano i miei testicoli? Mh?"
Il viso di Alec andò a fuoco. "Non osare..."
Magnus scoppiò a ridere, prima di sporgendosi verso il moro per baciargli una guancia e piazzargli qualcosa di solido e duro nella mano abbandonata lungo il fianco.
"Ho un regalo per te, Fiorellino." sussurrò l'uomo, con voce roca.
Alec sbatté le palpebre, sentendo una scarica elettrica propagarsi lungo tutta la spina dorsale, prima di abbassare lo sguardo e rimanere senza fiato: il soldatino di Max lo stava guardando con un ghigno sfrontato e vittorioso. Aveva bisogno di una bella ripulita, ma era sicuramente lui ed era perfettamente intatto.
Il moro alzò gli occhi e sentì le lacrime minacciare di travolgerlo, mentre Magnus sorrideva dolcemente.
"Come... dove..." balbettò Alec, ingoiando il nodo alla gola.
"Se ne stava lì, nascosto tra la cenere, in attesa del tuo ritorno. Ha resistito a fuoco e fiamme. E' un tipo tosto!" spiegò Magnus, intenerito.  
Alec tirò su con il naso e sorrise, stringendo forte il soldatino nel palmo della mano, prima di fiondarsi tra le braccia di Magnus, che rise, felice, e gli baciò i capelli arruffati.
"Ho dato un'occhiata alla tua camera." sussurrò Magnus, posando il mento sulla tempia del moro. "Non è un bello spettacolo. Purtroppo é bruciato tutto e non é rimasto più niente. Mi dispiace, tesoro." si scusò, stringendo ancora di più a sé il moro.
Alec fece spallucce, nascondendo il viso nel collo di Magnus. "Non importa. Ho il soldatino."
Magnus gli baciò la fronte.
"Magnus?"
"Mh?"
"Mi dispiace."
Magnus sorrise, rafforzando la presa sulle spalle del moro. "Lo so."
"E... ho mentito."
"So anche questo."
"Non voglio che ti succeda qualcosa."
"Lo so."
"E non voglio neanche un'altra guardia del corpo che non sia tu."
Magnus ridacchiò. "Ohhh, lo so. E' per questo che ti ho mandato Woolsey." mormorò, divertito.
Alec alzò lo sguardo e aggrottò la fronte. "In che senso?"
Magnus sorrise, scostando un ciuffo di capelli dalla fronte del moro. "Beh, prima di tutto é un amico. Sapevo di metterti in mani fidate." affermò dolcemente. "E poi ero sicuro che ti avrebbe parlato di noi due." mormorò, divertito, mostrandogli la lingua.
Alec assottigliò lo sguardo, irrigidendosi. "Cioé mi hai mandato il tuo ex appositamente per farmi ingelosire."
"Forse." confessò Magnus, ridendo.
Alec lo fulminò con un'occhiata assassina. "Sei fortunato ad avere un braccio ferito." sibilò, staccandosi da lui. "Sei una persona orribile, sai? Orribile! Non azzardarti mai più a fare una cosa simile e..."
Magnus sorrise, felice, prima di agguantarlo per un passante dei jeans e tirarlo verso di lui. "Ai tuoi ordini..., Alexander." mormorò, ad un soffio dalle sue labbra.
Alec tentò di rimanere imbronciato, ci provò davvero. Poi alzò gli occhi al cielo e scosse la testa con un sospiro fintamente esasperato, prima di agguantare con un gesto deciso il viso di Magnus e baciare quel sorriso irritante, ma contagioso.
   
 
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