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Autore: GiusyWriter    03/08/2020    0 recensioni
Un tempo lontano...
Una terribile guerra che logora due antichi alleati nella terra di Whad...
Due sorelle in lotta per salvare e tutelare il loro regno insidiato da un nemico indomabile, potente ed oscuro...
Un torto antico che ha risvegliato una tremenda sete di sangue e di vendetta difficile da placare...
Bene e male si fondono in un'unica entità...
Riuscirà la guerriera dal fiore rosso a vincere anche questa battaglia e a portare alla luce una verità sepolta sotto un manto di segreti ed inganni?
Questa è la prima storia che pubblico.
Mi piacerebbe conoscere le vostre opinioni nelle recensioni.
Vi ringrazio e vi auguro una buona lettura.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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DIECI Mancavano poche ore all’alba. La pioggia notturna aveva lasciato il posto ad una foschia mattutina densa e compatta. Fhen era immersa in un sonno profondo, anche ora che tutto era cambiato e che le fondamenta stessa del potere si reggevano sul sangue e sulla morte. L’atmosfera nel palazzo reale era soffocante, gravata dal peso dei recenti avvenimenti. Dopo l’esecuzione della regina, Nazick era stato proclamato re assoluto di Imska, la quale era inoltre entrata di diritto nella Confederazione di Hannar, sotto il patrocinio di Farmus Agaton. I vecchi ministri erano stati destituiti ed imprigionati insieme agli ultimi irriducibili seguaci della sovrana. Chi non aveva voluto giurare fedeltà al nuovo re era stato barbaramente trucidato. Il popolo era insorto dopo l’assedio e l’esecuzione della regina. Nazick e Agaton avevano usato tutta la loro potenza e la loro violenza contro quell’azione del tutto inaspettata. Nemmeno Nazick era consapevole di quanto le sorelle Anxel fossero amate ad Imska… L’esercito invasore e alcune frange dell’armata di Fhen, che erano saltate sul carro del vincitore per non perire, erano stati sguinzagliati in lungo e in largo nella capitale per reprimere nel sangue tutte le numerose sacche di resistenza. Ciononostante, in città erano scoppiati tremendi disordini e tumulti. Gli artigiani, in segno di protesta, avevano rifiutato di riaprire le botteghe e di lavorare. I contadini, dalle campagne dislocate oltre la muraglia, avevano smesso di cedere la loro produzione agricola ai mercati della capitale e per qualche giorno sulla tavola del re non era giunta più alcuna primizia o frutto di stagione. Lo sdegno e la collera popolari erano deflagrati violentemente. Centinaia di cortei di protesta erano sfilati sotto le balconate del palazzo, chiedendo la destituzione del despota, la liberazione del principe ereditario e il suo insediamento sul trono. Il nome di Eileen Anxel venne invocato ed inneggiato a lungo, come se fosse un talismano prezioso contro quell’oscurità. Fiumi e fiumi di tulipani rossi vennero gettati sulle scalinate del palazzo reale, come se quel gesto potesse rievocare la guerriera di Fhen, la guerriera dal fiore rosso che, ancora una volta, avrebbe liberato il suo popolo dal male. Nazick aveva inviato truppe anche nelle campagne, a malmenare e depredare i contadini, che furono così costretti a riaprire l’accesso al mercato dei loro prodotti. Nel giro di cinque giorni, vessate dalla violenza coercitiva e dalle esecuzioni sommarie, le rivolte erano state soppresse nel sangue, con un raccapricciante risultato di centinaia e centinaia di condanne a morte. Il re aveva tenuto poi un discorso al popolo di Fhen, protetto da un ampio cordone di sicurezza. Aveva urlato ai suoi sudditi, prostrati dal dolore e dalla frustrazione per una situazione senza via d’uscita, che la regina era morta e che niente l’avrebbe riportata in vita. Il potere ora apparteneva a lui. Chiedeva obbedienza, omaggio e collaborazione e si dichiarava convinto del fatto che ben presto avrebbe conquistato la fiducia delle persone che ora lo odiavano e maledicevano. Nazick avrebbe aperto nuove frontiere d’interesse e di vantaggio per la sua terra, al fianco della nuova alleata Hannar. L’avrebbero chiamato Nazick il Grande. Avrebbero esultato al suo passaggio e ne avrebbero glorificato le gesta. Tra gli schiamazzi generali, che invocavano a gran voce l’elezione al soglio regale del principe ereditario, Nazick aveva risposto che anche Feridyr era stato ucciso, che la sua esecuzione aveva seguito di poco quella della madre e che la stirpe Anxel-Dhen era morta insieme a Meredith e Nahler. Anche Eileen Anxel era stata uccisa. La guerriera dal fiore rosso non avrebbe più fatto ritorno... Nazick sedeva nella biblioteca, silenzioso e assorto nei suoi pensieri. Temeva di avvicinarsi alla finestra. Le prime pallide ombre color cremisi dell’alba gli incutevano paura ed evitava di guardarle ogni volta che poteva, anche se era raro che non vedesse sorgere il nuovo mattino, visto che in quell’ultima settimana aveva riposato a stento. Non riusciva a dormire. Quando chiudeva gli occhi vedeva davanti a sé solo sangue. Sangue e ancora sangue e dolore e morte e grida e pianti e lacrime… Anche quella mattina avvertiva un forte senso di soffocamento e di oppressione nel petto. Lentamente si alzò dalla poltrona e si avvicinò alla finestra, aprendola. Le luci dell’alba lo frastornarono. I colori del cielo sembravano volerlo aggredire. Una visione gli attraversò d’improvviso la mente… Eileen. Eileen distesa nella fossa in cui lui stesso l’aveva gettata, dopo averla ferita a morte. Gli occhi di lei… sempre più lontani ma vivi di collera e sete di sangue. “La mia vendetta ti seguirà fino al giorno della tua morte” gli aveva detto prima di chiudere gli occhi per sempre. Nazick pensò a quel corpo meraviglioso… a quella bocca scintillante di passione… a quel seno florido e pieno di vita, a quelle bianche braccia invincibili che tante battaglie avevano combattuto e vinto, ai suoi magnetici occhi verdi, scintillanti di vita e sdegno e collera e amore… tutto era perso per sempre. Tutto era finito. Era morta. Morta. Non avrebbe più fatto ritorno. All’inizio il pensiero della sua morte l’aveva gettato nello sconforto più totale. Rimpiangeva di non aver avuto pietà, di non essere andato contro i desideri e i piani paterni, di aver dato ascolto ad Agaton e ad Annelies, che volevano Eileen morta. Era chiaro che Annelies si aspettasse di divenire la nuova regina di Fhen. Nazick aveva sempre saputo che il piano della cugina era quello di sposarlo. Voleva la corona. Voleva il trono. Voleva il potere. Agaton era assetato non solo di potere ma anche di vendetta. Non aveva mai perdonato ad Eileen le numerose umiliazione che lei gli aveva inflitto e vederla morta sarebbe stato paradisiaco per lui. Il pugno di Nazick si abbatté contro lo stipite della finestra. Un mare di rimpianti lo travolse con la furia di un uragano. Rimpiangeva di non averla sottratta al destino di morte… Magari avrebbe potuto rinchiuderla nelle prigioni, nelle segrete… Lì l’avrebbe tenuta, lì l’avrebbe nascosta, lì l’avrebbe avuta… cercando di piegare giorno dopo giorno un po' per volta il suo carattere bellicoso e la sua ferrea volontà… Avrebbe potuto tenerla prigioniera per anni, se fosse stato necessario… il tempo sufficiente perché lei imparasse ad amarlo o almeno ad avere stima di lui o affetto… Avrebbe accettato di essere vilipeso, oltraggiato e odiato da lei, ma non avrebbe gettato la spugna… avrebbe resistito e lottato per averla. La sua mente smise di turbinare. Era inutile abbandonarsi a quelle fantasie. Non così. Non ora. Non più. Eileen era morta. L’aveva uccisa e… forse era meglio così. “La mia vendetta ti seguirà fino al giorno della tua morte”… Nazick avvertì un lungo glaciale brivido scivolargli lungo la nuca. Se l’avesse risparmiata, Eileen l’avrebbe ucciso. Non sarebbe cambiato nulla e, soprattutto, non avrebbe mai acconsentito a sposarlo e mai, mai l’avrebbe amato. Erano come ghiaccio e fuoco. Due elementi incompatibili. Forse era meglio così… «Sei rimasto sveglio anche questa notte?» gli giunse alle spalle una voce secca, che lo riscosse dai suoi pensieri. La voce di suo padre. Nazick non si voltò verso di lui. «Nemmeno voi riuscite a dormire, o sbaglio?» gli chiese di rimando, infastidito. «Non sono stanco. Tu invece hai un aspetto orrendo» rispose Rhodyn. Nazick si voltò finalmente verso suo padre e un sorriso sarcastico e stanco gli attraversò il volto. Era l’ultima persona al mondo che avrebbe voluto vedere. «Siete temerario padre, nel rivolgermi queste offese. Dimenticate che potrei farvi arrestare. Ho condannato molte persone a morte per molto meno» disse sardonicamente. «Era necessario, Nazick. Il potere si costruisce così, dovresti saperlo. È proprio la voce del sangue che ti renderà grande. Un re temuto è un re potente». «Mi temono perché ho fatto uccidere quanti mi si opponevano, padre». «Gli scrupoli non hanno mai aiutato nessuno, figlio mio. L’epoca del sangue sta per concludersi, basta che tu lo voglia. Poi sarà finita per sempre». «No! Non lo farò ancora, padre!» gridò Nazick a voce altissima. «Devi farlo, Nazick! Non saremo al sicuro finché non avrai portato a termine quanto abbiamo iniziato. È tardi per indulgere a sentimenti di pietà. La pietà è per i deboli, Nazick. La pietà non rende grandi. La pietà non fortifica. La pietà svilisce, atterrisce, annichilisce, infiacchisce!» esclamò ferocemente Rhodyn. A quelle parole Nazick si avventò contro il padre, afferrandolo allo scollo dell’aurea tunica che indossava. «Taci! Taci, maledetto! Le tue parole sono fiele velenoso, che corrode il mio pensiero!» gridò di rimando con una nota istericamente disperata nella voce. «Pensa quello che vuoi, ma sai che ho ragione, Nazick. Se avrai pietà anche questa volta, sarai un debole. Agaton ti ridurrà ad un suo subalterno e sarebbe anche capace di toglierti di mezzo, se risulterai essere troppo rinunciatario e sciatto. Sai che ci siamo trovati sulla stessa barca per puro caso e sai anche che Agaton rema in una direzione del tutto opposta alla nostra. Finora ci è andata bene perché gli Anxel erano il nostro comune nemico, ma ora il vento potrebbe cambiare. Lo sai anche tu e fin troppo bene. Dobbiamo consolidare quello che abbiamo guadagnato e dobbiamo farlo ora, prima che sia troppo tardi! Dobbiamo agire, Nazick!» parlò concitatamente Rhodyn, accigliato in volto. Nazick gli diede un forte strattone e lo lasciò andare. «Dobbiamo consolidare… dobbiamo agire… parlate come se fossimo uniti, come se fossimo una famiglia…» sputò Nazick con cattiveria e disgusto. «E non è forse quello che siamo?» «Voi non sapete cosa sia l’amore, padre. Vi riempite la bocca di ridondanti parole e di pensieri strategici… Fingete di essere l’uomo più ricco di tutto il Whad, ma siete solo l’uomo più misero e gretto che esista». «Non è l’amore che ci ha fatto arrivare fino a questo punto, Nazick». «Che mi ha fatto arrivare! Parlate di me, padre! Io sono il sovrano assoluto di Imska!» «Lo sarai ancora per poco se non porti a termine ciò a cui hai dato inizio». «No! Non lo farò! Non sarò ancora un burattino nelle vostre mani!» «Nazick… è la sua vita che reclamiamo». «Voi non avete il potere di reclamare nulla, padre! Non l’avete mai avuto…». «Nazick, ti prego… ascoltami… Senza la sua vita non sarai mai l’unico re». Nazick iniziò a passeggiare nervosamente per la stanza, portandosi le mani ai capelli. Il padre lo fissava con sguardo impenetrabile. Nazick si fermò all’improvviso. «Io non darò ordine di uccidere anche Feridyr» disse inesorabilmente. «Se non lo uccidi, non sarai mai re assoluto ed incontrastato di Imska, lo capisci!?» «Ho ucciso suo padre, sua madre e… sua zia. La stirpe degli Anxel non rinascerà mai più». «Feridyr è il principe ereditario al trono di Fhen. Lasciarlo in vita indebolirà la tua posizione già delicata e difficile, Nazick» insistè Rhodyn. «Io non ucciderò quel bambino!» urlò il re violentemente. Rhodyn lo trapassò con il proprio sguardo glaciale ed impenetrabile. «Provi pietà per lui» esalò con una nota di acido disprezzo. Nazick abbassò il capo. «Nazick, tu provi pietà per lui!» gridò allora Rhodyn, furibondo. A quelle parole il sovrano si scagliò di nuovo contro il padre, afferrandolo alla gola. «Sono diventato il tuo macellaio, padre. Ho ucciso per te. Ho massacrato per te. Ho lasciato che il sangue scorresse in rivoli fino a bagnare i tuoi maledetti calzari. Il mantello che indosso non è di porpora, ma è rosso del sangue di tutte le vite che ho spezzato. Ho tagliato la testa alla regina di Fhen… alla donna che mi amava con tutto il suo cuore e le sue forze… Ho messo a ferro e fuoco un regno prospero e fecondo, riducendolo in polvere… Ho massacrato con le mie stesse mani la donna che amavo... Ho sofferto per lei per anni, quando sapevo benissimo che mi odiava… L’ho ingannata e poi ho pugnalato quel suo ventre per il quale avrei dato la mia stessa corona… questa dannatissima corona che porta su di sé il marchio di una maledizione indicibile… Ho fatto tutto questo per te… per te, padre. Ma questa volta è diverso. Io sono il re di Fhen, io sono il capo assoluto di Imska. Nessuno più mi metterà da parte o occuperà il posto che io ho guadagnato per me stesso. Non ucciderò Feridyr. Non lo farò» parlò poi con malcelato odio. «Preferisci… preferisci graziarlo allora… ma questo non ti darà indietro la guerriera dal fiore rosso…» tossì Rhodyn, cercando di liberarsi dalla presa del figlio. Nazick lo lasciò andare con uno scatto repentino, sorridendo stancamente e guardando dritto davanti a sé. «Eileen non tornerà più, questo è certo» disse lentamente, come se cercasse di assaporare e di soppesare il gusto amaro di quelle parole. «Feridyr non sarà toccato, almeno fino a che non avrò deciso diversamente. Resterà nella fortezza nord- orientale di Wernuh, dove è stato trasportato dopo l’esecuzione di Meredith. Vivrà in completo isolamento, senza avere la compagnia di nessuno. Che sia nutrito bene, però, come si conviene ad un principe di sangue blu, ma che sappia di vivere per mia concessione, perché io l’ho ordinato. Lui vivrà da prigioniero nella sua stessa terra e vivrà a lungo, ad un passo dal trono e dalla vita che io gli ho tolto senza che lui potesse minimamente opporsi. Lui vive per via della mia carità, padre. Questo deve essere il messaggio» dichiarò poi inesorabilmente. Rhodyn restò a fissarlo per vari istanti. «Agaton eserciterà pressioni affinché il principe sia eliminato. D’altronde egli è molto influente e la Confederazione potrebbe chiederti questo in cambio di un’alleanza militare contro i Dewuh. Non dimenticare che il capo di quelle sanguisughe si è dileguato senza lasciare tracce» disse poi, rimanendo a debita distanza. Nazick rise debolmente. «La Confederazione non ha alcun potere decisionale. Hannar ha bisogno delle risorse di Imska, in ogni senso. Anche contro i Dewuh non potranno resistere a lungo senza il nostro oricalco. Per quanto riguarda il capo dei vampiri… non me ne preoccuperei troppo. I Dewuh stanno rivelando la loro sostanziale incapacità. Avrebbero potuto approfittare del vuoto di potere e dei disordini scoppiati dopo la morte di Meredith, invece hanno preferito rimanere in silenzio, nella quiete delle loro gelide sorgenti… Schiacciarli sarà fin troppo semplice, soprattutto ora che possiamo contare anche sull’esercito di Hannar». «Hai bisogno di un Comandante esperto e valido. Eileen Anxel era imbattibile da questo punto di vista. Non troverai mai qualcuno come lei» obiettò ancora Rhodyn. Nazick gli si avvicinò, ammiccante come un gatto. «Potrei comprare Jean Dhorur» disse beffardamente. Il padre strabuzzò gli occhi. «Dhorur è vivo!?» chiese in tono isterico. Nazick sorrise malignamente. «Ha visto Eileen cadere e si è lanciato contro di me. Un soldato di Hannar l’ha ferito gravemente. È stato tra la vita e la morte per tre giorni. Ha una bruttissima ferita, ma pare che si stia gradualmente riprendendo, anche se non so come sia possibile, viste le drastiche condizioni igieniche delle prigioni» raccontò poi in tono neutro. «Non scherzare, Nazick. Qualora Dhorur riuscisse a sopravvivere, potrebbe rappresentare un grosso rischio per tutti noi. Ne va della nostra incolumità, lo sai bene anche tu» replicò il padre, angustiato. Nazck lo guardò con un sorrisino di compatimento. «Non vedo proprio come un uomo tra la vita e la morte, privato del suo rango, del suo ruolo di comando, ridotto ad essere uno schiavo… senza più speranze… senza più futuro… possa rappresentare un problema per noi…» mormorò subdolamente il re. «Jean Dhorur aveva contatti personali con il re di Zewia, Nazick. È risaputo a corte». «Non capisco ancora come e perché questo debba interessarci, padre. Dhorur è rinchiuso nelle segrete del castello e per di più sta morendo. Non sarà nelle condizioni di parlare con nessuno, né tantomeno di scappare» osservò il re con aria di sufficienza. «La tua sicurezza mi tranquillizza, ma mi getta nel terrore allo stesso tempo. Non devi sottovalutare nessuno, Nazick, nemmeno i moribondi o chi è già morto. Rammenta che Eileen Anxel era osannata e amata in tutta Imska e anche nelle altre terre del Whad. Il suo ricordo, da solo, potrebbe essere sufficiente a scatenare una nuova ondata di panico e di insubordinazione generali» osservò Rhodyn, in tono apprensivo. Nazick gli voltò nuovamente le spalle, ritirandosi ancora verso la finestra. Il sole era ormai sorto pienamente, ma sembrava indugiare dietro una cortina densa di nebbia. Un’altra giornata fredda e spettrale, come le cinque precedenti. “Se solo potessi rivedere gli occhi di Eileen, anche solo per una volta”, pensò il re, passandosi stancamente una mano sui corti capelli neri. «Guardati anche da Maxim. Se scoprirà la verità su Meredith e soprattutto su suo fratello, ci attaccherà» si intromise nuovamente la voce irritante e fastidiosa di suo padre. «A breve Agaton farà ritorno da Hannar. Discuteremo della questione di Maxim e troveremo una soluzione. Non sarebbe un cattivo affare per noi se anche Ther entrasse nella Confederazione» disse Nazick quasi distrattamente. «Sei forse impazzito!? Maxim non accetterà mai!» esclamò Rhodyn. «Oh, ma io spero ardentemente che egli non accetti questa generosa offerta di clemenza. Ho una gran voglia di dargli finalmente l’opportunità di ricongiungersi alla donna che tanto ha amato per tutta la sua vita» rispose il re di Fhen, in un ghigno. «Maxim combatterà per garantire i diritti di successione del nipote» insinuò Rhodyn. «Ho detto che Feridyr resterà al suo posto, per il momento» tuonò ancora Nazick voltandosi verso il padre e trafiggendolo con uno sguardo di brace, che l’altro sostenne a malapena per un po', prima di chinare il capo in segno di obbedienza. «Spero non dobbiate pentirvi di questa vostra pietà, Maestà» gli disse poi formalmente, inchinandosi e voltandosi per abbandonare la stanza della biblioteca. «Io non ho pietà di nessuno. Me l’avete insegnato voi, padre» disse Nazick. Rhodyn si fermò per un breve momento sullo stipite della porta. Nazick rimase in attesa. «Annelies è in attesa della tua proposta di matrimonio da giorni» disse l’altro. Il cuore di Nazck si strinse istintivamente. Era quella, dunque, la vita che l’attendeva. Una vita di crimini, sangue versato e complotti… accanto ad una donna che non amava e che mai avrebbe amato. Per la seconda volta, ma per sempre. Eileen era morta. Lui stesso l’aveva uccisa. Non sarebbe mai tornata indietro. Il re reclinò lentamente il capo sul petto, sospirando debolmente. «Avrà presto quello che vuole. Adesso lasciatemi solo, padre» esalò poi in tono sofferente. «Come volete, Maestà» disse il padre, abbandonando definitivamente la stanza. Nazick si appoggiò nuovamente al vano della finestra. Il sole si era nuovamente nascosto dietro le nuvole, offuscato dalla nebbia opprimente. Un’indicibile spossatezza gli annebbiò la mente per alcuni istanti. “Se solo potessi rivedere gli occhi di Eileen, anche solo per una volta”, ripeté a sé stesso prima di cadere a terra, vinto da quell’improvvisa ed invincibile stanchezza. L’aria era ancora intrisa di umidità. Nella radura di Anduh il silenzio era opprimente. Delah avanzava circospetta e guardinga nel terreno, ridotto ad una poltiglia informe di fango, detriti e pioggia ristagnante. La vampira si muoveva lenta ed aggraziata, alla stregua di un animale in caccia. Era in ricognizione per verificare l’eventuale presenza di esseri umani nelle vicinanze di Arquart. Edwig l’aveva ordinato a Thrain, ma il vampiro aveva rifiutato, chiuso nella sua ottusa e cieca collera. Edwig aveva espresso tutto il proprio disappunto, ma Thrain non aveva ceduto minimamente, così Delah si era offerta di prendere il suo posto. Il suo compagno non gliel’avrebbe perdonato mai, lo aveva intuito già dallo sguardo profondamente irritato e ferito che lui le aveva rivolto poco prima che lei partisse in ricognizione. Edwig non aveva obiettato nulla ed era sparito anch’egli nella foresta. Delah si avvicinò ad un abete argentato, fiutando alcune possibili tracce sul tronco, ma non percepì alcun odore. I suoi pensieri erano fissi sul nuovo arrivo nella cominità dei Dewuh e sull’aspra contesa che si era venuta a creare fra Edwig e Thrain. La vampira si sentiva presa orrendamente fra due fuochi. Thrain era il suo compagno, l’amore della sua vita… Ad unirli non era stato solo il veleno, ma un vero e proprio legame di affetto e bene supremi. Non avrebbe mai potuto o voluto rinnegare il rapporto che c’era fra loro. Thrain odiava profondamente gli esseri umani e c’era stato un tempo in cui anche lei li aveva detestati in modo pervasivo e quasi ottenebrante. Fiore Rosso era stata loro acerrima nemica per molto molto tempo. Per dieci anni aveva dato loro la caccia, li aveva affrontati in battaglia, li aveva feriti e mutilati con l’oricalco… Fiore Rosso aveva nelle vene il sangue degli Anxel… dei macellai… degli assassini. Era come loro. Era una di loro e per questo – solo per questo – andava combattuta in tutti i modi possibili e massacrata. Rishley Anxel aveva ferito e umiliato il popolo dei Dewuh. Rishley Anxel aveva avvilito per sempre il cuore e i sentimenti di Edwig. Rishley Anxel aveva ucciso Elyreneh… Delah riusciva ancora adesso a rievocare distintamente lo strazio di Edwig dopo la morte della sua amata. Delah riusciva ancora adesso a rievocare l’immagine del sangue che era stato versato per tentare di lavare via quell’onta, che in realtà mai avrebbe potuto essere mondata. Tutto quel sangue… Tutte quelle lacrime… Tutto quel dolore… Che senso avevano ora? Che senso potevano avere alla luce dell’ingresso di Eileen Anxel nella comunità dei Dewuh come un nuovo vampiro? Edwig aveva sempre garantito che presto o tardi sarebbe successo, è vero. Questo lo sapevano tutti i Dewuh. Era sempre stata una certezza. Tuttavia il modo in cui era accaduto… l’interesse di Edwig… le sue azioni… Non aveva senso. Qualcosa non quadrava. Nazick Edherson aveva tradito, spodestato e ucciso Meredith Anxel e suo figlio. Farmus Agaton aveva portato Imska all’interno della Lega di Hannar. Gli umani erano divisi, deboli, incapaci di affrontare altri fronti di battaglia. La guerriera dal fiore rosso era stata ferita a morte… Che senso aveva morderla lo stesso, quando era palese a tutti che una sua trasformazione ora non avrebbe giovato a nulla e a nessuno? Fiore Rosso non aveva più alcuna utilità ora. Sua sorella, suo nipote e il suo braccio destro erano morti. La dinastia Anxel era destinata a scomparire con lei. Che senso aveva trasformarla? Lasciarla in vita? Forse Thrain aveva ragione. Thrain non aveva creduto nemmeno per un momento alle spiegazioni di Edwig. Forse neanche Delah ci aveva mai creduto. Forse Thrain aveva ragione. Questi pensieri occupavano ossessivamente la mente della vampira. Lei era una Dewuh. Lei avrebbe dovuto odiare gli umani. Fiore Rosso era una nemica del suo popolo. Era una sua nemica. Avrebbe dovuto odiarla. Profondamente. Invece riusciva solo a provare una grandissima compassione per lei. Una compassione che probabilmente Eileen Anxel non avrebbe mai avuto per lei. Non era solo Fiore Rosso a instillare pietà in lei. Meredith Anxel era morta. Era stata uccisa dall’inganno di colui che aveva amato per tutta la vita, dopo il suo primo marito. Il principe ereditario era morto anch’egli, senza avere clemenza. Senza meritarsi rispetto. C’era onore in tutto questo? Erano davvero così gli uomini? Era giusto che le nipoti di Rishley Anxel avessero ricevuto lo stesso trattamento di orrida malvagità che il loro zio aveva riservato ad Elyreneh ed Edwig tanti anni prima? Era giusto che Erbert Anxel, padre di Meredith ed Eileen, avesse nascosto tutto sotto un manto opprimente di segreti e di menzogne? La verità era davvero morta con Meredith? Oppure poteva risorgere con la nuova Eileen? «Darthè ow meristoten owol (So di meritare anche il tuo disprezzo)» le giunse improvvisamente una voce alle spalle. Era Edwig. Delah si voltò stupefatta verso di lui, cercando di sorridergli. «Ok owol nost uhn ad tuh (Non avrò mai disprezzo per te)» gli rispose. Edwig le si accostò con la sua solita leggiadria. «Maharìs und ehilà ad tuh isteton jebrouk ad Thrain (Vorrei poter dare a te la stessa spiegazione che ho dato a Thrain)» le si rivolse in tono quasi esasperato. «Koràh, rehìmah (Sì, lo comprendo)» disse lei, toccandogli una spalla. «Oktatost muy Thrain andlaòh rehìmaher (Vorrei che anche Thrain lo comprendesse)». «Thrain ha bisogno di tempo. Non era preparato ad una cosa di questo tipo». «Astuh owreidden muy (Forse non lo sono nemmeno io)». A quelle parole Delah si avvicinò a Edwig e gli pose una mano sulla spalla. «Sai che non sarà facile con lei, vero?» gli chiese, sorridendo gaiamente. «Ha detto che si lascerà morire di fame» rispose Edwig, sospirando lievemente. «Eraktòh el mahreiddin ok untof esten lor ferunt on i lahìma nur (L’irruenza del suo carattere non le permette di rendersi conto delle nuove possibilità che ha)» osservò la vampira. Edwig si allontanò dall’abete argentato al quale si erano entrambi avvicinati poco prima. Da est si era alzata una leggera brezza che annunciava l’arrivo di nuova pioggia. «Lei potrà esserci utile, Delah» sussurrò poi in tono apparentemente neutro, senza però voltarsi verso di lei, pur avvertendo il suo sguardo addosso. «Sì. So che è quello che hai detto a Thrain. Il punto principale, però, è stabilire come e quanto tu ci creda» gli giunse alle spalle la risposta lievemente ironica di Delah. «Io non ci credo. Io ne sono convinto» replicò lui seccamente. «Tuh lay ornar termenor untef ela (Tu credi di poter avere risposte da lei)» disse lei. «Meredith unterèntel ost (Meredith sapeva qualcosa)». «Ohs Kevaroth estet norther avat el regab. Ehila ok fertir nuste (Fiore Rosso è nettamente diversa dalla regina. Lei non sa niente)» commentò Delah seriamente. «Forse» disse Edwig ostinatamente. La Dewuh scosse il capo ripetutamente e con aria di disappunto. «El ok joster nuh Elyreneh (Lei non ti riporterà indietro Elyreneh)» disse poi. A quelle parole Edwig si irrigidì notevolmente e la trapassò con sguardo di fuoco. «Mi aspetto un tuo rapporto completo entro il tramonto» le disse seccamente prima di fuggire via, rapido e silenzioso come un pensiero fugace. «Elyreneh ok atèrwherer (Elyreneh non tornerà)» mormorò Delah, mentre una lacrima le solcò il perfetto viso scultoreo. L’aria delle prigioni di Fhen era ristagnante ed insalubre. Giorno e notte… Notte e giorno si alternavano senza alcun risultato. Il dolore non aveva nemmeno il conforto di un sorriso o di una preghiera lenitiva. Il puzzo era nauseabondo, ottenebrante, opprimente… Jean aprì gli occhi e dischiuse spasmodicamente le labbra, annaspando sconvolto. Vita. Morte. Vita.
   
 
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