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Autore: L S Blackrose    03/08/2020    2 recensioni
Eric è uno dei leader degli Intrepidi. Freddo, calcolatore, spietato e crudele.
Ma non è sempre stato così. Cosa lo ha portato ad odiare a tal punto i Divergenti?
In questo prequel di Divergent, il suo destino si intreccerà a quello di Zelda, una ragazza tenace e potente come una freccia infuocata.
Può un cuore di ghiaccio ardere come fuoco?
Un cuore di pietra può spezzarsi?
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dal capitolo 4 (Eric)
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Sto per aprire bocca, per invitare le reclute a dare inizio al loro cammino negli Intrepidi, quando un movimento al limite estremo del mio campo visivo mi obbliga a voltare il capo.
Ormai davo per scontato che le disgrazie fossero finite, invece una figura esile si lancia dall’ultimo vagone del treno e fende l’aria come un proiettile.
A causa della luce del sole che mi arriva dritta in faccia, in un primo momento metto a fuoco soltanto una macchia indistinta, blu e nera.
Nella frazione di secondo che segue, sono costretto a spingere l’autocontrollo al massimo della potenza per non mostrare nessuna emozione, per mantenere la mia posa autorevole e l’espressione gelida.
Perché sono talmente esterrefatto da non riuscire a credere ai miei stessi occhi.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Eric, Four/Quattro (Tobias), Nuovo personaggio, Zeke
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Zeric - Flame of ice'
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Capitolo 55

 


 

Zelda

 

 

Sono trascorsi nove giorni dal risveglio di James ed è proprio vero che il tempo vola quando si è felici. Sono un'Intrepida da neanche un mese, eppure mi sembra di conoscere la Residenza e le persone che vi abitano da sempre. Mi piace questa nuova normalità, la rassicurante routine che scandisce le mie giornate: trascorro molto del mio tempo intervallando momenti di studio alle visite di controllo in infermeria e negli alloggi dei pazienti, a volte accompagnando Elizabeth negli altri quartieri per i corsi di formazione obbligatori.

Come sto facendo in questo momento, mentre l'auto inviataci dagli Eruditi accosta accanto all'entrata dell'Università di Medicina. Prendo un bel respiro prima di scendere e ritrovarmi in mezzo alla folla di studenti che sciamano lungo il viale verso le aule. Non mi sfugge il sospiro sconfortato di Elizabeth, che osserva il fiume blu e bianco che ci circonda con una leggera smorfia sulle labbra. So benissimo cosa sta pensando, e cioè che questa nostra “visita d'istruzione” è solo una grossa perdita di tempo. Tempo prezioso che avremmo potuto utilizzare in modi più proficui, anziché trascorrere quello che resta del pomeriggio a seguire un seminario sulla sicurezza. Ma gli ordini di Max non si discutono e quindi eccoci qui, pronte ad affrontare quattro ore di noia mortale, perse ad ascoltare gli sproloqui di una mezza dozzina di professori, in un quartiere che entrambe preferiremmo evitare.

Tante grazie, Max.

Mentre seguo Elizabeth dentro l'edificio, sono perfettamente consapevole degli sguardi curiosi e sospettosi che ci riservano gli Eruditi che incrociamo. Il mio capo ed io non passiamo certo inosservate, dato che per l'occasione abbiamo rispolverato la tipica divisa Intrepida: anfibi, pantaloni e maglietta a maniche corte, il tutto rigorosamente nero. Stamattina a colazione, dopo aver ascoltato con pazienza le mie lamentele sul programma di oggi, Eric mi ha suggerito di portarmi dietro anche una pistola e, dall'espressione che accompagnava le sue parole, non penso stesse scherzando.

Non del tutto, almeno.

Arrivate al banco informazioni, mostriamo i pass ai due Intrepidi della sorveglianza e seguiamo un gruppo di studenti fino a giungere all'auditorium. La grande sala è già piena, ma riusciamo comunque a trovare dei posti liberi in una delle ultime file. Sulle sedie sono appoggiate delle cartelline blu contenenti l'opuscolo del seminario, un piccolo quaderno per prendere appunti e una penna. Sfoglio distrattamente il programma, sentendo già la noia prendere il sopravvento non appena leggo i titoli degli interventi. Tutta roba barbosa e apparentemente inutile che ho già avuto occasione di studiare quando ancora appartenevo a questa fazione. - Saranno quattro ore molto lunghe -, borbotto tra me.

Elizabeth non si scomoda nemmeno ad aprire la cartellina. La getta per terra e si allunga sulla poltroncina. - Se mi senti russare, dammi una gomitata -, bisbiglia di rimando, facendomi ridacchiare.

Un'ora dopo mi rendo conto che le mie aspettative iniziali si sono rivelate molto ottimistiche, rispetto alla realtà. Nascondo uno sbadiglio, lanciando delle occhiate agli altri partecipanti. Inutile dire che sono per la maggior parte Eruditi, tutti presi a scrivere freneticamente sui quaderni o a digitare su piccoli schermi. La mia vicina non ha mai alzato gli occhi dal proprio computer, nemmeno durante il cambio di intervento. Dall'altro lato, Elizabeth ha il capo inclinato in avanti e sono piuttosto sicura si sia addormentata per davvero.

Buon per lei.

Scribacchio qualche parola sul quaderno, tanto per fare qualcosa mentre fingo di seguire il complicato intervento del nuovo relatore. Ha a che vedere con le manovre di pronto soccorso, che io eseguo alla perfezione sin dalla prima adolescenza. Quando penso che questa lenta tortura non avrà mai una fine, ecco che dall'impianto audio proviene un trillo che annuncia una breve pausa. Sveglio con discrezione Elizabeth scuotendole un braccio, poi mi fiondo fuori dalla sala per raggiungere i distributori di bevande. Prendo due bottigliette d'acqua e qualche snack, utili distrazioni che ci aiuteranno a tenere duro fino all'ora di cena. Metto in bocca una manciata di patatine e bevo un sorso d'acqua, calcolando mentalmente i minuti che mi separano dal mio momento preferito della giornata: il ritorno alla mia stanza della Residenza, dove mi attendono un bel letto comodo e un Capofazione decisamente poco vestito che mi...

- Zelda Eleanor Blackburn! -.

Voltandomi di scatto al suono di quella voce imperiosa, per poco non lascio cadere la bottiglietta d'acqua. In mezzo alla folla che si è riversata fuori dall'auditorium intravedo una chioma bionda molto familiare. Il mio battito accelera e un enorme sorriso mi si apre sulla faccia non appena Alicia, sgomitando a destra e a manca, riesce a farsi strada verso di me.

Appoggio il mio bottino vicino alle macchinette e le vado incontro. Lei si ferma a qualche passo da me per osservarmi attentamente, un sopracciglio inarcato. I suoi occhi si spostano dalla mia divisa nera ai tatuaggi che la maglietta lascia scoperti, ma la sua espressione rimane imperscrutabile. Un secondo dopo me la ritrovo tra le braccia, il viso sepolto tra le folte ciocche del colore del sole che profumano di vaniglia. Ricambio l'abbraccio, cercando di ignorare l'improvvisa fitta allo stomaco e il groppo in gola che mi rende difficile deglutire.

Non è trascorso molto tempo dall'ultima volta che ci siamo viste, eppure mi pare una vita fa. Ho pensato spesso a lei durante l'iniziazione, l'unica persona appartenente alla mia vecchia fazione che mi mancasse davvero.

Prendo fiato e mi scosto da lei per guardarla in faccia. Le sorrido, cercando di dominare le emozioni. Scoppiare a piangere in pubblico, specialmente a pochi passi da un centinaio di Eruditi, non è uno scenario contemplabile. - Ciao anche a te, Alicia -.

- Non sei affatto cambiata -, afferma lei, dopo una breve pausa. - Mi aspettavo chissà quale cambiamento, eppure sembri sempre la stessa. Certo, a parte i tatuaggi e qualche muscolo in più -. Si strofina le braccia accennando una smorfia. - Hai una stretta micidiale. Cosa diamine vi danno da mangiare? Chiodi e proiettili a colazione? -.

Scoppio a ridere davanti alla sua espressione sbalordita. - E non sai cosa riesco a fare con un'arma in mano. Ho scoperto di avere una splendida mira e un certo feeling con i coltelli da lancio -.

Alicia finge di rabbrividire. - Ricordami di non farti mai arrabbiare, allora. Eri già spaventosa prima quando ti arrabbiavi, figuriamoci ora che puoi maneggiare un'arma carica -. Lascia passare qualche secondo, mentre con gli occhi sonda i miei. E' sempre stato così tra noi: sin da bambine, con un solo sguardo riusciamo a leggerci nel pensiero a vicenda. Non so cosa riesca a vedere in me in questo momento, ma è qualcosa che la fa sorridere. - Quando ti ho vista entrare in sala pensavo di avere le allucinazioni. Mi spieghi per quale motivo stai assistendo a questa penosa conferenza? Hai per caso fatto arrabbiare i tuoi leader? Di sicuro si tratta di un qualche tipo di punizione, altrimenti non si spiega -.

Alzo gli occhi al cielo e le faccio segno di seguirmi lungo il corridoio. Allontanandoci dalla confusione, arriviamo ad una serie di porte chiuse che conducono ad altrettante aule studio. Oltre una di esse provengono delle voci, probabilmente di studenti intenti a discutere un progetto di gruppo.

Non faccio in tempo a sedermi su una delle panche a lato delle porte, che Alicia inizia a bombardarmi di domande. Tento di riassumere tutto ciò che è accaduto nell'ultimo mese in pochi minuti, tralasciando i particolari non troppo rilevanti. Alla fine del mio monologo Alicia mi guarda come se provenissi da una galassia sconosciuta. - Caspita -. Batte le palpebre e si schiarisce la voce. - Beh, sapevo che non avresti resistito più di qualche mese senza libri. E' nel tuo DNA, non puoi farci nulla -.

- A quanto pare no - confermo, giocando con il cordino del pass che mi avvolge il collo.

- Ma fammi capire bene -, continua lei, gli occhi azzurri che mi scrutano curiosi. - Stai davvero...insomma, hai un ragazzo? Uno dei Capifazione è il tuo ragazzo? Com'è successo? Voglio dire, è una notizia bomba da cui faticherò a riprendermi. Insomma, stai insieme ad un... -.

- ...Capofazione -, completo per lei, godendomi il suo sconcerto. - Sì, esatto. Se ripenso ai primi tempi, anche a me sembra assurdo -. Mi stringo nelle spalle. - Ma Eric è quello giusto. Nessun altro è come lui...e, a dirla tutta, non credo che guarderò mai più qualcun altro finché al mio fianco ci sarà lui -.

Alicia fa un sorrisetto. - Me lo devi assolutamente presentare, allora. Non vedo l'ora di conoscere il fortunato che ha saputo risvegliare il tuo lato romantico -.

Per tutta risposta le faccio una linguaccia e lei scoppia a ridere. Sto per chiederle della sua iniziazione - quella degli Eruditi è più complessa e lunga rispetto alle altre -, quando la porta accanto alle nostre sedie si apre. Il rumore improvviso mi distrae e mi volto automaticamente, incrociando lo sguardo gelido di un Erudito di mezza età.

Gli occhi dell'uomo saettano da me ad Alicia, e sul suo volto aleggia un vago sospetto. Altre tre persone escono dalla stanza, affiancandosi a lui. Riconosco soltanto l'unica donna del gruppo e mi irrigidisco di conseguenza. E' la prima volta che mi ritrovo faccia a faccia con lei, e l'unica cosa a cui riesco a pensare è che non ci si aspetterebbe mai che una donna così minuta riesca ad incutere tanta soggezione. Eppure è così: Jeanine Matthews, Capofazione degli Eruditi, è tanto bella quanto scaltra, ma soprattutto una da non sottovalutare e da cui girare alla larga.

Soffocando un'esclamazione di sorpresa, Alicia scatta in piedi e saluta formalmente la donna, mentre io rimango seduta. Ricambio gli sguardi di disapprovazione degli Eruditi senza battere ciglio, fingendomi del tutto indifferente. In realtà sto sudando freddo, e non solo perché sento risuonarmi in testa gli avvertimenti di Damien, ma perché Jeanine non sta prestando attenzione ad Alicia, né agli uomini che la affiancano. I suoi occhi di ghiaccio sono puntati su di me, e non accennano a spostarsi. Ha la stessa espressione di uno scienziato intento ad analizzare una forma batterica sconosciuta sul vetrino di un microscopio. Devo sforzarmi parecchio per mantenere la compostezza e non cedere alla voglia di farle perdere quel sorrisetto arrogante a suon di schiaffi. Grazie al cielo non ho dato ascolto al suggerimento di Eric: se adesso avessi una pistola a portata di mano, sarei molto tentata di puntargliela contro.

Alla fine lei si limita a salutarci con un rigido cenno del capo, per poi procedere verso l'uscita dell'edificio scortata dagli altri Eruditi. Li osservo confabulare e continuare a voltarsi per lanciarci sguardi truci, finché non spariscono oltre le doppie porte scorrevoli.

- Accidenti, mi è quasi preso un colpo -. Alicia si passa una mano tra i capelli, mordicchiandosi un labbro. - Non so come mai, ma non mi sento mai a mio agio quando c'è di mezzo Jeanine. Non so proprio come fai ad avere una relazione con un Capofazione, a me mettono tutti una paura del diavolo -.

- Oh, quando ci si mette Eric può risultare dieci volte più spaventoso di Jeanine - mormoro, ancora scombussolata per quell'incontro imprevisto. - Ma io ho un metodo collaudato per renderlo inoffensivo -.

Alicia sorride con l'aria di chi la sa lunga. - Ah, non dire altro. Posso immaginare di che si tratta, ma dubito funzionerebbe anche su Jeanine -.

Le mie labbra tradiscono un sorriso, ma torno seria in fretta. Poso una mano sul braccio di Ali e le do una leggera stretta. - Non fidarti mai di quella donna. Qualsiasi cosa dica, qualsiasi proposta o offerta da parte sua, tu rifiuta e stalle quanto più lontano possibile, okay? -.

Le mie parole sussurrate aleggiano nell'aria tra noi, seguite da qualche attimo di silenzio attonito. Tuttavia Alicia non mi chiede spiegazioni, non accenna nemmeno ad approfondire il discorso. Annuisce e basta, e la morsa che mi stringeva lo stomaco si allenta un po'.

Non del tutto però, perché quando sto per rientrare nell'auditorium, pronta per altre due ore di noia totale, una strana sensazione mi spinge a lanciare un ultimo sguardo alle mie spalle, in direzione della porta in fondo al corridoio. Giusto in tempo per notare una figura alta e vestita di nero uscire dalla stessa aula che ospitava il gruppo di Jeanine e imboccare in tutta fretta l'uscita di emergenza.


 

*


 

Per tutto il tragitto fino alla Residenza e per gran parte della cena rimugino su quanto accaduto nel quartiere degli Eruditi. Non riesco a togliermi dalla mente le facce ostili di quegli uomini e lo sguardo glaciale che Jeanine mi ha riservato. A me soltanto, dato che non ha degnato Alicia della minima attenzione. Che credesse li stessimo spiando? Di cosa stavano discutendo di tanto importante in un'aula studio? E chi era l'Intrepido che ho visto uscire dopo di loro?

Scuoto la testa, incapace di formulare ipotesi sensate. Da quello che ci ha rivelato Damien, potrebbe trattarsi di qualcosa che ha a che fare con le ricerche di Jeanine e la sua ossessione per i Divergenti. Sembrerebbe l'opzione più probabile, a giudicare dal fastidio che il gruppo ha dimostrato nel vederci appostate accanto alla loro aula. In ogni caso, spero proprio di non dover rimettere piede nel mio vecchio quartiere nell'immediato futuro. Preferirei vigilare sulla recinzione giorno e notte, piuttosto che partecipare ad un altro di quei seminari.

Attraverso il Pozzo, gremito come al solito, e cammino a passo lento in direzione della mia stanza. Non ho notizie del mio ragazzo da stamattina: dato che non era in mensa e nemmeno in infermeria quando sono passata a salutare James, deduco che sia ancora al lavoro. Nulla di nuovo: i nostri turni non sono facili da far combaciare, c'è sempre qualche emergenza in agguato.

Sbuffando e inveendo sottovoce contro tutto ciò che cospira per tenerci lontani, sfrugo in tasca alla ricerca delle chiavi ed entro in camera. Come immaginavo, niente Eric neanche qui. Accendo le luci, prendo un cambio dall'armadio e mi fiondo in bagno. Dopo la doccia indosso una delle vecchie magliette di Eric e mi raccolgo i capelli umidi in due trecce. Rimango ferma appena oltre la porta del bagno per qualche secondo, osservando demoralizzata il letto vuoto. Prego che non mi attenda un'altra notte solitaria, come le ultime cinque.

Sì, sto tenendo il conto e non ne sono per nulla contenta.

Ma stasera mi impongo di resistere, di restare sveglia fino al ritorno di Eric. Elizabeth mi ha concesso qualche ora di riposo domani mattina, quindi è deciso: dovessi anche attendere per metà della notte, resterò sveglia.

Più facile a dirsi che a farsi: un'ora dopo sono alle prese con un grosso tomo di medicina generale e una serie ininterrotta di sbadigli. Mi sistemo meglio il libro in grembo e lancio un'occhiata truce prima alla sveglia, poi alla porta. Troppo esasperata e stanca per memorizzare anche il minimo concetto, getto il volume sulla scrivania. Mi stendo sul materasso e osservo accigliata la fila di lucine che pende dal soffitto.

Non so per quanto tempo rimango in quella posizione, ma ad un certo punto devo essermi appisolata perché vengo svegliata da un rumore proveniente dal corridoio. Mi strofino gli occhi e metto a fuoco le cifre sulla sveglia: sono quasi le tre di notte.

In un secondo la stanchezza scivola via. Presa dall'ispirazione e con un'idea ben precisa in mente, mi sciolgo i capelli e mi sbarazzo della maglietta. Mi avvolgo nel lenzuolo e mi metto a sedere sul materasso, trattenendo un sorrisetto.

Dopo aver chiuso silenziosamente la porta, Eric butta un'occhiata quasi distratta verso il letto e, nell'incrociare i miei occhi ben vigili, si immobilizza. La sua espressione incredula mi fa ridacchiare. - Bentornato, piccolo. Com'è andato il turno? -.

Lui si riscuote dalla sorpresa e mi risponde con un sospiro stanco. - Una passeggiata, rispetto alla settimana scorsa. Tanta noia, poca azione -. Si libera della giacca imbottita e la appende accanto alla porta. Voltando appena la testa mi lancia un'occhiata ironica. - E il tuo seminario? Alla fine ti sei pentita di non aver portato un'arma con te? -.

- In effetti sì -, ammetto, e il suo sorriso si fa più ampio. Rimango ad osservarlo mentre si sfila la cintura a cui sono appesi una pistola e due coltelli, riponendola in uno dei cassetti dell'armadio. Il mio sguardo scivola sul suo corpo muscoloso, illuminato soltanto dalla fila di lucine che pende dal soffitto, e la chiara ed immediata fitta di desiderio che mi percorre da capo a piedi mi fa avvampare. Adesso capisco come doveva sentirsi Eric nelle settimane in cui ci vedevamo di nascosto, quelle in cui mi aveva promesso di andarci piano e di aspettare la fine dell'iniziazione per...approfondire la nostra conoscenza sul lato fisico.

Lascio andare un sospiro e mi massaggio l'addome improvvisamente contratto. L'intenzione iniziale era di metterlo al corrente di ciò che è successo oggi, e poi dedicarci ad attività molto più stimolanti, ma decido di sorvolare sulla prima parte del piano e di lasciarmi guidare dagli ormoni.

D'altronde ho pensato anche troppo a Jeanine nelle ultime ore. Domani ne parlerò ad Eric e vedremo se sia o meno il caso di metterci in contatto con Damien. Mi rifiuto di sprecare altro tempo stando dietro a quella donna e ai suoi discutibili progetti di ricerca.

Con un gesto studiato, faccio scivolare una gamba fuori dal lenzuolo. Il movimento attira l'attenzione di Eric, che si volta verso il letto e... rimane immobile con le mani a mezz'aria.

La luce dorata delle lampadine si scontra con il grigio fumo delle sue iridi, rendendole per un istante due brillanti cerchi argentei. Sotto il suo sguardo insistente, il ritmo del mio respiro accelera e un piacevole calore mi percorre la pelle come miele bollente. I suoi occhi si spostano dal mio viso al lenzuolo che sto stringendo al seno, per finire sulla coscia che sbuca dal lenzuolo. E lì rimangono.

Lo vedo deglutire e passarsi una mano sulla nuca, prima che di decidersi a parlare. - Non so davvero come ho fatto a resistere finora -, borbotta sottovoce tra sè, mentre comincia finalmente a togliersi i vestiti. Dopo essersi liberato degli anfibi e della maglietta, si avvicina al letto e si china verso di me. Le sue labbra sfiorano per un secondo la mia spalla nuda, provocandomi una scarica di caldi brividi che sento scivolare dalla nuca al basso ventre. - Concedimi il tempo per una doccia veloce e poi sarò tutto tuo, piccola -, mi sussurra all'orecchio. La sua mano mi accarezza la coscia scoperta, scorrendo in alto fino a raggiungere la curva del fianco. Lo sento irrigidirsi e inspirare di colpo. - Zelda, ma sei... -.

- ...completamente nuda sotto al lenzuolo? Sì -, completo per lui, sorridendo divertita davanti alla sua espressione stupefatta. Mi passo una mano tra i capelli e gli strizzo l'occhio. - Doccia veloce, Capofazione. Ti concedo due minuti -.

Gliene basta uno e mezzo: ho tenuto il conto. Eric esce dal bagno con un asciugamano avvolto attorno ai fianchi e in due falcate è già al mio fianco. Si siede sul materasso, squadrandomi con gli occhi socchiusi. - A volte dimentico quanto tu sia pericolosa -, afferma, mentre io chino il capo di lato con aria maliziosa. - Davvero molto, molto pericolosa per il mio autocontrollo -.

Non faccio in tempo a replicare. La battuta pungente che mi ero preparata viene bloccata dal bacio irruento e famelico di Eric. Le sue mani si infilano tra i miei capelli, scendendo sulle spalle e lungo le braccia. Senza interrompere il bacio, intreccia le dita alle mie e il lenzuolo che stavo stringendo mi ricade in grembo. Il desiderio mi guizza sulla pelle come una fiamma impazzita; il calore che ho avvertito prima non è nulla in confronto. Le labbra di Eric si spostano sulla mia guancia, percorrendo il contorno della mascella e poi giù sulla gola. Getto indietro la testa e chiudo gli occhi, lasciandomi sfuggire un gemito.

La voce roca del mio ragazzo sembra debole se paragonata al rimbombo del mio cuore. - Non lo fare -, mi ammonisce, mordicchiandomi il collo.

Mi ci vuole uno sforzo enorme per ritrovare la parola. - Non fare cosa? -, mormoro, aggrappandomi forte alle sue spalle. Le sue dita mi stanno accarezzando l'interno coscia, uno dei punti più sensibili del mio corpo. L'incendio al basso ventre non fa che aumentare ed Eric non pare intenzionato a darmi tregua. Sospiro di nuovo e lo sento sorridere a contatto con la mia pelle.

- Non sospirare in quel modo -, si decide a rispondere. - E' una seria minaccia per il mio autocontrollo. Vorrei mantenere la concentrazione ancora per un po', così da evitare di ripetere...l'umiliazione dell'altra volta -.

Sogghignando tra me, lascio scivolare le mani sulla sua schiena fino al bordo dell'asciugamano. Il suo corpo si tende e si inarca contro il mio per assecondare i miei movimenti. - Quella che tu chiami umiliazione, per me è motivo di vanto -, replico compiaciuta, e anche ad occhi chiusi riesco a percepire che mi sta fulminando con lo sguardo.

Approfittando del suo attimo di distrazione riesco a farlo ricadere di schiena sul letto e rotolare sopra di lui. - Tanto per citarti, non so davvero come io sia riuscita a resistere senza questo per un'intera settimana -. Gli serro i fianchi tra le cosce e rimango a fissarlo per qualche attimo, tamburellando con i polpastrelli sui tatuaggi che gli adornano i pettorali. - Credo che tu abbia risvegliato una qualche specie di mostro che dormiva in me. Appena ti vedo nudo non riesco più a ragionare e l'unica cosa a cui riesco a pensare è che vorrei morderti. Dici che dovrei preoccuparmi? -.

Per tutta risposta, Eric scoppia a ridere. - Certo che no, piccola. Credo proprio di sapere come tenere a bada il tuo mostro interiore -, afferma, mentre con un dito traccia un sentiero dal mio seno al fianco.

Mi mordo le labbra per non gemere. - E se ti chiedessi di lasciare a me il... controllo, per questa volta? -, chiedo a bassa voce, quasi timorosa. Muovo appena i fianchi per fargli capire cosa intendo e sento i suoi muscoli tendersi sotto di me. Appoggio i palmi sui suoi addominali contratti e capisco dal suo sguardo che la mia iniziativa l'ha colto di sorpresa. Ma dal luccichio nelle sue iridi pare che l'idea non gli dispiaccia affatto.

- Ti direi che sarebbe una prima volta per me -, risponde, dopo un breve silenzio. Mi afferra le cosce con entrambe le mani, ancorandomi a lui come se temesse un ripensamento. Sempre tenendomi stretta, stacca la schiena dal materasso, così da ritrovarci faccia a faccia. - E' da quando mi hai messo al tappeto in palestra che sogno di trovarmi in questa posizione con te, quindi... sguinzaglia pure il mostro -.

Il suo sorriso soddisfatto si allarga quando, con una mossa veloce, sciolgo il nodo dell'asciugamano. Salvo poi svanire del tutto, per lasciare spazio ad una serie di gemiti d'apprezzamento non appena inizio a muovermi su di lui.

 

*


 

Un formicolio molto piacevole mi scalda dall'interno, un calore molto diverso da quello che ho provato la prima volta. Faccio un respiro profondo per tentare di calmare il battito accelerato, sentendomi invadere da un dolce torpore.

- Accidenti -, è l'unica parola che mi esce di bocca. Dopo aver ripreso fiato, mi volto verso Eric, che mi sta fissando con un'aria fin troppo compiaciuta. Ignorando il suo ghigno arrogante, mi giro di fianco per posargli le labbra sulla spalla. - Te l'avevo detto che con la pratica saremmo migliorati. Non serviva poi chissà quale esperienza -.

Per tutta risposta la mano di Eric si stringe con più forza sul mio fianco per avvicinarmi di più a sé. Come se fosse possibile, dato che gli sono praticamente spalmata lungo il fianco, con una gamba intrecciata alla sua. - Avevi ragione. Ho risvegliato un mostro -, ammette, beccandosi uno schiaffetto sul braccio da parte mia. Mi passa le dita tra i capelli, spargendo le ciocche scure sul suo petto. - Non l'avrei mai detto, ma ho scoperto che mi piace cederti il controllo. Mi piace...lasciarmi guidare da te. Rende tutto più intenso -. Mi scocca un sorriso da predatore che in altre circostanze mi farebbe arrossire. - Avrai anche poca esperienza, ma sai perfettamente cosa vuoi e come ottenerlo. E io sono più che felice di darti ciò di cui hai bisogno, piccola -. Il modo allusivo con cui mi accarezza la coscia enfatizza il concetto.

- Non lo metto in dubbio -, borbotto, alzando gli occhi al cielo. - Ma se non avessi agito di mia iniziativa, tu per quanto avresti continuato con la castità forzata? -, lo prendo in giro, tracciando con le dita dei piccoli cerchi sul suo stomaco.

Eric trattiene il respiro per un attimo. - Volevo aspettare per evitare di farti male di nuovo -, ammette, aggrottando la fronte. - Mi sono imposto di lasciarti in pace per qualche giorno, ma poi si sono messi in mezzo i vari turni di lavoro e quindi... -.

Sospiro. - Quindi abbiamo sprecato tempo inutilmente. E pensare che... -.

Lui non mi permette di portare a termine il rimprovero: mi afferra la gamba che copre la sua e mi fa rotolare su di lui. A giudicare dal mugulio soddisfatto che si lascia sfuggire quando allineo il corpo al suo, questa posizione deve piacergli davvero, davvero molto. Eric mi serra la vita con un braccio, tenendomi ancorata a sé e lasciandomi a malapena il tempo di prendere fiato tra un bacio e l'altro.

Dopo avermi fatto sperimentare di nuovo quella deliziosa onda di torpore, Eric rimane per qualche minuto in silenzio ad accarezzarmi i capelli. Chiudo gli occhi, totalmente senza forze e appagata come mai nella vita. La sua bocca scivola dalla mia guancia all'orecchio. - Adesso capisco perché ero così agitato durante la nostra prima volta -, mormora, dopo aver strofinato le labbra sulla pelle sensibile dietro al lobo.

- Mmm? -, è tutto quello che riesco a rispondere. Sto quasi per scivolare nel mondo dei sogni, ma mi sforzo di recepire le sue parole. E' la prima volta che gli sento usare un tono così tenero: non mi voglio perdere neanche una sillaba.

- Non era solo perché era la tua prima volta, e per questo temevo di farti male, ma anche perché sapevo che...farlo con te sarebbe stato diverso. Era un'esperienza che non avevo mai fatto -. Un bacio sulla mascella, un altro sulla gola. - Fare...l'amore quando ci sono di mezzo dei sentimenti è diverso che farlo con qualcuno di cui ti importa poco. Totalmente diverso. L'ho scoperto proprio quella sera, e ammetto di aver sudato freddo per un attimo. Mi sentivo un principiante, e di fatto lo ero -.

Nonostante il torpore che mi avvolge come una nuvola, trovo le energie sufficienti per alzare di poco la testa e scoccargli un'occhiata allo stesso tempo ironica e adorante. - Avrei dovuto registrare l'ultimo pezzo. Penso sia il pensiero più dolce che tu abbia mai formulato -.

Sulle sue guance appare un lieve rossore, ma il momento d'imbarazzo dura poco. E' di Eric che stiamo parlando, dopotutto. Prima che possa venirmi la tentazione di prendere un foglio per appuntarmi le sue precedenti affermazioni, il suo celebre ghigno è tornato all'attacco. - Se continuiamo così, non credo che ti lascerò più uscire da questa stanza -. La sua mano si muove in lenti cerchi sulla mia schiena, rendendomi molto difficile resistere al languore che mi pervade i muscoli. - Sì, penso proprio che ti terrò mia prigioniera per almeno altri tre giorni -.

La convinzione nel suo tono mi fa ridacchiare. - Non fare promesse che non puoi mantenere. Sappiamo entrambi che Max non si farebbe problemi a buttare giù la porta, per poi rispedirti al lavoro a calci. Preferirei evitare scenate imbarazzanti di quel tipo -. Lo sento sbuffare, e sorrido di nuovo.

Mi accocolo contro il suo fianco, appoggiandogli il palmo aperto sugli addominali scolpiti. Chiudo gli occhi e mi lascio cullare dal ritmo regolare del suo respiro.

 

*


 

Come volevasi dimostrare, Eric dovrà rinunciare a qualsiasi piano stesse mettendo a punto per rapirmi nel prossimo futuro. Poco dopo l'alba il suo cercapersone inizia a squillare con prepotenza, svegliando entrambi. Imprecando sottovoce, lui sguscia via dal letto. In meno di cinque minuti è già armato di tutto punto e pronto per uscire.

Mi alzo su un gomito, sbadigliando, ancora insonnolita e con i muscoli molli come gelatina. Se non sapessi cosa abbiamo realmente fatto stanotte, penserei di essere reduce da un incontro di boxe. E invece i ricordi sono ben chiari nella mia mente e credo proprio che ci resteranno per tutto il giorno.

Dopo essersi allacciato la pistola alla cintura, Eric mi lancia un'occhiata densa di rimpianto e desiderio. Si china su di me per baciarmi la fronte, accarezzandomi i capelli scompigliati. - A stasera, piccola -.

Rimango a fissare la porta da cui è uscito, indecisa se seguirlo o meno, ma poi decido di concedermi qualche altra ora di sonno. Vengo svegliata di nuovo poche ore dopo da un colpo deciso alla porta. Per un attimo credo di averlo immaginato, ma poi il bussare molesto riprende. Di chiunque si tratti, non deve essere un tipo paziente.

Mi alzo dal letto borbottando e prendo la maglietta di Eric dalla scrivania, infilandomela mentre cammino verso la porta. La apro con cautela e sbircio in corridoio, divisa tra nervosismo e irritazione.

Quando metto a fuoco la figura slanciata di Josie il mio viso si tende in una smorfia sarcastica. - A cosa devo l'onore? -, esordisco, senza nascondere l'evidente fastidio.

Lei non mi risponde per le rime come mi aspettavo. Fa semplicemente un passo avanti, così che possa vederla in faccia. La lampada al neon sopra le nostre teste getta una tinta bluastra sul suo viso. Josie mi rivolge un sorriso tirato e si lancia una rapida occhiata alle spalle, prima di bisbigliare due parole che mi lasciano tesa e perplessa: - Dobbiamo parlare -.


 


 


 




 

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Ciao a tutti voi, cari Burners!

Spero che stiate tutti bene e vi mando un abbraccio a distanza! Dopo mesi sono riuscita ad andare avanti con la storia e posso dire con certezza che non manca molto alla fine. Penso sui cinque capitoli, forse meno. Per restare aggiornati vi lascio i link dei miei account social qui sotto. Cosa pensate voglia dire Josie a Zelda? Sono curiosa di sentire le vostre teorie riguardo al seguito.

Un bacio, al prossimo aggiornamento!

Lizz

 

p.s. per restare aggiornati e leggere i miei vaneggiamenti vari, questa è la mia pagina fb. Il resto lo trovate qui e sul mio blog.

   
 
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