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Autore: CedroContento    04/08/2020    7 recensioni
Come ogni storia di Re e Principesse che si rispetti anche questa comincia, come molte altre, con "C'era una volta..."
Quindi, c'era una volta una terra lontana lontana chiamata Avior.
A sud di questo paese altri Cinque Regni più piccoli vivevano in pace sotto la protezione del Re di Avior, Re Karl.
Il giorno in cui il sovrano di Avior dovette decidersi a prender moglie scelse di ospitare a palazzo le principesse in età da marito provenienti dai Cinque Regni, in modo da poter scegliere tra queste la sua sposa.
Astoria, principessa di Tabita, viene così strappata alla sua tranquilla esistenza e catapultata tra gli intrighi di corte, sarà lei a conquistare l'enigmatico Re?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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Capitolo 1

Tabita

Un chiassoso stormo di uccellini si levò improvvisamente in volo con un gran frastuono in quella mattinata soleggiata di fine luglio.
Alzò la testa per osservarli allontanarsi nel cielo terso. Oscar, dal canto suo invece, continuò brucare incurante il fieno dalla balla a cui era appoggiata, sbattendo soddisfatto qua e là la morbida coda bionda.
Dopo quella breve distrazione l’unico rumore tornò ad essere l’incessante frinire delle cicale e Astoria, la principessa di Tabita, tornò a volgere la sua attenzione allo spesso foglio di carta che stringeva tra le mani. Passò distrattamente le dita sulla cera blu e oro del sigillo Reale.
Quella mattina era riuscita ad infilarsi nello studio del padre e prendere la missiva arrivata due settimane prima da un messo proveniente da Avior. In realtà non era la prima volta che si impossessava in gran segreto di quella lettera, avrebbe tranquillamente potuto recitarla a memoria ormai. Per quanto la rileggesse però il contenuto non cambiava.
Sospirò sconfortata e alzò il viso verso la chioma delle betulle; ondeggiavano scosse da un leggero venticello, piacevole sulla pelle in quella giornata che si prospettava decisamente torrida. Quasi ora di pranzo, era il momento di tornare.
Chiuse gli occhi e si concesse ancora un momento prima di incamminarsi sulla via del ritorno, chissà per quanto tempo ancora avrebbe potuto godersi quella libertà.

“Ma guarda guarda Tara, pare proprio che ci sia una facile preda da derubare. Ha tutta l’aria di essere qualcuno d’importante,” constatò furbescamente una giovane voce dall’alto, cogliendo per un istante di sorpresa la principessa.
“Importante dici? Con quei capelli?” rispose una seconda voce femminile, limpida e familiare.
“Ehi!” si raddrizzò piccata Astoria, rimuovendo dalla chioma bruna una spiga di grano che le pizzicava la testa, facendo così sghignazzare ancora più forte i gemelli intenti a guardarla affacciati a pancia in giù da sopra la balla di fieno.
“E voi due furbetti non dovreste essere a lavoro a quest’ora?” chiese, senza riuscire a reprimere un sorriso d’affetto.
“Ci stiamo concedendo una meritata pausa,” rispose Albert.
“La quarta questa mattina,” aggiunse Tara, ammiccando complice al fratello. “Fa davvero troppo caldo,” sospirò poi, lasciandosi scivolare accanto ad Astoria.
La ragazza cominciò a raccogliere in una coda alta i folti capelli rossi fiammanti nel tentativo di liberare la pelle della nuca.
L’attenzione della principessa venne immediatamente attratta dai nuovi lividi violacei che ricoprivano le braccia scoperte dell’amica, quando anche Albert si avvicinò constatò, con un nodo in petto, che anche lui aveva un occhio nero. Segni di un’altra lite con il capofamiglia.
La gente di Tabita era gente semplice, contadini che lavoravano la propria terra e si impicciavano poco o nulla di politica, ancor meno degli affari dei regni circostanti; ma questo non significava che fossero tutte brave persone.
Il padre dei gemelli, in particolare, era un uomo facilmente incline alla violenza, soprattutto sotto il suo tetto. Spesso Astoria si era offerta di intervenire, sarebbe bastata una parola del Re, suo padre, per aiutare due tra i suoi più cari amici, ma i gemelli si erano sempre rifiutati con ostinazione.
Odiava sentirsi così impotente, temeva che un giorno quelle liti avrebbero avuto conseguenze drammatiche, ogni volta pregava la Dea perché non accadesse una tragedia. Non poteva ignorare la volontà dei fratelli però, questo lo sapeva bene, non l’avrebbero mai perdonata.
“Cos’hai lì?” chiese Tara, sbirciando curiosa la lettera ancora aperta in grembo alla principessa.
“Niente di importante.” Rispose quella vaga, abbassando lo sguardo cercando di celare i suoi pensieri, ben consapevole che Albert e Tara preferivano evitare di parlare di ciò che accadeva in casa loro.
“A me non sembra proprio niente d’importante” constatò il ragazzo appropriandosi rapido del foglio. Astoria agitò in vano le braccia per aria nel tentativo di fermarlo, ma lui era già riuscito a sistemarsi fuori dalla sua portata.
Astoria e Tara osservarono divertite un Albert accigliato cercare di decodificare il contenuto della lettera.
“Ah, dà qua!” esclamò dopo qualche minuto Tara, strappando impaziente il foglio di mano al fratello con un salto. “Se tu fossi stato attento con il maestro adesso sapresti cosa c’è scritto, asino!” lo canzonò, concentrandosi a sua volta per leggere.
“Ma questa viene da Avior!” aggiunse poco dopo Tara, sgranando sorpresa gli occhi in direzione della principessa. “Devi sposare il re!”
“Cosa?!” le fece eco il gemello.
“Non proprio…” rispose Astoria arrendendosi all’idea di dover vuotare il sacco. “Il re di Avior cerca moglie, vuole conoscermi, o meglio: vuole conoscere ogni giovane in età da marito proveniente dai Cinque Regni,” recitò solennemente a memoria ai due giovani contadini che la guardavano in attesa, sempre più increduli.
“Ma… questo vuol dire che te ne devi andare” ne concluse Albert.
Astoria annuì tristemente lasciandosi cadere tra l’erba alta e soffice. I due gemelli, che ormai avevano perso del tutto il loro brio, la imitarono.
“Beh, e tu dì che non vuoi!” decise Tara dopo averci riflettuto qualche istante.
“Non hanno chiesto la mia opinione Tara,” sorrise la principessa mesta “Non è importante ciò che voglio.” Disse, pensando già a quanto le sarebbero mancati quei due pigroni.
“È una cosa stupida. È assurdo, non possono costringerti a sposarlo se non vuoi,” decise Albert.
“È una principessa zuccone, siamo solo noi quelli che se n’erano dimenticati” ribatté Tara.

Accompagnata dai gemelli Astoria condusse Oscar fuori dal campo in cui si era rintanata, fino alla via principale: un ampio viale sterrato fiancheggiato per tutto il suo corso da alti e folti platani; veniva usato quasi unicamente dai contadini del posto per andare e venire dai campi.
Tabita, il reame di Astoria, era principalmente composto da quello: campi.
Campi che si estendevano per chilometri a perdita d'occhio, interrotti soltanto da qualche luminoso boschetto.
Spingendosi più ad est, fino alla costa, le coltivazioni lasciavano posto ad un susseguirsi di prati incolti in cui brucavano daini selvatici, e a profumate pinete, fino a raggiungere le dorate spiagge sabbiose che scorrevano da nord a sud, lungo i confini del regno. Oltre, solo il mare.
Qualche volta Astoria si era spinta fino alle spiagge durante le sue cavalcate solitarie, non distavano infatti più di un'ora e mezza di cavallo da palazzo. Lì immergeva i piedi nell'acqua limpida e, se era sicura di essere sola e la giornata era particolarmente calda, toglieva l'abito e si immergeva completamente in acqua per nuotare.
“Promettimi che farai di tutto per essere del tutto sgradevole, così ti rispedirà al mittente” la salutò Tara, stringendola forte in un abbraccio che le fece salire le lacrime agli occhi.
“Sì, non lavarti per tutto il tempo,” le consigliò Albert abbracciandola a sua volta, facendola ridere nonostante l’amarezza.
“Farò il possibile, promesso,” rispose Astoria, mentre Tara borbottava un inconfondibile idiota ad indirizzo del fratello.
La principessa di Tabita montò in sella. Dopo qualche metro non resistette alla tentazione di voltarsi in direzione degli amici di sempre, i due agitarono scompostamente le braccia per salutarla. Le sarebbero decisamente mancati, si chiese se avrebbe avuto modo di rivederli almeno una volta ancora.

Nonostante cominciasse a farsi tardi Astoria cavalcò senza fretta, godendosi la familiare aria di campagna. Il paesaggio era un susseguirsi di campi di girasoli, granturco, pomodori, angurie, patate; quelle terre rifornivano non solo il suo regno ma anche quelli confinanti, ad Avior andava una buona parte di raccolto.
A Tabita c’erano solo piccoli paesini in cui tutti conoscevano tutti. Era solo al confine con Avior, nel nord ovest del regno, che si potevano trovare le città più grandi, tra cui Mira, la capitale. Era lì che il padre di Astoria si recava spesso, assentandosi anche per lunghi periodi.
La principessa non aveva mai visto quelle o altre zone del regno; il Re di Tabita, infatti, aveva preferito che la moglie con i quattro figli vivesse più vicino alla costa, dove la vita era più tranquilla e l'aria, a suo dire, più salubre. Non che Astoria se ne rammaricasse, amava le sue terre, amava la sua indipendenza, aveva tutto ciò che le serviva per essere felice.
Oscar, allegro, imboccò al trotto il grande vialone che conduceva all'entrata principale. Fu lì che Astoria tirò improvvisamente le redini, cogliendo di sorpresa il destriero che sbuffò sonoramente, contrariato da quella scocciatura.
Astoria non fece caso alle proteste del cavallo, era occupata a guardare intontita la fine del vialone, incapace di rimettersi in marcia.
Il cuore prese a batterle inquieto nel petto.
Un’elegante carrozza, con lo stemma reale di Avior, era parcheggiata all'ingresso.



Angolino dell’autrice:
Bentrovati cari lettori!
Questa storia, che è la prima che io abbia mai scritto, è nata da un sogno. Ho sognato praticamente tutta la trama, i protagonisti, più diversi personaggi (alcuni dei quali sono rimasti fuori perché anche se avevano senso nel sogno non ne avevano poi fuori) e quando mi sono svegliata il suo ricordo, e anche le emozioni che mi ha lasciato addosso, sono rimasti vividissimi e ho potuto buttare giù il tutto.
Avevo cominciato una revisione completa qualche tempo fa (e questo è il motivo per cui il primo capitolo vi sembrerà diverso rispetto tutto il resto e anche quello per cui due dei personaggi scompaiono nel nulla nei capitoli successivi, non riesco più a recuperare la versione precedente) ma ho recentemente cambiato idea e deciso di lasciarlo postato così com’è.
Ho messo mano più volte al testo nel corso di quest’anno, corretto tutto man mano che imparavo nuove cose, ma credo di essere arrivata al punto di non poter più continuare semplicemente a rattoppare.
Il secondo motivo è che sono comunque molto soddisfatta di questo mio primo piccolo capolavoro, rimango affezionata a questa storia nonostante tutti i sui difetti e strafalcioni, non potrei mai cancellare il tutto.
Detto questo, ringrazio di cuore tutti coloro che hanno già letto, listato, per le recensioni e l’affetto che mi avete mostrato (rebefiore00, che è stata la primissima a recensirmi, a SkyFair, a Valethebest92, la prima a ricordarmi). Senza di voi forse avrei smesso di scrivere un istante dopo aver cominciato, sappiate che vi sono molto grata e che il cuore mi si scalda ancora ogni volta che vedo che la storia rimane tra le preferite o le ricordate di qualcuno, quando vedo che c’è un nuovo lettore <3 Grazie a tutti voi, spero che questo messaggio in qualche modo vi raggiunga.

Cedro
   
 
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