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Autore: syila    05/08/2020    5 recensioni
Il cocchiere fermò i cavalli poco prima di giungere all’incrocio con Floral Street e dopo qualche istante, dal voltone di un vecchio palazzo fatiscente, si affacciò un ragazzo.
Come un animale all’uscita della sua tana, controllò che i paraggi fossero deserti, poi si avvicinò con grande cautela alla vettura, pronto a darsi alla fuga al minimo segnale di pericolo.
Il vetturino rimase fermo al suo posto, non gli agitò contro la frusta, come accadeva talvolta con i cocchieri troppo zelanti e questo lo spinse ad avvicinarsi allo sportello, facendo notare la sua presenza all’occupante con un discreto colpo di tosse, secondo un codice di comunicazione ben collaudato.
Una tendina venne scostata e riabbassata in fretta.
Seguì una lunga pausa di riflessione e il giovanotto valutò l’idea di proseguire per la sua strada, però il rumore della maniglia che veniva aperta lo convinse a fermarsi.
Salì sul predellino congratulandosi con sé stesso per la sua pazienza e qui si bloccò, stupito da ciò che vide all’interno.
O meglio a sorprenderlo non fu tanto il “cosa”, ma il “chi”.
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Victoriana'
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Notturno con città e nebbia

Capitolo III°



Svegliarsi era sempre stata una faccenda complicata per Yuriy, il quale, come tutti i ragazzi, amava dormire fino a tardi.
Stavolta il sonno era così pesante da schiacciarlo al letto, rendendogli difficile perfino sollevare le palpebre.
Percepiva in modo vago il suo corpo, come se le ore trascorse nell'immobilità ne avessero intorpidito le membra.
Allo stesso modo anche i suoi pensieri volteggiavano incoerenti senza trovare un filo logico, che gli permettesse di risalire agli ultimi avvenimenti della sera precedente.
Ammesso che fosse passata solo una notte; a giudicare dalla spossatezza e dalla confusione mentale poteva aver dormito anche un mese intero.
Fu una mancanza a riportarlo nelle terre dei vivi, un vuoto che urlava di essere colmato e che il ragazzo identificò come fame.
Il ricordo dei syrniki di sua madre, le fragranti frittelle con la marmellata su cui si avventava quando erano ancora bollenti, lo fece deglutire e scoprì di avere la gola del tutto secca.
Quindi non era la fame, ma la sete a spingerlo a svegliarsi!
Lasciò penzolare la gamba destra fuori dal letto e si diede una spinta per scendere, ma era molto lontano dal pavimento su cui atterrò malamente, dopo un breve volo.
Le imprecazioni che seguirono ebbero il pregio di svegliarlo del tutto e lo portarono ad alcune rivelazioni piuttosto spiacevoli: non era nella sua camera ad esempio, era nudo, eccetto il lenzuolo in cui era stato avvolto come una specie di sudario, infine quel grande ambiente aveva qualcosa di familiare e allo stesso tempo molto sinistro.
Yuriy impose ai suoi gesti una parvenza di coordinazione e riuscì ad alzarsi; le gambe reggevano e gli permisero di fare alcuni passi attorno al tavolo di marmo che era stato il suo giaciglio.
Il giovane russo aggrottò la fronte e si sforzò di ricordare come diavolo fosse finito lì; in qualche modo era di vitale importanza scoprirlo.
Anche andarsene lo era.
Nonostante ciò le sue priorità subirono un ribaltamento appena giunse all'altro capo del tavolo e notò una panca su cui erano appoggiati un cesto di frutta, del pane e un paio di bottiglie, di cui una così piccola e sottile da somigliare ad una boccetta di sciroppo.
Degnò di un'attenzione superficiale il cibo, il profumo fragrante che emanava stranamente gli chiudeva lo stomaco, al contrario, il piccolo flacone lo attirava.
Lo aprì e ne annusò il contenuto, l'odore ferrigno lo fece rabbrividire dal disgusto, tuttavia c'era sul fondo una nota dolce, quasi caramellosa, che gli ricordava il miele o la melassa e Yuriy decise che valeva la pena assaggiarlo.
Lo mandò già tutto d'un fiato, come aveva imparato a fare nei pub e sebbene fosse molto denso, lo trovò più appagante della birra o del whisky.
Il tonico, perché non poteva essere altro che una medicina, forse una specie di ricostituente, gli diede una sferzata di energia; si sentì di nuovo lucido e in forze.
Tornarono anche i ricordi della sera prima e acquistò un senso l'urgenza di scappare da quel posto. Dov'erano le due streghe che lo avevano imprigionato?
E soprattutto: dove si trovava adesso?
Decise di cercare qualche indizio e, servendosi della lampada a olio lasciata accesa accanto al cibo, iniziò ad esplorare i recessi del grande ambiente.
Il basso soffitto a volta, le pareti e il pavimento di pietra, la mancanza di finestre, l'umidità e l'odore di muffa facevano propendere per un sotterraneo o una cantina.
Non c'erano sbarre e questa era la buona notizia, mentre quella cattiva era che l'unica via di uscita passava da una porta rinforzata da borchie metalliche, che sembrava decisamente chiusa.
O almeno era ciò che si sarebbe aspettato da un rapimento, subito prima di scoprire che, abbassando la maniglia, la porta si apriva senza sforzo, dando accesso ad un corridoio ben illuminato.
Yuriy rimase immobile in ascolto; i minuti successivi li trascorse nel timore di sentire un suono di passi o le voci delle sue carceriere, ma non captò alcun rumore degno di nota; ed infine si decise ad abbandonare la cella.
Col lenzuolo gettato sulle spalle avanzò in punta di piedi seguendo la via indicata dalle lanterne; dall'altra parte il corridoio proseguiva, immergendosi in un buio fitto in cui il russo non aveva alcuna voglia di avventurarsi.
Arrivò alla base di una scala, che conduceva ai piani superiori e di nuovo si fermò, resistendo all'impulso di divorarne i gradini e gettarsi a capofitto verso l'uscita.
L'ultima volta che lo aveva fatto era finita male.



Sul piccolo ballatoio in cima alle scale un'altra porta chiusa lo costrinse all'ennesima sosta.
Incollò l'orecchio al pannello di legno e percepì solo il silenzio di uno spazio vasto e vuoto.
Tentò la maniglia e anche questa cedette docile lasciandolo passare.
Yuriy si ritrovò nell'immenso androne del palazzo in cui abitavano le megere.
Di loro non c'era traccia però.
Cominciò a pensare che si fosse trattato di uno scherzo.
Le due signore, magari per noia o per scommessa, lo avevano adescato, si erano prese gioco di lui e poi lo avevano portato nei sotterranei per spaventarlo.
Certo, la donna bionda era dotata di una forza sovrumana, però era anche vero che lui aveva bevuto, non era lucido e forse era svenuto a causa del bagno caldo.
Se fosse comparsa adesso non le sarebbe stato così facile sopraffarlo.
Davanti al portone d'ingresso sprangato e alle finestre dagli scuri sigillati il giovano russo pensò che la sua fortuna con le via di fuga doveva essere esaurita; nella penombra caliginosa riusciva a distinguere le scale, il mobilio e gli ingressi alle stanze.
Si ricordò dell'uscita di servizio nelle cucine e decise di tentare la sorte; attraversò l'androne con la leggerezza di un fantasma e s'infilò nel grande ambiente appiattendosi in un angolo buio.
Il camino e i fuochi erano spenti, mentre dal tavolo di lavoro erano spariti gli avanzi della cena, forse le domestiche erano passate a riordinare o forse lo avevano fatto le padrone di casa, dato che anche la porta di servizio era bloccata dall'interno.
Non rimaneva che provare ai piani superiori; magari sarebbe riuscito a calarsi da una finestra o dalla grondaia.
Uscendo dal suo nascondiglio intercettò con la coda dell'occhio una sottile lama di luce che dalla sala da pranzo si rifletteva sul pavimento di marmo dell'atrio.
Forse non aveva bisogno di salire di sopra, la sua Buona Stella gli aveva appena mostrato una comoda soluzione al piano terreno.



La porta finestra era socchiusa, qualcuno probabilmente l'aveva dimenticata aperta la sera prima e dalla fessura Yuriy riusciva a distinguere un terrazzo oltre il qualche si estendeva il giardino e un grande prato che digradava verso un'indistinta foschia.
Gli parve di sentire l'odore limaccioso del Tamigi e aveva senso, perché molte ville fuori città sorgevano a ridosso del fiume.
Doveva solo spalancare l'impannata e mettersi a correre senza voltarsi indietro, eppure esitava; come se l'istinto gli stesse suggerendo di rimanere nascosto all'interno anziché fuggire.
Una serie di brividi gli corsero dalla base della schiena al cervello acuendo la sensazione di pericolo, finché il giovane russo non realizzò che era Novembre e lui aveva solo un lenzuolo a proteggerlo dal freddo.
Recuperare i suoi vestiti era fuori discussione, preferiva rischiare un arresto per oltraggio alla decenza e la lavata di capo dei genitori piuttosto che trovarsi ancora faccia a faccia con le due streghe.
Raccolse il coraggio e aprì l'anta della finestra; fuori la luce del pallido mezzogiorno autunnale lo abbagliò; i suoi occhi impiegarono alcuni istanti ad adattarsi, ma era normale dopo aver trascorso tante ore nell'oscurità.
Avanzò nell'ombra a ridosso del muro; il piano prevedeva di infilarsi tra le piante del giardino, poi da lì attraversare il prato e arrivare al fiume.
Risalire lungo la sua sponda sarebbe stato molto più sicuro e, con un po' di fortuna, nel tragitto poteva rimediare un passaggio da una chiatta insieme ad un paio di calzoni.
Alzò la testa e diede una rapida sbirciata alla facciata del palazzo; di giorno aveva un'aria se possibile ancor più sinistra, con quei mattoni scuri e le torri angolari che ricordavano una fortezza medievale.
Ad un certo punto colse un movimento dietro ad una delle finestre del piano nobile e questo bastò a fargli dimenticare ogni prudenza; spiccò un balzo e superò la siepe, poi cominciò a correre, ignorando i rovi e i rami che gli graffiavano le braccia e le gambe.
Arrivò al prato col cuore che gli balzava in petto, ancora poche falcate e avrebbe raggiunto l'argine, che digradava dolcemente verso il fiume.
La pelle cominciò a pizzicargli, la sentiva tendere e scaldarsi, d'istinto si grattò e maledisse le due streghe; quei cespugli dovevano essere velenosi, ma anziché trovare sollievo il fastidio aumentò.
Si guardò le braccia, il dorso delle mani, dove la pelle si raggrinziva, si screpolava, si staccava a lembi.
Yuriy andò nel panico, il dolore cominciava ad essere insopportabile, non era solo la pelle, tutto il suo corpo stava bruciando, come se qualcuno lo avesse gettato su una graticola rovente.
All'affannosa ricerca di un rimedio provò ad avvolgersi nel lenzuolo, poi gli sovvenne del Tamigi, che scorreva a pochi passi da lui, l'acqua lo avrebbe aiutato lenendo le sue sofferenze.
Inciampò poco più avanti, si rialzò e cadde di nuovo, le gambe rifiutavano di collaborare, allora si trascinò puntellandosi coi gomiti e avanzò a carponi, finché le articolazioni non rattrappirono in un ultimo disperato tentativo di proteggersi dal calore che lo stava divorando dall'interno.



“Due minuti e quindici secondi.”
Diane staccò il cronometro e appuntò il risultato sul taccuino.
“Uno spettacolo sempre troppo breve.”
Nastassjia lasciò cadere la cortina di velluto davanti ai vetri, fuori non c'era più niente di interessante da guardare, solo una massa informe, coperta da un lenzuolo annerito dal fuoco, che si consumava lentamente sul prato.
Da lontano potevano scambiarlo per un cumulo di foglie e rami secchi, messo a bruciare dai giardinieri del palazzo.
“Nella media doanma.” rispose l'altra dopo una rapida scorsa ai suoi appunti “Il ragazzo ha resistito qualche secondo in più per via della costituzione fisica robusta.”
“O magari perché voleva sopravvivere.”
Quel commento indispettì la sua pupilla.
“Tutti vogliono sopravvivere.” ribatté acida “È l'istinto di Autoconservazione, se ne fossero consapevoli al risveglio, nessuno di loro sarebbe così pazzo da uscire durante il giorno.”
“Se fossero consapevoli noi non avremmo materiale d'indagine mia cara e ci ritroveremmo con una corte di figli inutili a cui provvedere.” l'interlocutrice tacque per un istante poi aggiunse in tono sibillino “Oh, forse tu ne volevi uno? Di figli, intendo. Magari proprio il ragazzino russo...”
Diane scacciò l'idea con un gesto stizzito della mancina.
“Io dico solo che...” fece una pausa e prese un lungo respiro, voleva essere sicura di esprimere al meglio la sua idea “Se ci fosse modo di sapere in anticipo quali sono i candidati con le maggiori possibilità, noi... Potremmo contenere i danni.”
“Oh” la Severin annuì con fare comprensivo “Ti preoccupi delle nostre Convenzioni: gli Evoluzionisti non fanno del male agli esseri umani e una Trasformazione avviene sempre all'interno di un contesto verificato e protetto.”
Diane si strinse nelle spalle, come a darle ragione.
“Dovremo superarle per ottenere dei risultati concreti.”
La sua interlocutrice la fissò preoccupata.
“Agire fuori dalle convenzioni è...”
“Deplorevole? Può darsi.”
“Intendevo: pericoloso. L'Assemblea di Ginevra non approva simili metodi, di questo passo finiremo con l'attirare la loro attenzione; si staranno già chiedendo perché un'anziana si sposta così spesso, invece di eleggere a sua dimora un territorio fisso.”
“Sai chi ha contribuito a istituire l'Assemblea cinquecento anni fa? Io. Quando il mondo si è scoperto improvvisamente più vasto, con nuovi territori da esplorare e conquistare oltre oceano, la società degli Immortali ha capito che il precario equilibrio su cui si reggeva da millenni si sarebbe spezzato e servivano delle regole per garantirci la sopravvivenza e prosperare nel futuro. Adesso è il arrivato il momento di guardare oltre; la missione di cui siamo investite è troppo importante perché resti impigliata in qualche ingranaggio burocratico.”

La donna bionda aggrottò la fronte; era abbastanza certa che la sua Mentore avesse già elaborato un piano e averle affidato la Trasformazione del giovane russo era solo l'ultimo tassello di un rompicapo, che lei considerava già risolto.
“Però vi fa comodo che l'Assemblea resti in attività.”
“Perché siamo delle pioniere Diane, esattamente come i primi colonizzatori, noi ci muoviamo in territori nuovi, ma dobbiamo essere prudenti e tenere le spalle al coperto; inoltre la nostra efficiente organizzazione ci mette in una posizione di superiorità rispetto alle altre fazioni.”
“Concilianti e Predatori potrebbero offendersi.” insinuò l'altra con un leggero sogghigno.
“Si offendano pure, non saranno loro a riprendersi la luce del giorno, è un vantaggio che intendo tenermi stretto.”
La sua pupilla ritenne prudente omettere che era proprio grazie alle indicazioni di una Conciliante se il progetto aveva avuto inizio e i che Predatori non erano esattamente un modello di generosità e altruismo.
Presto o tardi sarebbero venuti a bussare alla porta pretendendo i frutti del loro lavoro, con le buone o le cattive.
“In ogni caso hai ragione, il modo di procedere è troppo dispersivo, la scelta dei candidati richiede tempo e non è mai precisa; di questo passo l'uomo arriverà sulla Luna e noi saremo ancora alla ricerca dei giusti caratteri ereditari che consentano agli Immortali di abbandonare le tenebre.”
Diane era sbigottita, quelle cose le aveva pensate un paio di giorni prima, quando si trovava nel sotterraneo!
Quindi era davvero in grado di leggere la sua mente anche a distanza!
“Che c'è? Non pensi che l'uomo arriverà sulla Luna?”
“In un tempo ragionevole arriverà anche oltre doanma, la scienza sta facendo passi da gigante.” convenne Diane.
“Esatto e noi daremo il nostro piccolo contributo all'età moderna. L'umanità ha bisogno di una guida esperta per le ere che verranno, in altre parole: ha bisogno di noi. Invenzioni come il telegrafo e il telefono ci consentono di comunicare in ogni momento con paesi lontanissimi, la locomotiva e le grandi navi a vapore abbreviano la durata dei viaggi. Rimuovendo l'ultimo ostacolo che ci impedisce di agire durante il giorno il nostro controllo sull'Evoluzione sarà... totale.”
“Questo contributo avrà un costo.” obiettò la più giovane.
“Perfettamente sostenibile.”
Diane si avvicinò alla finestra oscurata dalle spesse tende di velluto e le scostò appena; pur trovandosi nell'ala del palazzo rivolta a Ovest, che aveva la facciata ancora in ombra, la luce la infastidì.
Non aveva mai creduto alla favola della maledizione divina che aveva colpito i primi della loro stirpe trasformandoli in non-morti assetati di sangue.
La letteratura li definiva vampiri, la tradizione popolare li trovava affascinanti e mostruosi, ma ormai quasi nessuno credeva alla loro esistenza.
Il Tempo era stato un buon alleato: avevano imparato ad agire in incognito, controllando la sete di Sangue e mischiandosi agli umani, sedevano a tavola conversando garbatamente con le loro prede, mentre gustavano dell'ottimo champagne; stringevano alleanze, frequentavano le corti e i templi della nuova scienza.
Aveva sentito di alcuni che erano riusciti a infiltrarsi perfino nelle gerarchie ecclesiastiche.
Ormai non c'era posizione o ruolo che gli fosse precluso.
Valeva davvero la pena sacrificare delle giovani vite all'abbattimento dell'ultimo ostacolo che rendeva la stirpe degli Immortali così vulnerabile?
La risposta era sul prato della villa, dentro un misero involucro disseccato e irriconoscibile.
I vantaggi erano innegabili, concluse Diane, però al momento la strada era tutta in salita.

“Pensavo...”
Nastassja annuì attenta, aveva preferito non interrompere quella lunga di pausa di riflessione, perché di solito preludeva a sviluppi interessanti.
“...È ancora valida la proposta di prenderci una pausa?”
Di tutte le idee che potevano uscire da una mente così analitica e razionale, la vacanza era l'ultima su cui avrebbe scommesso, ed era così sorprendente che l'anziana Immortale scoppiò a ridere, salvo poi posarle la mano sull'avambraccio, quando vide sua la espressione accigliarsi.
“Non speravo di farti cambiare opinione, quindi anche tu sai essere imprevedibile!”
La sua pupilla le rivolse uno sguardo carico di sussiego, in fondo, da qualche parte, era pur sempre una donna; notoriamente le creature più imprevedibili del pianeta.
“Comunque la risposta è si e ho già mente il posto adatto.”
“Parigi?” ipotizzò Diane temendo che volesse trascinarla di nuovo nella vorticosa sarabanda della Ville Lumière, dopo che aveva speso gli ultimi sei mesi a convincerla che le troppe distrazioni della capitale francese rallentavano la loro ricerca.
“Molto meglio: le Highlands Scozzesi. Vicino ad Edimburgo,ma con la tranquillità e la riservatezza di cui la nostra stirpe ha bisogno.” “Perché ho l'impressione che non sarà una vacanza doanma?”
“Mi conosci mia cara, mi piace unire l'utile al dilettevole. Ci sono un paio di grandi tenute in cerca di proprietario e molti orfani, spesso stranieri, che vivono in condizioni miserabili.”
La tedesca tardò alcuni istanti a cogliere il nesso tra un viaggio di piacere, grandi ville di campagna e poveri orfanelli, tuttavia quando le fu chiaro il quadro generale non poté che esternare il suo stupore con una colorita esclamazione nella sua lingua madre. “Volete farlo davvero?”
“Riflettici e anche tu vedrai combaciare tutti i lati del rompicapo.”
“Materiale d'indagine sempre a disposizione...”
“Di cui potremo controllare costantemente la crescita, selezionando i soggetti più promettenti. Nessuno verrà a reclamarli, basterà denunciarne la scomparsa o la morte.”
“Dovremo procurarci del personale fidato e tessere buone relazioni con gli Immortali del posto...”
“Alcuni personaggi influenti mi devono dei favori, ci aiuteranno a sistemarci.”
“Quindi è cosa fatta?”
“Questo è solo il primo passo. Non intendo fermarmi qui, se il modello avrà successo avremo infiniti scenari dove applicarlo.”
“Ospedali, fabbriche, colonie...”
“E non dimenticare le guerre, una guerra fornisce materiale umano praticamente inesauribile!” esclamò la Severin.
Diane scosse il capo e accennò un sorriso, quelle manifestazioni di entusiasmo infantile, su argomenti che avrebbero fatto rabbrividire chiunque, a volte la disorientavano.
“Allora, ti ho convinta?”
“Mi risulta che le Highlands in questa stagione siano bellissime. Vado a preparare i bagagli.”

Fine


⋆ La voce dell'ambivalenza ⋆

Carissimi come qualcuno sospettava non è finita bene per Yuriy, che è stato usato come cavia da esperimenti ed è andato incontro alla medesima drammatica fine.
Nemmeno le due misteriose signore sono soddisfatte del risultato, ma non tutto il male viene per nuocere (almeno dal loro punto di vista!), perché dopo queste ennesimo insuccesso hanno deciso di cambiare strategia e di fare le cose in grande.
Il giovanotto russo non è stato il primo e non sarà di certo l'ultimo; l'obiettivo che si sono poste le due vampire è molto ambizioso: trovare il soggetto in grado di resistere alla luce solare, che è il più grosso punto debole degli Immortali.
Ci sono riuscite?
Voci di corridoio dicono che le ricerche continuano tutt'ora e che forse hanno trovato un candidato che può fare al caso loro...

Vorrei ringraziare chi ha preferito, seguito, letto e commentato il mappazzino vittoriano, forse ci rivedremo qui in tempi che adesso non riesco a quantificare con certezza, ho altri personaggi di questo mondo oscuro, che vorrebbero dire la loro ^^



   
 
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