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Autore: Emmastory    05/08/2020    4 recensioni
Muovendosi lentamente, anche ad Eltaria il tempo ha continuato a scorrere, dettando legge nella selva, al villaggio e nelle vite dei suoi abitanti. Il freddo inverno ha fatto visita a sua volta, e solo pochi giorni dopo un lieto evento che cambierà le loro vite per sempre, in modi che solo il futuro potrà rivelare, la giovane fata Kaleia e Christopher, suo amato protettore, si preparano ad affrontare mano nella mano il resto della loro esistenza insieme, costellata per loro fortuna di visi amici in una comunità fiorente. Ad ogni modo, luci e ombre si impegnano in una lotta costante, mentre eventi inaspettati attendono un'occasione, sperando di poter dar vita, voce e volto al vero e proprio rovescio di una sempre aurea medaglia. Si può riscrivere il proprio destino? Cosa accadrà? Addentratevi di nuovo nella foresta, camminate assieme ai protagonisti e seguiteli in un nuovo viaggio fatto di novità, cambiamenti, e coraggiose scelte.
(Seguito di: Luce e ombra: Il Giardino segreto di Eltaria
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Luce-e-ombra-IV-mod
 
 
 
Capitolo X 
 
Sagge sorelle ninfe  
 
E con l’andar del tempo, iniziava febbraio. Contrariamente a quanto mi aspettassi, non avevo avuto altre notizie di Sky dopo aver lasciato quella piuma davanti alla porta della stanza che ora occupava in casa mia, ma ad essere sincera, non importava. Il messaggio che avevo fugacemente letto per ora mi bastava, e significava che davvero era pronta a riprovare, a rimettersi in piedi e riprendere in mano la propria vita anche dopo quell’infinita tempesta, che per fortuna di entrambe sembrava finalmente cessata. Ligio al dovere come sempre, Christopher mi aveva spiegato cosa accadeva se e quando una fata o qualunque essere magico rilasciava fin troppa magia nel mondo, e a pensarci, poteva essere stato quello a causarla, almeno per ciò che riguardava il senso letterale della cosa. Sforzandomi di restare tranquilla, stamattina mi affido a Chris e alla sua innata dolcezza, la stessa che traspare in ogni momento di intimità. Silenziosa, resto sdraiata sul letto scalciando lentamente da me le coperte, abbandonandole e trovando molto più caldo, e comodo, c’è da dirlo, un suo abbraccio. Ancora addormentati, Delia e Darius non si fanno sentire, ma essendoci alzati più volte per controllarli l’altra notte, io e lui siamo tutt’altro che sorpresi. A occhi chiusi, mi godo il tempo e la permanenza fra le sue braccia, mentre il primo scorre e la seconda si fa sempre più piacevole. “Che c’è, ancora preoccupata?” mi chiede, la voce dolce e calda come il contatto che ci unisce. “No, amore. Per una volta non avere notizie equivale ad averne di buone, non credi?” sorprendentemente, anche stavolta tardo a rispondere, ma solo perché rapita dal suo sguardo di verde speranza e dalla figura che ha tatuata sul petto. Ancora visibile e non certo rovinata dal tempo, una spada e una rosa incrociate, su un fondo nero che tanto mi ricorda uno scudo. Non la vedo, ma accarezzandolo la sento appena sotto le dita, e con le guance già bollenti e imporporate da un improvviso rossore emotivo, permetto a un debole sorriso di spuntarmi in volto. Silenzioso, lui si limita a imitarmi, e quasi all’improvviso, mi bacia. Ciò che ne segue è un contatto lieve e affatto duraturo, ma al momento davvero non m’importa. Quello che conta è che siamo insieme, e che stamattina tutto sembri andar bene. So che non dovrei, ma continuo a parlare per ipotesi, sicura che ben presto qualcosa, forse il vento, forse il nostro avvenire, cambierà. È ancora presto, il sole è spuntato da poco e il mio fido ciondolo sembra sentirlo, iniziando infatti a brillare di luce propria da sotto la coperta. “Ti dà fastidio? Vuoi toglierlo?” non può fare a meno di chiedere il mio Chris, preoccupato e premuroso come sempre. “No, sta tranquillo.” Rispondo soltanto, accennando a un secondo sorriso che in un attimo ci calma entrambi. Innamorata, mi perdo ancora nei suoi occhi, e nonostante la finestra sia aperta e la natura viva appena fuori, basta un suo sguardo, e tutto perde d’importanza e spessore. Mi sento benissimo, improvvisamente non esistiamo che noi e il nostro amore, e del tutto presi l’uno dall’altra, non riusciamo a smettere di guardarci. Sembra incredibile, ma d’un tratto anche il tempo rallenta, e io stessa non sento altro che il battito del mio cuore unito al suo. Affamata d’amore come d’attenzioni, reclamo le sue labbra per un altro bacio, e quasi leggendomi nel pensiero, lui mi stringe a sé. Seppur sorpresa, lascio che accada, e in breve, divento sua. Come sempre, ogni momento con lui è pura magia, e la scia dei suoi baci, rovente sulla mia pelle, l’ennesima dimostrazione del suo amore. “Tesoro...” lo chiamo, la voce tremante quanto e forse più del corpo. “Sì, amore mio?” risponde, sicuro di sé e di ciò che mi sta facendo. Pur provando a replicare, non ci riesco, e ben presto, anche il respiro mi abbandona, mentre senza aver modo di accorgermene, perdo lentamente il controllo di me stessa. Non riesco a calmarmi, quasi non voglio, e reagendo ai miei sentimenti e al mio cuore ormai impazzito, stille di polvere magica del colore del mio elemento si liberano nell’aria come polline. Sorprendentemente, non ci tange ma luccica sotto al sole del mattino, e dopo un’eterna lotta, al tempo stesso dolce, accesa e tristemente impari, depongo le armi, sfinita da ciò che mi unisce al mio Christopher.  Stanca e ansimante, riapro appena gli occhi, e solo allora mi accorgo di quella sorta di strano spettacolo, accentuato da quello che mi sembra uno starnuto. “Santo cielo, Chris, mi dispiace, io non...” ho appena la forza di biascicare, di nuovo rossa in volto e piena di vergogna. “Kia, andiamo, non preoccuparti.” Replica in fretta il mio amato, affatto sorpreso ma già immensamente divertito da quella vista. Confusa da quella risposta, provai a ragionare, e abbassando lo sguardo per sfuggire al suo, ben sapendo che non poteva inseguirmi, mi rintanai nel silenzio. Ad essere sincera, non avevo idea di cosa fosse appena successo, né di come fosse accaduto, solo che le emozioni tendevano spesso ad avere la meglio rovinando tutto, perfino momenti come quello. Sveglia da poco, non avevo desiderato altro che il suo tocco e la sua dolcezza, ed ero felice di averla ottenuta, ma non se il mio stesso corpo insisteva nel tradirmi in quel modo. Stando ai miei ricordi, non era certo la prima volta che accadeva, e almeno ora volevo vederci chiaro. “Sei sicuro? Insomma, è così imbarazzante.” Risposi, la voce sempre bassa e corrotta dal dolore che provavo, nascosto fino ad allora nelle profondità della mia anima. “Posso solo immaginarlo, ma sappi che è comunque del tutto normale. Pensaci, mi ami?” mi disse allora, cingendomi lentamente un braccio attorno alle spalle. Ancora sdraiata, mi avvicinai a lui, e senza più proferire parola, annuii. “Perfetto, allora sta tranquilla. Ricordi quando hai riempito di fiori la caverna di Aster?” semplice ma inaspettata, una domanda alla quale non mi aspettavo di dover rispondere, proprio come la precedente, ma che ascoltando senza interrompere, risolsi in fretta. “Sì, ma... scusa, cosa c’entra?” provai a chiedere, più confusa di prima. “Kia, tesoro, concentrati. Ha senso, se ci pensi. Allora eri felice, emozionata dal lago e dai boccioli, e ora è successa la stessa cosa, solo che a emozionarti...” lunga ma semplice, una spiegazione che ascoltai in silenzio come un’attenta scolara, e con la cui fine, non potei fare a meno di sorridere. “C’eri tu.” Risposi poco dopo, finalmente più tranquilla. “Esatto.” Fu l’unica risposta del mio amato, che sorridendo a sua volta, mi strinse ancora a sé, per poi avvicinarsi e lasciarmi un bacio delicato sulla fronte. “Chris, forse... forse sei magico anche tu.” Azzardai, quasi sicura di quel ragionamento, veloce e affrettato ma privo di grinze. Alle mie parole, Christopher rise di cuore, e dando con la mano un veloce verso ai capelli biondi e spettinati, non esitò a parlare. “Non più magico di Cosmo, fatina.” Disse soltanto, virando l’intera conversazione, fattasi pesante come l’atmosfera attorno a noi su qualcosa di molto più divertente. Svegliato dal suo sonno ai piedi del letto, l’Arylu aprì un occhio, e pur agitando lentamente la coda, non si mosse. “Si può sapere che vuoi? Stavo dormendo.” Sembrò dire, lamentandosi con uno sbadiglio misto a un debole latrato. Divertita, risi a mia volta, e calmata dalle parole del mio protettore e dalla sua dolcezza, restai al suo fianco ancora per qualche minuto, salvo poi decidere di stiracchiarmi come una gatta. “Che fai, imiti Willow?” azzardò, sorpreso. “Sì, qualcosa in contrario, caro protettore?” gli risposi, stando al gioco e sforzandomi per trattenere una risata. “No, assolutamente, fatina mia. Ero curioso, nient’altro.” Rispose allora lui, sincero come al solito. “Davvero?” insistetti, sorridendo debolmente nell’avvicinarmi a lui. Decisa, contai e calcolai ogni passo con lentezza felina, finché, colto alla sprovvista nonostante la mia immagine riflessa nello specchio, lui non si arrese, lasciando che l’abbracciassi. Felice, ricambiai ogni stretta ricevuta in precedenza, e ammirando il suo riflesso, giocai distrattamente con qualche ciocca dei suoi capelli. Un modo di divertirmi tutto mio, inaspettato e goliardico insieme, dettato dall’improvvisa malizia nascosta nell’azzurro dei miei occhi. Il tempo al suo fianco mi aveva insegnato ad essere me stessa senza aver paura dei miei sentimenti, la lezione odierna non era stata che un ripasso, e malgrado non lo sapesse, quello era solo uno dei tanti modi che avevo di ricordarglielo. “Allora, davvero?” ritentai, riducendo la voce a un sussurro calmo e suadente. “Davvero, amore mio.” Non esitò a replicare, offrendomi le redini del gioco e il totale controllo su quel momento. Completamente rapita, mi lasciai irretire dal suo sguardo magnetico e perfetto, e alla ricerca di altri attimi d’amore, unii le nostre labbra in un bacio che mozzò il fiato ad entrambi. Proprio come prima, non m’importava di non essere del tutto sola con lui, l’unica cosa a contare era il sentimento che ci univa da anni, e tutto appariva perfetto, finché qualcuno non decise di disturbarci. Scocciata, sentii la scintilla fra noi sfumare, e voltandomi in direzione di quel dannato rumore, per poco non imprecai. “Dolce Dea, proprio adesso?” commentai, stizzita. Triste, Cosmo ruppe il silenzio calato nella stanza con un debole uggiolio, e non riuscendo proprio ad arrabbiarmi, lo consolai con un sorriso. “Non ti preoccupare, cucciolone. Ora andiamo, va bene?” gli dissi soltanto, avendo ben presto il piacere e la fortuna di vedere una sorta di sorriso stamparglisi sul muso. “Fa con calma, io aspetto.” Parve voler dire, molto più calmo di quando era un cucciolo, anche se non meno energico di allora. Sorridendo, annuii per dargli sicurezza, e fortunatamente veloce a vestirmi, mi assicurai di non farlo attendere troppo. Grazie al cielo nel tempo Chris ed io l’avevamo educato bene, e gli incidenti in casa erano merce rara, ma nonostante questo eravamo convinti che non si potesse mai essere troppo sicuri. Pronta, uscii dalla stanza aprendo la porta, seguita sia da lui che da Christopher, e dopo il mio solito caffè mattutino e qualche goloso biscotto Pan degli Astri, che avevo ormai eletto a miei preferiti, mi preparai ad uscire. Ormai abituata a quella sorta di routine, trovai il guinzaglio di Cosmo appeso all’attaccapanni assieme alla giacca che indossai quasi subito, ma poco prima di potermi davvero allontanare da casa, sentii un altro rumore. Sicura che si trattasse di lui, mi fermai a guardarlo, ma da parte sua solo silenzio. Muta come un pesce, rimasi in ascolto, e fu allora che li udii di nuovo. Passi. Leggeri e trascinati, probabilmente per via del sonno, ma passi. Incerta sul da farsi, mi scambiai con Christopher una veloce occhiata d’intesa, alla quale rispose alzando le spalle. “Forse non è niente.” Si limitò a dire, tutt’altro che colpito. “Sono io, geni.” Disse allora una voce alle nostre spalle, cogliendoci alla sprovvista. “Sky! Santo cielo, avvisa la prossima volta!” quasi urlai per lo spavento, con la rabbia nella voce e l’occhio invelenito. “Avvisare? Io? E voi allora? Perché tanta segretezza per portar fuori un cane?” ci fece notare, nervosa. “Cosmo è un Arylu, Sky.” Corresse gentilmente Christopher, con quello di risultare pignolo come ultimo desiderio. “Sì, sì, Arylu, Raylu, come vuoi. Uscite pure senza problemi, mi basta restare da sola.” Replicò in fretta lei, per niente in vena di scherzi. Colpita, alzai le mani in segno di resa, e stringendomi nelle spalle, andai per la mia strada. “E prima che andiate, non preoccupatevi. Baderò io ai mostriciattoli.” Ci tenne ad aggiungere, anche in quel caso pungente e senza modi. “Grazie!” le dissi soltanto, sincera e felice di aver trovato ai piccoli quella che credevo un’ottima babysitter. Erano passati anni da quel periodo, e lo sapevo bene, ma nonostante tutto ricordavo ancora quasi ogni istante dei nostri tempi di pixie, tempi in cui Sky era come stata costretta a crescere prima del tempo per occuparmi di me anche se aveva soltanto otto anni, poiché io, a sei, comprendevo ancora poco dei pericoli nascosti nel bosco e nel mondo. Non mentivo nel pensarlo, il fatto che si fosse offerta di badare ai miei figli era positivo, ma con una mano ferma sulla maniglia della porta ormai in procinto di essere aperta, sospirai. Confuso, Christopher chiese mute spiegazioni, ma io non ne diedi. Mantenendo il silenzio, mi concentrai su quell’ormai solita passeggiata, parte di una routine che non avrei mai voluto cambiare. Per alcuni Cosmo era solo un cane, e forse esageravo, ma anche solo portarlo a spasso mi rilassava, e dopo quanto era accaduto stamattina, sentivo di meritare del tempo lontano dai pensieri più insistenti e fastidiosi. Lento, il tempo continuò a scorrere e ignorarci, e tenendo la mano di Christopher con quella libera, mi godetti ogni passo nella natura ancora viva e presente, anche se provata o gelata dal freddo. Tranquillo, Cosmo camminava senza più tirare il guinzaglio, procedendo spedito verso numerosi spiazzi d’erba solo per i suoi bisogni, e poco dopo, allertato da qualcosa in lontananza o forse semplicemente da un odore nell’aria, puntò dritto verso una grotta già conosciuta. Allungando il passo, mi sforzai di seguirlo, e quasi inciampando in una roccia, rischiai di perdere l’equilibrio. “Stai bene?” non esitò a chiedere Christopher, preoccupato. “Sì, sì, tranquillo, stavo scivolando.” Risposi soltanto, per poi stringere di più la presa sulla sua mano e riprendere il cammino. Rinfrancato da quel gesto, il mio amato sorrise, e dopo quella che parve un’eternità, eccoci. Sicura che non sarebbe successo nulla, lasciai andare il guinzaglio, e con esso un sospiro di puro sollievo. Il mio elemento era proprio la verde natura, e pur sapendolo, a volte faticavo a spiegare perché la caverna di Aster e delle sue sorelle mi infondesse un così vasto senso di pace. A calmarmi forse era la gentilezza del vento, la quiete dell’acqua che scorreva tranquillamente nel laghetto al suo interno, o il nuotare dei due cari cigni, che alla mia vista, date le loro leggiadre movenze, appariva più come una danza. Respirando a fondo, sentii odore di fiori, frutta e resina fra gli alberi poco distanti, e improvvisamente, anche di fumo. Sconvolta, riaprii subito gli occhi, rischiando però di scoppiare a ridere quando vidi e sentii Cosmo sfiorare con la zampa i vestiti di Carlos, o più propriamente il gilet che portava. Come riuscisse a indossarne uno in pieno inverno senza sentire freddo era incredibile, certo, ma forse la folta pelliccia di cui era quasi totalmente ricoperto agiva da scudo contro certe temperature. “Te molesta?” gli chiese subito Christopher, notando a sua volta il cane e il suo modo di salutare prima di fare le feste. “No, no, Chris, no, e anzi, hola.” Rispose lui, calmo e tranquillo. Scivolando nel silenzio, regalò a Cosmo qualche carezza, e poco dopo, anche Aster fece la sua comparsa sulla scena. “Hola!” ripetè, imitando il fidanzato nell’uso dello spagnolo, lingua che stavo imparando a capire e speravo di imparare. “Hola, Aster!” ripetei a mia volta, ormai certa che si trattasse di una formula di saluto. Andando però alla ricerca di conferme, guardai il satiro, che mi sorrise. “Stai imparando, veo.” Commentò, piacevolmente. “Noi diciamo vedo, Carlos con la “d”.” Non tardò a dirgli Christopher, correggendolo così che ricordasse. “Già, perdona, non ricordavo.” Replicò a sua volta il satiro, mescolando sapientemente le due lingue, con un accento che, e speravo Aster non mi sentisse, avrebbe unicamente potuto definirsi sensuale. “Allora, cosa vi porta qui da noi?” tentò la mia amica dopo una pausa di silenzio, nel tentativo di spezzarlo e far tornare la serenità svanita. “Chiedilo a lui.” Scherzai, ridacchiando divertita e indicando Cosmo con uno sguardo e un cenno del capo. “Ah, perro aventurero!” esclamò Carlos, sorprendendoci entrambi. “Avventuriero? Tesoro, forse ha pensato che il fumo nascondesse qualcosa di buono. Vero, golosone?” spiegò allora Aster, prendendo le difese di Cosmo e facendone le veci mentre lo accarezzava. Contento di tante attenzioni, lui si rotolò per terra fino a mostrarle la pancia, e chiudendo gli occhi, prese a muovere ritmicamente una zampa. Un modo come un altro per dire che la cosa gli piaceva, e di fronte al quale ridemmo tutti di cuore. Di lì a poco, il silenzio tornò a regnare nella grotta, spezzato poi da una voce che riconobbi all’istante, alta e solenne. “Christopher, Kaleia! È mai possibile che questo Arylu vi porti sempre da noi?” era Amelie, che probabilmente disturbata dal nostro fracasso, si era personalmente avvicinata per controllare. “Così pare, cara.” Mi limitai a risponderle, sperando che scherzasse. Per mia fortuna, la ninfa sorrise, poi si incamminò verso un punto nascosto dal buio, dove, grazie a un gesto della sua mano seguito da un respiro di fuoco, scoprii un’altra presenza. Rossa come il fuoco appena visto, una creatura enorme dal corpo ricoperto di squame del medesimo colore, e denti lunghi e aguzzi come spilli o lame. “È stupenda...” sussurrai sottovoce, meravigliata. Sapevo bene che il nostro mondo era pieno di creature magiche, ma non ne conoscevo molte, e la lista di quelle che sapevo nominare si esauriva sulle dita di una mano. Ricordavo bene i jackalope, conigli con le corna da cervo, gli Slimius, ranocchie in tutto simili a quelle normali se non per lo strano modo che avevano di appiattirsi fino a somigliare a sassi, e gli Arylu come Cosmo o Rover, ma ero più che certa di non aver mai visto una creatura come quella. Senza più parole, la osservai a bocca aperta, e con me anche Christopher, ugualmente meravigliato. “Già, ed è una madre. Da poco ha deposto delle uova, e ai Pyrados serve un posto caldo per averle a dovere.” Spiegò, indicandola con un plateale gesto della mano. Nel buio, rischiarato soltanto dall’alito fiammeggiante di quella sorta di mostro, la sua pelle sembrava più scura del solito, ma non ci badai. “Che dici, potremmo...” azzardai, desiderosa di avvicinarmi. “No, meglio non toccarle.” Intervenne subito lei, precedendomi. Silenziosa come poco prima, non dissi altro, e annuendo, indietreggiai di qualche passo. “Buona, bella, buona.” Dissi in un sussurro, mostrandole le mani tese così da farle capire che non ero una minaccia. Scavando nelle mie esperienze, ricordai di essermi comportata in modo simile quando Anya, la compagna di Red, si era ferita a un occhio e proteggeva i suoi cuccioli nonostante il dolore, e per fortuna, la draghessa rimase dov’era. Incuriosita, fissò lo sguardo color oro nella mia direzione, e pur notandomi, non mosse un muscolo. Mi guardava, e in silenzio, sopportava la mia presenza. Fu questione di istanti, e si concentrò su Cosmo. “Indietro.” Gli ordinai, con un gesto secco della mano. Veloce, il mio Arylu non se lo fece ripetere, e così com’era calato, il buio cessò d’esistere. Fu allora che vidi davvero quella madre e i suoi piccoli non ancora nati, e ai quali, sotto muto consiglio di Amelie, riuscii ad avvicinarmi. “Ecco, ora ti vede, il troppo buio li disorienta.” Disse semplicemente Aster, esperta quanto la cugina. “Se fai piano, forse riesci a sfiorarli.” Aggiunse poco dopo, fiduciosa. “Non adesso, ma grazie.” Replicai in tutta fretta, onestamente spaventata da quell’enorme animale. Nonostante questo, però, aguzzai la vista, e solo allora contai tre uova. Grandi e ben nascoste sotto il corpo della madre, erano lisce ma apparivano ruvide, e i gusci sembravano aver dipinti sopra dei motivi a scaglie, tinti di un sapiente misto di oro e rosso. Emozionata, mantenni il silenzio, e quando il mattino divenne pomeriggio, e la madre sembrò addormentata, mi sedetti con Aster, Amelie e le loro sorelle sul pavimento di roccia, ma non prima di aver usato i miei poteri per renderlo meno duro e più ospitale facendo crescere dell’erba. Fra noi, Amelie fu la prima a trovare posto, e imitandola, incrociai le gambe. Non volendo sembrare scortese o mancare loro di rispetto, anche Christopher si sedette come me, mentre a Cosmo venne concesso di sdraiarsi. “Parlaci, fata, sentiamo che qualcosa ti turba.” Iniziò la ninfa, leggendomi il pensiero e l’anima. “Non molto è cambiato, cara. Si tratta sempre di mia sorella, e in parte anche dei miei bambini.” Esordii a mia volta, incerta sul modo più giusto di spiegare ogni cosa. “Elabora, allora.” Mi incalzò lei, seria e decisa ad ascoltarmi. “Da qualche tempo, amore e sorte hanno smesso di sorriderle, e i miei figli crescono, ma temo per il loro futuro. Saranno davvero al sicuro, con me come madre?” provai a spiegare, per poi azzardare quella domanda. In totale onestà non sapevo davvero perché l’avessi posta, solo che l’attesa di averli e vederli al mondo era stata un cammino lungo e tortuoso, e malgrado non sentissi i malvagi spiriti della foresta tormentarmi da ormai molto tempo, quello era forse l’unico pensiero che non riuscivo a scacciare. “Mi dispiace, Kaleia, ma noi ninfe non vediamo nel futuro. Non intendiamo angosciarti, ma per ora sappi questo. In un mondo come il nostro, luce e ombra lottano su tutto. Abbi fiducia in chi ami, e solo una delle due prevarrà. La scelta sta a chi a sua volta sceglie di combattere.” Criptico e pieno di significato, un discorso che mi lasciò confusa e senza parole, e al termine del quale, ripulendo al meglio la mia veste con le mani e richiamando a me Cosmo così che potessimo tornare a casa, mi rialzai e andai via, anche se non certo prima di aver ringraziato la più importante di loro con un abbraccio che in quel momento ebbe un valore meno affettivo e più simbolico. Al calar della sera, il viaggio di ritorno non fu breve, e con ogni passo, pensosa, mi ripetei nella mente ognuna di quelle parole, cercando quelle più importanti da analizzare come indizi, così da riuscire a risolvere quello che ora mi sembrava un vero enigma, ma che era solo parte dell’aiuto delle sagge sorelle ninfe. 




Un saluto a tutti, voi, miei lettori. A voi un capitolo appena scritto, che avrebbe dovuto essere pomeridiano e poi è diventato serale. Come se non bastasse, è venuto perfino più lungo di quanto mi aspettassi, ma minuzie del genere a parte, spero che sia stato di vostro gradimento, così come, fra l'altro, il resto della saga di Kaleia. Solo il tempo sa cosa accadrà ora, e fino al suo giudizio, ringrazio ognuno di voi per l'incrollabile supporto. A presto,


Emmastory :)
   
 
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