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Autore: sfiorarsi    06/08/2020    4 recensioni
«Avanti, scegline uno» la incoraggiò, prendendola in braccio, facendo attenzione a non bruciarla con la fiamma della candela.
Sullo scaffale illuminato, Lucy poté leggere decine e decine di titoli accattivanti: Il fauno Locus e la mappa segreta, Come preparare un tè con foglie magiche, La storia dello scoglio parlante, e così via. Ce n’era uno, in particolare, che attirò l’attenzione della bambina, che si intitolava Favole di Narnia, Volume I. Dall’alba dei tempi alla storia contemporanea. Lucy lo prese tra le mani e, anche se all’apparenza sembrava piuttosto pesante, sembrava di tenere fra le mani una piuma.
«Scelgo questo» disse al fratello, che la mise a terra.
«Ogni sera, Lu» cominciò lui «leggeremo una di queste favole insieme, così ti aiuteranno a dormire e, nel frattempo, placheranno un po’ della tua curiosità» proseguì e, dopo aver letto il titolo del libro, lo restituì alla sorella «e poi, chissà, potremmo proseguire noi e scriverne un secondo, o addirittura un terzo volume!» esclamò.
Genere: Avventura, Fantasy, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lucy Pevensie, Peter Pevensie
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Favole di Narnia, Volume I

 

Disclaimer: I personaggi descritti nella raccolta non sono frutto della mia invenzione, ma appartengono a C.S. Lewis, che ne detiene i pieni diritti. La storia viene ideata, scritta e pubblica senza alcuno scopo di lucro.

 

 

La terza sera, il castello era sferzato da un forte vento proveniente dalla grande distesa d’acqua che costeggiava la reggia. Il cielo era limpido, punteggiato di stelle, e nessuna nuvola disturbava quel grande specchio bluastro. La luna, pallida e bianca, si stagliava fiera ed imponente al centro della volta celeste.
Peter Pevensie si muoveva tra i corridoi di Cair Paravel a piedi scalzi, vestito di abiti leggeri che, seppur di ottima fattura, gli ricordavano l’Inghilterra. Ogni sera era come se lui abbandonasse dietro di sé le spoglie regali da Re Supremo, e tornasse ad essere semplicemente il fratello maggiore che leggeva favole alla sua sorellina per farla addormentare. Non per questo, però, il suo sguardo ed i suoi occhi perdevano sicurezza e regalità, caratteristiche che avevano assunto con il passare delle settimane da regnante.
Come le sere precedenti, Peter bussò alla porta della sorella, augurandosi che fosse ancora sveglia. Dopo aver battuto le nocche una sola volta sulla grande porta di legno massiccio, Lucy fece capolino da uno spiraglio, e lo invitò ad entrare. Indossava un vestito leggero, con corte maniche a sbuffo e decorato con un motivo a fiori, mentre sul capo portava una corona intrecciata di foglie, aghi di pino e margherite. Il fratello la guardò con curiosità, e lei si affrettò a sorridere.
«Mi è stata regalata da una driade! Non pensavo che fossero, sai… consistenti, e che potessero intrecciare le cose con le loro dita» spiegò Lucy, mentre si sedeva comodamente fra i cuscini soffici del letto. Batté con la piccola mano sul lenzuolo, invitando Peter a sedersi per leggerle la favola di quella sera.
«Potrà sembrarti una coincidenza, ma il racconto di questa sera narra proprio di una driade. Anzi, per essere più specifici, della prima driade» disse lui, aprendo il grande volume e leggendo il titolo. Sua sorella sembrò incuriosita, ma anche confusa da quelle parole. Non pensava che ci potesse essere una prima driade: era convinta che quelle creature leggere ed impalpabili fossero sempre esistite, ma dovette ricredersi. Probabilmente, esse erano nate in seguito alla crescita di intere foreste parlanti, e da lì si erano propagate per tutta la terra di Narnia.
Le driadi erano creature raffinate e gentili, ma anche volubili: leggendo le numerose, intricate pergamene della biblioteca, Peter aveva scoperto che gli spiriti degli alberi erano strettamente legati ai cambiamenti atmosferici e all’influenza di stelle e pianeti. Ciò le rendeva miti per gran parte dell’anno ma, in maniera più incisiva nei mesi invernali, le driadi avviavano battute di caccia, tornei e battaglie per aggiudicarsi qualsiasi tipo di premio: tessuti preziosi, gioielli, addirittura porzioni di bosco usate come insediamenti. Non erano esseri violenti - dopo la sconfitta della Strega Bianca, solo gli sparuti seguaci rimasti erano creature crudeli - ma spesso iniziavano discussioni che potevano durare giorni, se non settimane, per aggiudicarsi la ragione e il privilegio della verità.
Peter le trovava affascinanti e complesse, ma Lucy continuò a considerarle come aveva sempre fatto, secondo la sua ingenua e delicata visione di bambina: degli esseri dolci ed innocenti.
Accoccolandosi tra i morbidi cuscini e le candide lenzuola, la Valorosa attese con pazienza che il fratello maggiore desse inizio al racconto. Sedendosi sul bordo del letto, Peter emise un sordo lamento che, però, cercò in ogni modo di nascondere. Invano. La sorella, confusa da quel suono, chiese se ci fosse qualcosa che non andava. Dopo qualche secondo di muto silenzio, Peter si destò, alzando parte della camicia di seta che indossava, e mostrando una moltitudine di lividi violacei sul fianco sinistro. A quella vista, Lucy sussultò, spaventata.
«Cosa ti è successo?» domandò al fratello con voce preoccupata.
«Stamattina ho accompagnato Oreius e il suo plotone al di là della Diga dei Castori, per scovare un nugolo di seguaci della Strega. È filato tutto liscio, finché un nano nero non mi ha assestato un calcio con i suoi stivali borchiati. Oreius dice che sono stato fortunato: le borchie dello stivale avrebbero potuto anche squarciarmi la pelle. È un bene che mi abbia colpito di striscio» spiegò Peter e, man mano che le sue parole facevano effetto su Lucy, la bambina mostrò il suo sconcerto, la sua preoccupazione e la sua angoscia.
«Lascia almeno che io ti guarisca con il mio estratto» disse in un sussurro, ma Peter scosse la testa in segno di diniego.
«Conserva delle gocce preziose per il fauno e il giaguaro che sono rimasti feriti nella missione. Ti aspetterò qui, se vuoi, e poi insieme leggeremo la favola della prima driade» esclamò Peter. La sorella scese dal letto con un balzo, afferrando la boccetta diamantina contenente l’estratto del Fiore di Fuoco, e fiondandosi verso l’infermeria.
Mentre aspettava, il Magnifico cercò una posizione meno rigida, che impedisse ai lividi di essere più di un sordo fastidio all’altezza del costato. Quando stiracchiò i muscoli, però, dovette trattenere un gemito.
Nel corso della sua infanzia e della sua adolescenza in Inghilterra, aveva accumulato una lunga serie di graffi, lividi, tagli ed escoriazioni dovuti alle continue baruffe con i suoi compagni di classe. Con l’arrivo della guerra, tutte quelle ferite erano solo il risultato delle continue ed improvvise fughe a causa dei bombardamenti, che lo portavano ad urtare mobili e oggetti per via della foga.
Peter scacciò quei torbidi pensieri dalla sua mente, provando a distrarsi sfogliando il grande volume delle favole e perdendosi nei numerosi disegni di ottima fattura. Era così concentrato su un disegno raffigurante una driade chinata su un laghetto che trasalì quando Lucy ricomparve sulla porta, il viso arrossato e accaldato dalla corsa.
«Il fauno e il giaguaro si sono ripresi. Stanno molto meglio» lo informò la sorella, mostrando una chiostra di denti bianchi che contrastava il rossore del suo viso tondo.
«Ne sono felice, Lucy. Ti ringrazio per averli aiutati. Ora, se non sei troppo stanca, ti andrebbe di ascoltare questa favola?»
Lucy annuì intensamente alla domanda del fratello, accoccolandosi tra i cuscini soffici, lasciando che il suo respiro rallentasse e tornasse normale.
«C’era una volta, qualche tempo dopo che Re Frank e la Regina Helen ebbero raggiunto il Grande Leone nel Regno d’Oltremare, una tartaruga molto anziana, dal guscio solido ma sbiancato dal Sole, che era solita fare una passeggiata serale in un piccolo bosco a qualche iarda dal lago presso il quale si ritirava per dormire. La tartaruga, con l’avanzare degli anni, era diventata sempre più lenta, ma non per questo rinunciava alla sua abitudine» iniziò Peter, mostrando a Lucy un disegno raffigurante una tartaruga dall’aspetto antico ma molto saggio.
«Quella sera, il Sole non accennava a calare: era il solstizio d’Estate, il giorno più lungo dell’anno, e il globo aranciato lambiva ancora la terra con i suoi raggi. La tartaruga, che tutti erano soliti chiamare Quercia, per la sua longevità e per la durezza del suo guscio, passeggiava tranquilla costeggiando i pini sempreverde e i cipressi del boschetto, quando sentì un cupo ringhio. Un grande lupo stava scorticando la corteccia di un grosso albero con le sue unghie affilate, come i gatti sui divani, aggiungerei io. Quercia, per quanto infuriata potesse essere per aver assistito a quello scempio, si nascose dietro ad un cespuglio, perché molto saggiamente aveva capito che affrontare un animale di quelle dimensioni avrebbe significato morte certa. Quando il lupo se ne fu andato - lupo che in realtà era la Strega Bianca sotto mentite spoglie, venuta al boschetto per capire se fosse giunto il momento di attuare la sua vendetta -, Quercia, irata e profondamente delusa, decise che il lupo avrebbe dovuto pagare il male arrecato a quel grande albero antico» proseguì Peter, e Lucy annuì con decisione, comprendendo lo spirito di grinta che animava Quercia.
«Quercia decise, così, di informare di persona il Grande Leone di una tale azione deprecabile. Fu una decisione ardua, perché Quercia era consapevole che Aslan avesse delle incombenze molto più gravi, ma comprese l’importanza delle sue azioni quando vide gli alberi immobili, incapaci di difendersi - che ricordarono a Quercia di se stessa, così lenta e goffa da non potersi difendere da animali feroci. Così si decise a partire, ed affrontò molti giorni e molte notti di ardue fatiche, lenite però dall’aiuto di tanti animali che, ascoltata la sua storia, si mostrarono volenterosi e decisero di aiutarla come poterono: chi con del cibo, chi offrendo del sano riposo in una tana ben riparata dal caldo vento estivo, e via discorrendo. Ormai allo stremo delle forze, Quercia raggiunse il Grande Leone, che in quel momento era impegnato ad istruire il nuovo Re riguardo ai diritti e doveri di un sovrano della Terra di Narnia».
«Signore, cominciò la saggia Quercia, attirando l’attenzione di Aslan e del figlio di Adamo accanto a lui. So che la terra di Narnia ha questioni più urgenti che la riguardano, e io non la disturberei con le mie inutili preoccupazioni, ma…, così dicendo Quercia raccontò al Grande Leone e al suo amico umano della triste vicenda dell’albero, e della furia che l’aveva spinta fin lì, allo stremo delle sue forze, dopo molti giorni di cammino e fatiche. Quando concluse il suo racconto, la nobile tartaruga era in punto di morte, così anziana e stanca, che si accasciò a terra, non riuscendo più a reggersi sulle sue corte ma maestose zampe» continuò il Magnifico, mentre gli occhi della Valorosa si riempirono di lacrime, appresa quella sconcertante notizia. Peter cambiò posizione, emettendo un gemito quando i lividi lo fecero sussultare: «Vuoi che mi fermi?» chiese. Il diniego che Lucy espresse con il capo lo spinse a proseguire.
«Il Grande Leone, che era fiero, nobile, coraggioso ma anche gentile e comprensivo, alleviò le sofferenze della tartaruga. Cara Quercia, tartaruga saggia e nobile, disse, la tua longevità e i tuoi acciacchi non ti hanno impedito di compiere questa grande impresa, che non è stata guidata da un tuo interesse personale, ma è stata alimentata dal fuoco del  desiderio del bene verso il prossimo. Ed io, per questo, risolverò il problema che mi hai posto, Gli alberi, da questo giorno fino alla fine dei tempi, avranno un’anima viva e pulsante dentro di loro, che avrà il nome di driade, e che potrà allontanarsi dal suo albero rimanendo con la coscienza sempre legata ad esso, di modo che possa accorrere e difenderlo in caso di pericolo. Con un potente ruggito che scosse il cielo e la terra, Aslan rese l’albero ferito dal lupo la casa della prima driade, che sarebbe stata la prima di tante driadi a venire».
«Non posso farti ringiovanire, mia cara Quercia, perché devo seguire il Cerchio della Vita, e so anche che tornare una tartaruga gagliarda non è il tuo scopo. Posso, per ringraziarti del tuo coraggio e della tua forza, portarti con me nel Regno d’Oltremare, dove lentezza o velocità non esistono, e dove gli alberi galleggiano, volano e si muovono come noi in questo momento, esclamò Aslan e, ad un ringraziamento e ad un gentile sorriso della tartaruga, ruggì di nuovo. Quercia la tartaruga spirò, felice d’aver compiuto una nobile impresa che le aveva garantito un posto nel Regno d’Oltremare, ma ancor di più d’aver reso gli alberi capaci di difendersi e di proteggersi da anime cattive. Qui si conclude la storia della prima driade e della tartaruga Quercia, ma quello che verrà sarà un’altra storia» concluse Peter, mostrando l’ultimo disegno a sua sorella Lucy prima di chiudere il tomo e riporlo sul comodino accanto al letto.
«Questo insegna che non bisogna mai mollare, né abbandonare i propri obiettivi» disse Lucy con voce sommessa.
«Bene, Lu. Non c’è nemmeno bisogno che ti domandi quale sia la morale della favola» esclamò Peter, con tono fiero ed orgoglioso «ora ti consiglio di riposare, sorellina. È stata una giornata stancante per tutti» così dicendo, il Gran Sovrano lasciò la stanza, chiudendosi la porta alle spalle con un sospiro. Quei lividi facevano più male del previsto.

 

N.d.A: ciao, miei cari lettori.
Voglio scusarmi per il mio immenso ritardo nella pubblicazione di questo tanto agognato capitolo, ma è stato un periodo veramente difficile, fatto di delusioni e grandi scosse emotive. Mi auguro, però, che apprezziate le mie parole tanto quanto quelle delle favole precedenti.
Nella speranza che la storia vi piaccia, vi mando un grande saluto, e un abbraccio.

P.S.: il Cerchio della Vita che ho voluto inserire è chiaramente tratto dalla pellicola de Il Re Leone, che vede tutte le creature strettamente legate l’una con l’altra.

  
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