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Autore: Corydona    07/08/2020    0 recensioni
Come in una partita a scacchi, due fazioni si ritrovano schierate l'una contro l'altra, pronte a dichiararsi una guerra che entrambe non vorrebbero. Da un lato gli Autunno, la cui potenza sembra inarrestabile, dall'altra i Primavera-Inverno, che possono contare su un'influenza senza eguali.
Una situazione di apparente stasi: apparente, perché nell'ombra i sovrani cadono e le successioni al trono sembrano più complicate del previsto. La guerra sarà dichiarata? Termineranno i regicidi? Quale delle due parti avrà la meglio?
Un'antica profezia annuncia la disfatta degli Autunno: si realizzerà? O rimarranno solo vaneggiamenti di un passato caduto nell'oblio?
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Selenia '
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Melissa lasciò due mantelli scuri fuori dal cancello, vicino al punto in cui ruotavano i cardini. Sapeva che la cameriera di Felicita li avrebbe trovati, era stata molto precisa nel darle le indicazioni: era necessario che nessuno scoprisse la fuga di Nicola.

La Lugupe guardava ipnotizzata l'ala più lontana del palazzo reale bruciare per le fiamme. Non riusciva a credere di essere stata salvata e ancor meno riusciva a credere alle parole della maggiore delle sorelle Autunno: l'incendio sarebbe rimasto circoscritto alla reggia, senza propagarsi nel cortile esterno e senza toccare Mitreluvui.

La notte era silenziosa, anche se il sonno profondo da cui era stata destata le suggeriva che l'alba dovesse essere ormai prossima.

«Non possiamo rimanere qui. Se la fuga di Nicola prima o poi sarà scoperta, è meglio che tu rimanga ancora nell'ombra» disse la principessa Autunno.

«Pensi che Felicita lo dirà a qualcuno?» domandò la Lugupe. Confidava nella lucida saggezza della sovrana, che si sarebbe messa al riparo dall'incendio per poterne spiegare la causa alla donna che aveva condannato lei e Nicola con tanta severità.

«Lei non dirà nulla a nessuno» asserì invece Melissa, dirigendosi verso occidente. «Dopo questa notte non credo che lo farà.»

«Mi stai dicendo che lei è ancora nel palazzo?» esclamò la giovane dello Dzsaco. «Perché non è fuggita?»

L'Autunno rise; e la sua risata riecheggiò nell'ampia via pavimentata. «L'avrebbero uccisa lo stesso, ma almeno così si è risparmiata il processo e l'esecuzione pubblica, che avrebbe angosciato gli cmunici. So che qui la gente è molto affezionata alla famiglia reale...»

«Esecuzione? Per cosa?»

A quelle parole, Melissa arrestò il suo passo: forse qualcosa non era andato come previsto. La Lugupe aveva il volto coperto dal cappuccio del mantello che lei le aveva offerto, la gonna lunga era stata strappata per agevolarle la fuga dalla reggia dei Lotnevi; ma i suoi occhi scuri erano puntati dritti verso di lei, sconvolti da quel suo parlare tanto sereno di questioni gravi, come solo l'esecuzione di una regina poteva essere.

«Tu... tu non sai chi c'era nel palazzo?»

Luciana scosse la testa, sbigottita.

«Alcuni dei partecipanti ai Lupfo-Evoco» rispose lei con semplicità, trattenendosi dallo scrollare le spalle. La questione la riguardava, ma solo fino a un certo punto. «La maggior parte erano delegati di luoghi lontani, come il Ditomo e il Lancobe... ma c'erano anche Matilde Estate e mia madre. Non credo che una nuova convocazione dei Lupfo-Evoco avrebbe salvato Felicita.»

La principessa di Dzsaco strabuzzò gli occhi. «Intendi dire che Amelia e Matilde sono morte?»
L'Autunno si voltò, guardando con malinconia la direzione verso cui si trovava il palazzo reale.

«Se non lo sono, lo saranno presto.»

«Ma... tua madre... come hai potuto?»

Melissa riprese a camminare. Non le doveva delle spiegazioni: discorso diverso era stato fornirne a Felicita, che di lì a breve sarebbe divenuta cenere; altro conto era esporre le sue ragioni, mai troppo cristalline, a una persona di cui lei aveva bisogno viva.

«Raissa mi ha detto di farlo e io l'ho fatto» disse soltanto. «Gli ordini dicevano di salvare solo te.»

Non pensò di fare parola sul conto di Nicola, sebbene la Lugupe sapesse che anche il Lotnevi era sopravvissuto a quell'incendio. Non era obbligata a raccontarle l'insieme di intrighi che avrebbe salvato il principe di Cmune.

«Salvare me?» esclamò Luciana, sbigottita, seguendo l'altra fuori dalla città, superando il trionfale arco posto all'ingresso. Mitreluvui, alle loro spalle, iniziava a svegliarsi e a gridare qualcosa su quelle inspiegabili fiamme. «Cosa ho io per cui dovrei vivere ancora? Non vi sarebbe convenuto trattenere l'Estate e chiedere un riscatto a Vittorio?»

Melissa rise, nuovamente. «Non abbiamo bisogno di denaro, né dell'alleanza con gli Estate che sono, da sempre, fedeli sostenitori dei Primavera.»

Quanto sei ingenua, povera ragazza.

Il vento del mattino solleticò i volti di entrambe, mentre procedevano spedite verso occidente, con una velocità maggiore rispetto a quella che Luciana avrebbe osato immaginare. Come avevano fatto a trovarsi fuori dalla capitale di Cmune in così breve tempo?

«Quello che ti offriamo io e Raissa è un accordo che per te sarà molto più che vantaggioso» proseguì la maggiore delle Autunno. «Cosa vuoi di più al mondo?»

La Lugupe sospirò, inebriandosi per un solo momento del profumo dell'erba bagnata: stavano costeggiando dei campi coltivati, immense distese interrotte solo da sporadici ritagli di alberi da frutto. Quel regno era sempre stato una piccola isola felice, con la semplicità e l'armonia che sembravano dominare ogni cosa; e in quel momento si ritrovava privato della famiglia reale.

«La pace» disse la principessa di Dzsaco.

«Risposta sbagliata» commentò Melissa. «Ti ho osservata a lungo e sono giunta alla conclusione che quello che tu vuoi davvero è diventare regina. Vuoi il trono di Dzsaco, vero?»

Luciana impallidì. Come poteva saperlo?

«Ci sono i miei genitori» ribatté, con orgoglio. «Il trono mi spetterà di diritto.»

L'altra sorrise, nascosta dal cappuccio. «Ne dubito: se Raissa si mettesse in testa di conquistare lo Dzsaco, non rimarrebbe molto su cui governare; senza considerare che un rischio di rivolta da parte dei tuoi sudditi esiste. Per questo tu non ti sei mai mostrata a loro e rimani pochissimo nel tuo regno. Qui o nel Defi non ti fai alcun problema, viaggi da sola, sei abbastanza disinvolta anche con il popolo... Perché gli cmunici e i defici non ti spaventano; o sbaglio?»

La principessa Lugupe deglutì. Come poteva Melissa Autunno, che lei non aveva mai incontrato, conoscere quei segreti sul suo conto? Come poteva dire di averla osservata, se tra loro erano intercorsi solo rapporti epistolari? Che dalle sue lettere si capisse più di quanto lei osasse immaginare?

«Tu non sai niente di me» asserì fiera. «E non hai nessun diritto di parlarmi in questo modo.»

«Questo conferma le mie parole. Io sono armata e tu no, dovresti essere tu quella che fa attenzione a come parla» sostenne l'Autunno. Sorrideva, nascosta dalla stoffa, perché la reazione dell'altra era esattamente quella che si aspettava. «Inoltre, io ho il tuo spadino. Se lo rivorrai indietro e se vorrai avere salva la vita, farai meglio ad ascoltarmi e, soprattutto, a dire la verità. So riconoscere una bugia, anche se tu sei molto brava a mentire. Non offenderti: è una qualità; e visto quello che richiede il nostro accordo, ti tornerà molto utile.»

Luciana sospirò, amareggiata e sconfitta da quello scontro verbale: era stata smascherata. «Ti ascolto» disse soltanto, abbassando la voce.

Qualche uccello cinguettò in lontananza, come se dando il buongiorno alle due nobili che camminavano da sole in quel mattino dall'apparenza serena. La luce dell'alba iniziava a tingere il cielo ignaro, mentre loro si affrettano verso il confine.

«A noi serve che il resto di Selenia creda che l'offensiva di Raissa si sia fermata. E tu potresti aiutarci. Quello a cui abbiamo pensato è di dichiararvi guerra, ma sarebbe una guerra finta, che voi Lugupe avreste già vinto in partenza. Non ci sarà mia sorella a guidare quella spedizione, perché il nostro piano è un attacco su due lati: da nord attraverso i Monti Tumroi e da ovest, direttamente dal nostro confine. Raissa guiderebbe le operazioni da ovest, l'armata guidata da tuo padre dovrebbe andare con quelle lungo i nostri confini.»

Luciana si fermò, accostandosi al muricciolo di pietra che costeggiava il sentiero. «Mio padre?»

«Se vuoi ottenere il trono c'è solo un modo» le spiegò Melissa. «Rimanere l'unica che può sederci sopra. Quindi...»

«I miei genitori dovranno morire.»
La Lugupe provò un brivido freddo nel pronunciare quelle parole; tuttavia non ebbe tempo di rifletterci troppo, perché l'altra riprese a parlare.

«Esattamente. È nel tuo interesse, a me importa poco che ci siate tu o tuo padre a regnare, ma è l'unica moneta di scambio che posso offrirti, oltre a un credito nuovo della tua gente nei riguardi della tua famiglia. Se le vostre difese dovessero funzionare, il popolo vi amerà, perché lo avrete protetto da noi. So che il regime di Raissa nei regni conquistati è spietato, posso inviare da voi qualche esule dal Lisse, in modo che la sua testimonianza possa rafforzare la vostra vittoria. Noi, ovviamente, non manderemo i nostri soldati migliori: la sola presenza di mia sorella sarà sufficiente perché la guerra sia credibile. I soldati non sapranno mai che l'esito dello scontro è già deciso, non avrebbero mai occasione di dubitarlo. I vostri crederanno di aver combattuto in difesa della patria, i nostri non avranno il coraggio di insinuare che l'offensiva portata avanti sia stata fallace e additeranno sé stessi come colpevoli della sconfitta.»

Soffiava un placido vento mattutino, che scostava le stoffe dei loro vestiti. Le gambe di Luciana, scoperte, soffrivano il contatto con l'aria fresca ma lei non osava farne parola, intimorita dal piano che l'Autunno le stava esponendo come se si trattasse di un pettegolezzo di corte.

«Se le mie informazioni sono esatte, il vostro solo esercito potrebbe non bastare» proseguì Melissa. «So che l'idea potrebbe non entusiasmarti, ma nel Pogudfo ci sono diversi gruppi di mercenari che potrebbero fare al caso vostro... Se c'è qualcosa in cui i Lugupe non difettano è la ricchezza, quindi dovrai convincere tuo padre ad assoldare qualche compagnia. Quello che più conta, però, è che tuo padre deve guidare quelle armate a ovest. Sei in grado di convincerlo?»

Luciana tentennò: non più certa delle proprie abilità oratorie. Non si offese nemmeno per l'accenno al fatto che l'unica dote del suo casato era quella relativa al patrimonio.

«Se posso rivelargli che noi saremo certi di vincere, dovrei riuscirci.»

L'Autunno sorrise. «Sì, puoi. A tua discrezione sarà dirgli l'ultima parte del nostro accordo.»

«Cos'altro volete da me?»

«Te l'ho già detto: perché tu abbia il trono, Ettore e Lavinia non dovranno sopravvivere. Lui può essere ucciso in battaglia, come è già stabilito accadrà. C'è un uomo, tra i soldati che parteciperanno a quella spedizione, che avrà l'incarico di farlo, a prescindere dal resto dello scontro.» Melissa si interruppe, lasciandosi sfuggire un sospiro. Non le piaceva l'idea di affidarsi a qualcuno che, ufficialmente, sarebbe morto entro pochi giorni: le possibilità che qualcuno lo riconoscesse e che mandasse all'aria quel piano tanto ben congegnato erano alte. Tuttavia, Raissa era stata irremovibile su quel punto, poiché non si fidava d'altri che di lui. «Per quanto riguarda tua madre, invece, abbiamo il vantaggio della sua malattia, che la sta corrodendo ogni giorno di più, anche se potrebbe non essere mortifera. Alla vostra corte è in arrivo un guaritore dal Rosonebro, un uomo che potrebbe avere le capacità necessarie per guarirla. Devi fare in modo che non sia così.»

«Dovrei uccidere il guaritore?» domandò la principessa di Dzsaco, incredula. «Questo non potrei farlo.»

«Sarà sufficiente avvelenare Lavinia» rispose l'altra, ancora con una semplicità disarmante. Da una tasca del mantello estrasse una fiala sigillata, che porse alla Lugupe: al suo interno era contenuta una polvere di un colore chiaro, molto vicino al bianco. «Quello che è contenuto qui dentro, è un veleno. Alcuni alchimisti di Cremini stanno cercando un antidoto, ma per il momento non esiste, perciò siamo sicure della sua efficacia. Dovrai versarne un po' nell'acqua destinata a tua madre, e aspettare che lei la bevva. Entro poche ore dovrebbe fare effetto.»

Luciana afferrò quel sottile recipiente di vetro, soffermandosi a guardare quella polvere chiara che vi era contenuta. Non avrebbe mai potuto credere che qualcosa di tanto piccolo potesse essere così letale; e ancor meno avrebbe mai immaginato che avrebbe dovuto adoperarlo.

«Pensi che sia così semplice, uccidere la propria madre?» domandò soltanto.

Melissa si fermò concedendo a entrambe una breve sosta, la prima da quando erano uscite dalle prigioni. Si sedette sul muricciolo di pietra, ben levigato e freddo per l'aria della notte, in modo da essere posizionata nella direzione di Mitreluvui. Alle sue spalle, il confine con lo Dzsaco era vicino, sarebbero bastati alcuni minuti di viaggio.

«Non è semplice, affatto» constatò. «Ma è quello che è necessario. L'ho fatto anche io, prima. I sovrani di Selenia cadranno, uno a uno, e non ci sarà modo di arrestare questa caduta. Siamo noi a dover prendere in mano il destino, noi a doverlo manipolare a nostro piacimento, senza dover rendere conto a regnanti troppo antiquati che non sono in grado di guardare avanti. Persino i magnanimi Primavera-Inverno dovranno essere spazzati via. C'è bisogno di un rinnovo, c'è bisogno di uno sguardo diverso sulla vita, che i nostri predecessori non dimostrano di possedere.»

«Per questo hai salvato Nicola?» le domandò Luciana, avvicinandosi al muretto. Si sedette di fronte all'Autunno, che annuì.

«Per questo sto facendo tante cose anche di nascosto a Raissa, che non dovrà mai sapere che sono stata io a far liberare Nicola. Non posso barattare questo segreto con nient'altro, ho bisogno solo della tua parola che non lo rivelerai mai a nessuno. So che posso fidarmi di te: non hai detto a nessuno che la tua spia principale tra i ruxunici sono io; o sbaglio?»

«Nicola lo sa.»

«Nicola non lo rivelerebbe mai, perché un collegamento, per quanto sottile, tra me e lui non lo metterebbe in buona luce.»

La principessa di Dzsaco fece un lieve cenno con il capo, in segno di assenso.

«Ora, veniamo a quello che ti chiediamo in cambio della tua salvezza, di quella del tuo popolo e del tuo regno» riprese a dire Melissa, con un sorriso accennato. «So che tra i vari possedimenti della tua famiglia ci sono delle miniere nell'Agloeto. Quello che io e Raissa vogliamo, è il libero accesso a una delle miniere nello specifico. Non per estrarre tutto quello che c'è sotto, saremmo sciocche a volerlo fare, ma perché ci interessano gli zaffiri che i vostri minatori portano alla luce.»

«Devono essere tanto importanti se per averli dai fuoco al palazzo di Mitre, salvi me, mi incarichi di far morire i miei genitori e sei disposta a perdere una guerra» commentò Luciana, senza riuscire a trattenersi.

«Non lo faccio solo per questo» asserì invece l'Autunno. «Abbiamo bisogno che si creda che l'avanzata di Raissa sia stata fermata e l'unico modo per poter combinare tutto è quello che ti ho appena finito di esporre. Accetti?»

La Lugupe tentennò. Guardò oltre la figura dell'altra, verso il confine tra Cmune e Dzsaco che non sembrava così lontano. Non aveva mai desiderato tanto tornare nel suo regno come in quel momento, nonostante tempo prima avesse insistito con Nicola per farlo.

Ripensò alle parole di Alcina, di alcuni giorni prima: "Pensavo fossi impegnata nell'impedire una guerra". Ormai la guerra non era più rinviabile e comprendeva come le minacce ricevute dai vicini del Ruxuna fossero solo un avvicinamento allo scontro che si faceva sempre più prossimo. Non avrebbe potuto impedire la guerra: ne sarebbe stata tra gli artefici principali.

Avrebbe tradito la sovrana che più aveva mostrato di tenere a lei? Ma Alcina, nonostante le sue parole, non aveva fatto nulla per lo Dzsaco, non si era profusa per difendere il casato Lugupe dalle critiche del popolo che non lo riteneva all'altezza; e che nessuno dei suoi uomini di fiducia si fosse presentato da lei mentre era imprigionata aveva ferito l'orgoglio di Luciana. Gli Autunno sembravano disposti a proteggerla e a dare nuovo lustro alla sua famiglia attraverso quello stratagemma: passare da una fazione che non si era realmente occupata della sua salvezza a una che invece l'aveva liberata era quanto di più conveniente potesse fare.

«Accetto.»

 

   
 
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