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Autore: KUBA    07/08/2020    5 recensioni
"Merda, è successo di nuovo. Di questo passo non distinguerò più il reale dall’illusione [...]"
Salve a tutti, questa è la prima volta che pubblico un testo in prosa. Questo progetto fa parte della serie "Hornets", che narra le vicende di James, un avvocato italo-americano molto ambizioso, ma che si è scontrato con la realtà dei fatti. Nella serie troverete anche delle poesie che serviranno per l'evoluzione del protagonista. Anche "Storie di vecchie poesie bruciate" è in fase di elaborazione, quindi sarà un lavoro lungo. Spero che vi possa piacere :)
Genere: Angst, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Hornets'
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6.30. Porca troia! La sveglia continua a strillare. Ho capito, ho capito basta.
Anche oggi è arrivata l’ora di alzarsi, che palle! Sarei rimasto a dormire fino a tardi.
Puzzo da far schifo, meglio farsi una doccia.
6.50. Ora mi sento molto meglio e posso pensare a cosa prendere per colazione.
Mi accendo una sigaretta – ormai non dovrei neanche più dirvelo – ma mi aiuta a riflettere, capite?
Cazzo, ho quasi finito il pacchetto. Devo passare dal tabacchino e comprare una stecca.
Torniamo alla colazione. Preparo un caffè, che berrò come sempre senza zucchero né latte. Non so cosa mangiare. Accendo un’altra sigaretta – sono molto nervoso – oggi devo incontrare il mio cliente nella casa circondariale in cui è stato condotto dopo l’arresto.
Gli Hornets, perché cazzo continuano a venirmi i brividi?
A furia di pensare, mi scordo il caffè sul fuoco. Ma porca puttana! Si è bruciato. Vabbè, ci metto un filo di zucchero e me lo faccio andare bene. Lo bevo tutto d’un sorso. Merda fa schifo!
Speriamo di trovare qualcosa di buono da mangiare almeno. Prendo delle fette biscottate, del burro e della marmellata ai frutti di bosco. Un pasto mediocre, ma almeno mi dà l’energia per affrontare la giornata.
Vado a lavarmi i denti. Sono gialli, fanno schifo. Dovrei smettere di fumare e andare dal dentista, solo che non ho nessuna voglia di farlo, cioè sono altri soldi da spendere e io non vivo certo nell’oro.
Mi guardo allo specchio. Che desolazione! Ho delle occhiaie immonde, la pelle rovinata dal fumo e la pancia si fa sempre più gonfia. Cazzo! Quando ero giovane ero veramente figo. Come sono riuscito a rovinarmi così? Bah, meglio non pensarci va.
Passiamo all’abito. Oggi prendo il completo blu navy gessato chalk stripe. Abbino una camicia bianca con colletto italiano e una cravatta color grigio ghiaccio, con nodo mezzo windsor. Completo il look con una cintura e un paio di stringate nere in pelle lucida.
Oggi devo apparire autorevole.
7.55. Sono in ritardo. Esco di casa di corsa e salgo in auto. Mi accendo una sigaretta. Fumare mentre guido mi piace molto, sapete? Mi dà una sensazione di trasgressione e menefreghismo.
Arrivo alla casa circondariale. Vengo accolto da un agente di polizia penitenziaria.
“Buongiorno.”
“Buongiorno a lei, agente. Sono l’avvocato James Barbero. Sono qui per conferire con il mio cliente, il signor Fabrizio Ricci.”
“Mi può mostrare un documento, per cortesia?”
“Certo, ecco qui.” Tiro fuori la mia carta d’identità e il tesserino da avvocato.
“Perfetto, mi segua.”
Entro nella stanza, Fabrizio ancora non è arrivato. Dopo pochi minuti, il ragazzo oltrepassa la soglia.
“Buongiorno, Fabrizio.”
“Buongiorno, signor avvocato.”
“Chiamami pure Jim, non servono troppe formalità. Allora, raccontami tutto.”
“Credo che mio fratello le abbia già raccontato tutto. Non ho altro da aggiungere.”
Il suo tono di voce mi infastidisce parecchio, è troppo tranquillo e arrogante per essere in stato di arresto.
“Sì, ma ho bisogno di un racconto più dettagliato, di trovare qualche appiglio per appellarmi ai sentimenti del giudice quando farò la richiesta di patteggiamento, capisci?”
“Va bene, va bene. Allora, tre giorni fa, io e mio fratello Valerio abbiamo ricevuto l’incarico di spacciare cocaina in Santa Giulia...”
“Da chi avete ricevuto l’incarico?”
“Questo non lo posso dire.”
“Come sarebbe che non me lo puoi dire? Sono il tuo avvocato, se non mi dici le cose come faccio ad aiutarti?”
“Non lo posso dire perché non so il suo nome. So solo che era un ordine degli Hornets…”
Il cuore comincia a battermi forte, ogni volta che sento quel nome mi viene l’angoscia.
“… e quando gli Hornets danno un incarico, bisogna solo accettare. Comunque sia, quella sera stavamo svolgendo il nostro compito, quando, all’improvviso, una volante della polizia si è fermata davanti a noi. Siamo scappati, ma gli agenti ci hanno inseguiti. Io sono inciampato e sono stato catturato.”
“Mi sai dire quanti grammi avevi?”
“Pochi, solo 4 o 5, per fortuna siamo riusciti a venderne parecchia quella sera.”
“Ti hanno trovato con molti soldi in tasca?”
“Assolutamente no, noi facciamo le cose per bene.”
“D’accordo, allora essendo un reato di lieve entità dovrei riuscire a patteggiare e a sostituire la pena detentiva con una meramente pecuniaria. Se poi ti asterrai dal compiere altri reati della stessa indole per cinque anni, il reato sarà considerato estinto, quindi come se non fosse mai avvenuto.”
“Per me va bene, tanto non verrò più beccato.”
“Questo non lo voglio sapere. Una raccomandazione: tra poco verrà qui un pubblico ministero per svolgere l’interrogatorio di garanzia. Tu non dire nulla, non rispondere alle domande che riguardano il fatto e, ovviamente, non dire che c’era anche tuo fratello.”
“Va bene avvocato.”
“Perfetto, qui abbiamo finito. Ora ci penso io.”
Mi alzo dalla sedia ed esco dalla porta. Faccio un cenno alle guardie per indicare che il mio colloquio è terminato. Mi dirigo verso l’uscita per andare a fumare una sigaretta. È stata una conversazione molto strana. Che cazzo. Ma come faceva a essere così tranquillo?
Mentre sono assorto nei miei pensieri, un signore, probabilmente anziano, mi sfiora.
“Ho molta fiducia nelle sue capacità, avvocato Barbero.”
Mi cade la sigaretta. Merda, mi sta tremando la mano. Anzi, sta tremando tutto il mio corpo.
Lo cerco con lo sguardo. Svanito. Sento il sudore bagnare il mio viso.
Chi cazzo è? Che cazzo vuole? Come cazzo fa a conoscere il mio nome?
Non trovo risposte. All’improvviso, la mia ansia è interrotta dalla suoneria del cellulare.
“Pronto?”
“Signor avvocato sono Davide, qui in ufficio c’è una persona che chiede di lei.”
“Chi è questo signore?” – Merda sarà un’altra figura losca?
“Dice di essere un pubblico ministero.”
“Ah ok, allora digli di ripassare oggi pomeriggio dopo pranzo, adesso devo incontrare un cliente” – Non è vero, ma non posso permettere al mio rivale di vedermi in queste condizioni.
“Va bene, lo comunico immediatamente.”
“Grazie, Davide.”
Riattacco il telefono, senza neanche attendere il saluto del mio segretario.
Sono le 10 del mattino. Ho qualche ora a disposizione per far placare la mia angoscia.
Trascorro il resto della mattinata in un bar squallido, dove bevo e fumo fino a dimenticare il motivo della mia preoccupazione.
Dopo pranzo mi dirigo verso lo studio.
15.00 Un uomo, sulla quarantina, oltrepassa la soglia del mio ufficio.
“Buongiorno avvocato Barbero, il mio nome è Federico Trevisan. Sono il pubblico ministero che indaga sul caso Ricci.”
“Buongiorno a lei signor Trevisan, sono stato avvertito stamane della sua visita, ma, sfortunatamente, ero impegnato in altre faccende. Mi scuso per l’inconveniente.”
“Si figuri, sono io a non aver dato preavviso. Passiamo al caso: come ben sa, il reato non è di grave entità e noi procuratori non possiamo perdere troppo tempo con questi pesci piccoli. Mi dica subito se è munito di una procura speciale così mi può presentare direttamente le richieste.”
“Sì, sono munito della procura. Intendiamo patteggiare e, dal nostro punto di vista, si può optare per una sostituzione della pena detentiva con una pecuniaria. Mi dica se le condizioni sono di suo gradimento.”
“Come dicevo pocanzi, siamo molto impegnati, quindi, sebbene la richiesta sia svantaggiosa, mi trovo costretto ad accettare. Domani in tribunale presenteremo il progetto al giudice.”
“Perfetto, la ringrazio per la disponibilità.”
“Grazie a lei, mi fa risparmiare tempo per svolgere indagini più accurate.”
Vedo il magistrato affrettarsi verso l’uscita. Ma che cazzo ha questo? Perché è così di corsa? Non può vivere in tranquillità? Bah, io sta gente così presa dal lavoro non la capisco proprio.
“Signor avvocato” mi dice girandosi
“Sì?
“Faccia attenzione agli Hornets.”
Che cazzo. Pure un magistrato mi dice di fare attenzione. Ho di nuovo i brividi.
Porca puttana, deve andare via sta cazzo di sensazione.
Devo fare chiarezza. Devo capire con chi ho a che fare.
Passo il pomeriggio a fare ricerche, ma nulla, non trovo nessun documento, nessuna informazione e nessuna traccia di questi fantomatici Hornets, sembra quasi che non esistano.
19.30. Oggi sono uscito mezzora dopo da lavoro.
Sono molto incazzato. Ho ottenuto un accordo molto vantaggioso – potrei dire di aver vinto – è vero, ma questo mistero non mi piace. Odio essere all’oscuro delle cose.
Mi butto sul letto. Accendo una sigaretta. Inspiro. Sento il rumore della combustione. Quanto mi piace! Il fumo scende giù per la mia gola e raggiunge i polmoni. Espiro. Guardo il fumo uscire tra le mie labbra.
Quella nuvola, quella dannata nuvola è come la mia vita. Effimera, breve, inconsistente. Appena emessa appare fitta e decisa, di un bel grigio scuro, ma dopo pochi secondi svanisce nel silenzio. Ecco. Questo sono io. Un uomo di scarso successo, che finirà nel dimenticatoio. Cazzo, che vita di merda.
A voi non capita mai di sentirvi così? Cioè, non vi sentite mai schiacciati da qualcosa? Qualcosa che non riuscite a definire, qualcosa di enormemente superiore a voi che vi fa sentire impotenti e incapaci di reagire? Io lo avverto, percepisco che qualcosa di grande mi guarda, mi osserva dall’alto e si diverte nel vedermi incassare un colpo dopo l’altro. Che grandissima puttana dev’essere.
Bah. Non sono in grado neanche di fare filosofia spiccia.
Ho bisogno di parlare con qualcuno. Chiamerò Paolo, il mio migliore amico. Vediamo se risponde.
Paolo. Paolo. Perché continuo a pensare al suo nome?
Compongo il numero. Il telefono squilla.
“Pronto?”
Mi cade il telefono.
Gli Hornets. Ora ricordo chi sono!




 
   
 
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