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Autore: Riflessi    07/08/2020    6 recensioni
Draco lo sapeva che quella donna -prima o poi- l'avrebbe fatto morire...
D'odio, o d'amore.
Che, in un modo o nell'altro, lei non sarebbe mai uscita dalla sua vita, per tormentarlo deliziosamente fino alla fine dei suoi giorni.
Hermione Granger era nel destino di Draco Malfoy come Tom Riddle era stato in quello di Harry Potter: una persecuzione costante, continua, perenne, che l'avrebbe portato alla pazzia totale... o forse chissà, l'avrebbe invece salvato dal profondo abisso della solitudine!
SEQUEL DE "LE FIABE OSCURE"
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Capitolo 31
-Prendere un the, e ribellarsi al sistema-




Matlock, Derbyshire. Ore 09,30 del mattino.

Il cottage adagiato sulle verdi colline inglesi, cominciava timidamente a risplendere dei piccoli indizi della primavera: qualche fiorellino di campo spuntava qua e là sul prato, gli insetti cominciavano a ripopolare i cespugli, l'aria non odorava più del fumo dei camini sempre accesi; i tipici mattoncini rossi della casetta erano ancora leggermente umidi della brina notturna, e tutti i vetri delle finestre erano appannati per il trasudo.

In quell'atmosfera di pace rurale, spezzata di tanto in tanto dal canto squillante degli scriccioli, improvvisamente un piccolo elfo domestico tirò le tende della camera da letto per far entrare la luce accecante del sole, ed un giovane uomo biondo borbottò qualcosa sprofondando la faccia fra i cuscini.

"Padrone! Ho lasciato colazione sul tavolo del soggiorno. Io devo tornare a villa Malfoy, altrimenti mi scopriranno!"

Draco aprì gli occhi assonnati: "Va bene, Toby." Gli rispose serio, dopo un lungo silenzio.

L'elfo fece un piccolo inchino e si allontanò dalla finestra, sospirando tutto addolorato: il suo padrone non sorrideva più da almeno una settimana! All'incirca da quando si era venuto a nascondere in quel cottage a Matlock... e lui odiava vederlo così, senza un briciolo di vitalità in corpo!

Toby non aveva la più pallida idea del motivo che aveva spinto l'uomo a cercare rifugio in un luogo tanto distante dal Wiltshire, e neanche del perché egli non volesse vedere nessuno; sapeva solo che il giorno della pumpkin pie rimasta intatta, il giovane era rientrato alla villa tutto sconvolto, nervoso e anche confuso; aveva lasciato un biglietto a Lady Narcissa dicendole che sarebbe stato via per un po', poi aveva preso qualche effetto personale ed era sparito, chiedendo a lui di aiutarlo senza dare nell'occhio, e soprattutto ordinandogli di non rivelare ad anima viva la sua collocazione.
Ovviamente non c'era bisogno di aggiungere che l'elfo aveva rispettato scrupolosamente tutte le direttive (anche quando la tentazione di informare qualcuno in particolare, si era fatta allettante...)!
Draco Malfoy, nel bene e nel male, era la sua unica famiglia, e Toby gli era molto affezionato nonostante fosse perfettamente consapevole di non essere ricambiato in egual misura. Però a lui non importava... non gli era MAI importato! Aveva sempre servito il padrone con il più leale rispetto, con la più fervida devozione, senza chiedere nulla in cambio. Il solo fatto di essere stato accolto in casa sua quando anni fa si era presentato affamato e stanco in cerca di lavoro, gli sarebbe bastato per tutta la sua misera vita.


Il vero affetto è un legame che comporta una devozione molto più profonda di ogni altra. È come una pianta che cresce lentamente sotto le cui fronde possiamo ripararci dalla pioggia.


"Toby!" Biascicò il giovane, ancora avviluppato nelle lenzuola di cotone. "Mi hai portato altri vestiti come ti avevo chiesto?!"

"Sì, padrone! Messi già nell'armadio!" Si affrettò a rispondere l'elfo, soddisfatto della sua efficienza.



Dopo gli ultimi avvenimenti all'Ufficio Misteri, Draco se n'era andato via in uno stato mentale decisamente turbato.
La bacchetta di sambuco sembrava bruciargli fra le mani neanche fosse un tizzone ardente, e lui non sapeva proprio che farsene. Ne aveva paura ma, allo stesso tempo, ne era pure affascinato.
Però non era quello il problema vero! No.
Draco, fondamentalmente, aveva scelto di sparire dalla circolazione più che altro perché quel giorno al Ministero, gli occhi di tutti lo avevano guardato con sospetto, timore, diffidenza... compresi quelli di Hermione. Era questo, che non era riuscito a sopportare!
Lui non aveva disarmato Potter per prendersi volontariamente la bacchetta di sambuco!!! Era stato solo l'istinto a farlo reagire con un Expelliarmus. Se solo quel cretino non gli avesse fatto girare i coglioni, non ci sarebbe stato alcun equivoco! E quindi nemmeno lei avrebbe avuto da che pensar male.
Cazzo... gli faceva rabbia, essere creduto capace di una simile azione sulla base dei soliti eventi passati! Così aveva scelto di sparire, per paura di essere sopraffatto da sentimenti rabbiosi e commettere sciocchezze di cui poi si sarebbe pentito.

Andarsene, e cercare un po' di solitudine. Una solitudine che aveva trovato in quel piccolo cottage di sua proprietà nel Derbyshire.


In nessun luogo l’uomo può trovare un rifugio più tranquillo o più sereno che nella sua anima.


Draco non era mai stato un uomo sapiente, aveva sempre avuto come lava incandescente nelle vene, pronta ad eruttare al primo bollore, perciò... allontanarsi da tutti si era rivelato davvero l'unico modo per sbollire la rabbia cocente e frenare reazioni troppo istintive.
Era questo infatti, che gli aveva sempre rovinato la vita: l'impulsività.
Draco era facile all'offesa, all'ira, alla gelosia, alla vendetta...
Tutti gli errori più imperdonabili li aveva commessi a causa di queste sue cattive attitudini; perfino il marchio nero che sfregiava il candore del suo avambraccio, era derivato dalla sconsideratezza che lo animava di solito.
Doveva imparare a riflettere, per non fare più stronzate irreparabili.
A trent'anni non poteva più permettersi errori.
DOVEVA DECIDERE.
Dinanzi a sé aveva la bacchetta di sambuco, ed un futuro potenzialmente pieno di gloria (a conti fatti, il futuro che da adolescente aveva bramato con tutto il suo essere)!
Quel bastoncino invincibile e leggendario infatti, gli avrebbe spalancato tutte le porte, avrebbe fatto tremare di paura le genti, lo avrebbe innalzato sopra ogni altro mago, e gli avrebbe reso con gli interessi tutto il rispetto che meritava!
Una vita piena di rivincite quindi... a parte ovvimente qualche aspetto negativo, che essere il possessore di un'arma simile gli avrebbe di certo procurato: in primis quel deprecabile delirio di onnipotenza che anima tutti gli uomini con un minimo di rilevanza e posizione sociale, e poi il cinismo, la freddezza, e più in generale la disumanità.
Avere in mano la bacchetta delle bacchette, lo avrebbe fatto diventare ancor più bastardo di prima probabilmente! Ma i vantaggi... i vantaggi erano così allettanti che Draco credeva fermamente che ne valesse la pena.

Beh... se solo avesse saputo come metterla con l'amore, ovvio!
Un sentimento con il quale anni fa non aveva fatto i conti, ma che ora si stava fastidiosamente piazzando davanti al suo cammino come fosse stata una delle ardue prove del torneo tremaghi.


Temere l’amore è temere la vita, e chi ha paura della vita è già morto per tre quarti.


Draco aveva la sensazione fastidiosissima di trovarsi idealmente davanti ad un bivio: realizzare finalmente i suoi sogni di grandezza e mandare a puttane l'amore, oppure sbarazzarsi della bacchetta di sambuco ed accettare di essere un uomo fallibile come chiunque altro.

In pratica... doveva scegliere tra una bacchetta, e una donna. Merda!

Si mise seduto sul letto, strofinandosi nervosamente la faccia, e prima che il suo elfo si smaterializzasse a casa, gli chiese in fretta: "Mia madre ha chiesto di me?!"

Un paio di orecchie grigiastre e un po' pelose si drizzarono: "Sua madre prova a chiedere di lei tutti i giorni, padrone!" Gli rispose Toby. "Ma io sono bravo, faccio finta di non avere informazioni." Concluse.

Draco stirò i muscoli delle gambe scompigliandosi i capelli, per poi tornare a domandare, stavolta fingendo una certa indifferenza: "Sai se mi ha cercato pure qualcun altro?"

"Sì." Disse subito l'elfo.

"Chi?" Replicò di corsa lui, la cui ansiosa sollecitudine era troppo sospetta per appartenere ad un uomo che proclamava di voler stare da solo, indifferente a tutto e tutti.

"Il signor Potter, Signore."

Draco sospirò deluso. Che si aspettava? Cosa pretendeva dopo essersi comportato come un Ghoul maleducato e ignorante? Era sempre il solito cretino a voler credere che... che...

Fanculo! Pensò poi. Sollevò bruscamente le coperte e si alzò dal letto mettendo da parte i suoi pensieri stupidi, e si preparò per affrontare un'altra giornata del cazzo passando il tempo a rigirarsi la bacchetta di sambuco fra le dita, senza saper distinguere la strada migliore da percorrere per non rischiare di rovinarsi il futuro.

"Padrone!?"

Il ragazzo si voltò a guardare in basso sollevando un sopracciglio, scocciato: "Sei ancora qui, Toby?! Non stavi per andartene?!"

L'elfo sembrava volesse trattenere improvvisamente un'inspiegabile euforia, e saltellava sul posto come un cagnolino che aspetta la sua razione di croccantini.
Toby si era appena ricordato una cosa importantissima, una cosa che avrebbe rallegrato il suo padrone... (anche se, conoscendo il suo perfetto aplomb da aristocratico sprezzante, non avrebbe mai lasciato trapelare alcuna scintilla di gioia).

"Beh? Che hai?" Aggiunse Draco in tono insofferente, per sollecitarlo.

"Ecco, vede..." Disse allora Toby, esitante: "Mi ha scritto signorina Granger, l'altro ieri. Sì, proprio a me!"
Aveva l'espressione gioiosamente incredula il piccolo elfo, che riprese subito: "Su intestazione di lettera c'era scritto proprio: per Toby! PER TOBY. Capisce?"

Draco s'immobilizzò di colpo, stringendo i denti fino a farli stridere, e guardò l'esserino rachitico ai suoi piedi con occhi totalmente impenetrabili, mentre quest'ultimo riprendeva:
"Signorina ha scritto che sono invitato a prendere un the da lei quando voglio! E... per tutti i Troll di montagna, NESSUNO mi ha mai invitato a prendere the!!! Signorina Granger è così buona, e gentile, e affabile, e altruista, e bellissima e garb-"

"La finisci con le ruffianerie?!" Lo interruppe Draco, avvelenato, per poi aggiungere in tono più stizzito che mai: "Vieni subito al sodo, per piacere. Cosa voleva da te?"

Non aveva mai sopportato gli entusiasmi esagerati del suo elfo, ma soprattutto non sopportava quelle uscite anticonformiste di Hermione: era colpa sua infatti se Toby si metteva in testa certe cose come i diritti e l'uguaglianza fra specie.
In fondo... dall'andare a prendere il the a casa di una strega al ribellarsi al sistema, il passo poteva essere decisamente breve! Dannata donna.

Se agli elfi dai un dito, quelli si prendono tutta la bacchetta.

Toby intanto si era afflosciato e, sospirando mesto, si era preparato a riassumere brevemente le parole scritte nella lettera: "Signorina Granger voleva sapere se io sapevo qualcosa di mio padrone... di Draco Malfoy intendo! Se sapevo dove si trovava."

L'uomo ebbe un fremito incontrollabile, i suoi occhi di ghiaccio si illuminarono per un istante brevissimo, il cuore sembrò voler correre un po' più rapidamente del normale, ed il respiro si fermò per un secondo di troppo.
"Cosa gli hai risposto tu?!"
La voce di Draco era cupa. Nascondeva, nelle sue profondità, la lotta interiore che già da diversi giorni lo stava dilaniando:
Scegliere il potere, o l'amore.

"Non potevo trasgredire a suoi ordini, padrone! Quindi ho ringraziato Signorina Granger per la gentilezza, e ho fatto finta di non sapere dove voi si trovava, padrone."
Poi, Toby si inchinò frettolosamente, gli disse che sarebbe tornato per portargli il pranzo, e ruotò su se stesso per smaterializzarsi via, lasciando ancora una volta Draco Malfoy alla sua solitudine e ai suoi orrendi tormenti d'animo.

 

***
 


Ministero della Magia. Ore 11,30 del mattino.

Lady Narcissa era furiosa. Sì.
Lady Narcissa era talmente furiosa che un branco di Ippogrifi scatenati si sarebbe fatto da parte, vedendola passare. Di fronte a quello sfoggio di rabbia, si sarebbero inchinati ai suoi piedi perfino i Goblin che avevano mandato a fuoco i villaggi magici della Gran Bretagna nella rivolta del 1612!
Narcissa Malfoy era una donna gelida e determinata. Non si curò affatto degli sguardi sbigottiti dei maghi presenti nell'Atrium che -con probabilità quasi prossime alla certezza- si erano chiesti cosa ci facesse lì la moglie di un ex-mangiamorte; e senza neppure guardarsi attorno, consegnò la bacchetta in accettazione con aria stizzita, per poi scendere di fretta al secondo piano.

Narcissa Malfoy quella mattina aveva un Doxy per capello.

Era stufa di preoccuparsi, era stufa di dover cercare di capire da sola cosa succedeva, stufa di compromessi, di mezze parole, di restare a guardare inerme gli eventi, stufa di rodersi il fegato.
Quella storia doveva finire. Sì!

Uscì dall'ascensore imboccando decisa il corridoio che portava all'Ufficio applicazione della legge sulla magia, ed il rumore dei suoi tacchi che picchiavano sopra il pavimento come fucili babbani, irritò a tal punto un Auror che quello, per dispetto, le scagliò un incantesimo silenziante alle scarpe.
Narcissa non lo notò neppure, troppo concentrata a borbottare improperi. Ma in fondo, non poteva essere certo biasimata: Milady non dormiva bene da una settimana, tartassava il suo elfo domestico di domande, ed inviava a raffica gufi che non riportavano mai indietro alcuna risposta! Tutto mentre suo marito, imperturbabile, continuava a fottersene allegramente e a ridicolizzare la sua apprensione materna.

La porta dell'Ufficio applicazione si trovava in fondo al corridoio; Narcissa finalmente la individuò, e vi si diresse senza neanche accorgersi che i suoi tacchi non facevano più rumore.
Davanti all'uscio spalancato, si fermò un momento, inspirò tutta impettita, e pensò che era ora di finirla. Non aveva messo mica al mondo un figlio per darlo in pasto ad una sanguemarcio, dannazione!!!
Eh già... perché Narcissa non era affatto una Troll! Oh no, proprio no! Ci avrebbe scommesso tutto il sangue puro dei Malfoy che Draco si era volatilizzato nel nulla per colpa di Hermione Granger e dei loro perenni litigi. Quella giovane donna era selvaggia e indomabile come il salice schiaffeggiante di Hogwarts, per la miseria!
Narcissa l'aveva già minacciata di Oblivion qualche tempo fa, ma evidentemente non era stata molto convincente o forse, semplicemente, era stato il suo comportamento un po' più diplomatico del solito a non essere efficace. Sarebbe passata alle maniere forti, allora.

Entrò senza essere notata, e sbatté con violenza inaudita la sua pochette nera sulla scrivania, facendo sobbalzare Hermione tutta intenta a compilare documenti di lavoro.

"Voglio sapere che fine ha fatto mio figlio, signorina Granger! E' sparito da una settimana e non si fa rintracciare in alcun modo."
Era livida di rabbia, e quasi non riprese fiato per continuare a dire: "Cosa è successo stavolta? Esigo una risposta soddisfacente, o giuro su Merlino che rifilerò a Draco qualche pozione illegale per indurlo a sposarsi con la prima donna che più mi garberà, solo per avere la soddisfazione di non far finire il patrimonio dei Malfoy in mano ad una come lei!"

 

***



Matlock, Derbyshire. Ore 12,00.

Draco accarezzò la copertina rigida di un libro, indugiando nell'osservarsi le mani prima di aprirlo. Le girò e le rigirò più volte, aprendo i palmi e poi stringendo i pugni, studiando ogni piega, ogni vena che le attraversava, le nocche sporgenti, e la totale assenza dei segni tipici di chi fa lavori pesanti.


Mi piacciono le mani, dentro c'è sempre la fatica, il desiderio, la meraviglia, il calore, il mondo.


Le sue mani diafane ed eleganti avevano fatto molte cose in quei trent'anni di vita, ragionò: cose brutte... e cose belle. Avevano scagliato fatture, avevano stretto il manico di una scopa, avevano aiutato i mangiamorte a sfondare le difese della sua stessa scuola, avevano provato ad uccidere, avevano accarezzato, avevano maneggiato con cautela manufatti maledetti, avevano difeso un bambino (il figlio del suo antico rivale), avevano donato dei fiori ad una donna, l'avevano fatta godere ed infine, l'avevano fatta innamorare di lui... quasi un miracolo, capitato in un momento in cui Draco aveva creduto di non essere più capace di suscitare alcun sentimento negli altri esseri umani, se non odio e sincero disprezzo.

I suoi polpastrelli intanto, andarono a sfiorare il titolo in rilievo del libro:
"Nicolas Flamel, l'immortale"

La passione di Draco Malfoy per la magia oscura e l'alchimia non si era mai sopita del tutto: c'era, e ci sarebbe sempre stato in lui, un lato misterioso e un po' cupo; quel lato maledetto che lo avrebbe distinto da tutti gli altri uomini, e che lo faceva somigliare ad un lupo che si allontana dal branco per cavarsela da solo.

Prese un grosso sospiro e decise di leggerlo, pur di allontanare la mente dalla bacchetta di sambuco, da Hermione Granger, dai guai in cui si cacciava di continuo, e dalla scelta che avrebbe dovuto fare. Tanto, qualsiasi decisione avesse preso, era certo soltanto di una cosa per il suo futuro: prima o poi avrebbe ripreso in mano la sua passione per i manufatti oscuri, ed avrebbe ricominciato a studiarli, eviscerarli, sfidarli per riprovare il brivido del pericolo, e poi avere la soddisfazione di renderli innocui, così da alleggerirsi ogni volta di più la coscienza, sporca dei troppi anni che aveva trascorso al servizio del Signore Oscuro.

D'improvviso però un piccolo tonfo -come di qualcuno che cade a terra- lo fece sobbalzare impercettibilmente e gli fece chiudere di scatto il libro, con quelle mani che erano anche delle mani nervose oltre che pallide ed eleganti, mani di un uomo sempre all'erta, pronto a doversi difendere da chiunque. In un attimo, poggiò la biografia di Flamel sul tavolino basso che era di fronte alla poltrona e si alzò veloce, sfilando dalla tasca la bacchetta (quella di biancospino e crine di unicorno) per sentirsi più sicuro.

Era singolare, il fatto che gli venisse spontaneo sfoderare proprio la sua, e non la bacchetta di sambuco, che era proverbialmente tanto potente da non avere rivali, e che lo avrebbe di certo protetto di più in caso di attacco... Ma in quel momento, Draco non stette lì a chiederselo, o piuttosto, PREFERI' non chiederselo, rifugiandosi nell'abituale sensazione di sicurezza che gli dava l'impugnare un'arma che conosceva come se stesso, che sapeva come manovrare, come calibrare, come forzare, o spingere al massimo delle possibilità.

"SMETTILA DI PIAGNUCOLARE!"
Dopo il tonfo sordo che aveva sentito, una voce imperiosa oltrepassò l'uscio della porta trascinandosi dietro un'altra voce, più piccola, implorante, impaurita:
"Noooo, la pregooo! Io devo rispettare ordini! Non posso, no. Nooooo!"

A Draco non servì altro, per capire: ruotò gli occhi al soffitto, rinfoderò la bacchetta e si lasciò andare di nuovo sulla poltrona, sprofondandoci in mezzo, pieno di esasperazione.
La scena che si parò dinanzi a lui qualche manciata di secondi dopo, aveva un che di tragicomico: Lucius entrò nel salottino con Toby attaccato alla caviglia, e ad ogni passo avanti, l'elfo strisciava sul pavimento come uno straccio per pulire, nel tentativo misero e vano di fermare l'avanzata dell'uomo.

"Merlino..." Sospirò Draco, consapevole che la sua pace quotidiana era appena giunta al capolinea. "Come hai fatto a trovarmi?" Aggiunse poi, annoiato. "E soprattutto, perché ti sei sentito in dovere di venire a rompermi i coglioni?"

Lucius lo guardò un po' scocciato, prima di rispondere: "Perc..."

"NON E' COLPA MIA!" Si inserì Toby di prepotenza, non interpellato, con quel suo modo snervante tipico dell'elfo domestico. "Io ingannato da Padron Lucius, io innocente. INNOCENTE! Non volevo disobbedire a suoi ordini. Padron Lucius mi ha acciuffato di sorpresa mentre mi smaterializzavo qui per portare pranzo!"

"Chiudi il becco, fottuto mostriciattolo!" Proruppe l'uomo dando una vigorosa scrollata alla gamba, e riuscendo finalmente a staccarsi quella piccola sanguisuga aggrappata alla caviglia. "Riesci ad essere più fastidioso e petulante di una donna, cazzo! Sei insopportabile, logorroico, appiccicoso, stupido e lagnoso."

Toby si rialzò con l'espressione pateticamente orgogliosa nonostante gli occhi pieni di lacrimoni trattenuti, spolverò il ridicolo straccetto che indossava e poi, con i pugnetti stretti per la stizza, diede le spalle ad entrambi i padroni, ricordandosi improvvisamente di avere una dignità.
Non sapeva neppure lui cosa era scattato nel suo cervellino, ma di colpo si sentì stanco, arrabbiato, deluso, solo e perfino miserabile. Accettare tutti quegli insulti, farsi andar bene quei trattamenti spregevoli, prendere a volte qualche pedata nel sedere, mangiare gli avanzi della tavola (se avanzavano), lavorare incessantemente fino a sera nell'attesa che i padroni si ritirassero per la notte, e poi ricominciare daccapo: alzarsi all'alba per correre al mercato di Diagon Alley a prendere la frutta più bella, il pane più caldo, la carne più fresca... tutto questo per cosa?
Una volta la signorina Granger glielo aveva detto che anche gli elfi avevano una dignità! Sì. E che servire una famiglia non significava dover umiliarsi a leccare le chiappe del padrone, o farsi maltrattare, o picchiare addirittura solo in nome della lealtà... perché la lealtà doveva anche essere ricambiata, per essere tale. Era troppo comodo per un mago, approfittarsi della devozione di un elfo, senza donare qualcosa a propria volta!

La leatà a senso unico era solo un'utopia.

Che poi, non era neanche così difficile per un essere umano diventare l'eroe personale di queste creaturine bisognose d'affetto, visto che esse si accontentavano di un nonnulla: un elfo sapeva svenire di felicità anche se gli si regalava una gelatina tuttigusti già mezza succhiata!

Una volta Toby, per l'emozione, era dovuto correre a sdraiarsi nel suo giaciglio giù in cantina, solo perché Draco gli aveva detto che poteva andarsi a prendere un po' della sua schiuma da barba per radersi quei quattro peli vomitevoli che aveva sulle orecchie!
 
"Dove diavolo stai andando adesso?! Non ti ho ordinato di andare via!" Lo rimproverò Lucius, vedendolo allontanarsi.

In ogni momento della storia, è sempre stato difficile per l'essere umano capire che non esiste alcun tipo di superiorità: che sono inutili le guerre, la schiavitù, l'oppressione... e che versare sangue non ha portato mai a nulla di buono.

Ma gli uomini, purtroppo, non imparano mai dai propri errori.


Toby venne investito da un'ondata di amor proprio che non sapeva neanche di possedere, e per la prima volta in vita sua si voltò a guardare Lucius Malfoy negli occhi con profonda determinazione, rispondendo forte e chiaro:

"Vado a fare valigie. Mi dimetto!"



Nessuno aggiunse altro. Era così assurda l'idea che il loro piccolo servo se ne andasse di sua spontanea volontà, che non c'erano parole da dire. Lo stesso Toby era rimasto immobile, scioccato dal suo stesso coraggio, o piuttosto: dal suo folle colpo di testa.

Draco rimase zitto a sbattere soltanto le palpebre, intontito da quella strana atmosfera che era appena germogliata, come un fiore che nasce splendido in mezzo all'aridità del deserto:
La ribellione di un elfo domestico, alla tirannia di Lucius Malfoy...

Il giovane ebbe fin da subito la sensazione che quella scena, quelle parole e quell'aria piena di elettricità, le avrebbe ricordate per tutta la vita, e che magari le avrebbe pure raccontate ad un figlio, un giorno lontano.


Non basteranno milioni di frustate per mettere a tacere la dignità di un essere vivente, il coraggio risorgerà sempre come un raggio di sole al mattino, e l'uomo capirà di avere due gambe, due braccia, una bocca, la pelle, ed il sangue fatto della stessa materia di cui è fatto quello degli altri... e che di fronte a Dio e all'universo, noi possiamo solo stringerci in un unico abbraccio e prendere coscienza dell'immensità che ci circonda.


Aveva quasi voglia di mettersi a ridere Draco, piegarsi sulla poltrona e tenersi la pancia fino a lacrimare: lacrimare per il divertimento, per l'assurdità della situazione, e per la faccia sconvolta di suo padre! E piangendo, non si sarebbe neppure chiesto se quelle lacrime isteriche fossero davvero causate da Toby che faceva il fagotto, o se invece nascondessero un dolore interno che, così, sarebbe stato libero di sfogare senza dover trovare scuse per farlo.

Toby andava via.

Doveva fare qualcosa? Magari incazzarsi, prenderlo per le orecchie e riportarlo alla villa con la forza, o pregarlo di non lasciare il servizio?

Anche le creature più miti, presto o tardi si stancano di esser calpestate e decidono di prendere la loro strada, rifletté Draco. Sembrava assurdo, eppure stava succedendo...

Stava succedendo come era successo che lui si era innamorato di una sanguesporco.

La vita non si può programmare, o dare per scontata.

Con quale coraggio quindi, si sarebbe potuto oppore alle "dimissioni" sconvolgenti di un elfo domestico, quando lui stesso aveva scardinato tradizioni secolari, leggi non scritte, antiche usanze sulle quali si basava tutto il mondo magico ed in particolare le casate nobili che ne facevano parte?

Era come se un Troll avesse dato dell'idiota ad uno Schipodo Sparacoda...

E poi era stanco. Draco era stanco di continuare ad adeguarsi a quelle mutue regole che formavano la società magica, e ritrovarsi a fare qualsiasi cosa solo perché ANDAVA FATTA.

Così, vide il suo elfo domestico dirigersi a passo di marcia verso l'uscita, con un senso di stanchezza mentale e di rinuncia che gli impedirono di reagire in alcun modo. Gli sfiorò soltanto per la mente, osservando la sua figurina patetica coperta di stracci, che la vita di privazioni e maltrattamenti avuta a Villa Malfoy, probabilmente sarebbero state nulla in confronto alla povertà assoluta e l'emarginazione che lo avrebbero atteso da quel momento in avanti.

Draco sospirò, e si ripromise che prima o poi, quando magari la sua vita avrebbe ripreso un corso decente -anche fra dieci anni- sarebbe andato a cercare Toby e lo avrebbe riportato a casa.

Poi, quando della misera creaturina non ne rimase neanche l'ombra, suo padre si schiarì improvvisamente la voce per attirare l'attenzione: "Allora, Draco..." E lo disse come se ciò che era appena successo fosse stato un episodio da archiviare, un evento troppo poco importante per dedicarvi più di due minuti di incazzatura. Tanto Lucius già sapeva che per trovare un altro elfo domestico gli sarebbe bastato soltanto aprire "La Gazzetta del Profeta" alla sezione annunci!

Con un'espressione palesemente tediata in volto, Draco sollevò lo sguardo... e l'altro uomo, ormai dimentico di Toby, gli parlò mettendo le mani avanti:
"Sia chiaro, non sono venuto qui per farti la predica! A me non frega un emerito cazzo di quello che fai, del perché sparisci, e di dove ti vai a cacciare..."

"Ma?!" Lo interruppe Draco, con un sorriso sarcastico: "C'è sempre un ma, d'altronde!" Terminò, per poi attendere che il padre gli spiegasse il motivo della sua visita non gradita, e soprattutto, estorta con l'inganno.

"Ma ecco... tua madre è diventata insopportabile! Sono giorni che gira per casa come un Infero in pena, sta sfiorando la follia! Fammi il piacere di rispondere ad uno dei suoi gufi e di dirle che sei vivo, che stai bene e non ti è capitata alcuna disgrazia, perché io sinceramente non ce la faccio più!"
Finito di dire ciò, si accomodò sul divanetto in pelle ed appoggiò il bastone da passeggio contro il tavolino basso al centro del salottino, lì dove Draco aveva lasciato il libro che fino a dieci minuti prima era intenzionato a leggersi in santa pace. Poi, Lucius sbuffò scuotendo il capo e con voce un po' meno rigida, riprese:
"Le madri... hanno la strana tendenza ad immaginare che ai figli possa succedere da un momento all'altro di essere investiti dal Nottetempo, o sbranati da un Ippogrifo, o morsi da un Lupo Mannaro, o pestati di botte in un vicolo di Nocturn Alley. E che diamine!!! Ieri le è venuto addirittura il dubbio che ti avessero rapito i Berretti Rossi."

Dopo un attimo di incredulità, Draco inaspettatamente scoppiò a ridere di gusto, una risata piena, calda, spontanea... come non gli era mai capitato di fare, almeno con suo padre, che era sempre stato così rigido, formale, burbero, poco avvezzo a dimostrare le emozioni. Il fatto era che, d'improvviso, lo aveva visto così terribilmente umano mentre si sfogava con lui delle isterie della moglie, che per un attimo credette di avere di fronte un uomo come tutti gli altri, un padre di famiglia che si avvia verso la terza età e si porta dietro tutta la saggezza, i dolori della vita, le esperienze e la stanchezza tipica di chi ha visto tanto.

Finirono per ridere insieme, comportandosi per qualche manciata di minuti come un padre ed un figlio normali -anche se per loro la normalità era una strana, stranissima parola- e quando il riso scemò gradualmente facendoli tornare seri, Lucius guardò il figlio dritto negli occhi, quei loro occhi grigi come la tempesta, e... calò l'imbarazzo.
Ci fu un momento di stasi, in cui il tempo sembrò cristallizzarsi, rimanere in attesa che qualcosa finalmente succedesse, che un cambiamento radicale avvenisse di colpo, oppure che tutto tornasse irrimediabilmente come prima, a quel distacco gelido che li caratterizzava entrambi.

Con una strana pacatezza invece, Lucius provò a chiedergli, titubante:
 "Cosa ti è successo, Draco? Perché te ne sei andato via?"


 
***
 

Ministero della Magia, Ufficio applicazione. Primo pomeriggio.

Uscire psicologicamente intatti da un confronto con Narcissa Malfoy, era qualcosa di assurdamente complicato.
Questo Hermione lo aveva capito già dalla prima volta, quando si era ritrovata quella donna fuori dal portone di casa ad aspettarla pazientemente per minacciarla di Oblivion. Infatti anche stavolta, appena l'aveva vista sbattere la borsetta sulla scrivania, si era arresa a dover in qualche modo perdere la dignità, e farsi rimproverare come una scolaretta che non ha fatto i compiti.
Per lei, Narcissa Malfoy era quasi un incubo ad occhi aperti, la persona della quale aver timore, il giudice che controlla ciò che fai -se lo fai bene o se lo fai male- il professore che ti interroga e ti mette una T di Troll, l'esaminatore del corso di materializzazione, o Rita Skeeter che ti guarda di sottecchi mentre cerca di capire i tuoi punti deboli per approfittarsene.
E sinceramente un po' se lo aspettava Hermione, di dover avere di nuovo a che fare con lady Malfoy... solo che non credeva ella avrebbe avuto il coraggio di presentarsi nel suo ufficio.
Era stato imbarazzante affrontarla di nuovo, soprattutto perché non sapeva proprio cosa dirle per calmare la sua agitazione materna.

Draco era sparito dopo la battaglia nell'Ufficio Misteri e non voleva vedere nessuno, troppo deluso dalla mancanza di fiducia che tutti gli riservavano.

Cosa avrebbe potuto raccontare a quella donna furiosa? Narcissa era una madre, e non le avrebbe fatto piacere sentire certe cose.
Era logico che le gambe le avevano tremato per un secondo, quando Lady Malfoy aveva preteso spiegazioni! Per un attimo fugace ebbe perfino paura di essere cruciata, in barba a tutte le leggi che lo vietavano.
Allora, come una stupida, non aveva potuto far altro che perdere il controllo e balbettare scuse incomprensibili finché, ormai sfinita dalla preoccupazione di un'intera settimana, era scoppiata a piangere mettendosi a nudo senza freni.

Aveva aperto il suo cuore alla donna che la disprezzava. Alla madre altezzosa ed incontentabile dell'uomo che amava.

Hermione se n'era già pentita, ovvio. Ma in quel momento... in quel momento le era sembrato giusto abbassare le difese, mettere da parte l'orgoglio, e cercare la comprensione.
In fondo, quando ci si trova in una situazione spinosa, la cosa più saggia da fare è sempre quella dire la verità, per quanto essa sia dolorosa e difficile da accettare. Continuare a nascondere, crea solo un circolo vizioso da cui è complicato uscire, ed ogni menzogna detta porta a dirne un'altra più grossa, e poi più grossa ancora, e più grossa ancora, fino al punto di annegarci dentro.


Così, nel piccolo ufficio al secondo piano del Ministero della Magia inglese, Hermione Granger e Narcissa Malfoy finalmente si confrontarono con sincerità -come due donne normali che hanno un interesse in comune- mettendo da parte il passato e gli ideali di una guerra ancora indelebile nelle loro memorie.


Ed avevano finito per costruire un ponte, lì dove fra loro c'era sempre stato un muro.

Alla fine del loro colloquio, nessuna delle due aveva avuto le risposte che si aspettava, come nessuna delle due sapeva ancora dove si fosse andato a cacciare Draco... ma  Narcissa, nonostante la rigidità che aveva mantenuto per tutto il tempo, forse in conclusione aveva capito che al mondo c'era un'altra donna oltre lei, ad amare davvero suo figlio, di un amore disinteressato e che non chiedeva nulla in cambio; mentre Hermione era riuscita a comprendere un po' di più l'animo tormentato di quella madre divisa fra le tenebre e la luce, e ad accettarla per ciò che era.

Indossi il tuo onore come una corazza. Pensi che ti mantenga al sicuro, ma non fa altro che appensantire e renderti difficile il muoverti.

La giovane strega adesso era sola nel suo studio pieno di documenti, e guardava da almeno cinque minuti un punto fisso di fronte a sé, perdendosi a riflettere.

Era stato pesante. A dire il vero, TUTTO nell'ultima settimana, era stato pesante da affrontare. Per esser proprio e del tutto sincera anzi, era proprio la VITA ad essere stata pesante negli ultimi vent'anni! Sì... da quando, poco più che bambina, aveva dovuto accettare la magia che le scorreva nelle vene. Dopodiché, era stato solo un susseguirsi di eventi difficili da digerire: era stato pesante accettare la discriminazione subita a scuola; era stato pesante accettare l'arrivo di Voldemort; pesante accettare la morte dei suoi amici; pesante accettare la solitudine che aveva inondato il suo animo dopo Hogwarts... poi era stato pesante accettare il ritorno alla normalità dopo i danni morali procurati dalla guerra; infine era stato pesante accettare il suo amore per Draco Malfoy, accettare il suo carattere ombroso ed incomprensibile, il loro continuo respingersi senza un motivo reale... o meglio, era stato difficile accettare LUI in generale, accettarlo così com'era, con i suoi lati oscuri, la sua spocchia, il suo modo di vivere, i suoi ideali, la sua codardia, quel pizzico di cattiveria, il suo orgoglio incrollabile e... Merlino! Chissà quante altre cose avrebbe dovuto ancora accettare.
Già! Che follia.
Cosa aveva fatto di male, per meritare tanta sofferenza?!
Forse nulla. Forse era lei che possedeva soltanto una qualche fottuta sorta di masochismo! Dopo gli anni passati a combattere la più grande delle battaglie del mondo magico, avrebbe potuto rifarsi una vita ed andare avanti (come avevano fatto tutti) sposandosi con un bravo mago, per aspettarlo a casa da buona massaia e fare tanti bambini. Invece si era trincerata in una fredda solitudine, si era buttata a corpo morto nel lavoro e nella carriera... ed aveva finito per innamorarsi dell'uomo che aveva il simbolo del male tatuato sul braccio, un uomo che se n'era stato per anni dalla parte di Voldemort sperando di vederla scomparire dalla faccia della terra, un uomo che l'aveva considerata in passato troppo indegna e "sporca" anche solo per vivere.
La sua, purtroppo, era stata una vita in salita, ed invece di spianarsi la strada, come una stupida aveva preferito complicarsela ancora di più per colpa di Draco Malfoy.
Ma ormai cosa ci poteva fare?!  Lo amava di un amore folle... tanto che avrebbe perfino potuto smettere di respirare, per lasciare ossigeno a lui. I sentimenti sono irrazionali ed ingestibili. Hermione non avrebbe più potuto proprio immaginarla, una vita senza i suoi occhi grigio ghiaccio che la fissavano enigmatici, a volte pieni di desiderio, ed altre volte invece pieni di stizza!

Hermione incrociò le braccia sulla scrivania del suo studio, e vi poggiò sopra la fronte, sospirando di stanchezza.
La giornata era stata terribilmente pesante.
D'altronde, affrontare una quasi suocera in vena di litigare non era una faccenda facile, come aveva già appurato poco prima. Ma...

Se uscire psicologicamente intatti da un confronto con Narcissa Malfoy era qualcosa di assurdamente complicato, sopravvivere pure alla scenata isterica di un elfo domestico nell'arco della stessa giornata, era LETALE!!!

Toby era appena apparso ai piedi della sua scrivania, senza neppure darle il tempo di riprendersi per bene dal faticoso incontro di prima, e si era buttato in ginocchio farfugliando assurdità.
La sua comparsa era stata così improvvisa ed inspiegabile, che Hermione rischiò addirittura di trattarlo male.
"O mio Dio Toby, che diavolo ci fai qui?!?" Esclamò per l'appunto con voce stridula, aggrottando le sopracciglia.

L'elfo era in chiaro stato confusionale, tremava tutto e balbettava di valigie, di dignità, di una casa nuova, e di altre cose che la strega non capì del tutto. Era evidente soltanto il fatto che fosse successo qualcosa di grosso a villa Malfoy.

"Signorina! Lei deve prendermi a servizio. La scongiuro!" Piagnucolò Toby congiungendo i palmi delle mani come in preghiera, e strizzando forte le palpebre per paura di un rifiuto.

Hermione impiegò una decina di secondi per capire il senso di ciò che Toby le aveva chiesto, o per meglio dire IMPLORATO, ed in quel breve lasso di tempo era rimasta imbambolata a guardarlo con espressione stranita e confusa, mentre nella sua testa rimbombavano a ripetizione le stesse parole:

Dignità.
Valige.
Casa nuova.
Prendermi a servizio.
Prendermi a servizio.
Prendermi a servizio.
Prendermi a servizio.

All'ennesimo "Prendermi a servizio" Hermione si liberò della fastidiosa sensazione di stordimento che l'aveva colta, per tornare ad essere la donna risoluta e tutta d'un pezzo che prendeva in mano qualsiasi situazione.
Più o meno.

"COOOOOOSA?! Stai scherzando, spero!" Gli disse d'un fiato, quasi urlando di terrore.

"No. Io serissimo!" Le rispose l'elfo tutto risoluto, nel frattempo che si rimetteva in piedi, già pronto ad elencare le sue competenze in ambito domestico.

"Non se ne parla proprio!" Hermione si alzò dalla sedia girando intorno alla scrivania, con crescente nervosismo. "Sei pazzo per caso? Come ti salta in mente un'idea simile? Sei al servizio dei Malfoy, non puoi mica fare come ti pare!"
Lo aveva rimproverato proprio come fa un professore che sorprende il suo alunno fuori dal dormitorio all'una di notte; ed Hermione pensava sinceramente di essersela cavata così, con una bella strigliata... quando però le balenò all'improvviso un dubbio, un dubbio che la fece subito infuriare: perché mai il piccolo elfo di casa Malfoy era venuto a cercare lavoro da lei??? Cosa era successo esattamente?
Doveva saperlo.
"Toby... fammi capire una cosa!" Gli chiese Hermione, sospettosa: "Perché vuoi che io ti prenda a servizio?!"

L'elfo non rispose, improvvisamente ammutolito.

"Non dirmi che i Malfoy ti hanno liberato?!?!?!" Hermione stava cominciando ad innervosirsi (e forse non ci sarebbe neanche bisogno di aggiungere che la sua brillante mente stava già marciando verso l'ufficio regolazione e controllo delle creature magiche per redigere un esposto sui maltrattamenti).

"Toby!?" Insisté lei, vedendo che il piccoletto perseverava nel mutismo. "Vuoi rispondermi o no?! Lucius Malfoy ti cacciato di casa?" Proruppe, imbestialita al solo pensiero dell'eterna crudeltà di quell'uomo.

"N-No... non p-proprio..." Svelò alla fine l'elfo, un po' intimidito.

"Che cazzo vuol dire NON PROPRIO?!" Il tono di voce di Hermione aveva quasi raggiunto quello di una Veela inferocita.

L'esserino inspirò d'improvviso, e prese coraggio per dire tutto d'un fiato:
"Io dato dimissioni perché stufo! Stufo di essere trattato male. Io voglio dignità, voglio lavorare per maghi buoni e gentili come signorina Granger. Ma ora non troverò mai famiglia disposta ad assumere elfo ribelle che si licenzia di sua spontanea volontà. Quindi deve prendermi lei a servizio, per forza! So cucinare, stirare, lavare pavimenti, spolverare, fare spesa, curare giardino, rammendare calzini, cambiare lampadi..."

"FERMATI! PER L'AMOR DEL CIELO FERMATI!" Gridò Hermione. Le stava scoppiando la testa.

Toby si era licenziato. Si era licenziato da solo! Non l'aveva cacciato via nessuno.
Ma che diavolo stava succedendo?


Quell'elfo mezzo svitato era definitivamente andato fuori di testa! Oppure, finalmente, il mondo stava iniziando a girare per il verso giusto, e qualcuno cominciava a capire l'importanza della libertà e di tutti i valori che lei andava già predicando da anni. Halleluja.

Doveva esserne contenta, no!?!

N-No, non esattamente! Perché beh, Hermione non aveva mica previsto che le sue belle prediche le si sarebbero ritorte contro a quel modo! Toby si era licenziato da Villa Malfoy, ok... ma ora pretendeva di venire a fare il servo a casa sua, e ciò non era possibile. Nella maniera più assoluta. Non poteva schiavizzare un elfo dopo aver promosso campagne di liberazione per anni! Era un controsenso.

"Toby!" Gli disse così in tono più accondiscendente. "Ascoltami... non puoi diventare il mio servo, ok?! Io non ammetto la schiavitù, e tu lo sai benissimo. Mi dispiace immensamente, ma dovrai trovarti un'altra famiglia, brava, che ti rispetti, e che si affezioni a te. Se vuoi magari posso aiutarti nella ricerca, così mi assicurerò che verrai trattato come si deve!"

L'elfetto negò con la testa senza parlare, mentre i suoi occhi neri erano diventati lucidi di lacrime mal trattenute.

Hermione si inginocchiò, ed allungandogli una carezza sulla guancia aggiunse, dolce: "Io ho una casa minuscola, Toby. Abito da sola, e sto tutto il giorno al Ministero... ti annoieresti a morte con me. Non potresti organizzare mai alcuna cena sontuosa, non potresti curare nessun enorme giardino, non ci sarebbero lampadari di cristallo da spolverare, o pavoni da accudire, tappeti da sbattere ogni mattina, cravatte e gemelli da abbinare ad un completo elegante, marmi e parquet da strofinare, la posta de smistare o le commissioni da portare a termine. La mia vita è molto più semplice rispetto a quella dei Malfoy, piccoletto! Te ne pentiresti, lo so."

Toby tirò su con il naso, tristissimo: "Non importa se avrò poche cose da fare, io voglio stare con lei. La prego!"

Hermione non sapeva più cosa fare per fargli capire che non avrebbe mai e poi mai preso un elfo domestico alle sue dipendenze.

Non si era mai trovata in una situazione imbarazzante come quella, dannazione! Era combattuta fra l'onore, l'orgoglio, e la tenerezza infinita che l'elfo gli stava facendo.
Poi sospirò, arrendevole, proponendo un patto: "Facciamo così Toby, finché non troverai un lavoro stabile potrai venire a casa mia, e se proprio ti fa piacere, mi darai una mano con le faccende domestiche... io però in cambio ti darò un piccolo stipendio, ok?!" S'impose così la strega, trovando nel denaro il giusto compromesso per non mandare all'aria i suoi ideali radicati, e per accontentare Toby allo stesso tempo.

"NOOO!" Strillò lui orripilato, quasi come se qualcuno gli avesse lanciato una maledizione mortale. "Io non accetterò MAI soldi, Signorina Granger. Elfo domestico serve e basta. Ed è felice così!"

Niente. Gli elfi domestici erano più ottusi dei giganti che vivevano nelle montagne inospitali del Nord Europa. Per una volta di più, Hermione dovette dar ragione a Ron, quando diceva che le conveniva lasciar perdere tutto perché quelle creaturine erano masochiste di natura ed adoravano da pazzi farsi schiavizzare... e che si sarebbero addirittura tolte la vita se qualcuno gli avesse impedito di lavare le mutande sporche dei propri padroni!

"Oh mio Dio..." Mormorò Hermione, passandosi le mani sulla faccia e nei capelli, esasperata, mentre si raddrizzava e tornava a sedersi sulla sedia girevole posizionata dietro la scrivania.

Gli elfi domestici, oltre che ottusi, erano pure cocciuti; cocciuti come gli gnomi che infestavano il giardino della Tana... più Molly li cacciava, e più essi tornavano all'attacco.

Hermione sbuffò... se Toby non accettava un minimo di salario, non se ne sarebbe fatto niente, si disse mentalmente. Niente nella maniera più categorica. E che andasse a farsi fottere la compassione, aggiunse. Non poteva mica accollarsi ogni volta tutti i problemi del mondo come se fossero i suoi! E che cazzo.

Così, la giovane strega aprì la bocca per provare a fargli capire la situazione, per cercare magari di mandarlo via senza farlo strillare od autolesionarsi, per tentare pure di non rendere il tutto troppo drammatico... ma Toby, furbo come uno snaso che avvista il luccichio dorato di una moneta, fu più lesto di lei, e con uno sguardo improvvisamente malandrino, la spiazzò con queste parole:
"Ah, dimenticavo di dirle una cosa, signorina Granger!"

"C-Cosa?!" Si incuriosì per un attimo Hermione, un po' spiazzata dal cambio di umore dell'elfo, che aveva abbandonato l'espressione tragica di chi si trova ad un passo dalla morte, per mettersi invece a negoziare.

"Beh... Io so dove si trova padron Draco, sa?!" Disse con aria saputa, incrociando le braccia al petto, per poi aggiungere subito dopo: "Quindi beh, pensavo, beh... giustamente... visto che io non sono più servo di famiglia Malfoy beh, ecco... potrei anche rivelare segreto a lei."

Hermione lo guardò sgranando leggermente gli occhi, totalmente incredula, e poi boccheggiò, senza sapere esattamente cosa dire. In ogni caso, Toby non la fece parlare, perché si affrettò a concludere:
"Ma le dirò tutto SOLO se mi prenderà a servizio. E senza stipendio!"


Maledetto, fottuto elfo.







Continua...





-Il vero affetto è un legame che comporta una devozione molto più profonda di ogni altra. È come una pianta che cresce lentamente sotto le cui fronde possiamo ripararci dalla pioggia. (Romano Battaglia)

-In nessun luogo l’uomo può trovare un rifugio più tranquillo o più sereno che nella sua anima. (Marco Aurelio)

-Temere l’amore è temere la vita, e chi ha paura della vita è già morto per tre quarti. (Bertrand Russell)

-Mi piacciono le mani, dentro c'è sempre la fatica, il desiderio, la meraviglia, il calore, il mondo. (Fabrizio Caramagna)

-Indossi il tuo onore come una corazza. Pensi che ti mantenga al sicuro, ma non fa altro che appensantire e renderti difficile il muoverti. (George Raymond Martin)
   
 
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