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Autore: H0sh1    07/08/2020    1 recensioni
Ethan è affetto da schizofrenia, un uomo che non riesce a distinguere la realtà dalla finzione costruita ad arte dalla belva che lo perseguita.
In una notte tranquilla, questa prende il sopravvento su di lui, portandolo ad uccidere Allison, sua moglie.
Dopo l'evento, Ethan viene dichiarato come non in grado di affrontare un processo, per cui viene rinchiuso nel manicomio della città dove il dottor Johnson, psichiatra che lo segue dagli inizi, continua la sua terapia, adoperando metodi drastici e inumani.
Intanto, dopo la morte di Allison, la visione di sua moglie continua a perseguitarlo in quelle mura asettiche, trascinandolo giù, sempre più in basso.
Genere: Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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La follia di Ethan

Capitolo 1


«Ma cosa diavolo fissi?» chiese l'infermiere che stava seduto di guardia di fronte a Ethan.

L'iracondo gatto che si stava divertendo a fissare con ardita crudeltà la sua vittima era vestito di soli abiti bianchi, candidi come la neve, e il medesimo colore tingeva le pareti della stanza, donando così una finta parvenza di pace che, con il suo fulgido splendore, nascondeva qualcosa di profondamente più oscuro.

No, il motivo della sua permanenza lì gli era ignoto. Sapeva di non aver fatto nulla di male, aveva solo voluto proteggere se stesso e sua moglie da colui che minacciava le loro vite. Era stata la cosa giusta da fare.

«Dov'è Allison? Dov'è mia moglie?» esclamò Ethan nervoso quando si rese conto della sua mancanza accanto a sé. Continuava ad agitare le mani che, con il loro movimento, facevano cigolare le catene che lo inchiodavano al tavolo.

«L'hai uccisa, quando ti deciderai a ficcartelo in quella tua fottuta testa malata?» proruppe l'uomo di fronte a lui, sbattendo con forza le mani sul tavolo e facendolo così tremare, scuotendogli l'animo sopito.

«No, io ho ucciso uno degli uomini che voleva ammazzarci!» insistette quello alzando la voce, come se, facendolo, lo sconosciuto potesse prendere per buone le sue parole. «Sì, sono stati loro, l'hanno presa! Sì, è così. La uccideranno, per Dio, la uccideranno!» Si prese la testa tra le mani, ormai arrivato sull'orlo del baratro che minacciava di inghiottirlo nelle sue spire.

«Smettila, piccolo stronzo.» soffiò alterato il paramedico. «Ma sì, ti sarai finto malato per scampartela, vero? Non saresti né il primo né l'ultimo, magari ci hai provato anche gusto.»

«Lui è malato sul serio, Mitch.»

Quella voce così familiare arrivò alle orecchie di Ethan, spingendolo lontano dal bordo dell'abisso in cui stava per cadere. Quando egli sollevò la testa, vide il dottor Johnson fare capolino nella stanza: era un uomo alto e allampanato, vestito con un completo spezzato e i capelli, ormai ingrigiti dal tempo, erano tirati ordinatamente all'indietro. «Grazie, ma adesso ci penso io.»

Così facendo, lo psichiatra congedò il suo predatore – che non mancò di lanciare uno sguardo sprezzante al suo topolino indifeso. Si sbatté violento la porta alle spalle prima di uscire, rumore che si propagò poi nella stanza e nei corridoi all'esterno.

Johnson prese il suo posto, accomodandosi di fronte a lui e incrociando le mani di fronte a sé con aria assorta.

«Dimmi, Ethan,» prese a dire con voce calda, cercando di distogliere l'attenzione del suo paziente dal punto fisso che si ostinava a guardare sul tavolo. «sai perché sei qui?»

Ma quello non accennò a rispondere, rimanendo nel più completo silenzio. Allora lo psichiatra provò a scuotergli il braccio ma anche così non riuscì a sortire alcun effetto. Sembrò che l'uomo si fosse di nuovo segregato in quella dimensione accessibile a lui solo, chiudendolo fuori senza lasciargli possibilità alcuna di entrare.

«Ti va di dirmi cosa ricordi? Lo faresti per me?» riprovò ancora, nella speranza di raggiungerlo, e, per la prima volta, sembrò suscitare una reazione. Ethan alzò lo sguardo, inchiodando i suoi occhi castani in quelli di ghiaccio dello psicoterapeuta.

«L'ho ucciso, l'ho fatto. Ma loro hanno preso Allison.» mormorò lui con tono piatto. Johnson, a quelle parole, si lasciò andare ad un sospiro afflitto. Aveva sperato davvero che l'uomo non si fosse lasciato agguantare nuovamente dal mostro che da anni cercava di combattere.

Quello che per lui era importante era far capire a Ethan la gravità delle sue azioni, guidarlo alla ricerca della verità messa in ombra dall'oscurità che si beffava di lui, con i suoi giochi perversi e le sue illusioni.

Non importava a quante terapie Johnson lo sottoponesse, lui era sempre accecato da quella bestia affamata, credendola stupidamente amica.

«Nessuno ha Allison.» disse Johnson piano, in modo che Ethan potesse recepire quelle parole e comprenderle. «Perché tu l'hai uccisa.»

«Allison è in pericolo, va aiutata!» Ethan iniziò ad agitarsi, a tremare, scacciando quelle parole lontano da lui.

«È difficile da accettare, lo so.» riprese lo psichiatra, apprensivo. «Ma io sono qui per questo, per aiutarti.»

«Non sono io quello che ha bisogno di aiuto!» esclamò lui, sempre più preda dell'irrequietezza.

L'ennesimo rifiuto.

Ethan si trovava in quella struttura già da un paio di mesi e, in ogni seduta, lo psichiatra aveva cercato di ripercorrere con lui le vicende di quella orrenda notte, ma lui era sempre irremovibile, convinto di essere già in possesso della verità.

Il dottor Johnson aveva un asso nella manica, qualcosa che si era sempre rifiutato di usare perché ritenuto troppo crudele. Pensò che arrivati a quel punto, a quel livello di ostentazione, ci sarebbe stato comunque poco da fare.

Usando quel pretesto come convinzione per se stesso, sotto gli occhi vigili di Ethan, il dottore prese a frugare nel portadocumenti in pelle, che aveva posato di fronte a sé, dal quale estrasse fuori una fotografia che gli sottopose.

«Non volevo la vedessi,» mormorò Johnson con voce ferma, spingendo la foto che ritraeva la povera Allison – priva di vita e immersa in una pozza di sangue – di fronte a Ethan. «ma credo possa aiutarti.»

L'uomo la squadrò attonito, la prese e se la portò vicino al viso, come se quel gesto potesse rendere più nitida la foto e permettergli di comprendere. Quando si rese conto di chi vi era ritratto, le sue mani presero a tremare visibilmente e gli occhi divennero lucidi.

«Allison...»

L'uomo passò il pollice lungo la linea del viso della donna, lasciando che le lacrime gli rigassero il volto e leggeri singhiozzi lo scombussolassero. «Che cosa ti hanno fatto?»

«Sei stato tu, Ethan.» ripeté lo psichiatra, senza distogliere lo sguardo dall'uomo che gli era di fronte. Era un duro colpo, quello che stava incassando, non avrebbe mai voluto arrivare a tanto. «Tu l'hai ridotta così.»

«Stronzate!»

L'urlo di Ethan proruppe inesorabile, propagandosi nel candore della stanza e rendendo quella finta pace donata dal bianco più sporca, rivelando pian piano la sua vera e scura natura. «Bastardi, vi ammazzo! Vi ammazzo tutti!»

Fece per alzarsi, ma le catene che lo tenevano prigioniero gli impedirono di fare alcunché.

«Ethan, cerca di calmarti.» disse Johnson che, intanto, era rimasto composto al proprio posto, studiandolo.

«Non mi dica di calmarmi!» continuò ad urlare l'altro senza sosta, la voce venata di rabbia e dolore. «L'hanno uccisa. Questi animali hanno ucciso mia moglie!»

A nulla valsero i tentativi dello psicoterapeuta di quietarlo: sperava che, rivedendo la scena, qualcosa nella mente di Ethan scattasse e gli avrebbe permesso di vedere quale fosse la realtà, quella nascosta abilmente dal mostro che si nutriva di lui.

Sapeva che sarebbe potuta andare a finire in quel modo, ma era un tentativo come un altro che andava fatto. Un altro da aggiungere alla lista dei fallimenti.

Il grido disperato dell'uomo richiamò due infermieri che irruppero nella stanza e si diressero a passo svelto verso di lui.

Alla vista di quelli, Ethan prese ad agitarsi ancora di più e le sue grida si fecero più acute quando uno dei due lo afferrò sotto le braccia per bloccarlo.

L'altro, invece, gli fece un'iniezione che aveva come obiettivo quello di lasciarlo cadere in un profondo sonno.

Il dottor Johnson, che non si era scomposto minimamente, guardò con una punta di tristezza quella scena.

Non fu più così sicuro di poter aiutarlo. Per anni aveva provato qualsiasi cosa, ogni terapia conosciuta, ogni tipo di farmaco, ma la situazione non aveva mai accennato a migliorare del tutto.

Sentì come se il vero Ethan fosse già morto e sepolto, preda dell'oscurità che lo aveva fatto suo.

   
 
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