Anime & Manga > Inuyasha
Ricorda la storia  |      
Autore: SkyDream    11/08/2020    5 recensioni
Kagome si ritrova davanti un bivio: prendere in mano una spada demoniaca e tentare di purificarla, oppure sperare che se ne occupi un'altra sacerdotessa.
Purtroppo per lei, a causa del suo buon cuore e mossa dalla voglia di proteggere Inuyasha, intraprende un cammino che si rivelerà più ostico del previsto, trascinandola in una serie di eventi che non può controllare.
Eppure, nemmeno per un momento, smetterà di stare accanto al suo Inuyasha.
Dal testo:"«Non temere, mezzo demone, non avrai bisogno di farmi del male. Kagome si è offerta di aiutare questa foresta e di purificare per me una spada posseduta da centinaia di demoni. Se ci riuscirà, questo mondo non dovrà temere nulla ma, nel caso in cui dovesse fallire, i demoni cattureranno anche la sua anima e si fonderanno in un essere solo, proprio come accadde più di cinquant’ anni fa, quando-» Izumi fu immediatamente interrotta, la lama di Tessaiga brillava sotto il suo mento.
«Non venire a raccontare a me ciò che successe più di cinquant’anni fa. Dimmi piuttosto dov’è Kagome».
«Tu le saresti solo d’intralcio, sai?».
«Questo lascialo decidere a me»."
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
- La linfa del Goshinboku -


«Certo che è proprio una bella giornata!»
Appena udì quelle parole, Inuyasha sollevò lo sguardo verso il cielo, così limpido e privo di nuvole. Kagome aveva ragione, era proprio una bella giornata. Lo evidenziavano i prati rigogliosi e il profumo di ciliegie che si spandeva nell’aria.
Eppure, più di ogni altra cosa, lo confermava la mano di Kagome che stringeva la sua.
Inuyasha era tornato quello di sempre, aveva ricominciato a sorridere da quando lei era riapparsa dal pozzo, si era ripromesso di non lasciarla andare mai più e aveva preso l’abitudine di tenerle la mano quando l’accompagnava da Jinenji per la sua lezione giornaliera. Kagome si era subito rimboccata le maniche ed era migliorata tantissimo nell’arte medicinale, le sue dita delicate erano richieste in molteplici villaggi nei dintorni.
«Ehi Inuyasha, sono quasi arrivata, posso proseguire da sola. Al tramonto ti aspetto qui?» Chiese Kagome allungando le labbra in un sorriso. Essere scortata da lui la riempiva sempre di felicità, era il suo modo per dirle che avrebbe continuato a proteggerla.
«Sì, al tramonto sarò qui come ogni sera. Manda i miei saluti a Jinenji e ricordati di non fare infusi con le piante urticanti!».
Kagome, per tutta risposta, gli fece la linguaccia ricordandogli che si era trattato solo di un errore isolato che, purtroppo, aveva causato proprio a lui un prurito infernale alla lingua per un paio di giorni.
Inuyasha si allontanò ridendo ancora per quell’avvenimento esilarante capitato qualche mese prima. Kagome era ancora alle prime armi e ci si poteva benissimo aspettare un piccolo imprevisto simile.
La ragazza, dal canto suo, aspettò di vederlo sparire oltre l’orizzonte prima di continuare per la sua strada. D’un tratto, però, qualcosa la fece titubare.
Lo avevo sentito anche poco prima ma, poco a poco, si faceva sempre più intenso. Era come un calore al centro del petto che le diceva di proseguire per un’altra strada e, dovette ammettere lei, si trattava di una sensazione che conosceva fin troppo bene.
«Avverto la presenza di un pezzo della sfera?! No, non può essere, è andata distrutta, l’ho vista con i miei occhi. Deve trattarsi di qualcos’altro, devo scoprire cosa!».
Notò un sentiero che si snodava in una direzione diversa da quella della casa di Jinenji e, non curante del pericolo, la imboccò. Il prato e gli alberi si facevano via via più spogli, quasi come se l’Autunno li avesse colti in anticipo, per poi terminare in uno spiazzale dove si ergevano solo cespugli secchi e tronchi anneriti dalla morte.
Al centro dello spiazzale vi doveva essere una barriera in grado di rendere invisibile il suo interno ma, purtroppo per lei, Kagome vedeva perfettamente il tempio nero che vi sorgeva. La fonte dell’energia che avvertiva derivava proprio da lì, era così devastante da renderle il calore al petto quasi insopportabile.
Si avvicinò lentamente fino a superare la barriera e aprì la porticina di legno. All’interno, in una stanza buia, brillava qualcosa che somigliava ad una spada malconcia.
«E così tu sei una sacerdotessa?» Chiese una voce tremolante che proveniva dall’oscurità.
«Il mio nome è Kagome, tu chi sei?» La ragazza cominciò a scorgere i lineamenti di una bambina che doveva avere all’incirca l’età di Shippo.
«Mi chiamo Izumi, sono uno Spirito di questa foresta e ho il dovere di proteggerla da ogni influsso malvagio.» La bambina uscì totalmente allo scoperto rivelando dei lunghi capelli blu e un elegante kimono bianco che le fasciava il corpo minuto «Tu sei la sacerdotessa Kagome che distrusse la Sfera dei quattro Spiriti ormai ben tre anni fa, dico bene? I miei alberi narrano ancora le tue gesta e quelle del mezzo demone Inuyasha, del monaco Miroku e della sterminatrice Sango».
Kagome rimase a bocca aperta udendo quelle parole. Possibile che addirittura gli alberi di una foresta parlassero di loro?
«Sì, siamo noi ad aver definitivamente sconfitto Naraku, per questo non mi sarei mai aspettata di sentire ancora una presenza maligna di questa entità. Di cosa si tratta?» Domandò la ragazza rivolgendo lo sguardo alla spada che giaceva ancora per terra.
«Quell’arma si chiama Anthatos, è una vecchia spada che rimase piantata nella nostra foresta molti secoli fa. Il suo padrone, un monaco ad oggi ancora sconosciuto, morì in queste terre che furono per lui l’unica consolazione. Gli alberi rigogliosi, i fiori colorati e l’aria fresca furono le uniche gioie nella vita di quell’uomo che se ne andò benedicendole e permettendo alla foresta di essere protetta dagli attacchi di demoni malvagi grazie al potere della spada. Da qualche giorno, però, Anthatos continua a pulsare e stanotte è stata estratta dal piccolo tempio che avevamo costruito attorno a lei.»
«E’ stata estratta? E da chi?» Kagome si sedette per terra in modo da avere il viso della bambina a pochi centimetri dal suo.
«Dopo la morte di Naraku, i demoni sono rimasti senza un padrone da seguire e a cui chiedere forza. Il monaco che lasciò qui la spada, come ti dicevo, era così potente da aver protetto l’intera foresta. Per questo i demoni hanno cercato di possederla e di rubarne l’energia, eppure sono rimasti intrappolati lì dentro e stanno cercando in tutti i modi di fuggire più forti che mai, riuscendo perfino a sradicarne la lama da terra. Io ho preso la spada e l’ho portata qui nascondendola con una barriera per evitare che altri demoni potessero entrarvi all’interno. Senti quanto è potente questa forza negativa? La sua malignità è stata capace di distruggere l’erba e la vegetazione attorno alla mia barriera, i miei poteri non dureranno ancora a lungo».
Kagome sentì un brivido lungo la schiena e sentì dentro al suo cuore tutta la paura, l’angoscia e il dolore che aveva provato durante la lotta contro Naraku. Non avrebbe permesso mai e poi mai ai suoi amici di provare nuovamente tutto, soprattutto in quel momento che Sango e Miroku erano diventati genitori e che Inuyasha aveva fatto pace con i suoi sensi di colpa.
«Io posso aiutarti, Izumi, devi solo lasciarmi purificare l’arma. Se mi concentrassi, potrei farcela e riportare la spada alla sua indole originaria.» Kagome portò le mani al petto e puntò i suoi occhi su quelli impassibili della bambina.
«Non puoi farlo, Kagome. La potenza sprigionata da quegli spiriti finirebbe per inghiottire anche te. Dobbiamo utilizzare un’altra strategia. Vedi questo sigillo? Mi era stato donato dal monaco, serve per esorcizzare, ma per sfruttare tutto il suo potere devi utilizzarlo lì dove il potere benevolo della spada è amplificato: al vecchio tempio del monaco, lì sulla montagna dell’Ovest!» Izumi si avvicinò alla porticina indicando un rilievo poco lontano da lì, a qualche ora di camminata dall’uscita della foresta.
«Ci andremo insieme! Io ed Inuyasha ti accompagneremo e potremo distruggere i demoni che hanno posseduto l’arma prima che fuoriescano e ricomincino a creare incubi in questo mondo. Naraku è stato di lezione per tutti, è meglio agire alla svelta!» Kagome fu però zittita dalla bambina che le rivolse uno sguardo gelido.
«Io non posso abbandonare la foresta, non sopravivrei, sono uno Spirito. E neanche Inuyasha, non hai forse capito, Kagome? La forza maligna che ha acquisito questa spada è tale da sterminare la vegetazione. Se Inuyasha ne venisse a contatto, finirebbe per risucchiare anche lui o - peggio ancora- la forza maligna si trasferirebbe nel suo corpo possedendolo. E’ questo che vuoi?».
“No. Non voglio vedere nuovamente Inuyasha nella sua forma demoniaca. Non voglio che si dimentichi di me e di chi sia veramente, non voglio perderlo ancora.” Kagome si riprese dai suoi pensieri e guardò un’ultima volta la lama brillante della spada prima di prendere la sua decisione.
Si sollevò in piedi e strinse il kimono tra le mani, come per darsi forza.
«Izumi, partirò domattina da sola. Pensi di riuscire a trattenere la barriera tanto a lungo?»
La bambina annuì senza mutare espressione. Kagome per un momento si domandò se quello Spirito avesse mai sorriso in tutta la sua esistenza, purtroppo ne dubitava.
 
Mentre si allontanava dal tempio nero e si lasciava alle spalle quella strana creatura dai capelli blu, Kagome si chiese come avrebbe fatto a compiere la sua missione convincendo Inuyasha a rimanersene buono a casa.
Non era mai stata brava in matematica, ma le possibilità che una cosa simile avvenisse erano certamente inferiori allo zero.
Finalmente giunse all’orto di Jinenji che l’accolse con un caloroso sorriso e un mazzetto di margherite da campo appena colte. Kagome sentì il cuore scaldarsi, stavolta di emozioni positive, e si disse che avrebbe potuto farcela anche senza Inuyasha.
 
«Come sei silenziosa oggi. Hai litigato con Jinenji?» Inuyasha cercò di indagare, neanche in modo troppo indiscreto, sul perché la sua ragazza non avesse cominciato come ogni volta a raccontargli di tutte le piante e le erbe che, piano piano, stava imparando.
«No no, quel ragazzo è così buono che non si ci potrebbe litigare neanche volendo. Sono solo stanca, Inuyasha, tutto qui.» Kagome gli strinse la mano un po’ più forte, cercando di trarne energia. Se avesse potuto, si sarebbe fatta abbracciare talmente forte da sprofondare nel suo petto e sarebbe rimasta lì fino al mattino successivo.
«E poi?» continuò Inuyasha ricambiando la stretta di mano.
«E poi cosa?»
«Quando finisci una frase con “tutto qui” significa che manca qualcosa. E poi? C’è qualcosa che ti preoccupa?» Chiese ancora il mezzo demone fermandosi e cercando i suoi occhi. Il tramonto stava per lasciare spazio alla sera.
«Inuyasha, hai mai paura di un possibile nuovo nemico? Un nemico forte quanto o più di Naraku, ci pensi mai?» Kagome quasi si vergognava a riportare alla mente di Inuyasha dei ricordi tanto dolorosi, soprattutto in un momento della loro vita che poteva dirsi perfetto e senza alcun pensiero.
«Certo che ho paura. Sango e Miroku ora devono pensare a proteggere i bambini, la vecchia Kaede non è più in gran forma e se dovesse succederti qualcosa non potrei più riportarti nel tuo mondo. Ora sarebbe tutto più difficile però…» Il mezzo demone prese un respiro più profondo.
«Però?»
«Però so di averti accanto e di potermi fidare di te. Ho promesso di proteggerti e continuerò a farlo, qualunque cosa accada».
Kagome sentì gli occhi bruciare e le lacrime scenderle sulle guance. Le parole di Inuyasha, anziché rincuorarla, non facevano che aumentare i suoi sensi di colpa. Sarebbe dovuta letteralmente scappare di nascosto per affrontare una missione pericolosa e non poteva dirgli nulla.
“Cosa succederà quando scoprirà che gli ho tenuto nascosta una cosa simile? Riuscirà ancora a fidarsi di me?” Pensò lei portando lo sguardo verso terra.
«Ehi, scema, mi dici adesso perché stai piangendo?!» Inuyasha entrò un momento nel panico notando la reazione inaspettata di Kagome. Le aveva aperto il suo cuore, ma piangere era un po’ esagerato.
«Dimmi, Inuyasha, se tu proteggerai me, chi proteggerà te?» Lo sguardo della ragazza stavolta si inchiodò al suo attendendo una risposta. Il mezzo demone deglutì, non sapeva come interpretare quella reazione.
«Che significa? Non ho bisogno di essere protetto, io ho Tessaiga. Sono io a proteggere te e gli altri, mica il contrario. Ora su, smettila di piangere, scema, non ce n’è bisogno!»
Per tutta risposta, Kagome si fiondò tra le sue braccia stringendolo forte a se.
 
“Non ce n’è bisogno!” Kagome sospirò e si voltò alla destra del suo futon. Inuyasha dormiva a pochi centimetri da lei - da quando era tornata nell’Era Sengoku aveva notato che anche lui si era abituato a dormire nei futon come gli altri -, il volto era lievemente illuminato solo da una candela posta in un angolo della stanza. Era così bello e indifeso che lei stessa si riscoprì a desiderare di carezzargli il viso candido.
Si fermò con la mano a mezz’aria. Non poteva rischiare di svegliarlo, già uscire all’alba senza farsi scoprire era abbastanza difficile.
Rimase a guardarlo ancora un po’, i pensieri sembravano rimbombare nella sua mente. Come poteva permettere che un ragazzo tanto buono venisse contaminato, nuovamente, da un’arma demoniaca?
No, non poteva. Non ricordava nemmeno per quanti giorni non era riuscita a dormire dopo che Inuyasha l’aveva ferita nella sua forma di demone.
Gli occhi iniettati di sangue, la voce roca e l’aura malvagia non si addicevano affatto a lui.
“Non c’è bisogno di piangere. Hai ragione, Inuyasha. Quante volte mi hai protetto e non hai versato una lacrima? Ora tocca a me!” Presa da un nuovo coraggio, Kagome si sollevò lentamente in piedi. Prima di uscire, però, sciolse dal collo un piccolo ciondolo con una scaglia di drago.
“La lascio sul cuscino per te, Inuyasha. E’ un tuo regalo, trovandolo qui saprai che non mi hanno fatto del male, ma che è stata una mia scelta. Spero di fare in fretta, molto in fretta”.
La luna si stava abbassando per lasciare il posto ai primi colori dell’alba. Dietro l’albero maestro, lì dove tutto era cominciato, la ragazza aveva nascosto i suoi abiti e il vecchio arco con la faretra.
Si sistemò e, prima di partire, diede un’ultima occhiata al piccolo tempio dove viveva. Pregò gli Spiriti affinché la proteggessero e rivolse la sua ultima preghiera proprio al grande albero.
 
Il primo pensiero di Kagome quando si ritrovò a correre nella foresta per raggiungere il tempio nero, fu che sulle spalle di Inuyasha si muoveva senza dubbio più rapidamente. Nonostante ciò non smise un solo secondo di inseguire il suo obiettivo, non si concesse neanche una pausa. Cambiò più volte i sentieri per evitare di lasciare tracce nitide, aveva anche cosparso gli indumenti di terra e foglie, conoscendo il fiuto del suo ragazzo.
Giunse al bivio che solitamente la conduceva all’orto di Jinenji, si fermò solo allora per dare un’occhiata a quel luogo ormai carico di meravigliosi ricordi. Inghiottì il magone. Ce l’avrebbe fatta, non era un’impresa impossibile e, si disse, la paura non le dava modo di osservare analiticamente la situazione.
Riprese a correre.
Izumi la aspettava all’entrata del tempio, seduta e con le gambe penzoloni dagli scalini. I capelli blu svolazzavano dietro le sue spalle come piccole ali.
«Eccomi, sono pronta!» Esclamò Kagome cercando di riprendere fiato.
Izumi le fece solo un segno col capo e la invitò ad entrare. Accanto ad Anthatos, ancora brillante come il giorno prima, vi era un fodero blu che lo Spirito prese subito tra le dita.
«Le luci del giorno terranno lontani alcuni demoni, anche se molti circolano lo stesso indisturbati. Ti do la mia benedizione, Sacerdotessa Kagome. Rinfodera la spada e portala al tuo fianco fino al tempio. Questo è il sigillo che dovrai applicare con la tua forza purificatrice.» Spiegò ancora Izumi prima di sciogliere la barriera.
Non appena la luce si dissolse, un’aura maligna uscì dalla spada creando delle ramificazioni di terra bruciata sotto i suoi piedi.
«Rinfoderala, subito!» Tuonò la bambina con una voce che non aveva nulla di infantile. Kagome obbedì immediatamente afferrando la spada con la mano destra e portando la lama dentro il fodero. L’aura maligna sembrò ridursi, seppur senza smettere di pulsare.
«Ci vedremo presto, Izumi.» Le disse per convincere più se stessa che lo Spirito. Kagome si voltò e proseguì verso il tempio sulla montagna.
Quando fu abbastanza lontana da essere sicura che la bambina non la vedesse, ebbe il coraggio di aprire il palmo della mano con cui aveva afferrato la spada.
“Proprio come accadde a Sesshumaru quando tentò di afferrare Tessaiga. Questa spada non è stata creata per essere afferrata da un umano.” Riflettè senza smettere di camminare. Sul palmo e fino alle dita si inerpicava una profonda scottatura nera. Anche alla coscia sinistra, lì dove alla cintola era attaccata la spada con il fodero, poteva sentire un profondo calore.
Non si trattava solo di toccarla, anche stare a contatto con quell’arma era deleterio per la salute umana.
“Accidenti, il sole è ormai sorto. Tra non molto Inuyasha si sveglierà e verrà a cercarmi. Devo muovermi!” Con questo pensiero, Kagome riprese a correre.
«Cosa vuol dire che non lo sai?!» Le urla di Inuyasha furono tali da svegliare anche i figli di Sango e Miroku, due strade dietro il tempio di Kaede.
«Smettila di urlare come un forsennato! Mi sono appena svegliata, come potrei sapere dove si sia cacciata Kagome?» Rispose Kaede sollevandosi malamente dal futon.
«Devo chiedere a Sango, lei lo saprà sicuramente!» Il mezzo demone non le diede nemmeno il tempo di replicare che già le aveva voltato le spalle per riprendere la sua ricerca.
«Aspetta! Kagome non ha motivo di nasconderti nulla, deve sicuramente esserle successo qualcosa.» Tentò di dire la sacerdotessa, anche se convinta che non l’avesse minimamente ascoltata.
Invece, grazie al suo ottimo udito, Inuyasha aveva sentito tutto e, doveva convenire, era perfettamente d’accordo con lei. Eppure, guardando il ciondolo che teneva stretto in mano, non poteva che pensare che fosse proprio una sua scelta quella di allontanarsi senza dirgli niente.
Ebbe un tuffo al cuore, si sentì tradito ma si disse che non poteva lasciare che un sentimento simile riprendesse nuovamente il comando della sua anima.
Doveva esserci un motivo e doveva ricollegarsi senz’altro al suo comportamento strano della sera prima, a quelle lacrime ingiustificate e a quella ricerca di un suo abbraccio. Kagome era letteralmente sprofondata tra le sue braccia ed era rimasta lì, parecchi minuti, a farsi consolare dai suoi battiti.
«Sango, sei qui dentro?» Il mezzo demone aprì la porta di casa senza nemmeno bussare. Trovò Miroku alle prese con un pannolino di stoffa e sua moglie intenta a preparare la colazione.
«Buongiorno anche a te, qual buon vento? Mangi con noi?» La ragazza gli sorrise teneramente. Da quando era diventata madre, il suo viso trapelava dolcezza anche più di prima.
«Cosa? Quindi nemmeno tu hai idea di dove sia Kagome?» Inuyasha sentì nuovamente un pugno allo stomaco.
«No, mi dispiace, non la vedo da quasi due giorni e l’ultima volta mi è sembrata molto tranquilla. Mi ha anche dato delle erbe per calmare il mal di pancia di Sae!» Chiarì la donna dando una carezza sulla testolina della figlia.
«Ma è andata via senza dire niente a nessuno? Sei sicuro che non le sia successo nulla?» Chiese Miroku mentre continuava a lottare - e perdere miseramente- contro il pannolino del figlio.
Inuyasha, seppur controvoglia e avendo fretta di cercare Kagome al più presto, si ritrovò a spiegare il comportamento insolito e il ritrovo della scaglia di drago sul cuscino.
«Forse voleva solo dirti che andava prima da Jinenji, hai provato a chiedere a lui?» Suggerì la sterminatrice di demoni.
«Ma quanto pesi?!» Kagome si ritrovò in ginocchio in mezzo alla foresta. L’arma che aveva al suo fianco continuava a pulsare e a bruciarle la gamba, inoltre pesava quanto tutti i demoni che l’avevano posseduta.
Madida di sudore e con il fiato corto, si voltò alle sue spalle appena in tempo. Un paio di demoni serpente la stavano seguendo.
«No, anche voi no!» Urlò estraendo due frecce e scoccandole. I mostri si dissolsero rapidamente.
Kagome si appese al tronco di un albero e si diede la spinta per riprendere a correre, per sbrigarsi afferrò l’elsa della spada con entrambe le mani cercando di sostenerne il peso.
Dopo pochi minuti, però, altri due demoni alati tentarono di attaccarla. Si fermò dietro un cespuglio e, anche se con un po’ di timore, scoccò altre due frecce.
Prima di giungere alle scale del tempio dovette scoccarne altre quattro.
“Stupida, stupida, stupida! Si può sapere cosa ti salta in mente? Appena ti trovo giuro che…” Inuyasha dovette frenare i suoi desideri di vendetta nei confronti di Kagome. Era ormai giunto al bivio dove solitamente si separavano, a pochi metri dall’orto di Jinenji.
Lì, tra le due piccole strade, l’odore si era stranamente intensificato, al contrario degli altri sentieri dove era a malapena fiutabile.
“Kagome è passata da qui stamattina” Si disse mentre continuava a seguirne il profumo. Poco lontano si innalzava un tempio nero dove, tutt’attorno, non cresceva più nemmeno l’erba.
Una bambina dal kimono bianco e dai capelli blu sembrava attenderlo sull’uscio con i piedi penzoloni.
«Non pensavo che avrei mai visto il famoso Inuyasha. Gli alberi non fanno che parlare di te e delle tue gesta!» Nonostante il tono benevolo, il viso della bambina non mutò espressione.
«Chi sei tu? Cosa è successo in questo posto?»
«Mi chiamo Izumi e sono uno Spirito protettore di questa foresta. Immagino che tu stia cercando la Sacerdotessa Kagome, non è così? Alla fine ha seguito il mio consiglio di non dirti nulla». La bambina si mostrò ben poco sorpresa, aveva a lungo sentito parlare dei sentimenti che legavano quei due. Non avrebbero mai permesso l’un l’altro di mettersi in pericolo.
«Tu sai dov’è Kagome? Dimmelo subito, non credere che avrò pietà di te perché sei una mocciosetta!» Le mani tremolanti di Inuyasha afferrarono Tessaiga, pronte a sguainarla.
«Non temere, mezzo demone, non avrai bisogno di farmi del male. Kagome si è offerta di aiutare questa foresta e di purificare per me una spada posseduta da centinaia di demoni. Se ci riuscirà, questo mondo non dovrà temere nulla ma, nel caso in cui dovesse fallire, i demoni cattureranno anche la sua anima e si fonderanno in un essere solo, proprio come accadde più di cinquant’ anni fa, quando-» Izumi fu immediatamente interrotta, la lama di Tessaiga brillava sotto il suo mento.
«Non venire a raccontare a me ciò che successe più di cinquant’anni fa. Dimmi piuttosto dov’è Kagome».
«Tu le saresti solo d’intralcio, sai?».
«Questo lascialo decidere a me».
 
«Ci siamo! E’ ormai mezzogiorno a giudicare dall’altezza del sole. Il tempio deve essere questo, spero proprio che lo sia visto quante scale ho dovuto fare per giungere qui!» Kagome scostò Anthatos dalla cintola e la prese tra le sue braccia. Fitte di dolore le trapassarono la pelle da parte a parte.
«Manca poco, qui il potere benevolo del vecchio monaco è palpabile, non avrò difficoltà a purificare l’arma!» Esclamò con soddisfazione la ragazza.
«Vecchio monaco? Devi senz’altro riferirti a mio padre, giovane Sacerdotessa.» Un uomo dalle lunghe vesti uscì da una porta del tempio, tra le mani stringeva lo stesso bastone di Miroku.  Era alto e con un’invidiabile chioma corvina.
«Tuo padre? Questa spada apparteneva a lui?» Kagome mostrò l’arma al bonzo che, portando due dita sotto al mento sembrò pensarci su. Aggrottò le sopraciglia prima di parlare.
«E’ proprio una spada di vecchia fattura, deve trattarsi senz’altro di Anthatos. Certo che è stata fortemente corrotta a giudicare dalla sua aura» Commentò  avvicinando il viso al fodero per scrutarlo meglio.
«Sì, molti demoni stanno traendo forza dalla sua energia protettrice e sperano di poterne uscire più rafforzati di prima. Dobbiamo fermarli e purificare l’arma il più presto possibile. Posso entrare all’interno del tempio?» Kagome cercò di non far trapelare il dolore immenso che quella spada le stava causando, rimase però abbastanza stupita dalla totale assenza di sintomi da parte del bonzo.
Per essere un umano riusciva benissimo a non farsi condizionare dall’aura maledetta.
L’uomo scortò Kagome fino ad un pozzo d’acqua santa dove, diceva, da sempre venivano praticati gli esorcismi e le purificazioni. Sembrava il luogo ideale dove porre il sigillo.
«Ti chiedo di allontanarti, gentile monaco, vorrei evitare di ferirti nel caso in cui dovessi fallire.» Kagome poggiò finalmente la spada a terra, bruciando immediatamente l’erba tutt’attorno. Il bonzo, anziché retrocedere, sembrò sorridere di quel risultato. Portò il lato sinistro del labbro così in alto da risultare quasi inquietante.
«Allontanarmi? Perché mai? Piuttosto dovresti affidarmi la spada. Mi occuperò io di esorcizzarla, sono un monaco d’altronde!» Il bonzo allungò le mani verso l’elsa della spada, quasi volesse strapparla a Kagome. La ragazza allora la afferrò dal fodero, tirandola verso di sé.
Fu in quel momento che il bonzo mostrò la sua vera natura di mezzo demone, uscì gli artigli e le zanne, gli occhi capovolti brillavano in tutta la loro malvagità.
«Fammi diventare un demone completo, maledetta!» Con gli artigli sfoderati si gettò addosso alla ragazza che, repentinamente, riuscì a spostarsi e a correre senza lasciare la spada un momento solo. Trovò rifugio dietro il tronco di un grande albero, aveva il tempo essenziale di scoccare una sola freccia prima che il bonzo demoniaco la trovasse.
Afferrò l’arco con le dita ancora scottate dalla spada ed estrasse la penultima freccia dalla faretra, pronunciò una rapida preghiera - così come le aveva insegnato Kaede - e lasciò che la freccia magica spiccasse il volo. Centrò il mezzo demone in pieno petto provocando un fascio di luce accecante.
Quando riaprì gli occhi, notò che il nemico era ancora vivo seppur con un foro enorme all’altezza del cuore.
“Come può essere ancora vivo?! Che il suo cuore non si trovi nello sterno?” Kagome non fece in tempo ad afferrare l’ultima freccia che il nemico la scovò.
Il mezzo demone le salì addosso nuovamente, stavolta piantandola a terra e le strappò Anthatos dalle mani. Immediatamente il flusso malvagio si trasferì dalla spada all’uomo, tutti i demoni che giacevano nell’arma avrebbero potuto finalmente fondersi all’interno del corpo del mezzo demone e sfruttare contemporaneamente l’energia di Anthatos.
Il nemico sembrò ruggire nella sua nuova forma, sollevandosi in piedi e apprezzando la nuova malvagità che gli scorreva nelle vene.
«Se non potrò purificare solo la spada, vedrò di purificare anche te. Non ti lascerò scappare, maledetto!» Kagome tolse dalla giacca il sigillo che le aveva donato Izumi e lo annodò all’ultima freccia rimasta.
“Non posso permettermi di sbagliare mira, stavolta dovrò colpirlo da vicino” Kagome piegò le ginocchia e spiccò un salto - a detta sua anche abbastanza alto - che le permise di raggiungere l’avambraccio dell’uomo e di conficcare la freccia sul dorso della sua mano.
Una luce spaventosa uscì dalla freccia e un altro fascio, nero come la notte, si fece largo dalla lama della spada. L’esplosione fu travolgente e l’intero tempio venne sgretolato.
La ragazza sentì il suo corpo strappato da quello del mezzo demone e proiettato nel nulla, finchè non si scontrò con il tronco di un castagno. Perse i sensi, ma non prima di constatare che il suo nemico non era stato spazzato via.
«Cosa diamine è stato?» Inuyasha prese a correre sempre più velocemente, l’esplosione sembrava provenire proprio dal tempio che gli era stato indicato da quello strano Spirito.
Sentì un battito mancare. Kagome aveva affrontato quella missione da sola, senza coinvolgerlo, per paura che si trasformasse nuovamente in demone, o almeno questa era la versione raccontata  da Izumi.
“Che Kagome non mi abbia ancora perdonato per quella ferita di tre anni fa?” Inuyasha ricordava bene la sensazione di disperazione che aveva provato quando, ripresosi dalla trasformazione in demone, si era ritrovato le mani sporche del sangue della ragazza.
Ricordava anche, seppur vagamente, come l’aveva spinta giù da un precipizio. Lo aveva fatto per permetterle di fuggire  da lui, anche se la sua mente era stata annebbiata dalla malvagità, il suo cuore non aveva dimenticato nemmeno un attimo il suo viso.
Averla ferita, seppur non in modo grave, era stato per lui un dolore atroce, quasi fosse stato un tradimento.
“Volevi proteggermi da me stesso, non è così?” Inuyasha non ebbe il tempo di formulare il pensiero completo che subito una ventata lo travolse. Non ci mise molto a riconoscere l’odore del sangue di Kagome e, con un’inaspettata energia, corse verso l’entrata del tempio.
La scena che gli si parò davanti lo lasciò sconvolto: il tempio era stato raso al suolo e lì dove doveva esserci un vecchio pozzo si stagliava una voragine immensa. Al centro, in ginocchio, stava un monaco dalle sembianze demoniache con una spada blu ed una freccia conficcata sul dorso della mano che teneva l’arma, tentava di estrarla mentre emanava tremende urla di dolore.
Inuyasha guardò meglio e notò che alla freccia era stato annodato un sigillo esorcizzante. Si trattava senza ombra di dubbio di un’opera di Kagome.
“Dov’è? Dove si è cacciata?” Con un’occhiata veloce cercò tutto attorno alla voragine finchè, in lontananza, non riconobbe il suo kimono rosso. Con dei rapidi balzi la raggiunse in pochi secondi.
Kagome sembrava svenuta, la testa poggiava contro il tronco dell’albero e la giacca del kimono si era spostata al punto da lasciar intravedere le clavicole.
Il mezzo demone notò delle macchie nere spingersi lungo la pelle della ragazza, erano presenti anche nelle mani. Non se la sentì di spogliarla per constatare i danni, né si chiese se fosse stata colpa del bonzo indemoniato o della spada che brandiva.
L’unica cosa che fece fu accertarsi che respirasse e carezzarle la testa prima di tornare sul campo di battaglia. Kagome aveva tentato tutto il possibile per purificarlo, ma era riuscita solo a infliggergli gravi danni.
«Ehi tu, non so chi sei e non mi interessa saperlo. Molla quell’arma dannata se non vuoi che ti faccia a fette!» Inuyasha urlò con tutto il fiato che aveva in corpo e, sfoderando la spada, si ritrovò davanti il nemico che era appena riuscito a spezzare la freccia che Kagome gli aveva conficcato sulla mano.
«Oh, stupido mezzo demone! Vorresti anche tu quest’arma per poter diventare un demone completo, non è così? Arrivi tardi, la tua amica è riuscita a fondermi la mano con l’elsa della spada, per poco non mi faceva secco!» Il bonzo rise sguaiatamente prima di piegarsi sulle ginocchia e spiccare un salto verso il suo nemico.
Inuyasha indietreggiò sfoderando Tessaiga che, con un bagliore, si trasformò in una lama candida e lucente. Il mezzo demone dovette parare alcuni colpi prima di riuscire a lanciare la sua Cicatrice del Vento che, dovette ammettere, non ebbe il risultato sperato.
Anthatos aveva protetto il bonzo con una barriera infrangibile, così Tessaiga si ritrovò a trasformarsi nella sua forma Rossa.
Inuyasha lanciò un altro colpo ed un altro ancora, quando il nemico fu messo alle strette, però, dovette tornare sulla difensiva.
Il monaco si fiondò su di lui con una mossa devastante a cui Inuyasha rispose ancora con una Cicatrice del Vento.
«Stolto, credi di potermi sconfiggere in modo così banale?» Il bonzo sollevò la lama di Anthatos  di piatto, in modo da riflettere il colpo e rispedirlo indietro.
Inuyasha provò la sensazione di una Cicatrice in pieno petto e, con un urlo immane, si ritrovò scagliato contro i detriti del vecchio tempio.
Intanto Kagome, ancora poggiata al tronco, cominciava a riprendere i sensi. Aprì gli occhi e cercò di mettere a fuoco l’ambiente attorno a se, ricordava poco dell’impatto e a stento riusciva a ricollegare gli eventi delle ultime ore.
Portò le mani al viso ma, si accorse, tra le dita qualcuno le aveva poggiato la sua collana con la scaglia di drago.
“Inuyasha è qui?!” Pensò cercando di risollevarsi, la testa le pulsava nel punto in cui aveva sbattuto. Si avvicinò al campo di battaglia quel tanto per vedere il monaco puntare Anthatos alla gola di Inuyasha.
«Vedi mezzo demone? Se non riesci a controllare la forza di quest’arma, inevitabilmente finirai per farne parte ed essere assorbito. Ora dimmi, se questa potenza malefica risveglierà il tuo istinto demoniaco, come reagirai?» Il bonzo poggiò la lama sulla pelle del suo nemico che, con un gemito, si ritrovò a stringere i pugni per evitare che gli artigli si allungassero, ma fu tutto inutile e li sentì trafiggergli i palmi delle mani, le zanne si allungavano e sentiva gli occhi bruciare come se fossero iniettati di sangue.
Tessaiga pulsò due volte, ma mantenne la sua trasformazione.
«Io non rinnegherò la mia anima umana come hai fatto tu! Non riuscirai a farmi perdere la ragione!» Inuyasha cercò di sollevarsi in piedi, la trasformazione era ormai totalmente avvenuta e anche la voce aveva ripreso quel tono roco che tante volte era apparso in sogno a Kagome.
Proprio lei, ancora poggiata all’albero, sentiva una morsa allo stomaco. Aveva finito per far accadere ciò che voleva evitare, non poteva fare a meno di sentirsi tremendamente in colpa.
Vedere Inuyasha in quello stato, a lottare contro se stesso, le faceva un male inspiegabile. Si avvicinò ancora cercando per terra i resti del suo arco ed una freccia.
Il bonzo ricominciò ad attaccare Inuyasha che riprese a rispondere con dei colpi di Tessaiga. Combatteva sia contro il suo nemico che contro il suo sangue demoniaco, si sentiva esausto e anche la sua abilità cominciava a risentirne.
“Ecco, finalmente!” Pensò Kagome trovando una freccia sotto un cumulo di terra, doveva trattarsi della prima che aveva lanciato al monaco. Riuscì a recuperare il suo arco e lo tese in direzione del nemico.
Aspettò che Inuyasha lanciasse il suo colpo - una potente pioggia di scaglie di drago, come quella che portava al collo - e approfittò della distrazione dell’altro per potergli scoccare la freccia sul braccio.
“Diamine, volevo mirare nuovamente alla mano!” Si disse mentre cercava un posto dove nascondersi. Senza le sue frecce, non avrebbe fatto altro che essere d’impiccio.
Si morse un labbro, non le stava bene. Inuyasha non avrebbe dovuto nemmeno essere lì, come poteva starsene con le mani in mano ad aspettare e sperare che sconfiggesse il loro nuovo nemico.
Udì un rombo inconfondibile, Inuyasha aveva appena utilizzato il Bakuryuha.
Kagome si sollevò per constatare l’efficacia della tecnica ma, con l’ennesima morsa allo stomaco, si accorse che Inuyasha era stato fiondato al suolo.
«Ti ho già detto che non puoi sconfiggermi con le tue mosse da mocciosetto, la mia lama riesce a rifletterle e a scaricartele contro. Cosa, non riesci a muoverti? Il sangue demoniaco che tenta di uscire è così forte da averti indebolito e la tua stessa mossa ti ha battuto? Sei proprio un inetto, mezzo demone, ma dentro Anthatos avrai modo di diventare più forte! Ti assorbirò con la mia stessa lama!» Il monaco cominciò a correre verso di lui, la lama sollevata sulla sua testa era pronta ad essere affondata nelle carni del suo nemico.
Kagome non ebbe nemmeno il tempo di riflettere, l’unico gesto che le sussurrò il cuore fu quello di proteggerlo a qualunque costo.
“Permettimi di starti accanto” gli aveva detto una volta, e così avrebbe fatto.
La ragazza si tuffò tra i due combattenti, con le braccia riuscì appena in tempo a spostare Inuyasha anche se solo di qualche palmo e poi, con la potenza e la rapidità di un fulmine, Anthatos le si conficcò nella schiena.
Si sarebbe aspettata di essere risucchiata dalla lama, di finire nuovamente in un metamondo sconosciuto come le era già capitato, invece no. Kagome sentì un calore nascere dal petto ed espandersi in tutto il corpo, il dolore per la ferita inferta era atroce ma non aveva le forze per pensarci. Il suo unico pensiero era quello di essere riuscita a salvare l’unica persona che avesse mai amato.
Colui che per tre anni, giorno dopo giorno, l’aveva attesa.
Il calore si propagò lungo la schiena e fin dentro la lama. Sentì il bonzo urlare di dolore, dimenarsi  ma senza riuscire a staccarsi dall’elsa della spada e, tramite la mano fusa con essa, il calore invase anche lui.
La purificazione fu talmente potente che anche Inuyasha, ancora trasformato nella sua versione demoniaca, tornò normale, Tessaiga invece riprese la forma di una vecchia spada malconcia.
Sia Anthatos che il bonzo sparirono senza lasciare traccia, come se non fossero mai esistiti, la tiepida luce rosa che aveva travolto il tempio andò via via a diradarsi.
Fu allora che Inuyasha si accorse di cosa era successo, del perché il colpo di grazia del monaco non fosse mai giunto alla sua gola.
Kagome era riversa a terra in una pozza di sangue, la sua mano destra stringeva la scaglia di drago che le aveva regalato qualche mese prima e i suoi capelli corvini le coprivano parte del viso.
Inuyasha si avvicinò con le mani tremanti, la sollevò sulle sue gambe per vederle meglio il volto già pallido e le labbra schiuse negli ultimi respiri. Non riusciva nemmeno a stringerla, tanta era la paura e l’emozione che continuavano ad assalirlo.
«Cosa ti è saltato in mente, Kagome? Perché lo hai fatto?» La voce di Inuyasha era tornata normale, un dettaglio che riuscì a rasserenare l’anima della ragazza. Non avrebbe mai voluto morire con la voce roca della sua parte demoniaca, era una parte che non gli apparteneva.
Inuyasha era un mezzo demone buono, non avrebbe mai fatto del male se non per proteggere e lei si era innamorata follemente di questo suo lato.
Voleva andarsene ascoltando la sua voce di sempre anche se, dovette ammettere, era già spezzata dai singhiozzi.
«Sono riuscita a proteggerti, almeno questa volta. Non potevo permetterti di rischiare ancora, Inuyasha.» Sussurrò Kagome a stento cercando di portare il braccio attorno al collo dell’altro Avrebbe voluto asciugare le sue lacrime.
Il mezzodemone le aveva portato il volto sul suo petto, in un goffo abbraccio permettendole di sentire il suo cuore battere velocemente.
Battito dopo battito.
Inuyasha rimase lì a stringerla a sé senza smettere di piangere un solo momento. I singhiozzi cominciavano a lasciare il posto alla disperazione più nera.
Non voleva credere davvero che Kagome, la sua amata Kagome, stesse morendo tra le sue braccia così, rendendolo impotente. In un disperato tentativo di rimediare, si tolse la giacca rossa e la avvolse accanto alla ragazza per poi prenderla in braccio e correre verso il villaggio.
«Non voglio lasciarti qui senza provare tutto, Kagome. Non lasciarmi una seconda volta, ti prego».
Inuyasha non smise un secondo di correre, nemmeno quando - con dolore- sentì il suo ultimo respiro fondersi con l’aria.
 
«Prendi questo, Inuyasha.» La voce materna di Sango lo raggiunse appena, si voltò verso di lei e prese dalle sue mani un piccolo asciugamano bagnato. Ai suoi piedi, una tinozza d’acqua calda rifletteva i colori del cielo terso.
Inuyasha era seduto a terra, con la schiena contro il cancello di legno di quella che era la sua nuova casa.
La loro nuova casa. Non riusciva totalmente a pensare ad altro.
Cercava di ripulirsi le mani dal sangue di Kagome ma, più lo strofinava, più l’odore sembrava intensificarsi e dargli la nausea. Sango era rimasta al suo fianco tutto il tempo, fin da quando aveva raggiunto il villaggio chiamando Kaede e Miroku a gran voce.
La sacerdotessa e il monaco erano ora chiusi nella sua casa a studiare la ferita di Kagome, nonostante ciò Kaede aveva preferito non illuderlo e confermare che, senza dubbio, la vita di Kagome fosse ormai spenta.
Vi era però un dettaglio, uno solo, che non aveva convinto né lei né Miroku e che li aveva portati a chiedergli di rimanere un po’ soli con la ragazza.
Sango, nonostante il magone che sentiva in gola, aveva quindi fatto da sostegno al suo amico, seduta accanto a lui con la tinozza d’acqua. Inuyasha era ormai diventato parte della sua famiglia, cresceva i piccoli come fossero i suoi nipoti e ciò non aveva fatto altro che rafforzare il legame indissolubile che già li univa.
Lei poi, vedendolo triste nei tre anni senza Kagome, si era sempre preoccupata di farlo sentire in famiglia, a casa, senza smettere mai di pregare per il ritorno della sua amica.
Proprio quando tutto volgeva per il meglio, proprio quando nulla sembrava poter ostacolare la loro felicità, comparivano una spada demoniaca e un bonzo maledetto.
Mentre erano tutti immersi nei loro pensieri, Miroku uscì lentamente dalla casa.
«Allora, ci sono novità?» Chiese la moglie sollevando lo sguardo. Il monaco abbassò lo sguardo verso Inuyasha, che non si era totalmente mosso.
«Quanto tempo è passato da quando l’hai portata qua?» Chiese Miroku cercando di trattenere il controllo.
«Ho fatto il più in fretta possibile.» Fu la risposta secca dell’altro. Il monaco prese un respiro e si accovacciò in modo da avere il viso del suo amico a pochi centimetri.
«Non so cosa sia successo in quel tempio, ma l’anima di Kagome non è qui e nemmeno all’altro mondo».
Le sue parole suscitarono sorpresa negli occhi del mezzo demone, Inuyasha sollevò lo sguardo come per chiedere spiegazioni.
«Le anime dei defunti non finiscono immediatamente nell’oltretomba, sono gli Spiriti della Morte che la distaccano lentamente per portarla via. Se è passato così poco tempo, come può non esserci?».
Appena Miroku terminò la frase, Kaede uscì con l’arco e una freccia pronta per essere scoccata. Inuyasha era così turbato dalla situazione che non si accorse nemmeno della freccia che si era appena conficcata nella mano.
«Venerabile Kaede, cosa succede?» Chiese Sango alzandosi immediatamente in piedi e temendo che la sacerdotessa fosse stata posseduta.
« Ho provato a purificarlo. Per quanto Inuyasha sia di buon cuore, è comunque in parte demone e la freccia sacra avrebbe dovuto emettere un bagliore, se non addirittura far prevalere la sua parte umana, ma non è stato così. Inoltre, se guardi bene, non lo ha ferito, non ha perso nemmeno una goccia di sangue.» Rispose Kaede avvicinandosi per estrarre l’arma.
 Come aveva predetto, sulla mano del mezzo demone non vi era traccia di alcun segno.
«Da quello che ci hai detto, Inuyasha, il combattimento al tempio è stato senza esclusione di colpi. Nonostante ciò non hai alcuna ferita né alcun livido, sei stato purificato da una forza così potente che ti ha perfino guarito e che ora ti impedisce di essere intaccato da strumenti sacri. Questo può significare una cosa sola.»
I tre amici sollevarono lo sguardo attendendo l’esito delle strane congetture della sacerdotessa.
«Lo spirito di Kagome è dentro di te, Inuyasha».
 
“Lo spirito di Kagome è dentro di me?” Inuyasha aprì la porta della sua piccola casa, all’interno, stesa a terra e coperta fino al seno, vi era Kagome. Il viso pallido e le labbra appena rosate lasciavano intuire cosa le fosse successo.
Inuyasha notò anche le macchie scure che si spandevano dalla mano sinistra su, fino alla clavicola, segno che Anthatos aveva provato più volte ad assorbirla e corromperla.
Nell’incavo dei seni, lì dove era abituato a vederlo da mesi, stava il ciondolo con la scaglia di drago.
Nonostante ciò, si disse, era così bella da sembrare solo addormentata, come se da un momento all’altro dovesse svegliarsi e strofinarsi gli occhi, come ogni mattina.
“Cosa hai fatto, Kagome?” Si chiese inginocchiandosi al suo capezzale e avvicinando una mano alla sua guancia. Era fredda, tremendamente fredda.
La rabbia che aveva provato in un primo momento, aveva ormai lasciato il posto alla disperazione. Sentì un pugno dritto allo stomaco che quasi gli toglieva il respiro.
La sua vita era davvero destinata all’infelicità, al vedere morire le persone a cui teneva? Sua madre, Kikyo e ora anche lei.
«Credi davvero che funzionerà, Venerabile Kaede?» Chiese Sango sollevandosi in piedi e avvicinandosi al marito, ne approfittò per cercare la sua mano e stringerla. Miroku continuava ad essere il suo punto di riferimento nei momenti più bui.
«Non lo so, figliola. Ne ho sentito parlare parecchio tempo fa proprio da mia sorella, ma non conosco nessuno che l’abbia mai fatto prima».
«Come nessuno? Siete stati proprio voi a raccontarmi di come Kikyo sia tornata in vita proprio grazie a quella strega che è riuscita a riportare il suo spirito in un corpo, anche se finto. Noi abbiamo il corpo vero di Kagome, perché non dovremmo riuscirci?» Riflettè la sterminatrice di demoni.
«Sango, bisogna considerare anche la volontà di Kagome. Se il suo spirito si è fuso a quello di Inuyasha, è stato senz’altro per suo volere e grazie all’immenso potere che l’ha sempre contraddistinta. Con il suo sangue ha purificato un nemico potente e un’arma sacra che era stata posseduta da centinaia di demoni, è riuscita a purificare anche Inuyasha, a guarire le sue ferite e prima di morire è riuscita perfino a legare il proprio spirito al suo. Kagome era senz’altro una sacerdotessa con poteri senza precedenti, se non per quelli di Kikyo.» Il monaco ricambiò la stretta di mano e provò a spiegare i fatti nel modo più delicato possibile, voleva evitare di ferire i sentimenti e le speranze della moglie.
Kagome era anche una sua grande amica, non ricordava nemmeno una volta in cui si fosse tirata indietro anziché aiutarlo e stargli accanto. Avrebbe utilizzato tutto il suo potere spirituale, se necessario, pur di riportarla indietro.
«Cosa possiamo fare allora, Venerabile Kaede?» Chiese Sango sentendo il cuore palpitarle sempre più forte nel petto.
«La strega Urasue utilizzò un composto di ossa e fango per poter creare un nuovo corpo per mia sorella Kikyo e riportarla in vita, ma unì al composto anche un’altra cosa: la linfa del Goshinboku, il grande albero che si staglia di fronte al pozzo mangia ossa. Kikyo mi ha raccontato di una sacerdotessa che è riuscita a riportare indietro uno spirito grazie alla potente magia dell’albero.» Kaede rivolse lo sguardo in direzione della fronda verde del Goshinboku, poco lontano da loro.
«Basterà estrarre la linfa allora, ci sarà un modo per scalfire la corteccia!» Miroku portò due dita sotto al mento con fare pensieroso, sua moglie sembrava sempre meno convinta.
«Intaccare la corteccia del grande albero? Non sarà rischioso visti i suoi immensi poteri?» Riflettè lei ad alta voce.
«Hai ragione, Sango. La corteccia dell’albero non va assolutamente scalfita, anzi, è bene proteggerlo. Gli unici in grado di estrarne la linfa, oltre le streghe, sono gli Spiriti della foresta. Essi ne sono i guardiani e come tali sono dotati di grandi poteri, anche se nessuno sa dove si nascondano, inoltre -» Kaede non riuscì a terminare la frase. Inuyasha spalancò la porta producendo un rumore assordante e cominciò a correre rapidamente in direzione della foresta, senza dare alcuna spiegazione.
Tutti e tre i presenti giurarono di aver visto delle lacrime scendere lungo le sue guance.
“Il sentiero è questo, ormai manca poco al tempio nero.” Inuyasha non smise di correre un solo istante, sentiva l’aria calda della primavera infrangersi contro il suo viso e la natura continuare a sbocciare, serena, attorno a lui, totalmente incurante del suo dolore.
Quando raggiunse lo spiazzale dove vi era l’erba bruciata e i cespugli appassiti, vi trovò solo alberi rigogliosi e colmi di fiori e frutti. Del tempio non vi era alcuna traccia.
«Izumi, lo so che sei qui! Quando questa foresta aveva bisogno di Kagome, non ti sei fatta scrupoli a metterle tra le mani quella spada maledetta. Ora è lei ad aver bisogno di te, quindi torna qui e fatti vedere!» Le urla di Inuyasha si propagarono per tutta la foresta seguendo le folate di vento.
Non ricevette alcuna risposta.
Frustrato e con il cuore colmo di disperazione, cadde in ginocchio tirando un pugno a quel prato fastidiosamente verde e lucente.
«Dopo averla vista tornare qui, dopo averla stretta nuovamente tra le mie braccia, non pensavo che avrei mai sofferto ancora così. Il solo pensiero di averla persa per sempre, fa male. Vi prego, riportatela da me.» Inuyasha strinse i denti e portò le mani agli occhi, non si accorse nemmeno del tenue bagliore che si stava propagando dal suo corpo.
Le folate di vento cominciarono a cambiare direzione, le foglie scosse iniziarono a produrre suoni sempre diversi, quasi fossero le note di una dolce melodia, i fiori smossi rilasciarono un tenue profumo e anche i raggi del sole sembrarono danzare sull’erba creando giochi d’ombre e luce.
In un concerto di suoni, profumi e colori, si radunarono gli Spiriti della foresta. A capo del gruppo vi era Izumi, così piccola per il suo viso tremendamente maturo, contornato da quella folta chioma blu che contrastava con il kimono candido.
«Inuyasha, abbiamo ascoltato le tue preghiere e siamo disposti ad esaudirle. Kagome ha purificato Anthatos, la nostra spada protettrice, e, anche se è ormai andata distrutta, abbiamo ricevuto la sua forza purificatrice che è riuscita a ridare vita anche alle zone intaccate della foresta. Le dobbiamo un enorme favore.» Izumi si allontanò e prese un cilindro di legno dalle mani di un altro Spirito per poi passarlo al mezzo demone.
«Gli alberi ascoltano tutto, Inuyasha, e il Goshinboku sapeva che cercavi la sua linfa. E’ stato lui stesso a donartela e a chiederci di fartela avere, ha detto che tu e Kagome avete un legame indissolubile con lui, un legame che trascende il tempo. Quindi prendila, portala ai tuoi amici e dì loro che servirà un forte potere spirituale per riallacciare i rapporti tra un’anima e un corpo, e dovrà avvenire prima che le forze della notte si impossessino del cielo, quindi vai, Inuyasha.» Izumi sorrise, uno dei pochi sorrisi mai fatti in vita sua, e scomparve così com’era apparsa.
Inuyasha strinse il cilindro contenente la linfa e, dopo averlo riposto nella giacca, corse in direzione del tempio.
Ad ogni passo svelto, aveva l’impressione che il sole scendesse sempre più rapidamente finchè non vide i suoi amici in lontananza.
Miroku gli corse in contro notando lo strano oggetto che trapelava dalla chiusura della casacca.
«E’ la linfa che cercavate, non possiamo perdere tempo, dobbiamo sbrigarci.» La voce di Inuyasha era carica d’ansia e, allo stesso tempo, di speranza.
Una speranza che lentamente si faceva strada nel suo cuore.
 
Miroku e Kaede si sedettero al capezzale di Kagome, l’anziana sacerdotessa tentò di guarire - o almeno ridurre- la ferita profonda che l’aveva portata alla morte e di eliminare le macchie di contaminazione che le avvolgevano il braccio e la gamba sinistra. Quando capì che i suoi sforzi erano arrivati al limite, chiese al monaco di aprire il contenitore con la linfa.
Kaede la utilizzò per trascrivere delle rune lungo il corpo della ragazza, quando terminò congiunse le mani in preghiera.
Miroku seguì il suo esempio per permetterle di usufruire anche del suo potere spirituale, seppur non purificante.
L’aria tremò e la tensione -la paura- cominciarono a crescere. Nessuno aveva voluto pensare ad un eventuale fallimento o, peggio ancora, ad un trasferimento spirituale non completo.
Kagome si sarebbe risvegliata come prima? Era davvero giusto alterare le volontà del destino?
Senza badare ad alcuna risposta, Kaede proseguì con la preghiera.
Inuyasha - in ginocchio ai piedi della ragazza- ebbe la sensazione che qualcuno gli stesse trapassando il petto con un coltello per staccargli parte del cuore, strinse i pugni e chiuse gli occhi sperando che il dolore passasse presto ma, soprattutto, che alla fine del rito Kagome tornasse quella di sempre.
Aveva già visto con Kikyo cosa succede a voler alterare il corso del tempo e degli eventi, nonostante tutto, però, non voleva abbandonare la speranza di riavere Kagome, di riabbracciarla e vivere con lei il resto della sua vita.
Quando il rito cessò, aprì le palpebre attendendo con ansia che succedesse qualcosa.
«Chiamala» Gli sussurrò Miroku a bassa voce, quasi non volesse interrompere la solennità del momento.
Inuyasha prese un respiro profondo ed esclamò il suo nome, esattamente come aveva già fatto con Kikyo in passato.
«Kagome!»
Il corpo della ragazza si illuminò di un tiepido bagliore, le guance si tinsero di un tenue rosa e i muscoli degli arti si contrassero in piccoli spasmi.
L’anziana sacerdotessa, davanti quella luce, sembrò svenire.
«Venerabile Kaede, vi sentite bene?» Miroku la sostenne mentre la donna tentava di alzarsi in piedi.
«Ho solo bisogno di riposarmi. Il passaggio dello spirito è avvenuto e avendo limitato i danni della sua ferita prima, sono riuscita a riportarla in vita. Ma ricorda, Inuyasha, ciò è stato possibile solo perché la sua anima era dentro di te, se avesse raggiunto l’oltretomba, riportarla indietro avrebbe significato solo disgrazia e sventura. Non dimenticarlo.»Detto ciò si allontanò dalla stanza.
«Com’è andata?» Chiese Sango con tono apprensivo entrando, si avvicinò immediatamente al corpo steso della sua amica.
«Non si è ancora svegliata, forse ha bisogno di riposare.» Rispose il mezzo demone toccando la pelle tiepida di Kagome, le guance continuavano ad assumere un colorito sempre più scuro, quasi febbricitante.
«Non temere, Inuyasha, sono sicura che si riprenderà».
 
Calò la sera e con essa anche il vento si fece più freddo.
Inuyasha aveva chiesto di rimanere da solo con la sua ragazza, l’avrebbe vegliata lui tutto il tempo, se necessario. Inoltre - si era detto - non aveva altro modo per farle sapere che sarebbe stato al suo fianco per qualunque cosa.
Si tolse la giacca rossa e la poggiò sopra il suo petto, nel tentativo di scaldarla, dopodiché si accostò al muro, a far ordine nei suoi sentimenti, tra ansia, paura e affetto.
“Quello che provo, però, non è affetto. Lo dimostra questa casa in cui viviamo, lo dimostrano anche i nostri gesti eppure non sono riuscito nemmeno una volta a rivelarle i miei sentimenti in modo esplicito. E forse ho perso l’occasione per dirglielo” Inuyasha portò una mano alla testa, massaggiandosi una tempia e sospirando. Guardò Kagome con dolcezza, con il cuore colmo e giurò a se stesso, per l’ennesima volta, che sarebbe riuscito a dirle quelle due paroline.
E l’avrebbe baciata. Non come gli capitava di baciarla di tanto in tanto, no, l’avrebbe divorata con un solo bacio. Con questo pensiero chiuse gli occhi e, stando comunque all’erta, si assopì.
 
Alle prime luci dell’alba, quando i raggi del sole cominciarono a fare capolino dalla finestra, Kagome aprì gli occhi.
Ebbe la sensazione di essere stata tagliata in due e ricucita, inoltre la schiena le bruciava tremendamente, così come la testa. Cercò Inuyasha al suo fianco, trovandolo accovacciato come stava sempre quando era di guardia, aveva gli occhi chiusi seppur il viso corrucciato lasciasse trapelare grande concentrazione.
Avrebbe voluto chiamarlo per nome, ma la gola secca glielo impediva. Cosa le era successo? Si accorse di avere le idee parecchio confuse riguardo gli avvenimenti antecedenti la sua perdita di coscienza e ciò non faceva che aggravarle il mal di testa.
Riuscì a stendere, seppur malamente, il braccio destro nella sua direzione, fino a sfiorare la sua mano con la propria.
Inuyasha sembrò ridestarsi, confuso come lo si è in dormiveglia e rimase a fissare qualche attimo il volto della ragazza prima di esclamare il suo nome.
La gioia che lo travolse fu tale che si ritrovò a stringerla tra le braccia noncurante di nient’altro.
Era viva. Kagome era viva.
«Se mi stringi così, non respiro!» Kagome tentò di ricambiare la stretta e di respirare allo stesso tempo, l’irruenza con cui il ragazzo l’aveva portata a sé l’aveva sorpresa più di qualunque altra cosa. I gesti d’affetto non erano esattamente il suo forte.
«Non farlo mai più, prometti di non farlo mai più o giuro che ti verrò a riprendere anche all’Inferno!» Inuyasha non riusciva a contenere la gioia che lo stava investendo come un’onda.
«All’Inferno? Ma che dici, scemo!» Kagome rise pensando al suo ragazzo che litigava con dei diavoli dalla lingua biforcuta. Pensò perfino che ne sarebbe stato anche capace e che quelle minacce andavano senz’altro prese sul serio.
«Dico davvero, non provare mai più ad andartene così!» Inuyasha cercò di guardarla con un volto minaccioso, ma ci riuscì ben poco.
«Si può sapere cosa vai blaterando? Vai a cuccia, piuttosto!».
Inuyasha si ritrovò ad assaggiare il pavimento e, si disse, niente avrebbe potuto renderlo più felice in quel momento. Con qualche difficoltà si sollevò e cercò i suoi occhi.
«Scema, scema, scema! Kagome, pensavo di averti persa. Sei morta tra le mie braccia e hai purificato Anthatos, non te lo ricordi?» Chiese il mezzo demone tentando di rialzarsi.
«Io sono… sono morta?» Kagome portò le dita alle tempie sforzandosi di ricordare, lentamente piccoli frame del giorno prima si riproposero davanti i suoi occhi dandole la nausea.
Si osservò le mani, le clavicole e la coscia sinistra, trovando a malapena i segni demoniaci della spada.
Portò una mano alla schiena, lì dove la cicatrice era in rilievo, gemendo per il dolore appena la sfiorò.
I ricordi riemergevano, sempre più velocemente, finchè non le apparve davanti agli occhi la scena in cui Inuyasha stava per essere assorbito dalla spada.
«Tu stavi per essere assorbito dalla spada, oppure saresti diventato un demone completo. Come potevi pensare che non sarei intervenuta?» Lo sguardo di Kagome, sempre più penetrante, si era inchiodato a quello del mezzo demone che, quasi ferito, si ritrovò a darle ragione.
La conosceva fin troppo bene, non avrebbe mai potuto chiederle di non intromettersi.
«Kagome tu sei morta tra le mie braccia e questo non riuscirò mai a perdonarmelo. Mi hai salvato, mi hai guarito, hai guarito e benedetto la foresta e hai sconfitto Anthatos con i suoi demoni. Sei stata fantastica, Kagome, ma non farlo più. Non morire mai più tra le mie braccia».
Quella di Inuyasha, più che una richiesta, suonava come una supplica.
Una supplica a rimanergli accanto.
Kagome lo strinse forte, portando il viso del mezzo demone contro il suo petto e gli carezzò teneramente i capelli.
«Ti ho promesso di rimanerti vicino, Inuyasha. Non rimarrai mai solo».
«Per questo hai espresso il desiderio di fondere le nostre anime?» Inuyasha alzò lo sguardo verso il suo viso, Kagome aveva le guance rosse e gli occhi lucidi per la febbre.
«Sì, l’ultima cosa che ricordo è la tua anima che si fonde alla mia. La tua anima è calda, Inuyasha, e tu sei una persona meravigliosa. Non dimenticarlo mai, neanche se un demone cerca di trasformarti o assorbirti, tu pensa che hai un’anima calda».
Il mezzo demone sollevò la testa raggiungendo le labbra dell’altra, la avvolse totalmente tra le sue braccia senza smettere per un momento di baciarla.
Fu un bacio profondo e, dovette ammettere, anche parecchio passionale. Le infilò le dita tra i capelli, scompigliandoli e tirandole il viso verso di se, con alcuni scatti del mento riuscì ad aprirle la bocca per assaggiarla meglio, Kagome non riuscì a resistere e finì per mordere leggermente il suo labbro inferiore, sentendosi subito stringere ancora di più, quasi con esigenza.
Prima di lasciarla libera, Inuyasha le diede un altro bacio a fior di labbra, decisamente più tenero e innocente del primo.
«Devi dirmi qualcosa, Inuyasha?» Chiese la ragazza portando un ciuffo di capelli scompigliati dietro l’orecchio. Aveva le labbra rosse e gonfie di baci.
Il mezzo demone arrossì più per la domanda che per quello che era appena successo. Si ricordò del giuramento che aveva fatto a se stesso e decise di vuotare il sacco.
«Kagome, negli ultimi tre anni ti ho aspettata perché sapevo che saresti tornata, perché non immaginavo una vita senza di te in questa casa e senza di te al mio fianco. Quello che provo per te è chiaro, e lo è stato fin da subito anche se ti ho fatta soffrire molto, ma mi ero ripromesso di dirtelo chiaramente se fossi tornata qui, e non l’ho fatto. Dopo quello che è successo ieri però…».
«Però?»
«Credo di amarti, Kagome».
Il primo pensiero di Inuyasha fu che dirlo ad alta voce si era rivelato più facile del previsto, avrebbe anche potuto dirlo più spesso.
Il secondo pensiero fu che Kagome non aveva risposto, ma si era limitata a sorridergli con gli occhi lucidi, poggiando una mano sulla sua guancia.
Aveva l’espressione di chi ha sempre saputo la verità, ma attendeva di sentirselo dire.
Lo tirò per una manica contro il suo futon, stringendosi a lui per riposare. Le ferite e la febbre le davano fastidio ma, con lui accanto, sembravano decisamente più sopportabili.
«Finalmente!» Sospirò lei a bassa voce mentre sentiva il sonno coglierla durante un sorriso.
«Scema, scema, scema!» Borbottò lui senza smettere un momento di abbracciarla.
 

Mi scuso per come la storia si è svolta in modo rapido (spero non confusionario) ma purtroppo il tempo per scrivere è davvero poco e desideravo pubblicarla. E' una fanfiction che mi è stata vicino in un momento un po' ostico, per cui ci sono molto affezionata.
Spero di avervi distratti e divertiti con questa piccola one shot!
A presto <3
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: SkyDream