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Autore: deeri    13/08/2020    1 recensioni
Non aveva modo di sapere da quanto tempo era in cammino, il sole non accennava a tramontare e la marea era sempre immobile. Poteva contare i passi che faceva, i respiri, quante volte chiudeva e riapriva gli occhi ma nulla di più. Aveva solo il proprio corpo come punto di riferimento
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ULISSE
 
 
Non c’era traccia di terraferma. A nord, sud, est o ovest. Il sole stava tramontando, donando al cielo un forte colore arancione e tingendo il mare di un rosso che pareva sangue. L’acqua arrivava ai fianchi di Ulisse che camminava lentamente. Era un ragazzo giovane e robusto, dai lunghi capelli ramati e mossi. Era il più piccolo tra i suoi fratelli e aveva appena visto la sua terza luna blu. La sabbia del fondale rendeva faticoso ogni passo e l’acqua rallentava ancora di più i suoi movimenti. Ulisse non aveva alcun punto di riferimento: l’orizzonte continuava a essere desolato e l’acqua uno specchio immobile. Avrebbe dovuto aspettare la notte e con essa le stelle per orientarsi. Era la prima cosa che aveva imparato, ancora prima di essere istruito alla preghiera, a riconoscere gli asterismi della volta celeste che lo avrebbero riportato a casa. Poteva solo aspettare.
 
Non c’erano onde e nemmeno un filo di vento e i suoi passi si erano fatti più cauti. La sabbia continuava a cedere sotto il suo peso e doveva continuamente riadattare l’andatura per non perdere l’equilibrio. Il livello dell’acqua non accennava a diminuire o ad aumentare, era costantemente all’altezza dei suoi fianchi. Seguendo il sole, Ulisse sperava di imbattersi in un’altra persona nella sua stessa situazione, mentre la temperatura mite dell’acqua ne attenuava il calore.
 
Non aveva modo di sapere da quanto tempo era in cammino, il sole non accennava a tramontare e la marea era sempre immobile. Poteva contare i passi che faceva, i respiri, quante volte chiudeva e riapriva gli occhi ma nulla di più. Aveva solo il proprio corpo come punto di riferimento. L’acqua evaporata gli aveva lasciato grandi chiazze bianche sul torso e rivoli di sudore gli scivolavano sulle tempie. Sentiva le labbra asciutte e secche, ogni volta che provava a inumidirle il gusto del sale, gli impregnava la bocca. Rovinati dal sole e dall’acqua salata, i capelli ramati continuavano a ricadergli sul viso e ad appannargli la vista ad ogni passo.
 
Poi, in lontananza, come se fosse apparso mentre non guardava, Ulisse mise a fuoco una sagoma immobile e scura. Iniziò a scalciare l’acqua per avvicinarsi più rapidamente, fino a inciampare sui propri passi. Si mise a nuotare goffamente, con le ginocchia che strisciavano sulla sabbia, ormai consumato dalla fatica. Il contorno della figura si delineò nell’immagine di un tavolo da cucina in legno, dal caldo color marrone, con una sfumatura rosata e dalla forma rettangolare, con gambe sottili e rastremate. Il ragazzo stava ancora ansimando per lo sforzo ma senza mai distogliere lo sguardo dal tavolo, per paura che potesse scomparire così come era apparso. Percepiva uno strano senso di malinconia permeargli il corpo, come se dovesse mettersi a piangere ma senza saperne il motivo. Sotto il livello dell’acqua il legno era consumato, con alghe e conchiglie insinuate tra le fibre corrose delle gambe. Il piano, formato da assi accostate e incastrate, era invece perfettamente intatto e lucido.
 
Sistematosi a sedere sul tavolo, avrebbe potuto vedere una persona a chilometri di distanza semplicemente ruotando la testa. Non c’era posto in cui qualcuno poteva davvero nascondersi. Il sole non accennava a tramontare ed era perfettamente tagliato a metà dall’orizzonte. Le gambe gli facevano male e sentiva le ferite sotto i piedi e sulle ginocchia bruciare. Doveva riposarsi ma anche chiudendo gli occhi continuava a percepire la luce. Sentiva le palpebre pesanti, così come le gambe e le braccia. Tutta la strada che aveva percorso iniziava ad avere ripercussioni sul suo corpo. Le increspature sull’acqua si erano lentamente disperse e la superficie piatta e immobile del mare rifletteva perfettamente quella del cielo. Il corpo di Ulisse, ora disteso sul tavolo, era perfettamente a metà tra le due cupole dipinte di rosso. Sottovoce, e con le mani raccolte al petto, stava rivolgendo le sue preghiere ai fratelli affinché potessero trovarlo. L’omelia che stava recitando riecheggiava tutta intorno.
  
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