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Autore: CHAOSevangeline    15/08/2020    1 recensioni
{ Life is Strange 2 | Spoiler del finale e di vari capitoli }
In un momento di calma, Sean decide di scrivere una lettera indirizzata al padre per raccontargli di sé e del suo viaggio.
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[Dal testo]
"Ci siamo inventati questa cosa solo nostra per cui siamo dei lupi. Doveva dare coraggio a Daniel, all’inizio, ma penso con il tempo abbia iniziato a darne più a me che a lui. Lui di coraggio ne ha da vendere e in qualche modo anche io ne ho trovato. Devo ringraziarlo."
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Senza trattenervi troppo, segnalo che l'avviso di What if? riguarda alcuni elementi del finale, leggermente diversi rispetto a come sono andate le cose nei finali "Parting Ways" e "Wolf Brothers". Eventuali spiegazioni, anche se non troppo necessarie le rimando alle note finali. Come segnalato, la storia contiene spoiler.
Spero vi piaccia e che vogliate farmi sapere cosa ne pensate!
Saudade: In alcune accezioni saudade è una specie di ricordo nostalgico, affettivo, di un bene speciale che è assente, accompagnato da un desiderio di riviverlo o di possederlo. In molti casi una dimensione quasi mistica, come accettazione del passato e fede nel futuro.


Dedico questa storia a Francesca, perché senza di lei non mi sarei mai appassionata tanto a Life is Strange come storia, ai personaggi, a Sean.
Grazie per tutto il supporto, sia per la scrittura che non. Ti voglio bene sweetie.



 
Saudade



Puerto Lobos, 5 Agosto 2017
 

Caro Papà,

Non sono troppo tipo da parole: mi ha sempre fatto più comodo vedere o mostrare, piuttosto che dire. Scrivere non è per me, o almeno così ho sempre pensato.
Diciamo che ho cambiato punto di vista su alcune cose. Sono cambiate tante cose. E K… Mamma, ha detto che dovrei smettere di credere di poter essere bravo a farne solo una. Che ho molto più da dire e offrire di quanto credo.
Le ho dato ascolto. Incredibile, eh? Ma ti spiegherò tutto.
E dunque eccoci qui.
Mi sento ancora sciocco a scrivere qualcosa del genere… voglio dire, sarò l’unico ad avere questo foglio a disposizione per poterlo leggere. Nonna – ho incontrato anche lei lungo la strada, sì – non è riuscita a convincermi dell’esistenza di qualche entità superiore. Ci ha provato e nel farlo ha convinto abbastanza Daniel, in compenso. Gliel’ho lasciato fare. Dopotutto è un bambino: vorrei che scegliesse lui per sé quando sarà grande e non mi è sembrato giusto imporgli nulla, impedirgli di conoscere punti di vista diversi dal mio.
Spero sia stata la scelta giusta.
Vorrei che mi dicessi tu se ho fatto la cosa giusta. Se ne ho fatta almeno una di giusta, perché io non ne sono convinto.
Prima d’ora non credevo davvero avessimo tutte queste scelte davanti, che tutto fosse una scelta, si tratti anche solo di decidere se rimanere immobile e non fare nulla: persino restare a guardare ha delle conseguenze. E possono essere terribili.
Dovrei allestire un’ofrenda? Me ne hai parlato, ma non siamo mai stati troppo praticanti. Giuro, se servisse… non lo so. Credo lo farei?
Sto divagando.
Ho pensato io di scrivere questa lettera, non me l’ha suggerito nessuno. Strano anche questo, vero? Non è molto da me.
Credevo sarebbe stato più semplice. Ci speravo. Ma sentivo di dover parlare. Non con qualcuno, ma con te. O sarei impazzito.
Il punto è questo: mi manchi.
Mi manchi tu, mi manca Daniel. Mi manca quello che avevamo a Seattle. Una casa, la nostra famiglia.
Daniel è rimasto negli Stati Uniti, Claire e Stephen si occupano di lui.
Io… ci ho provato, sai? A crescerlo da solo, a fare delle scelte che fossero giuste per lui e poi anche per me. A non disgregare la nostra famiglia. Ero disposto a fare dei sacrifici, ne ho compiuti… ho fatto del mio meglio, davvero, anche se non sta a me giudicare.
Ma per quanto tentassi non era sufficiente.
Mai.
Forse perché non avrei dovuto essere costretto a tanto fin dal principio, a causa degli eventi. Ma cos’altro potevo fare? È mio fratello. Era compito mio.
Non avevamo nessun’altro.
Però in compenso avevamo, abbiamo tutt’ora bisogno di cose troppo diverse e io… non voglio piangermi addosso, ma sei l’unico a cui sono sempre riuscito a parlare di tutto, lo sai: mi sento come se l’avessi abbandonato e ogni tanto ho il terrore lo pensi anche lui. Che suo fratello Sean lo abbia creduto un peso per l’ennesima volta e l’abbia scaricato appena ne ha avuto l’occasione.
Mi ha fatto capire più volte quanto fosse spaventato da quest’eventualità e sai anche tu quanto Daniel si incolpasse credendo Mamma se ne fosse andata a causa sua.
Cambiare vita lo spaventava ancor più di questo: lasciare i nonni, gli amici, tutti quanti… lo straziava. Nonostante separarci sia stato difficile, abbiamo dovuto farlo.
Per lui lì c’è ancora una speranza.
Non potevo tenerlo con me, capisci? Che vita avrebbe avuto?
Abbiamo vissuto per strada. Abbiamo vissuto in una baita abbandonata. Abbiamo vissuto per un mese in una foresta lavorando in una fottutissima piantagione.
Siamo scappati, ci siamo nascosti.
Non sono certo tu mi avresti voluto vedere gestire gli eventi così. Noi Diaz affrontiamo tutto a testa alta.
Io ho voltato le spalle al pericolo e ho fatto quello che mi riesce meglio: correre più veloce che potevo.
Non sapevo cos’altro fare. Quel giorno ero terrorizzato così come lo sono stato i successivi e poi per mesi. Anche a un soffio dalla libertà non riuscivo a smettere di pensarci.
Ricordavo solo quel pomeriggio, davanti casa, quando ancora potevamo chiamarla così.
Ricordavo cosa ti ha fatto quel poliziotto e… come potevo rischiare? Avrebbero diviso me e Daniel. Me l’avrebbero portato via. Non so cosa ne sarebbe stato di lui e… sono egoista, lo so, ma ero terrorizzato da quel che ne sarebbe stato di me.
Sarei marcito in un riformatorio, poi in prigione. Lontano da lui, lontano da tutto.
Ho pensato a quello che mi dicevi sempre, che eri venuto in America per avere una vita, che siamo rimasti qui perché potessi dare una vita a noi a e ho pensato che sarebbe stato un torto non viverla.
Papà, io non ho fatto niente.
Lo giuro. Te lo giuro. Non ho ucciso quel ragazzo, non volevo farlo. È solo successo tutto troppo in fretta: stava minacciando Daniel, io l’ho spinto e lui è caduto. Lo sai, credo tu lo sappia. Non sono quel tipo di persona. Alle volte sono ancora terrorizzato al pensiero di quello che ho fatto, dalle scelte che ho dovuto prendere.
Non avrei dovuto farlo, lo so. Ho perso le staffe e non pensavo che per così poco tutto sarebbe finito in pezzi.
Ma non c’è giorno in cui non ci pensi, davvero. In cui non mi senta in colpa e non mi penta. Perché è successo questo e poi c’è quello che è accaduto a te.
Io… credo di sentirmi responsabile. No: mi sento responsabile. Perché se non avessi fatto del male a Brett non sarebbe accaduto nulla di tutto questo. Tu saresti qui: con me, con Daniel. Saremmo a Seattle e sarebbe tutto a posto. Avremmo ancora il nostro papito e mi rimprovereresti ancora per le sciocchezze che ormai non faccio più.
Saremmo felici.
Invece ho rovinato tutto. Vorrei tanto mi dicessi che non è così, perché credo tu sia l’unico che potrebbe convincermene. Ma non ci sei.
Ah, fa più male del previsto. Non ho mai avuto il coraggio di condividere con qualcuno questi pensieri. Se l’avessi fatto sarebbero diventati più veri, più reali. Più spaventosi. E lo stanno facendo: stanno diventando più concreti.
Solo Daniel capirebbe, ma non posso dirlo a lui. Non ancora almeno.
L’unica possibilità che avevo, allora, era cercare di fare del mio meglio con quanto mi era rimasto. Con Daniel, perché non avevo nient’altro. Tutt’ora mi sento come se fosse così, solo che lui è a Beaver Creek e io sono qui.
È come se mi avessero strappato il cuore.
Vivo per me stesso, ma mi sono talmente abituato a badare a lui che quando non è al mio fianco mi sento senza scopo.
Dovessi vedere com’è diventato.
È proprio… è proprio un Diaz, qualsiasi cosa voglia dire da quando hai cominciato a dirla tu a me.
Ci siamo inventati questa cosa solo nostra per cui siamo dei lupi. Doveva dare coraggio a Daniel, all’inizio, ma penso con il tempo abbia iniziato a darne più a me che a lui. Lui di coraggio ne ha da vendere e in qualche modo anche io ne ho trovato. Devo ringraziarlo.
Ho addirittura cominciato a raccontargli delle storie come quelle che inventavi tu. Stai ridendo, dovunque tu sia? Nemmeno io ci credevo quando ho iniziato: ho perso il conto di quante volte me l’abbia chiesto e di quante volte io gli abbia detto di no, a casa.
Cosa mi stavo perdendo.
Ho iniziato a sentirmi bene all’idea che avesse bisogno di me.
Sai, credo di capire cosa intendessi quando mi dicevi che alle volte avevi nostalgia di quando ero piccolo: sapere di avere qualcuno che cercherà la tua opinione prima di quella di qualcun altro, sapere di doverti occupare di una persona… è utile, per andare avanti, soprattutto se ti trovi troppo spesso a chiederti il perché tu ci stia anche solo provando.
Daniel è un prodigio. Letteralmente, con e senza il suo potere. È fantastico e avrei voluto accorgermene molto prima.
Magari se quel giorno non l’avessi scacciato non sarebbe uscito e… no. I Diaz non piangono sul latte versato, vero? Credo non mi faresti tutta la violenza psicologica che mi faccio io nel tentativo di spazzare il dolore sotto il tappeto per essere forte. O te ne usciresti con uno dei tuoi “mijo, liberati di tutte quelle lacrime e vai avanti”.
Ma posso solo immaginarlo, è questo il problema: non me lo puoi dire davvero. Ci siamo io e le mie congetture in una spirale infinita di forse posso convincermene o forse no.
Ogni tanto temo smetterò di ricordarmi la tua voce così bene da poter immaginare queste parole dette con il tuo tono.
Spero solo non accada.
Ad ogni modo, Daniel non si lascia demoralizzare da nulla. È coraggioso, è forte. È un bambino speciale.
Ma che dico? Daniel non è più un bambino. Cioè sì, fuori, ma non sono riuscito a proteggerlo come avrei voluto, da tutto e tutti.
Con il suo potere non è stato facile, per niente. Non riusciva a controllarlo, ne era terrorizzato. E poi ha imparato a gestirlo. Ci ha dato dei problemi, è vero, ma è stato bravo.
Avresti dovuto vedere come mi ha difeso quando stavamo oltrepassando il confine.
… O forse lo hai visto, perché l’unica cosa che potrebbe convincermi di un qualcosa dopo questa vita è proprio il fatto che tu abbia vegliato su di noi per tutto il tempo. A questo crederei.
Siamo stati bravi, ma è bello credere, convincersi, sperare nel tuo intervento.
La fede di Claire deve avermi contagiato, in qualche modo. Sono pronto per la messa di domenica!
Scherzo, ne ho abbastanza di religione e chiese: il Nevada mi ha segnato troppo. Ma non importa, adesso.
Sono a Puerto Lobos, Papà. Non sapevo dove altro andare.
Seattle non è più casa mia. L’America non è più casa mia.
Ti giudicano per tutto il tempo che passi lì e appena sei vulnerabile ti pugnalano più forte possibile alle spalle.
Qui è… carino. È così calmo che mi sembra quasi di dover riempire il vuoto con la frenesia dei miei pensieri.
Sto cercando di prendere un respiro e di rallentare. Di vivere, ora che nessuno è più alle mie calcagna e che non devo più fuggire.
Daniel è al sicuro, io sono al sicuro. Me lo ripeto ogni giorno appena mi sveglio perché mi sembra ancora incredibile. E non dovrebbe essere così.
Non andrò al college, non ho nemmeno finito le superiori, ma sto facendo il possibile per trovare una mia strada, come volevi tu. La costruirò, se serve, e spero in qualche modo ne sarai orgoglioso comunque.
Daniel invece sì. Oh, ci andrà al college. Non credo di aver mai voluto così tanto che qualcuno continuasse a studiare: deve avere tutte le opportunità che non hai avuto tu e che non ho avuto io. Se lo vuole, ovviamente.
… Ma farò in modo di persuaderlo.
Ricordi quando dicevo che mi sento come se lo avessi abbandonato? Ecco. Lo avrei voluto qui con me, non hai idea di quanto. Ma meritava un futuro. Un futuro vero, che non fosse fatto di stenti e di un sedicenne che a sua volta non sa cosa vuole dal mondo se non sopravvivere. È l’unica cosa che voglio: stare bene, essere felice per quanto mi è possibile e con tutte le cicatrici che mi sono rimaste. E prima che per me lo voglio per Daniel.
Però tranquillo: non sono solo. Io e Daniel parliamo ogni giorno, a volte per ore. Non siamo mai stati così legati, davvero. La distanza ci rende più forti.
Claire e Stephen insistono sempre per essere loro a chiamarmi, ma sto salassando le loro bollette del telefono. Mi chiedo per quanto resisteranno.
E poi… Daniel ha avuto occasione di conoscere Mamma. Ci ha aiutati anche lei, lungo la strada. È stata l’ultima persona che avrei creduto di poter vedere, eppure lei era lì.
Dicevi sempre che prima o poi avrei avuto l’opportunità di capirla e… è stato così. Preparati il “te l’avevo detto”, perché avevi ragione.
Non avrei voluto che le cose andassero in questo modo per riuscirci. Però bisogna vedere il bicchiere mezzo pieno, no? Tu eri sempre ottimista.
Mi rasserena sapere di poter contare su di lei.
Non le perdono tutto, ma non provo più nei suoi confronti l’astio e tutti quei sentimenti complicati di una volta, di quando ci sedevamo a parlare a notte fonda perché il pensiero che ci avesse abbandonati mi logorava e impediva di dormire.
Ricordo che a quell’ora Daniel era sempre già a letto e dovevamo parlare piano, ma per quanto io facessi attenzione perché tu non mi scoprissi in cucina a cercare del conforto in un bicchiere d’acqua di rubinetto, arrivavi sempre. Non volevo preoccuparti, ma non parlartene ti preoccupava di più.
In qualche modo l’abbiamo superata insieme, come una famiglia. Era questo il bello, sapere che tu saresti arrivato, che c’eri.
Sto lavorando in un’officina per ora. Le cose vanno abbastanza bene e sta per raggiungermi un ragazzo. Finn. Credo ti piacerebbe.
Abbiamo fatto delle sciocchezze lungo la strada, eravamo giusto un poco disperati. Sai, storie complicate per ragazzi con storie complicate.
Ma mi rende felice e so che a te bastava questo.
Niente sarà più come prima, io non sono più come prima. È così strano pensare che una volta io non ero un ragazzo complicato e la mia storia, che credevo altrettanto complessa, ancora non lo era.
Ora che ti parlo mi rendo conto di quanto io sia cambiato.
Sto facendo il possibile per essere qualcuno di cui andare fiero, nonostante tutto. Di essere fiero di me stesso.
Mi manchi. Mi manchi da morire. Ma sono felice tu ci sia stato: non sarei riuscito a fare un briciolo di quello che ho concluso se non ci fossi stato tu, prima di quest’inferno.
Io e Daniel ci saremmo persi nel primo bosco che abbiamo attraversato. Grazie al cielo mi hai portato a fare delle scampagnate!
E se non avessi fatto un buon lavoro con me, io non avrei potuto tentare almeno di abbozzarne una pallida idea con Daniel.
Mamma e i nonni dicono che dovrei andarne fiero. Per me conta solo quello che pensi tu. Tu ci sei sempre stato, non loro.
Ecco, ora devo fare un nuovo passo e convincermi di questo: che la vita sia più di un inferno. Ma in fondo lo so. Devo solo rimettere insieme i pezzi.
Forse potrei… prenderci la mano con queste lettere. Non voglio chiuderti in un cassetto come se niente fosse.
Ho sempre il tuo sketchbook con me. La tua dedica è una delle cose più belle che mi siano rimaste.
Ti voglio bene, Papà.
Vorrei che vedessi quanto il legame fra me e Daniel sia diventato forte come speravi.
Vorrei che fossi qui.
Ma ho tutti i nostri ricordi. Ed è molto più di quanto abbia avuto in altri momenti.

Grazie.
 
Sean


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È la prima volta in assoluto che pubblico nel fandom di Life is Strange e la prima volta, anche, che pubblico in generale dopo un bel po' di mesi nel mio profilo.
Pur avendo questa storia pronta nella mia cartella da qualche giorno, non riuscivo a convincermi a pubblicarla. Oggi però è il 15 agosto e mi sono smossa pensando che adoro pubblicare per il compleanno dei personaggi. E oggi è il compleanno di Sean Diaz, un personaggio che mi ha dato tanto, più di quanto mi aspettassi.
Come si capisce da alcuni dettagli della lettera, un flusso di coscienza che ho pensato fosse fondamentale per Sean dopo tutte le peripezie che ha vissuto badando sempre più a Daniel che ha se stesso, il finale considerato è leggermente diverso da quelli del gioco. Io e Francesca (la persona bellissima senza cui non mi sarei legata tanto a questo gioco e che quindi merita un sacco di crediti anche se non li vuole) abbiamo unito le devastanti esperienze del finale immaginando Sean abbia raggiunto Puerto Lobos, smussando però la drammaticità di vedere Daniel diventare leggermente gangster e di rimanere nel limbo di quanto Sean sia rimasto sconvolto nel vedere il fratello lanciarsi da un'auto in corsa sentendosi probabilmente di averlo costretto a ferire qualcuno per l'ennesima volta.
Per il resto, penso sia tutto molto chiaro dal testo.
Ringrazio chiunque abbia letto la storia o sia, addirittura, giunto a leggere fin qui. Se vi andasse di farmi sapere che cosa ne pensate ne sarei davvero felice.
Alla prossima!
   
 
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