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Autore: Darlene_    16/08/2020    2 recensioni
Una serie di storie scritte per vari eventi organizzati sul gruppo facebook hurt/comfort fanfiction e fanart - Italia.
I protagonisti sono Sam e Dean Winchester con la speciale partecipazione, in alcune di esse, di Bobby Singer.
Genere: Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Personaggi: Sam e Dean Winchester, Bobby Singer
Parole: 1300
Weechest


 
Prompt: A ha una malattia esantematica, personaggio B l’ha già avuta e decide di stargli vicino + moomins





La prima volta che incontrarono Bobby Singer 


 
 
 
Aveva conosciuto John Winchester qualche anno prima, in un bar non troppo raccomandabile di Kansas City ed era stato lieto di condividere con lui tutti i segreti per diventare un buon cacciatore, eppure l’altro non gli aveva nemmeno confidato di avere dei figli. Proprio per questo motivo quando, una sera di gennaio, l’ex Marine si presentò alla sua porta con due marmocchi, Bobby non poté fare a meno di strabuzzare gli occhi per la sorpresa. Lo invitò ad entrare per un bicchiere, ma rifiutò cortesemente spiegando che finalmente Occhi Gialli aveva lasciato una serie di indizi e doveva ripartire subito per battere la pista mentre era ancora calda, però gli domandò di ospitare i suoi figli perché il minore era malato e nel motel in cui li aveva sistemati erano scappati appena in tempo dai servizi sociali. Il più anziano si passò una mano sulla fronte, sistemandosi la visiera del cappello e annuì stancamente anche se ogni fibra di lui lo esortava a chiuder loro la porta in faccia perché era pieno di lavoro e dei bambini erano solo una rogna di cui avrebbe fatto volentieri a meno.
Alla fine la convivenza con loro risultò migliore del previsto: una volta sistemati i letti nella stanza degli ospiti, il più piccolo accettò di buon grado di mettersi sotto le coperte e il maggiore lo seguì in cucina con passo marziale e senza assillarlo con le tipiche domande dei mocciosi appena scaricati dal padre. Se fosse dipeso da lui avrebbe ordinato del cibo nel fast food più vicino, ma concluse che non era sano per dei bambini, perciò decise di mettersi ai fornelli per la prima volta da quando era rimasto vedovo e tentò di preparare dei toast. Quando l’ennesima fetta di pane bruciò con uno sfrigolio, il ragazzino abbandonò la sedia su cui era rimasto appollaiato per tutto quel tempo e gli tolse la padella dalle mani, spiegando che era sempre lui a preparare i pasti per Sam. Lieto di non dover avvicinarsi nuovamente ai fornelli, Bobby gli fece spazio e cominciò a preparare un vassoio con un bicchiere di latte e della frutta. Dean tagliò i bordi del panino e lo depositò sul tovagliolo con un sorriso soddisfatto, domandandogli se anche lui desiderasse qualcosa per cena. Il cacciatore scosse la testa, mentre una stretta al cuore gli ricordò che quel marmocchio era troppo piccolo per avere un’espressione così adulta sul viso.
“Quanti anni avete tu e tuo fratello?”
Il bambino sollevò la testa e rispose che lui ne aveva otto, Sammy quattro ed aggiunse: “Non si preoccupi, signor Bobby, non le daremo fastidio.”
Troppo piccoli per starsene da soli in un motel considerò, rivalutando improvvisamente John. Per quale motivo costringere i suoi figli a seguirlo nella sua personalissima crociata? Aveva perso la moglie, certo, ma aveva due splendidi marmocchi e stava rovinando loro la vita senza nemmeno rendersene conto.
“Signore, posso portare io la cena a mio fratello?” La voce di Dean lo riscosse dai suoi pensieri e annuì distrattamente. “Fai pure, ma smettila di chiamarmi signore.” Gli posò una mano sulla spalla con fare amichevole e disse: “Sono solo Bobby.” Il bambino lo osservò per un istante prima di correre verso le scale. Prima che salisse l’ultimo gradino il cacciatore si ricordò della malattia del minore, perciò si fece giurare dal maggiore che lui aveva già avuto la varicella. Ottenuta una risposta affermativa lo lasciò andare e si versò del liquore nel bicchiere.
 
“Smettila di grattare, Sammy.” Dean era seduto sul letto del fratello, tra loro il vassoio con la cena. Il più piccolo si lamentò e il maggiore lo strinse in un abbraccio sussurrandogli qualcosa che Bobby, poggiato contro lo stipite della porta, non riuscì a comprendere. Decise che non era il caso di dar loro la buonanotte e tornò con passo felpato verso il soggiorno. Ricordava vagamente che sua moglie aveva acquistato dei libri per bambini nella speranza di convincerlo ad averne almeno uno; dovevano essere rimasti chiusi in qualche scatolone in soffitta, ma sapeva che era giunto il momento di regalarli a qualcuno che ne avrebbe fatto un uso migliore.
 
“Sei malato anche tu?” Domandò Sam con la voce impastata dal sonno. Dean cercava di non grattarsi, ma il prurito era sempre più intenso e pareva che il suo intero corpo fosse stato preso di mira da un branco di pulci impazzite.
“Sto bene e se non la smetti di fare domande dico a Bobby di metterti a dormire fuori, nella cuccia del cane.”
Cane. La parola magica da non citare in presenza del minore perché i suoi occhi verdi si spalancarono, colmi di meraviglia e cominciò a chiedere se l’amico di papà gli avrebbe permesso di accarezzarlo e se poteva portarlo a spasso e giocare con lui. Dean si maledisse per la sua disattenzione e fu costretto a promettergli che avrebbero domandato a Bobby il giorno seguente, ma quasi che il solo nominarlo lo avesse evocato, il cacciatore si presentò alla loro porta con un sorriso sincero e un plico di libri sotto al braccio.
“Come mai non siete ancora addormentati? Non me ne intendo molto, però credo che i bambini dovrebbero andare a dormire entro una certa ora.” Non voleva essere severo con i marmocchi, ma non poteva certo permettere loro di vegliare fino al mattino seguente.
“Non abbiamo sonno e Dean continua a grattarsi anche se dice a me di non farlo!” Il maggiore tirò una gomitata al fratello, appuntandosi mentalmente di redarguirlo una volta rimasti soli.
Bobby li studiò per qualche istante, quindi esortò il più grande a levarsi la maglietta. Dean provò ad opporre resistenza, spiegando che stava bene, ma l’altro non se la bevve e afferrò un lembo della t shirt stinta per esaminare la schiena, coperta di bolle rossastre.
“E così tu hai avuto la varicella.” Sbuffò perché l’unica cosa peggiore di doversi occupare di un marmocchio malato era averne addirittura due. Prese la polvere contro il prurito e cosparse la pelle candida del maggiore, quindi gli intimò di mettersi a letto.
“Mi spiace signor Bobby, forse era morbillo…” Tutta la sua spavalderia sembrava essere svanita, la testa chinata in segno di sottomissione. “La prego non ci cacci via mio fratello, è malato e ha bisogno di stare al caldo, io posso andare in un motel…”
“Diamine, sono un burbero bevitore di whisky, non un bastardo senza cuore.” I Winchester sollevarono gli occhi, speranzosi. “John vi ha lasciati qui e ci resterete fino a quando lui non sarà di ritorno, ma promettetemi che non mi racconterete altre balle.” Si pentì un po’ del linguaggio colorito, poco adatto a dei bambini, ma era sicuro che in quel modo avrebbero recepito meglio il messaggio. Indicò i libri e spiegò loro che una volta appartenevano a qualcuno, ma che da quel momento sarebbero stati loro e avrebbero potuto leggerne uno prima di dormire. 
“Puoi farlo tu?” Dean gli diede una gomitata, scusandosi per la sfrontatezza del fratello, ma Bobby li esortò a lasciargli uno spazio sul letto e aprì un volume. I protagonisti erano degli strani ippopotami bianchi di cui lui non aveva mai sentito parlare, ma i bambini parvero soddisfatti e si addormentarono con il viso premuto contro il suo petto. Lesse fino alla fine, anche se ormai l’unico spettatore era un ragno che tesseva ritmicamente la sua tela. Indeciso se spegnere o meno la luce, chiuse gli occhi anche lui e cadde in un sonno profondo e senza incubi per la prima volta da anni.
 
Bobby Singer non aveva mai voluto figli perché sosteneva di non essere adatto al ruolo del padre, ma in una fredda notte di gennaio aveva ricevuto un regalo inaspettato: due bambini da amare.

 
  
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