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Autore: FalbaLove    20/08/2020    0 recensioni
Due piccoli occhi grigi,contornati da rughe,fissarono per l'ennesima volta una foto incorniciata malamente e con gli angoli leggermente ingialliti;un sorriso amaro comparve sul suo volto di fronte a quelle tre piccole bambine che,ignare,dormivano beate. All'improvviso il suo cuore ebbe un sussulto mentre prepotentemente si apriva la porta del suo ufficio:con rapidità la donna ripose la cornice in un cassetto spostano il suo sguardo sulla figura che comparve dinanzi a lei.
-Preside Griffin, a cosa devo l'onore?-
-Sapevamo tutte e due che sarebbe giunto questo giorno-commentò inflessibile l'altra. Faraganda si sistemò gli occhiali sospirando:si alzò con estrema calma raggiungendo l'enorme vetrata del suo ufficio.
-Ci pensi ancora? Nel senso se abbiamo fatto la scelta...-
-Giusta?-Faragonda abbassò lo sguardo.
-Forse siamo state stupide a basarci su una profezia-
-O forse no-conclusse la Preside di Alfea.
-Non lo sapremo mai-Faragonda sorrise di fronte alla risposta sconsolata dell'amica.
-Io invece,Preside Griffin,penso che lo scopriremo presto
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bloom, Faragonda, Flora
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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-Si può sapere perché siamo qui?- tuonò Stormy mentre i suoi occhi, carichi di elettricità, si mossero fulminei a guardare tutto ciò che li circondava: in particolare si occuparono di fulminare tutti i terrestri che erano incuriositi dalle tre figure decisamente inusuali ferme davanti all’ospedale principale di Gardenia. Le sue labbra si mossero veloci in una smorfia insoddisfatta.
-Ogni tua domanda avrà presto una risposta- si smarcò Valtor ignorando la sensazione di bruciore che quell’aria, così carica di inquinamento, gli provocava sulla pelle escoriata.
Intanto, lo sguardo felino di Darcy si soffermò per alcuni secondi sulla grande scritta dell’edificio che si trovava a pochi metri da loro: i suoi occhi ambrati scintillarono come i gioielli perfettamente avvolti alle loro braccia, simbolo di un nuovo e potente potere che, oscuro e vibrante, scorreva nelle loro vene.
-Seguitemi- tuonò l’uomo mentre una smorfia di dolore si dipinse sul suo volto martoriato; avrebbe dovuto tener conto che la cessione della fiamma del drago l’avrebbe debilitato, ma non pensava fino a quel punto. Una sensazione di debolezza fece vibrare le sue membra mentre un sentimento di disgusto, sempre più forte, attanagliò il suo stomaco di fronte all’ombra di sé stesso che stava diventando.
-Blah, troppo bianco- sibilò visibilmente rivoltata Stormy osservando le pareti dell’ospedale. Il suo commento, però, non venne udito dalle due figure che, poco più avanti di lei, camminavano con un ritmo sostenuto. Darcy inclinò la testa lasciando che i suoi lunghi capelli castani ondeggiassero seguendo i suoi passi. Osservò svelta e silente ogni singola targa presente sulle porte prima di soffermarsi, velatamente, sulla figura dello stregone. Percepiva chiaramente che qualcosa in lui non andava e ogni centimetro ustionato del suo corpo la faceva rabbrividire: per la prima volta la strega provò sinceramente pena per quell’uomo.
I suoi occhi si dipinsero di un nero pece, celati dietro agli occhiali dalla montatura spigolosa, mentre una sua banale illusione celò i tre avventurieri da occhiate indiscrete del personale dell’ospedale. Avvertiva chiaramente ad ogni suo incantesimo la magia scura e potente cibarsi dei suoi organi, ribollire sotto la sua pelle domandole un sentimento sempre più di assuefazione e benessere: per attimo si domandò come lei e sua sorella avessero fatto a vivere senza di esso e provò ribrezzo per le loro vecchie e deboli figure. Sentiva crescere in lei la voglia di averne di più, sempre di più, di diventare ancora più influente e tutto ciò le regalava una emozione che la faceva contorcere dal desiderio. Follia, pura follia per un attimo si dipinse sul suo volto.
-Siamo arrivati- mormorò senza preavviso lo stregone fermandosi davanti a una delle tante porte del lungo corridoio. Quasi automaticamente gli sguardi delle due sorelle si incontrarono scambiandosi dubbi e domande che non avevano avuto coraggio di confessare, ma che attanagliavano senza sosta i loro cuori. Si erano rivolte a Valtor per scoprire qualcosa in più sul loro passato e ora era giunto il momento che tanto avevano ambito.
Quando però la porta venne richiusa dietro le loro figure, un sentimento di incredulità e sbigottimento venne mal celato dai loro volti.
-È per caso uno scherzo?- tuonò Stormy ricercando approvazione per questo suo temperamento nella sorella che però, ammutolita, non parlò. La strega delle Illusioni osservò attenta la figura, esile e pallida, della ragazza distesa a pochi metri da loro convogliando maggiormente la sua concentrazione sui suoi lineamenti così spigolosi e quasi graffianti.
-Darcy?- mormorò inviperita la strega della Tempesta scocciata di essere ignorata. Trovava insulsa la sconosciuta dai lunghi capelli di un bianco brillante e si pentì di aver seguito lo stregone su quel mondo privo di magia anziché allenare i suoi nuovi poteri.
Ma la sorella nuovamente la ignorò accennando alcuni passi verso la giovane sconosciuta e permettendo sempre di più alla sua attenzione di soffermarsi sulla pelle candida e pallida della malata; Valtor sorrise compiaciuto di fronte all’arguzia della strega.
-Darcy mi stai ascoltando?- ripeté nuovamente Stormy irritata dall’essere tenuta all’oscuro di una verità sempre più lampante per la sorella. Si sentiva stupida e odiava sentirsi così.
-Stai zitta!- le urlò però l’altra di rimando facendo ammutolire Stormy: la pacatezza, che caratterizzava la strega delle Illusioni, sparì all’istante lasciando posto a una bramosia malata che scosse la sua mente brillante.
-Chi è questa ragazza?- sibilò muovendo sensuale le labbra pittate di scuro. Nonostante fosse palese a chi questa domanda fosse rivolta, il suo sguardo non si degnò di alzarsi dalla sconosciuta.
-L’hai già capito benissimo- sussurrò Valtor bramoso di quel corpo sempre più affine a lui. Stormy schiumò di rabbia sentendosi una estranea ad assistere ai loro discorsi, ma non parlò lasciando che le parole e i pensieri della sorella più brillante sostituissero i suoi.
-Dammene conferma- mormorò con tono supplichevole permettendosi un lusso che pochi si potevano permettere. Lo stregone indugiò ancora alcuni secondi sulla figura della strega osservando lussurioso il suo corpo animato dalla voglia di sapere la verità.
-Si tratta di vostra sorella- disse, imperturbato.
-Nostra sorella?- boccheggiò Stormy trovando per la prima volta tratti a lei familiari nella giovane donna. Una smorfia amara catturò le labbra della strega delle Illusioni percependo che qualcosa ancora le sfuggiva.
-Ma perché non si sveglia?- continuò tremante Stormy senza fare un passo. Darcy deglutì a fatica di fronte all’esitazione della sorella.
-È in coma, lo è sempre stata e porta sul suo corpo martoriato i segni di una verità a voi, per troppo tempo, celata. Immagino che la Griffin vi abbia accennato dei vostri genitori- Darcy annuì con decisione serrando la mascella mentre Stormy non rispose, pietrificata da qualcosa che si stava facendo sempre più grande di lei, di loro.
-Un fatidico incidente- sibilò seria e pacata la strega soffermando per un secondo lo sguardo sullo stregone che sorrise quasi divertito.
-Ma non ci abbiamo mai creduto- aggiunse vedendo gli angoli della bocca dello stregone alzarsi. Il suo corpo fremeva dal raccontare e infatti non esitò oltre.
-Tante sono state le profezie che hanno turbato gli animi degli insulsi esseri magici rivelandosi, per la maggior parte delle volte, sciocche storie prive di fondamento. Il dono della chiaroveggenza è un potere oscuro creduto da molti una leggenda, ma solo dagli sciocchi. Questa tipo di capacità non può nascere in corpi mortali e temporanei come lo siamo noi- mormorò con disgusto lo stregone serrando con rabbia la mascella e digrignando i denti con forza.
-Vi è solo una figura, considerata da molti un semplice mito, che nei libri di storia e spesso in quelli delle favole è riportata possedere questo tipo di potere. Il suo vero nome non è un conosciuto da molti poiché spesso viene storpiato mischiandosi alla fantasia di quelle menti troppo piccole da poter concepire la vera potenza. Si tratta di Gaia, la fata dell’Universo, il primo essere ad aver visto crescere in lei la magia, la prima creatura vivente ad aver osservando i mondi collidere per generare l’universo magico. 
Si dice che lei abbia guardato il futuro e sia rimasta inorridita dalla distruzione e dall’odio che tre semplici figure avrebbero creato nell’intero cosmo. Solo tre semplici esseri sarebbero riusciti a minare l’equilibrio che aleggiava tra i vari mondi e così la fata dell’Universo si decise ad intervenire, riportando una profezia che sarebbe risultata un racconto per molti, ma una amara verità per altri-
-E purtroppo queste tre figure, queste tre sorelle gemelle vennero identificate in voi e Gaia decise di rivolgersi a Faragonda e alla Griffin per cercare di porre rimedio a un mondo che, per lei, mai avrebbe dovuto avere vita. I vostri genitori non sono morti in un fortuito incidente, ma hanno pagato pegno per questa nuova esistenza storpiata- concluse Valtor indietreggiando di alcuni passi e permettendo alle due ragazze di mettere in chiaro i loro pensieri. Gli occhi di Stormy si riempirono di pura follia mentre le sue ginocchia si fecero sempre più molli facendola cadere a terra. Darcy, dal canto suo, non lasciò che alcun sentimento turbasse il suo volto: la sua mente, però, correva veloce immaginandosi una vita che senza permesso gli era stata strappata e permettendo all’odio e al desiderio di vendetta di penetrare, veloci e silenti, nel suo cuore.
-Vedo con piacere che finalmente il disprezzo sta lambendo i vostri cuori, ma, mie care, dovete stare attente ad incanalarlo per aumentare i vostri poteri- improvvisamente, all’udire quelle parole, gli occhi della strega della Tempesta si illuminarono per un secondo, come un fulmine a ciel sereno.
-Ma con i nostri nuovi poteri potremmo risvegliarla e insieme ricercare vendetta- parlò quasi più rivolta a sé stessa che agli altri due perdendo sempre di più la sua lucidità.
-Non si può fare- la riprese la sorella e, nuovamente, un sorriso soddisfatto si dipinse sul volto dello stregone.
-Nostra sorella non sta dormendo, ma è avvolta da un potente incantesimo. I nostri poteri di fronte alla sua potenza paiono quasi nulli- sibilò incrociando le braccia sotto al seno e dando un significato fisico alla strana sensazione che aveva attanagliato i suoi sensi sin dall’arrivo in quella stanza. Stormy, di fronte a quelle parole, digrignò i denti portandosi con foga le mani alla testa.
-Valtor sicuramente con la sua forza sarà capace a rompere questo sortilegio- continuò.
-Mi dispiace deluderti, ma la Fiamma del Drago è pressoché inutile. Il potere più antico dell’Universo non può niente di fronte alla fata più antica- sibilò contorcendo il volto in una espressione di puro disgusto per la consapevolezza che l’immortalità e l’invincibilità mai sarebbero scorsi dentro di lui.
-Questo tipo di incantesimo può essere spezzato totalmente solo dal legittimo proprietario altrimenti non posso garantirvi la piena integrità di vostra sorella-
Le dita affusolate e sicure di Darcy si levarono accarezzando con delicatezza il viso spigoloso di Icy e immediatamente captò un nuovo e oscuro desiderio crescere sempre di più dentro di lei, molto più forte della Fiamma del Drago, molto più distruttivo di qualsiasi altra energia.
-Dove possiamo trovare questa Gaia?- domandò ferma assaporando ogni secondo di quel nuovo e freddo contatto: la pelle della sorella ritrovata era come una lastra di ghiaccio sotto ai suoi polpastrelli.
-Sì, così la schiacceremo come un insetto- le fece eco Stormy leccandosi famelica le labbra.
-Mi dispiace scontentarvi, ma dopo la sua comparsa, oramai più di diciotto anni fa, ha fatto perdere le sue tracce- un nota di delusione si dipinse sul volto di Darcy accarezzando con ancora più bramosia ogni lembo della pelle scoperta di Icy e trasformando un gesto a prima vista di affetto, in un chiaro appiglio per non abbandonarsi alla follia che, silenziosa, era già penetrata in sua sorella.
-Però potrebbe esserci qualcosa che conosce la sua ubicazione. Si tratta di Archeon, un potente mago imprigionato nel mondo da lui stesso creato nel Legendarium, l’unico libro che funge da filo conduttore tra il nostro mondo reale e il mondo dell’immaginazione: solo lui ha le risposte alle vostre domande-
Darcy si mosse veloce staccandosi dal capezzale della sorella e giungendo alla figura dello stregone: i suoi occhi felini brillarono a causa della luce artificiale mentre il suo volto magro e pallido si mosse in un sorriso sensuale.
-Come facciamo ad accedere a questo mondo?- sibilò mentre il suo respiro solleticò la pelle martoriata di Valtor che vibrò di piacere.
-Ricordatevi che il nostro obiettivo primario è rubare la Fiamma del Drago, ma, conoscendo Faragonda e le stupide fatine che comandava come burattini, sono sicuro che ben presto ce le ritroveremo sul nostro cammino- disse mentre il ricordo delle bacchette Mythx, strette nelle mani delle loro antagoniste il giorno della grande battaglia, attanagliò la sua mente.
-Ti abbiamo promesso di servirti ed è ciò che faremo- gli ricordo Darcy con un sorriso sempre più perfido sul viso voltandosi ad osservare la riccia ancora distesa a terra. Valtor sogghignò leccandosi avidamente le labbra mentre le sue dita sfiorarono il collo pallido della strega delle Illusioni.
-Allora è meglio muoversi, abbiamo bisogno di una mia vecchia amica per assicurarci l’accesso nel Legendarium- concluse interrompendo quel contatto quasi con rammarico e uscendo dalla stanza.
-Non può essere vero tutto questo- sibilò quasi come fosse una cantilena Stormy percependo i suoi pensieri mischiarsi pericolosamente. Digrignò i denti dal dolore che si stava sempre più originando nel suo cervello offuscando qualunque suo tentativo di rimettere ordine nella sua testa. Turbata serrò con decisione gli occhi come per penetrare ancora più a fondo in quell’oscurità che la stava facendo impazzire: all’improvviso dei passi si fecero sempre più vicini e la strega fu quasi costretta ad aprire gli occhi.
-Io e te insieme, come è sempre stato- bisbigliò la strega dai lunghi capelli castani allungando, decisa, la mano in direzione della sorella. E finalmente gli occhi di Stormy si liberarono di tutta quella pena e follia che stavano sempre di più affossando la sua mente e il suo corpo.
-Per farci vendetta- concluse accettando senza remore l’aiuto della sorella.


 
-Dov’è?- sospirò una voce tremante venendo accompagnata da una porta che si aprì in quel preciso istante. Un turbinio di capelli rossi e lentiggini fece la sua comparsa in quella stanza piena di gente muovendosi, con fare goffo e impetuoso, verso una figura ben precisa. Helia non ebbe il tempo di parlare che si ritrovò tra le braccia la chioma che, fino a pochi secondi prima, aveva visto superare la soglia.
-Ciao Bloom- sospirò il ragazzo lasciandosi avvolgere dal profumo agrumato e asprigno della giovane. I suoi capelli gli solleticarono dolcemente il volto stanco e provato mentre il petto della rossa non accennò a smettere di muoversi velocemente su e giù: i singhiozzi di Bloom vennero accompagnati dall’ammutolire di tutti i presenti.
-Stupido- mormorò con fare bambinesco la terrestre staccandosi dal petto di Helia. Si portò quasi istintivamente le mani sul volto per cercare di nascondere le lacrime che ancora copiose scivolavano sulle sue guance arrossate.
-Non avevi alcun diritto di sacrificare la tua vita per me!- continuò riservando un tono sempre più astioso e arrabbiato: Helia la fissò serio lasciandosi sfuggire un sorriso appena accennato alla vista del fuoco che, ardente e forte, si accese nei suoi occhi azzurri come il cielo.
-Se lo farai ancora un’altra volta giuro che sarò io stessa a ucciderti- proseguì addolcendo le sue parole davanti a quegli occhi scuri e profondi che aveva creduto di non rivedere mai più. Si morse con decisione le labbra scarlatte arricciando il naso e facendosi sfuggire una buffa espressione.
-Mi sei mancato- sibilò quasi con remore come se fosse tutto un sogno. Helia la fissò teneramente permettendo ai suoi polpastrelli di sfiorare il dorso della mano della sua interlocutrice: il suo silenzio, pieno di affetto e compressione, ristorò l’animo della rossa che, a malincuore, abbandonò il suo capezzale. Un giovane dai capelli biondi, situato in uno degli angoli della stanza, le si avvicinò regalandole un tenero bacio sulla guancia che fece arrossire all’istante la rossa. Helia fissò la scena impassibile, ma lasciandosi sfuggire un addolcimento nei lineamenti.
-Abbiamo aspettato per tanto questo momento- la voce risultò estremamente familiare all’ex specialista che provò, a fatica, a mettersi a sedere sul letto.
-Stai comodo nipote- continuò il Preside di Fonterossa avvicinandosi a lui mentre l’espressione impassibile, che pareva aver ereditato Helia, venne intaccata da un sorriso appena accennato.
-Sono contento che tu ti sia svegliato-
-Mi dispiace averti fatto preoccupare- sibilò il giovane permettendo alle mani rugose del parente di trasportare le sue stanche e provate membra in posizione seduta. La coperta, a causa della forza di gravità, scivolò veloce sulla sua pelle diafana scoprendola e mostrando delle profonde cicatrici violacee. Saladin, di fronte a quelle parole sinceramente pentite del nipote, serrò la mascella cercando di calibrare i suoi pensieri e di ricordarsi quale fosse il suo ruolo.
-L’importante è che ora tu sia qui- disse serio mentre il suo tono si incrinò a causa del sollievo e della commozione che erano grandi dentro di lui.
-Scusate se vi disturbo, ma si può sapere come ha fatto a risvegliarsi? Sappiamo tutti in quali condizioni fosse e una sua eventuale ripresa era considerata improbabile- parlò Stella riunitasi insieme ad altre figure che risultarono completamente estranee al pittore. Una ragazza dai corti capelli fucsia si schiarì la voce mentre una schermata si originò dal suo palmare. Una serie di numeri venne riflessa nelle sue iridi facendola corrucciare sempre di più.
-Secondo i miei rilevatori vi è stata una forte scarica di energia curativa che, pochi minuti fa, è stata sprigionata proprio in questa scuola- disse fredda e decisa e Helia incurvò le sopracciglia di fronte a quel comportamento così poco umano. Le due ragazze più vicine a lei si guardarono per un istante prima di rivolgere l’attenzione a suo nonno che annuì tronfio.
-C’è riuscita- sibilò un ragazzo alto e muscolo rimasto per tutto quel tempo in un angolo nella più completa penombra. I suoi occhi brillarono come animati da quello che Helia identificò come orgoglio. Poi, prima che qualunque altro potesse parlare, due figure apparvero alla soglia della porta e gli angoli delle labbra del nipote di Saladin si alzarono involontariamente mentre il ricordo del profumo dolce e fruttato, che l’aveva avvolto poco prima, lo inebriò nuovamente: era stata lei a salvarlo, ne era certo.
Saladin però fu più veloce e, con passo fiero, le si avvicinò abbracciandola: le sue guance ambrate, di fronte a quel gesto così improvviso e familiare, si dipinsero di un tenero rossore.
-Grazie- mormorò il Preside specchiandosi in quei occhi color giada e alla fata venne quasi spontaneo lasciarsi sfuggire un sorriso dolce.
-Principessa Aisha, è un piacere riaverla tra di noi- continuò l’anziano alla seconda figura, sconosciuta ad Helia, con una pelle decisamente più scura della prima.
-Grazie e io sono felice di potervi riabbracciare, ma devo tutto a Flora- disse la ragazza dalle labbra carnose con tono fermo e deciso accennando un inchino: ad Helia venne spontaneo identificare la sconosciuta con una principessa a causa dei suoi modi regali e posati.
Poi, finalmente, la figura ambrata sembrò accorgersi del paziente finalmente sveglio e si portò istintivamente la mani alla bocca reprimendo un sospiro: i suoi occhi si incontrarono con quelli del giovane non riuscendo a fermare una solitaria lacrima. Helia abbozzò un sorriso di fronte a quella giovane che non aveva mai dimenticato e che era riuscito, finalmente, a ritrovare.
-Ora è meglio se ti riposi, abbiamo tante cose da dirci- parlò suo nonno interrompendo quel contatto visivo e turbando gli animi di entrambi. Il giovane accennò un segno di assenso mentre la stanza, pian piano, si svuotò.
-Flora- mormorò flebilmente mentre le sue labbra sottili sembrarono quasi muoversi autonomamente nel pronunciare quel nome oramai tatuato nella sua mente nel suo cuore. La fata fermò la sua camminata mentre tutti intorno a loro vennero quasi spinti fuori dalla rossa. Quando furono finalmente soli nella stanza tornò a regnare il silenzio.
-Volevo ringraziarti- disse il ragazzo con tono sincero privo di qualsiasi imbarazzo: la sua interlocutrice non parlò, ma abbassò con impaccio lo sguardo a terra. Il ragazzo ebbe quasi timore di andare avanti.
-E dirti che sono contento di averti ritrovata- all’udire quelle parole a Flora venne quasi spontaneo alzare lo sguardo lasciandosi sfuggire un addolcimento nei suoi lineamenti.
-Ho avuto paura che non sarebbe successo- sibilò prendendo un minimo di coraggio e accennando qualche passo verso di lui. Seguì lo sguardo di lei e in un attimo capì, entrambi capirono i sentimenti celati nei loro cuori.
-Ma ora sono cui- rispose lui serio scuotendo la testa; la sua chioma dalla tinta bluastra gli ricadde sul volto celando, in parte, il suo sguardo e questo parve dare un ulteriore coraggio alla giovane per avvicinarsi.
-Helia- mormorò lei senza preavviso.
-Avevo pensato a quale potesse essere il tuo nome, ma nessuno è perfetto come Helia- in cuore di Helia batté all’impazzata all’udire il suo nome venir pronunciato da quelle labbra carnose e il giovane pensò che avrebbe voluto sentirlo proferire da lei per sempre.
-Quindi mi hai pensato dopo il nostro incontro?- azzardò al ricordo dei dipinti, dei sogni e dei pensieri che erano tappezzati della sua immagine e del suo profumo. Flora arrossì all’istante resasi conto di aver espresso, non direttamente, qualcosa di così intimo: Helia la trovò bella così, con tutte le sue insicurezze e un rossore che non accennava mai a lasciare le sue guance. La trovò di una bellezza spontanea, di una eleganza e gentilezza che fiorivano silenziose.
-Scusa, non volevo metterti in imbarazzo- ma non osò dire altro di fronte ai suoi occhi color giada sempre più lucidi e il sollievo si fece sempre più tangibile sul suo volto. E Flora si sentì bene, come mai si era sentita prima.
Restarono così, in silenzio per alcuni minuti, lasciando che i loro respiri cullassero i pensieri di entrambi: la fata di Linphea percepì che la distanza che li separava era diventata un inutile ingombro per entrambi e si avvicinò. Quella vicinanza la caricò di insicurezze ed imbarazzo, nonostante cercasse in tutti i modi di non dimostrarlo, e le fece incurvare le labbra in una smorfia amara.
-Non devi avvicinarti se non lo desideri- disse lui con tono gentile e senza esitazione. Flora impercettibilmente scosse il capo cercando di fargli capire, con un mesto sorriso, che il problema non era lui, ma il senso di colpa che stava sempre più crescendo in lei. Perché Flora si sentiva una traditrice di fronte al semplice desiderio di far scivolare le sue dita ambrate tra quelle di Helia, suggellando un legame che era lampante per entrambi.
-Devo andare- bisbigliò quasi più a sé stessa che al giovane: il nipote di Saladin non parlò né si lasciò sfuggire alcuna emozione dal volto.
Quando Flora varcò la porta sentì un vuoto farsi strada dentro di sé e sperò che quel misero sorriso prima di uscire fosse bastato al ragazzo per fargli capire che non lo avrebbe abbandonato, che sarebbe tornata.
-Flora?!- la ragazza ebbe un sussulto udendo il suo nome rimbombare per quei corridoi così silenziosi. Interruppe la sua camminata e il filare dei suoi pensieri riconoscendo, nel proprietario della voce, l’ultima persona che avrebbe voluto incontrare. Velocemente si passò le maniche della felpa sotto gli occhi intrisi di lacrime che fecero luccicare i suoi occhi color giada. Riven si corrucciò alla vista del volto stravolto della fidanzata, ma cercò di non darlo a vedere.
-Stai piangendo- disse serio serrando la mascella con decisione e pronunciando una frase che era una ovvietà. La sentiva distante, come mai l’aveva percepita prima.
Flora provò a parlare, ma le sue labbra si mossero senza produrre alcun suono prima di sciogliersi in un amaro sorriso, così inusuale da vedere sul suo volto.
-Sto bene, non è niente- bisbigliò flebile come un uccellino cercando di non mostrare sul viso tutte le emozioni che stavano scuotendo la sua gracile figura. Lui non le credette, l’aveva imparata a conoscere bene e sapeva che Flora non sapeva celare alcun tipo di sentimento.
-Se non me ne vuoi parlare non ti obbligherò- disse serio portandosi le braccia al petto, deluso. Era cambiata, l’aveva intuito in quei due mesi che qualcosa, purtroppo, era cambiato in lei: Flora mosse le labbra in una smorfia infelice, ma non parlò, lasciando che i suoi occhi osservassero impotenti la figura dello Specialisti allontanarsi.
-Ah!- esclamò però lui dopo una manciata di passi. Nonostante provasse a non darlo a vedere dovette accasciarsi a causa del lancinante dolore che si originò dal braccio destro. I passi di Flora si fecero sempre più vicini mentre il ragazzo provò, inutilmente, a mascherare la sua aria sofferente.
-Ti fa ancora male la spalla?- sussurrò lei preoccupata senza aspettarsi alcuna risposta da Riven: le sue dita ambrate si mossero veloci e i suoi polpastrelli accarezzarono dolcemente la pelle della spalla dello specialista. Una scossa rianimò l’animo del ragazzo di fronte a quel contatto che, troppo, gli era mancato.
-Sto bene- mormorò stringendo con forza i denti e rialzandosi a fatica. Flora sospirò allontanando dal volto i capelli castani.
-Riven, non ha senso mentirmi- disse seria e autorevole assumendo il comportamento da maestrina che a Riven piaceva tanto stuzzicare.
-Senti chi parla- ribatté e le parole, involontariamente, gli uscirono taglienti e sprezzanti: il volto ambrato della fata si rabbuiò, ma gentilmente lo aiutò a rimettersi in piedi.
-Posso darci una occhiata?- sibilò con tono quasi supplichevole e lui non poté dire di no di fronte a quello sguardo così preoccupato e materno. Le agili mani della Fata della Natura si mossero rapide risalendo dai suoi bicipiti e emanando un calore che immediatamente ristorò i muscoli doloranti dello Specialista dai capelli color magenta.
-L’hai sforzato in questi giorni?- continuò sapendo benissimo quale fosse la risposta. Un sorriso beffardo si dipinse sul volto del ragazzo.
-Ho chiesto a Musa di aiutarmi con alcuni allenamenti-
Le labbra carnose della ambrata si mossero in una espressione di sorpresa al sapere la verità a lei celata: si rammaricò nel sapere che non aveva chiesto aiuto a lei domandandosi se il motivo non fosse la sua debolezza. Ma il potere della bacchetta Mythix scorreva in lei e con essa una nuova consapevolezza di sé stessa.
-Non te l’ho chiesto perché sapevo che eri impegnata con la Lanusia- ci tenne a precisare lui permettendo ai suoi lineamenti di intenerirsi di fronte all’espressione sorpresa della ragazza. Un tenero sorriso si dipinse sul suo volto ambrato scacciando via ogni insicurezza e riscaldando i cuori di entrambi.
-Non sei arrabbiata?- domandò lui inarcando un sopracciglio, ma lei immediatamente scosse la testa con decisione.
-No, ti conosco e so quanto sia difficile per te tutto questo-  
-Solo... stai attento, ok?- continuò giocherellando nervosamente con la mani e lasciando che un timido rossore illuminasse i suoi zigomi: Riven sentì i muscoli automaticamente rilassarsi riconoscendo, in quella fata che aveva sentito così distante, la sua Flora, la ragazza che era penetrata con la sua timidezza e dolcezza nel suo cuore domandolo. E non riuscì più a starle lontano accogliendo quella gracile figura tra le sue braccia e permettendo al battito del suo cuore di fondersi con il suo. Il petto della giovane iniziò ad aumentare frequenza mentre lievi singhiozzi si fecero sempre più insistenti.
-Mi dispiace- sussurrò lei semplicemente mentre le sue lacrime iniziarono a bagnare la maglia di Riven. Lui non parlò, ma strinse ancora maggiormente quella esile figura tra le sue braccia come se avesse paura, da un momento all’altro, di perderla. Si staccarono alcuni minuti dopo provando un senso di vuoto al non sentire più il torpore dell’altro unirsi al proprio.
-Promettimi solo che starai più attento la prossima volta che ti allenerai- sussurrò supplichevole nascondendo gli occhi arrossati dal pianto dietro ai suoi capelli.
-Non ci sarà una prossima volta, non mi alleno più con Musa- tagliò corto.
-Perché? Cosa è successo?- domandò cercando di non risultare troppo apprensiva né curiosa, ma preoccupata di quella sorta di antipatia che, mal celata, era cresciuta tra i due. La mascella dello specialista di chiuse con rabbia al ricordo di un paio di codini blu.
-Io... – parlò
-Mi sono comportato da stupido con lei- concluse lasciando trapelare una velata nota di delusione. Un tenero sorriso si originò sul volto ambrato della ragazza che gli si avvicinò prendendo la mano del giovane tra la sua.
-Sono sicura che se le chiederai scusa Musa ti perdonerà- disse percependo esitazione nei suoi occhi. Il suo interlocutore deglutì a fatica ristorato da quel contatto.
-È troppo orgogliosa, non penso che accetterebbe le mie scuse- tuonò serio e scuro in volto, ma senza scalfire minimamente le parole pacate e attente della fata della Natura.
-Tu provaci- ma i lineamenti di Riven non accennarono ad addolcirsi.
-Fallo per me, ok?- e finalmente un sorriso beffardo ritornò ad animare il volto di Riven mentre due codini blu come la notte si dipinsero tra i suoi pensieri.



 
L’oscurità della grotta venne spazzata via in un lampo da una luce forte e accecate che durò giusto un paio di secondi, tempo sufficiente per far spaventare tutti i pipistrelli presenti. La donna dai lunghi capelli verdi si grattò goffamente la testa inarcando, perplessa, un sopracciglio: davanti a lei il pentolone, su cui stava lavorando, traboccò con il suo contenuto inondando la roccia e le scarpe della donna.
-Maledizione!- si lamentò la sconosciuta osservando come il liquido, inizialmente di un verde acceso, si spense immediatamente virando a un violaceo poco acceso.
-Non posso aver sbagliato- continuò la donna allontanandosi dal suo incantesimo e preferendo invece prendere tra le mani un grosso tomo che pareva antico. Le sue dita affusolate girarono veloci le pagine ingiallite come se le conoscesse a memoria prima di soffermarsi, quasi scocciata, su una pagina precisa. Le sue labbra pittate di un viola poco acceso si incurvarono assumendo una espressione che in sé racchiudeva sia sorpresa che rammarico. Poi, resasi conto dell’errore delle dosi, iniziò quasi a ridere divertita non crucciandosi più per il completo fallimento.
Ad un certo punto però i suoi occhi color petrolio si socchiusero leggermente percependo che qualcuno era entrato nei paraggi della grotta.
“Illusi” pensò di fronte a quei tre sprovveduti che, probabilmente, avevano pensato di coglierla di sorpresa senza sapere del forte incantesimo che lei stessa aveva piazzato all’entrata. Si trattava di un sigillo che sarebbe risultato impossibile per molti da sciogliere e che sapeva identificare la presenza di eventuali avventori e il loro livello di magia magica. Quando però queste informazioni vennero rilevate la strega serrò le labbra in una smorfia indecifrabile mentre, con un sortilegio di poco conto, fece sparire all’istante il disastro provocato pochi minuti prima.
-Vedo che sei rimasta appassionata a questi stupidi incantesimi di pozionologia- una voce fredda, che a Selina risultò quasi glaciale, scaturì come una conferma alle ipotesi della strega dai lunghi capelli verdognoli. 
-Mi avevano detto che eri tornato, ma non pensavo fosse vero- confessò continuando a dare la schiena al nuovo avventuriero e mantenendo lo sguardo fisso sulle rocce scure della grotta. Il suo volto era impassibile e pareva aver estirpato qualsiasi accenno sgraziato che, fino a qualche secondo prima, le regalava una aria decisamente poco da strega. I passi di Valtor si fecero sempre più vicini rimbombando forti contro le pareti e la donna ebbe quasi un sussulto quando lo percepì talmente vicino da avvertire il suo odore.
-Non sei felice di vedermi? Dopotutto mi pare che fossimo amici- ribatté sprezzante l’uomo e finalmente la ragazza si vide quasi costretta a far incontrare i loro sguardi. Selina osservò quasi delusa l’aspetto dello stregone sfigurato e mal ridotto avendo la conferma che fosse realmente sua l’aurea di magia nera così debole.
-Sei ridotto male- tagliò corto lei mentre i suoi occhi vispi saltellarono su ogni centimetro del suo corpo studiandolo.
-Peccato, il tuo aspetto fisico era l’unica cosa che trovavo interessante di te- continuò facendo seguire queste sue sfrontate parole da un sonoro sbadiglio. I pugni dell’uomo si chiusero con forza, ma questo suo gesto non sembrò infastidire minimamente la strega: se era venuto da lei, dopo tutto quel tempo, sicuramente era perché necessitava del suo aiuto e lei si sentiva quasi legittimata a parlargli in quel modo.
-E comunque non siamo mai stati amici, alleati sarebbero meglio dire- concluse schioccando le dita e il tomo di fattura antica scomparve all’istante.
-Ho saputo che sei stata rinchiusa nel monastero di Roccaluce- tuonò l’uomo perfettamente a conoscenza che, con questa sua affermazione, sarebbe riuscito a prendersi una minima rivincita sulla sua interlocutrice. Selina, consapevole dei giochi contorti che lo stregone adorava tessere, non rispose, ma si limitò a schioccare le labbra.
-Vedo che sei informato bene anche tu, ma ora dimmi come mai ti trovi qui e cosa necessiti da me- disse incrociando le braccia sotto al seno spazientita. Valtor osservò per un istante la sua folta capigliatura verdognola che ancora faticava ad avere un senso sulla sua testa poi, serio, incurvò gli angoli della bocca in un ghigno appena accennato.
-Ho bisogno di usare il Legendarium- le sopracciglia di Selina si mossero veloci come sapesse già il motivo per cui era venuto da lei.
-Non ce l’ho più io- tagliò corto. Valtor sorrise soddisfatto come se questo suo malato giochino lo stesse portando esattamente dove voleva e Selina schiumò di rabbia. Odiava farsi mettere i piedi in testa, soprattutto da uno come lui.
-Me l’avevano riferito che, dopo la tua sconfitta, Faragonda e Griffin te l’hanno sequestrato nascondendolo nell’Albero della Vita. Per questo sono qui, vorrei che tu lo usassi per me per farmici entrare-
-E io cosa riceverò in cambio?- il tono con cui lo disse voleva essere sprezzante e indifferente, ma la tensione, che avvertiva sempre più crescente, deformò la sua voce.
-Vendetta, immagino non sia stato facile rimanere rinchiusa per ben 5 anni- Selina sbuffò, non prestando davvero attenzione alle parole di Valtor che avrebbero fatto più male del dovuto.
-Sei anni- precisò troncando quell’argomento con un cenno della mano e lo stregone non fece obiezione.
-Però ora dimmi di che genere vendetta stai parlando- Valtor inspirò lentamente allontanando una ciocca di capelli dal viso. In quel momento si accorse che il corpo di Selina era visibilmente scosso dalla curiosità e non riuscì a non ripensare a quando l’aveva accolta sotto la sua ala a Torrenuvola: l’aveva fatta divenire la sua personale allieva, ma lei, dopo poco, l’aveva tradito per mettersi al servizio di Archeon.
-Ho fatto miei prigioniere sia la Griffin che Faragonda: sai, la prima è mia di diritto, ma posso gentilmente cederti la seconda in cambio del tuo prezioso aiuto. Immagino che tu non veda l’ora di fargliela pagare a chi ti ha rovinato la vita- un sorriso involontario comparve sul volto della strega mentre le sue guance si dipinsero di un breve rossore.
-Immagini bene, ho aspettato di vendicarmi per troppo tempo-
 
 
Brandon non riuscì a trattenere uno sbadiglio mentre il sole parve calare sempre di più: i suoi capelli, perfettamente sistemati da vari strati di gel, si mossero appena di fronte a un vento serale sempre più prepotente. Annoiato e stanco appoggiò i gomiti al mancorrente del balcone permettendo al suo corpo di non sostenere più l’intero suo peso. Il castano diede uno sguardo distratto al cortile di Fonterossa alla ricerca di qualcosa, o per meglio dire qualcuno, su cui soffermare la sua attenzione trovando, compiaciuto, il soggetto perfetto su cui concentrarsi.
Una lunga chioma bionda si muoveva veloce facendo susseguire, svelte, due gambe lunghe e palline. I suoi occhi si socchiusero cercando di mettere meglio a fuoco il volto: Stella era davvero una ragazza estremamente espressiva e, anche se sperava di essere l’unico ad essersene mai accorto, era facilmente deducibile dalle sue espressioni quale fosse il suo umore. Per Brandon la fata di Solaria brillava di una luce propria, molto più scintillante rispetto a quella dei gioielli, molto più calda e avvolgente rispetto al Sole.
Lei, non accortasi di essere osservata, giunse quasi al centro del cortile dirigendosi verso una figura i cui capelli erano decisamente l’opposto rispetto ai suoi: se quelli della bionda erano perfettamente stirati, privi di qualsiasi doppia punta, quelli dell’altra erano naturalmente arricciati e non parevano stare, nemmeno per un secondo, al loro posto nonostante la ragazza li avesse appuntati con un cerchietto. Stella sorrise a quella che Brandon aveva identificato come la Principessa Aisha e la sua figura parve scintillare ancora di più. Lo scudiero di Eraklyon si lasciò sfuggire un sorriso mentre un calore si propagò, sempre di più, nel suo petto.
-Ehi!- una voce familiare, sempre allegra, lo fece sussultare.
-Cosa stai guardando?- domandò ancora il Principe di Eraklyon che era appena entrato nella loro stanza. Si avvicinò con calma a lui poggiandogli, con fare fraterno, una mano sulla spalla.
-Niente- rispose però l’altro scuotendo la testa in segno negativo e accennando un sorriso poco convinto. Sky socchiuse leggermente le labbra fissandolo in modo interrogativo. Il suo migliore amico era, da sempre, un libro aperto per lui e sapeva che qualcosa gli stava frullando in testa e, per la maggior parte delle volte, quel niente stava ad indicare una ragazza, carina possibilmente.
-Io rientro- lo precedette lo scudiero celando il suo volto ancora imbambolato in modo tale che non scaturisse maggiori dubbi nel suo migliore amico.
-Tu vieni?-
-No, grazie. Resto ancora un po’- rispose gentilmente il biondo sempre più curioso di scoprire cosa, o per meglio dire chi, lo avesse ridotto in quello stato.
-Fa come vuoi- e pochi secondi dopo il Principe si ritrovò solo. Sky sollevò incuriosito un sopracciglio facendo vagare il suo sguardo per il cortile che, per sua fortuna, era pressoché deserto.
-Interessante- si lasciò sfuggire osservando, solo di sfuggita, due ragazze dalla forte energia fatata e soffermando maggiormente lo sguardo sulla bellezza insindacabile della Principessa di Andros.
Che Brandon avesse perso la testa per lei?
Sky, pensoso, storpiò le sue labbra: possibile che anche Brandon, il ragazzo dal sorriso smagliante per cui tante ragazze, e persino donne, avevano perso la testa, si fosse innamorato della loro nuova compagna di avventura? Un sorriso sincero e allegro si dipinse sul suo volto: se fosse stato così, non si sarebbe fatto sfuggire l’occasione.
 
 
Le cuffie rosse scarlatte, posizionate perfettamente tra due codini blu, ballavano seguendo il ritmo della camminata mentre la musica rimbombava a pieno volume nelle orecchie della fata di Melody. I corridoi vuoti poi, a causa dell’ora decisamente tarda, le permettevano di accennare alcune mosse di danza facendola sentire leggiadra, come una farfalla. Sorrise mentre il chiaro di luna si rifletteva nei suoi scuri occhi come la notte facendoli luccicare più dei gioielli.
-Dovresti essere a dormire anziché ballare per i corridoi- la derise una voce poco lontana da lei. La ragazza udì perfettamente il richiamo, ma preferì continuare la sua camminata cercando di mostrare, per quanto potesse, un’aria offesa e altezzosa.
Riven si lasciò sfuggire un ghigno divertito incrociando le braccia sotto al petto ampio e senza staccarsi dalla parete.
-Lo so che mi hai sentito- tuonò pentendosi immediatamente di aver usato un tono così duro. Se le voleva parlare, a lei che era così testarda e orgogliosa quasi peggio di lui, era meglio se cambiava tono. Musa infatti, spazientita, continuò ad ignorarlo aumentando i suoi passi e assicurandosi di alzare al massimo il volume della canzone. Non le interessava parlare con quel cretino, non dopo che lui l’aveva trattata in quel modo, dopo che lei, armata di compassione e di un sentimento a cui avrebbe pensato più tardi, aveva deciso di aiutarlo.
-Ehi dai, aspetta- sussurrò lo Specialista raggiungendola e afferrandola, con una strana gentilezza, per il polso.
-Lasciami subito o giuro che mi metto ad urlare- mormorò la fata della Musica osservando il candore della sua pelle brillare a confronto con l’abbronzatura del ragazzo. Riven sbuffò ridendo sarcastico.
-Solo se mi giuri che mi starai a sentire- ma la fata era decisa a non mollare, non questa volta.
-Lasciami- sibilò inviperita allontanando con la mano libera le cuffiette dalle orecchie e lasciando che la musica ritmata rimbombasse anche per il corridoio. Finalmente la presa sul suo polso si allentò, ma non si mosse: alzò lo sguardo scuro fissando con la coda nell’occhio il giovane. Poi schioccò le labbra.
-Forza parla, ma sii veloce- tuonò spegnendo definitivamente il suo mp3 e permettendo al più completo silenzio di avvolgerli.
-Volevo parlarti- sentenziò Riven cercando di calibrare al meglio le parole. Aveva riconosciuto, grazie a Flora, che lo sbaglio era stato suo e quindi si era promesso di mettere da parte l’orgoglio. Dopotutto, pensò, l’aiuto di Musa continuava a servigli e mantenersela buona non era una cattiva idea.
-Questo l’avevo capito- lo interruppe lei sarcastica facendo un veloce gesto con la mano come per indicare che, ora, poteva continuare. Allo Specialista questo comportamento così strafottente non andò giunto ed era già pronto a risponderle quando le gentili parole di Flora rimbombarono nelle sue orecchie. Ok, lo stava facendo per lei: per qualche strano motivo quello sgorbio e lei erano amiche e quindi, se voleva vederla felice, forse, era meglio tacere.
-Volevo scusarmi per questa mattina- disse serio abbozzando un sorriso che però gli uscì più simile a una smorfia. All’udire quelle parole i muscoli di Musa parvero rilassarsi, ma l’offesa ardiva ancora nel suo cuore.
-Mi sono comportato come uno stupido-
-Avrei preferito stronzo, ma accetto le tue scuse- si smarcò osservando di sfuggita i pettorali duri e compatti del suo interlocutore. Riven era già pronto a ribattere quando si voltò di scatto, tanto veloce da non far capire a Musa cosa avesse attirato così tanto la sua attenzione.
-Hai sentito anche tu dei passi?- domandò grugnendo e permettendo ai suoi occhi scuri e profondi di vagare lungo il corridoio e le lunghe colonne. Musa scosse la testa sbuffando sonoramente.
-No- tagliò corto.
-E ora ti saluto- concluse rimettendosi le cuffiette e riprendendo la sua camminata. Non lo udì seguirla e quindi si permise di rilassarsi, ma non fece in tempo a farlo che una mano, nuovamente, si avvolse al suo posto e questa volta udì ancora più forte una scossa scuotere le sue membra.
-In realtà volevo chiederti se potessimo tornare ad allenarci- disse grattandosi nervosamente il capo. Musa lo squadrò sempre più esasperata, ma si limitò a mugugnare in segno di assenso cosa che, evidentemente, bastò anche a lui.
-Però non aspettarti altre scuse da parte mia perché l’ho fatto solo per Flora- commentò mentre un ghigno spavaldo si dipinse sul suo volto. Socchiuse gli occhi soddisfatto di essersela, anche quella volta, cavata senza notare i pungi sempre più chiusi all’altezza dei fianchi stretti della fata.
-Cosa?- urlò facendo rimbombare con forza la sua voce tra quelle quattro mura.
-Ehi che ti prende ora?- domandò lo specialista inarcando sorpreso un sopracciglio senza ricevere risposta visto che, schiumando di rabbia, la fata di Melody lo superò allontanandosi a grande velocità e lasciandolo solo e pieno di dubbi.
Due occhi azzurri come mare brillarono nascosti dietro a una colonna mentre un sorriso divertito si dipinse sul suo volto prima si sparire completamente nel buio.



 
 
 
Nota
Hola, buona estate a tutti. Avrei voluto pubblicare questo capitolo prima, ma alcune parti (essendo praticamente tutto discorsivo questo capitolo) mi hanno fatto penare. Devo ammettere che, nonostante io le abbia abbastanza snobbate durante i precedenti capitoli, ci sto prendendo gusto con le Trix che stanno sempre più prendendo posto nella mia storia. Ho adorato dare una sfumatura di pazzi a Stormy come se i troppi eventi stessero debilitando sempre di più la sua mente, ma la vera protagonista è la mia Trix preferita: Darcy. In realtà questo rapporto ambiguo tra lei e Valtor è venuto fuori a caso durante lo scorso capitolo e, visto che ho sempre pensato che lei e la Griffin si assomigliassero, ho deciso di portarlo velatamente avanti. Non è una vera propria relazione, ma diciamo un’attrazione che si è creata, niente di più.
Per quanto riguarda le Winx non ci sono grandi novità visto che il risveglio di Helia e la resurrezione di Aisha vi erano già stati, ma ho perso in questi mesi decisamente qualsiasi interesse nella coppia Flora/Riven quindi sto facendo fatica. Ho adorato però la parte di lui con Musa e mi ha divertito molto scriverla anche se si è ben capito che prima che Riven provi un minimo di interesse per lei ce ne passa. Chi li avrà spiati e come si risolverà l’equivoco tra i due belli di Eraklyon?
Vi avverto già che dal prossimo capitolo si entrerà nel vivo della situazione così come è successo durante la battaglia: ora le bacchette Mythix ci sono, il Legendarium ci aspetta! Per quanto riguarda Selina ho diciamo stravolto il personaggio e spero vi sia piaciuto.
Un bacio
Ps. Voglio fare due piccoli spoiler: purtroppo a breve ci saranno la morte di due personaggi e, per quanto riguarda questo capitolo, non tutto è come sembra
Ah la figura di Gaia è una delle poche idee rimaste dall'inizio (quindi 2017) poichè sono sue le frasi del primo capitolo, proprio quelle iniziali, ma la vedremo presto. Spero di essere stata chiara( ma non troppo) su chi sia e come mai Icy sia finita in quelle condizioni. La versione di Valtor su cosa è successo l'abbiamo, ma sarà vera?
Ora vi lascio ( scusate per il papiro)
FalbaLove
   
 
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