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Autore: amnisya    21/08/2020    1 recensioni
Dewdrops è una raccolta di vari spin-off dedicati a stralci di vita quotidiana.
Segue la trama della mia fanfiction “Come un Vaso di Pandora” per cui molti capitoli possono essere sia spoiler che prequel.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Pandora'
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Wake me up

 

Il sole illuminava la città di Tokyo. L’estate era ormai vicina e gli edochiani si concedevano lunghe passeggiate dopo una lunga e stressante giornata lavorativa.

Usagi era seduta sulla panchina del parco Arisugawa, un'oasi di pace in mezzo alla giungla di cemento della città, ma non era allegra come al solito. Erano trascorse settimane dal suo primo incontro con Luna, era diventata una guerriera e in poco tempo aveva trovato due nuove compagne di battaglia: Ami e Rei. Si sentiva sollevata nel condividere quell’identità segreta con altre persone, ma non riusciva a gioirne perché consapevole di dividere quel triste destino con loro.

Triste destino.

Sollevò lo sguardo per osservare alcuni studenti che improvvisavano una partita di calcio vicino alla fontana con l’orologio. Erano spensierati, allegri, totalmente ignari dell’esistenza di creature malefiche pronte ad attaccarli per rubar loro la linfa vitale.

Usagi sospirò, di nuovo. Quella mattina si beccò una ramanzina dalla professoressa Haruna a causa del peggioramento del rendimento scolastico già fin troppo precario. Odiava studiare e non era un mistero, ma le battaglie, soprattutto quelle notturne, la sfiancavano e la rallentavano nello studio.

« Uffa!» sbottò sconsolata. Il giorno prima si era recata con Rei al nuovo Luna Park per indagare su strani eventi forse collegati al nemico. Si era illusa di potersi divertire e per pochi minuti ci era riuscita, ma Rei la sgridò e per giunta di fronte a quell’odioso Mamoru. Quel ragazzo… come mai si trovava su una giostra per bambini?

Diede un calcio ad un sassolino.

«In fin dei conti anch'io ero su quel trenino.» cominciò a torturarsi le mani «Che male c'è nel volersi divertire?»

Divertimento.

Aveva bisogno di sfogarsi, di evadere da quelle responsabilità troppo grandi per una semplice ragazzina delle scuole medie. Forse anche Mamoru voleva scappare da qualcosa, in fin dei conti non sapeva perché lui si trovasse lì.

«Ehi biondina! Ci passi il pallone?»

Usagi osservò il gruppo di ragazzi che da lontano le indicavano un pallone da calcio accanto a lei. Contemplò quella sfera di cuoio bianca e nera. Era un caldo pomeriggio e tutti avevano diritto a divertirsi, giocare ed essere spensierati.

A vivere.

Tutti vivevano tranne lei, la guerriera che combatteva il male aiutata da due ragazze speciali per la salvaguardia del prossimo.

Diede un calcio al pallone con tutta la forza possibile, sfogò in quel gesto la rabbia repressa di intere notti a combattere. Si lasciò cadere pesantemente sulla panchina, gli occhi cominciarono a punzecchiare e un magone in gola le bloccò per pochi istanti la respirazione.

«Che brutta faccia! Hai avuto un'altra insufficienza?»

«Tu!» Usagi riconobbe subito quella voce profonda dal tono canzonatorio. «Se hai voglia di litigare hai scelto il momento giusto!»

Mamoru scoppiò a ridere, si tolse gli occhiali riponendoli nella borsa e si sedette vicino a lei. « È da un po' che ti osservo. Cosa ti turba?»

«Assolutamente nulla e se avessi qualche problema non verrei certo a parlarne con te!»

Il moro continuò a sorridere, si stiracchiò le braccia e si concesse un lungo sbadiglio. Era stanco, gli esami lo avevano sfinito e volle concedersi una breve pausa. Rimase seduto vicino a lei per diversi minuti in totale silenzio, un avvenimento più unico che raro.

Contro ogni previsione Usagi si trovò a proprio agio in compagnia di quello che ormai definiva il suo peggior nemico, ma in fin dei conti come poteva giudicarlo tale se non conosceva nulla della sua vita? I veri nemici erano ben altri e lui era solo un’arrogante spocchioso figlio di papà che si divertiva a punzecchiarla. Forse poteva provare a conoscerlo un po' prima di odiarlo del tutto.

«Oggi sono stata ripresa dalla mia professoressa.» Mamoru si voltò verso di lei «Ce la sto mettendo davvero tutta nello studio, ma non riesco a memorizzare nula. Sono davvero una stupida incapace»

«Non sei stupida. Forse sbagli il metodo di studio o prendi male gli appunti.»

Usagi strinse le ginocchia con le proprie dita sperando che il dolore provocato dalle unghie conficcate nella carne potesse soffocare quel pianto pronto ad esplodere da un momento all'altro. Non voleva piangere, non davanti a lui.

«Se ti va posso aiutarti…» A quelle parole la ragazza si voltò di scatto verso Mamoru che, con le guance rosse per l'imbarazzo, cominciò a balbettare « Sì, non l’ho mai fatto prima, ma se vuoi possiamo studiare insieme.»

Usagi senti il viso divenire all’improvviso bollente. «Ecco, io… sono una pessima allieva soprattutto in matematica ed inglese.»

«Potrai non credermi, ma sono bilingue.»

«Davvero?» non riuscì a trattenere un piccolo gridolino di puro stupore. Allora quell’antipatico era davvero intelligente!

«Sì, devo averlo imparato da piccolo, ma non ho ricordi.»

Usagi si ritrovò a contemplare il volto di Mamoru senza rendersene conto: era davvero bello e non era così odioso. Pensò alle parole che Rei aveva speso per lui il giorno prima al Luna Park quando lo definì un gran bel fusto senza nascondere il desiderio di potervi iniziare una relazione sentimentale.

Provò uno strano peso al petto e un nuovo nodo alla gola: Rei puntava Mamoru solo ed esclusivamente per la sua avvenenza senza interessarsi al carattere, al lato umano.

Era infastidita. Lei e le sue amiche erano delle combattenti, non potevano allacciare rapporti romantici e mettere a rischio la vita dei propri amici, cari e persone amate e Rei non doveva né poteva fidanzarsi.

Loro non erano ragazze comuni, erano diverse.

Sentì una mano accarezzarle il capo.

«Sei turbata per qualcosa e non è lo studio, vero?»

Usagi si morse il labbro inferiore. Come poteva confidargli il suo alter ego magico? “Ehi, sono Sailor Moon e sono depressa a causa di una crisi di identità in piena fase adolescenziale!” No, non avrebbe mai creduto ad una singola parola e Luna l’avrebbe uccisa per aver infranto il tabù sulla riservatezza della loro missione.

Respirò a fondo limitandosi ad annuire con il capo, sentì un fruscio e vide Mamoru alzarsi e porgerle una mano invitandola a seguirlo.

 

***

 

Erano appena saliti sulla Yurikamome e Usagi si innervosì nel vedere alcune ragazze divorare con gli occhi Mamoru per poi rivolgerele battutine di pura disapprovazione. Sapeva di non essere affascinante come Rei nè aggraziata e femminile come Naru, ma non riusciva a farsi scivolare addosso quegli sguardi denigratori.

«Come siamo taciturne!»

«Sono solo preoccupata. Non ho avvisato mia madre.»

«Tranquilla, ti accompagnerò a casa. Non ho nessuna intenzione di lasciarti da sola in mezzo alla strada di sera. A quell’ora le strade sono pericolose, soprattutto per una ragazza come te.»

Usagi strinse la cartella scolastica al petto. Stava vivendo una situazione assurda, ma non le dispiaceva, anzi: gradiva ricevere attenzioni.

«Mamoru-san, ne sei sicuro? Non vorrei che i tuoi genitori...»

«Vivo da solo.»

L’altoparlante della metropolitana annunciò l’arrivo alla fermata Odaiba Kaihinkōen, Usagi raggiunse lentamente l’uscita del convoglio conscia di aver forse parlato troppo. La risposta che aveva ricevuto era fredda, soffiata con una voce leggermente incrinata. Forse aveva dei problemi in famiglia o era stato semplicemente cacciato di casa e si era ritrovato a vivere da solo... maledetta linguaccia! Si sentì una perfetta idiota e le continue risatine di quelle studentesse peggiorarono il suo stato d’animo, ma quel disagio svanì quando Mamoru la prese per mano.

Confusa, Usagi si lasciò trascinare dal ragazzo e scesero dal treno sotto gli sguardi stupiti di quei fastidiosi passeggeri.

«Non le sopportavo più quelle galline!» Mamoru non riuscì a contenere il proprio disappunto.

«Chi?»

«Quelle cretine sul treno. Solo io posso prenderti in giro e nessun altro.»

«Che arrogante!» In una situazione normale lo avrebbe insultato per ore, ma quel pomeriggio aveva preso una strana piega. Un’ora prima si trovava da sola seduta su una panchina a deprimersi: non avrebbe mai immaginato di passeggiare mano nella mano con Mamoru verso una meta sconosciuta. Sembrava quasi un appuntamento romantico.

Camminarono per diversi minuti senza separarsi e finalmente arrivarono a destinazione, alla spiaggia di Odaiba, una località turistica con una suggestiva vista della skyline di Tokyo. Di fronte a quello spettacolo le mancarono le parole.

«Quando sono in crisi con me stesso mi rifugio qui.» Mamoru posò la borsa sulla sabbia e si levò la giacca dell’uniforme. «È una piccola oasi e a quest’ora è poco frequentata.»

«Cosa vorresti dire?»

«Sfogati.» Le prese la borsa e la posò vicino alla propria. «Urla, piangi, puoi anche picchiarmi, ma sfogati. Non tenerti dentro tutto, non voglio vederti così.»

Usagi lo guardò a lungo, in silenzio. Quello stronzo che si deliziava nel calunniarla ogni giorno era l’unico ad aver ascoltato il suo silenzioso grido d’aiuto. L’unico ad averla compresa veramente.

Gli occhi le si inumidirono velocemente, il nodo alla gola si sciolse del tutto: scoppiò in un pianto disperato. Tentò di trattenersi, ma i singhiozzi divennero più intensi. Non voleva piangere, ma qualcosa dentro di lei si ruppe e la colpa, o forse il merito, era di quel ragazzo che la stava osservando preoccupato.

Mamoru la tirò a sé e l’abbracciò forte. Voleva aiutarla, proteggerla e cancellare il dolore che le stava dilaniando l’anima. Quella ragazzina petulante era un raggio di sole nella sua buia vita. Si divertiva a prenderla in giro, era un piacevole passatempo, il momento più bello e dolce della giornata, ma quel pomeriggio aveva assunto un sapore agrodolce. Soffriva nel vederla piangere così fragile e indifesa, la strinse più forte e provò una strana, ma piacevole sensazione. Averla tra le sue braccia, respirare il profumo di quella pelle bianca e vellutata, sentire la morbidezza dei lunghi capelli biondi.

Assaporò il calore del suo corpo minuto che tremava per il pianto.

Gli piaceva quel momento.

Gli piaceva Usagi.

«Ti voglio bene.» sussurrò premendo le labbra sul capo di lei.

«Hai detto qualcosa?»

Gli occhi lucidi di Usagi lo bloccarono. Si smarrì in quello sguardo azzurro nonostante fosse bagnato di lacrime. «Ti ho chiesto se stavi bene.»

«Sì, decisamente meglio. Devo solo riprendermi un po'.»  la ragazza sciolse lentamente l’abbraccio e cercò di ricomporsi. Si toccò le guance sentendole roventi al tatto, non riusciva a capire se si trattasse di influenza o di altro. Prese un profondo respiro e cercò con lo sguardo Mamoru, trovandolo chino a rovistare tra le tasche della giacca.

«Stai cercando qualcosa?»

«Il mio cellulare. Ti consiglio di levarti le scarpe e rimanere scalza.»

Usagi non capì, il sorriso malizioso di Mamoru non prometteva nulla di buono e le note di una canzone straniera che riecheggiarono nell’aria confermò i suoi sospetti.

«Da dove viene questa musica? Sei-»

«Da Youtube! Musica occidentale.» Mamoru alzò il celllare mostrandole il videoclip del brano Wake me up dell’artista Avicii. «Sei pronta?»

«Pronta per cosa?»

Mamoru le prese entrambe le mani «A ballare con me.»

Usagi era completamente senza parole. Non sapeva ballare e non aveva mai provato a farlo seriamente, perché doveva cominciare proprio in quel momento con lui? Senza rendersene conto, si ritrovò a improvvisare una danza insieme a Mamoru. Non sapeva se si muovesse bene, ma non le importava: il ritmo di quella canzone era travolgente. Ballarano in riva al mare incurante di bagnarsi i piedi nudi: saltarono come pazzi e Usagi si abbandonò ad una risata felice, euforica e continuò a girare su sè stessa allargando le braccia in aria. Chiuse gli occhi e respirò a pieni polmoni l’aria salmastra, si sentì leggera come non lo era stata mai. Si fece cullare dalla musica e con lei anche Mamoru che, tra un passo e l’altro, la prese per la vita per unirsi a quel ballo frenetico.

«Feeling my way through the darkness guided by a beating heart. I can't tell where the journey will end, but I know where to start.»

Sussurrò quella strofa nell’orecchio di Usagi che non comprese la traduzione.

«Sei bravo, sicuro di non essere britannico?»

Mamoru rise. Usagi ebbe un brivido lungo la schiena quando sentì il respiro del ragazzo solleticarle il collo. Era una situazione sconveniente che.... oh, al diavolo! Voleva lasciarsi andare e assaporare ogni istante di quel momento.

La playlist impostata sullo smartphone di Mamoru continuò a proporre nuovi brani, prevalentemente internazionale. I ragazzi continuarono a ballare senza sosta incuranti degli sguardi incuriositi di alcuni passanti. Usagi calciava la sabbia, si fece cullare dalla musica e si rese conto che cominciava a piacerle la compagnia di quell’adolescente non più tanto antipatico.

Si fermò per qualche istante per riprendere fiato, tese le braccia verso l’alto per rilassare i muscoli quando si rese conto che il sole era quasi calato del tutto colorando  il cielo da mille sfumature vermiglie. La skyline di Tokyo illuminata era a dir poco da togliere il fiato e le luci del Rainbow Bridge che si specchiava sulla sunoperficie del mare donavano una nota romantica a quel panorama.

 «È davvero bello qui.»

«Già» Mamoru non riusciva a staccarle gli occhi di dosso: adorava quelle guance morbide arrossate e gli odango mezzi sciolti. Si avvicinò a lei e le spostò una lunga ciocca dorata dietro l’orecchio.

A quel tocco Usagi sentì il cuore saltare un battito e uno strano formicolio allo stomaco. Osservò Mamoru e restò affascinata dai suoi occhi blu così pronfondi e intensi, dalla chioma nera scompigliata e la camicia slacciata fino al terzo bottone che lasciava intravedere fin troppa pelle. Il Mamoru cinico, ingessato nell’impeccabile uniforme liceale perfettamente inamidata era sparito lasciando il posto a un diciasettenne estremamente attraente e pieno di sorprese. Qual era la sua vera natura?


Usagi si ritrovò a fissare le labbra di Mamoru, ne era rapita e non reagì quando sentì le mani del ragazzo stringerle la vita. Perché si sentiva così strana? Perché provava gelosia ogniqualvolta che Rei parlava di lui con estrema superficialità? Quel ragazzo era una persona con dei sentimenti, non un oggetto da conquistare.

Si sentiva confusa. Possibile che provasse dei sentimenti nei confronti di quel bulletto che quotidianamente la tormentava al Crown? Non sopportava le sue stupide e pungenti battute eppure si preoccupava quando non lo vedeva nei paraggi. Sentì il cuore batterle all’impazzata e voleva che il tempo si fermasse per sempre in quel preciso istante.

Mamoru aumentò la stretta delle proprie mani e si avvicinò al viso di quella piccola peste bionda. Non aveva mai provato un’attrazione così forte per una ragazza. Voleva stringerla nuovamente tra le sue braccia, accarezzarle il capelli e assaggiare quelle labbra socchiuse così invitanti. Con una mano le sfiorò il viso e col pollice accarezzò il labbro inferiore di quella ragazza che, stringendosì più vicina a lui, smise di respirare per qualche secondo.

Il rumore di un ramo rotto interruppe quell’incantesimo. Mamoru si bloccò e Usagi distolse lo sguardo da lui per focalizzarsi sui propri piedi nudi.

«Ecco, io...» incespicò sulle parole. «Non so come ringraziarti per...oggi.» Si morse il labbro. Non sapeva se maledire o ringraziare quel rumore sospetto. Cosa sarebbe successo se non fossero stati interrotti? L’avrebbe baciata? E se lo avesse fatto, cosa sarebbero diventati loro due?

Mamoru si grattò il capo maledicendo la propria goffaggine. Perché si era bloccato come un beota? In fin dei conti quel rumore era stato causato da un gatto randagio, perché allarmarsi per un nonnulla? Idiota, si definì un idiota completo.

«Mi dai il tuo numero?» chiese tutto d’un fiato ricorrendo all’ultimo briciolo di coraggio rimasto in corpo.

«Oh!» Usagi divenne paonazza. «È per studiare insieme?»

«Sì, per lo studio...» Mamoru le consegnò il cellulare. La vide digitare veocemente il numero e salvarlo in rubrica: Usagi Tsukino. Anche il cognome era carino, come lei. «Ci vediamo domani al Crown?»

Usagi finì di sistemarsi alla meglio gli odango. Sorrise e annuì col capo. «Con cosa cominciamo?»

«Inglese. Tradurremo insieme la canzone di stasera.» la prese per mano e intrecciò le proprie dita con quelle della ragazza. «Ti riaccompagno a casa.»

 

 

 

 

Note:

Questo capitolo è ambientato subito dopo l’episodio numero 11 della prima serie ed è un anticipo del prequel della mia saga Pandora :)

 

Durante un lungo viaggio in macchina ho sentito per caso la nuova hit di Jason Derulo, un brano che per non so quale motivo mi ha preso non poco e mi ha ispirato per la stesura di questo capitolo

 

La canzone citata è dell’artista Avicii, scomparso prematuramente. Amo quel brano e il testo mi sembrava più che adatto per descrivere al meglio il “mal de vivre” di Mamoru.


Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

Non smetterò mai di ringraziarvi per non aver smesso di leggermi.

 

A presto!

Amnisya

 

https://www.facebook.com/Amnisya82/

 

   
 
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