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Autore: Caroline94    24/08/2020    2 recensioni
Tre Regni.
Una guerra che non lascia tregue.
Due ragazzi i cui cammini sono destinati ad intrecciarsi.
La vita o la morte.
🍀🍀🍀🍀
Dal testo:
{Gli uomini intorno al falò si mossero in imbarazzo ma non diedero risposta alla sua domanda.
Solo Wyrda, capitano della terza squadra e veterano di guerra, si decise a prendere la parola: “È un racconto popolare del nostro Regno, una specie di leggenda sulla nascita di Zolfanello City” spiegò, quasi divertito “È una storia che si racconta ai bambini che non vogliono dormire”.
Raf non fece una piega, scavalcò il tronco sedendosi tra Wyrda e Luefra, aggiustandosi la lunga gonna del vestito “Mi piacerebbe ascoltarla” decretò, infine.
Wyrda la fissò intensamente per qualche istante, poi bevve un lungo sorso di idromele: “Molto bene” acconsentì “In quanto promessa Ministrante conoscerete senza dubbio Zar’roc, il demone esiliato sulla terra per i suoi tentativi di rivolta contro Mefisto il Dio delle Tenebre” cominciò. Raf annuì. […]
“Ebbene, si dice che Zar’roc, giunto sulla terra in forma umana, si accoppiò con una sacerdotessa mortale concependo dal suo grembo il primo essere conosciuto metà demone e metà umano: Anya, fondatrice e prima Imperatrice di Zolfanello City…”}
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Raf, Sulfus | Coppie: Raf/Sulfus
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest
Capitoli:
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Raf si svegliò di soprassalto quando udì un rumore sinistro provenire da fuori. Non era sicura di averlo sentito per davvero o solo sognato: era molto simile al suono che faceva un sacco di farina quando veniva lasciato cadere al suolo, ma dubitava fortemente che a qualcuno servisse della farina a quell'ora della notte.
Si mise seduta, tendendo le orecchie alla ricerca di un altro accenno, ma non udì altro che il silenzio più totale, rotto solo dal lieve canto dei grilli. Scese dal letto e infilò le scarpe, sgusciando cautamente fuori dalla tenda per guardarsi furtivamente intorno nel buio, e si incamminò verso la fonte del suono, sul lato sinistro dell'accampamento. Percorse solo pochi metri prima di scorgere, poco distante, una grande tenda viola; non sapeva chi ci fosse dentro e stava giusto pensando di tornare a dormire quando uno dei suoi passi fu seguito da un suono viscido e piatto, come se avesse calpestato una pozzanghera.
Fece una smorfia e si fermò, abbassando lo sguardo: il lieve chiarore delle stelle, però, le mostrò una densa macchia scura nell'erba che sicuramente non poteva essere acqua. Seguí con lo sguardo la scia di piccole tracce lí accanto finché, poco distante da lei, scorse una sagoma riversa sul terreno accanto ad una tenda. Socchiuse gli occhi cercando di capire cosa fosse e, quando la luna sbucò con perfetto tempismo da dietro una nuvola, si ritrovò ad osservare agghiacciata il corpo senza vita di uno dei soldati, riverso in una pozza di sangue. Sussultò e scattò all'indietro, andando a sbattere contro qualcosa. O qualcuno.
Sentì il cuore smettere di battere per un istante e un respiro lento e profondo poco sopra di lei; deglutì e si voltò lentamente, trovandosi sovrastata da un'alta figura avvolta in un mantello nero. Il suo volto era coperto da un velo che gli avvolgeva l'intero capo, lasciando liberi solo gli occhi di un nero intenso. Raf si allontanò di scatto e l'uomo estrasse un lungo coltello dal fodero allacciato alla propria vita, con l'impugnatura dorata e la lama dalla bizzarra forma di un fulmine. Si avventò in due passi su di leì e alzò la mano con l'arma, pronto ad affondarla nel suo esile corpo; la ragazza fece alcuni passi indietro istintivamente e urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Ci fu un lampo, una mano sbucò alle spalle dello sconosciuto e una lama si conficcò nel suo collo; l'uomo si fermò di colpo, con un gemito, e rimase in piedi per qualche istante mentre il sangue schizzava a fiotti fuori dalla ferita, macchiandogli la tunica, poi il coltello scivolò dalla sua mano e cadde inerme ai piedi della ragazza, che si portò le mani alla bocca per soffocare un altro grido. Alzò gli occhi, terrorizzata e inorridita, solo per scorgere l'alta figura di Temptel a pochi passi da lei che ancora stringeva il pugnale insaguinato in una mano.
La donna guardò con sommo disprezzo il cadavere esalando, con voce tagliente, un poco delicato: "Figlio di una meretrice!"
Pochi istanti dopo le luci illuminarono il campo e i soldati uscirono fuori dalle tende di gran carriera reggendo spade e torce, attirati dal baccano, solo per trovarsi dinnanzi il macabro spettacolo. Ascar, in prima fila, imprecò coloritamente in dialetto mentre Either correva al capezzale del compagno orami defunto, reggendo una grande torcia davanti a sé per osservare meglio le ferite.
"Temptel cosa... che diamine...?" esclamò Wyrda, non riuscendo a capire cosa fosse successo.
"Un bandito?" domandò Luefra, rinfoderando la spada una volta compreso che non vi fosse più alcun pericolo.
"Può darsi" rispose la donna, mettendo di malagrazia il proprio pugnale tra le mani di Wyrda, sporcandogli la camicia di sangue; si piegò quindi sul cadavere dell'uomo e lo girò, scoprendogli il viso. Raf osservò quasi disgustata quel volto pallido, macchiato di rosso su un lato, mentre Temptel lo esaminava; poi si voltò e recuperò il lungo coltello dal terreno. "Questo di certo non appartiene ad un bandito qualunque" esclamò, osservandolo da vicino, per poi alzarsi in piedi "È entrato nella mia tenda ma è uscito quasi subito dopo avermi vista nel letto. Evidentemente cercava qualcosa..." rimuginò "...o qualcuno" aggiunse, assorta, voltando lentamente gli occhi su Raf ancora ferma in mezzo alla radura, totalmente sconvolta. Tutti i presenti fecero lo stesso e la ragazza si ritrovò all'improvviso sotto l'attenzione generale, cosa che aumentò il senso di disagio e spossatezza. Possibile che l'uomo cercasse davvero lei? E per cosa? Ucciderla? E perché?
Si riscoprì terribilmente spaventata, rendendosi conto solo in quel momento di aver appena scampato alla morte per pura fortuna: se non fosse entrato nella tenda sbagliata probabilmente Temptel non si sarebbe mai svegliata e lei avrebbe fatto la fine di quel povero soldato.
Dopo un lunghissimo istante di gelido silenzio, la donna mise giù l'arma e si voltò verso due uomini: "Riaccompagnate la principessa nella sua tenda e rimante di guardia lì fuori per stanotte" ordinò "Wyrda, voglio una pattuglia a ricoprire tutto il perimetro del campo: non deve entrare più neanche un topo quì dentro. E sveglia mio nipote: digli che ho urgente bisogno di parlargli" aggiunse. L'uomo annuì e lei si voltò per dirigersi verso la grande tenda viola poco distante "Ah, fatemi il favore di ripulire prima di domani mattina, non mi va di ritrovare ancora quel cadavere sulla porta al mio risveglio" esclamò a voce alta, sparendo tra gli uomini.
I due soldati si avvicinarono a Raf, ancora assorta nei propri pensieri, che sobbalzò quando sentì una mano posata sulla propria spalla e, dopo un attimo di smarrimento, lasciò che la riconducessero nella sua stanza. Entrò nella propria tenda e si sedette, ancora tremante, sul letto osservando le ombre dei due uomini fermi accanto all'entrata, visibli attraverso la stoffa grazie alle luci ancora accese fuori. Respirò a fondo e si prese le spalle tra le mani, cercando di calmarsi, ma in ogni minuto che passava sentiva crescere dentro di sé la paura e l'ansia: perché mai qualcuno avrebbe dovuto ucciderla di proposito? Che cosa aveva fatto per meritarselo? Era forse una specie di vendetta nei confronti di Angie Town? Ma era assurdo, il regno non aveva nemici e non aveva mai fatto alcun torto a nessuno per meritare una cosa simile.
Aveva la testa piena di domande ma non riusciva a trovare una risposta a nessuna di esse. L'unica cosa certa era che non avrebbe chiuso occhio, quella notte.








Era ormai mattina inoltrata quando raggiunsero Alevler, un villaggio rurale sulla sponda di un lago a sud della capitale. Raf, che aveva passato la notte in bianco, aveva dormito a tratti durante il viaggio ma ogni volta che chiudeva gli occhi finiva sempre per rivedera la scena della sera prima e si svegliava continuamente, di soprassalto. Miki e Ruàn avevano saputo dell'accaduto da Either ed erano rimaste quasi più sconvolte di lei ma non le avevano posto domande, limitandosi ad offrirle un po' di silenzioso conforto che la ragazza aveva apprezzato tantissimo. Ma l'intera scorta era in allerta e lo dimostrava la stretta sorveglianza che avevano posto intorno alla fanciulla, premurandosi di impiegare ben sei uomini armati fino ai denti ad accompagnare la carrozza in quell'ultimo tratto di viaggio.
Fu quindi con una sorta di sollievo che Raf accolse la notizia che erano finalmente giunti alla prima tappa della loro destinazione. Luefra la fece scendere dalla carrozza e, insieme ad Ascar, la accompagnò personalmente nei pressi della piccola casetta di legno, costruita appositamente sulle sponde del lago in vista del suo arrivo, dove ad attenderla vi era una giovane donna riccamente vestita accompagnata da un ampio corteo di damigelle e cortigiani.
Appena si fu fermata dinnanzi a lei, la dama si inchinò elegantemente al suo cospetto: i lunghi capelli neri erano raccolti sopra la nuca, lasciando le estremità sciolte cosí le ricadessero sulle spalle e sulla schiena, e la guardò con una sorta di curiosità ben evidente nei suoi limpidi occhi verdi.
"Il mio nome è Lily e sono la duchessa di Isono" si presentò, con voce bassa e armoniosa "Sono stata incaricata di accogliervi nel nostro regno e scortarvi fino al palazzo reale, una volta che sarete pronta" spiegò, indicando la casetta alle proprie spalle "Abbiamo già allestito tutto: all'interno vi sono sei domestiche che si occuperanno di prepararvi e farvi indossare la veste cerimoniale. Non abbiamo alcuna fretta, perciò prendetevi tranquillamente tutto il tempo che vi serve" concluse, con un dolce sorriso.
Raf, che non aveva capito granché di quella storia del preparla e farle indossare una "veste cerimoniale", si limitò ad annuire e ringraziare, varcando poi la piccola porticina. L'interno era composto da due piccole stanze ornate con lo stretto necessario per fare un accurato lavoro di restyling. Sei cameriere vestite con lunghi abiti rossi dai grembiuli bianchi la accolsero con una breve riverenza per poi prenderla sotto le proprie cure.
Due di loro la portarono dietro il paravento e iniziarono a spogliarla, piuttosto frettolosamente, poi la condussero nella stanza accanto dove era stato posizionato un piccolo catino pieno di acqua calda e sapone. La immersero senza troppi complimenti e tre di loro iniziarono a lavarle accuratamente il corpo e i capelli, togliendo tutti i residui di quel lungo e sfiancante viaggio.
Quando decretarono che fosse abbastanza la fecero uscire, le versarono un secchio di acqua fredda sul capo per far scivolare via tutti i residui di schiuma rimasti e la avvolsero in un accappatoio, riportandola nella stanza precedente. Le asciugarano e le pettinarono i capelli, acconciandoli in una lunga treccia che fermarono intorno al capo e le passarono un po' di cipria sul volto (abbondando sotto gli occhi, dove erano evidenti i segni del mancato riposo). Dopodiché la riportarono dietro al paravento e iniziarono a vestirla con intimo, calze e corsetto rigorosamente neri; quest'ultimo venne strinto abbastanza generosamente e Raf si ritrovò tristemente catapultata alle vecchie abitudini. Poi le misero davanti il lungo abito che avrebbe dovuto indossare per presentarsi dinnanzi alla corte del re: era molto semplice con un colletto alto e le maniche lunghe, sui toni di un rosso piuttosto sgargiante, che le infilarono delicatamente dalla testa. Infine fu la volta delle scarpette, basse e in pelle pregiata, in tinta con il vestito. Non poteva indossare alcun gioiello tranne l'anello di fidanzamento, come si premurarono di ricordarle le ragazze e Raf le guardò per un momento, totalmente persa. Quando capì a cosa si riferissero cercò di ricordare dove lo avesse messo: "Ehm... è in uno dei bagagli" rispose, titubante "La mia cameriera dovrebbe sapere dove."
Una delle domestiche uscì a recuperarlo e Raf rimase seduta davanti alla toeletta, mentre intorno a lei le altre donne rimettevano in ordine. Si ritrovò così a fissare il proprio riflesso nello specchio, quasi stancamente, pensando che di lì a poche ore si sarebbe trovata al cospetto dell'intera corte e dei sovrani stessi. Sentì la gola secca e un senso di nausea risalirle dallo stomaco, insieme all'angoscia e alla preoccupazione; un'altra cosa che aumentò il suo stato di ansia fu il pensiero che la cerimonia di nozze si sarebbe svolta quella sera stessa. Entro la fine della giornata sarebbe stata sposata.
Le venne da vomitare.
Si voltò verso una delle ragazze, intenta a sistemare la toeletta davanti a sé, e cercò di parlare senza rimettere l'anima: "Scusami... sarebbe possibile avere un bicchiere d'acqua?" domandò. Lei sembrò stupita da quella richiesta ma annuì e uscì dalla stanza. Rimasta sola Raf respirò a fondo per calmarsi, quasi non badando alla ragazza che si stava avvicinando a lei almeno finché, alzato lo sguardo, non la vide riflessa nello specchio mentre estraeva qualcosa dalle pieghe della gonna. Il sole che entrava dalla piccola finestrella brillò su un oggetto di metallo e, quasi istintivamente, Raf scattò come una molla dallo sgabello proprio mentre la ragazza affondava la lama di un pugnale a forma di saetta nell'aria, dove un attimo prima vi era la sua schiena.
Fu un momento di panico totale nel quale una sola domanda nacque nella mente di Raf: Di nuovo?
Evidentemente Temptel aveva ragione: qualcuno ce l'aveva proprio con lei e così tanto da volerla fare fuori. La donna assottigliò lo sguardo e tirò un fendente nella sua direzione, che la ragazza avrebbe sicuramente preso in pieno se una mano non l'avesse spinta via, facendola finire contro la toeletta: la lama colpì al volto Lucy, una delle domestiche, graffiandole una guancia. In tutta risposta lei, incurante del sangue che le scivolava lungo il viso, disarmò la donna con un calcio e le tirò un pugno dritto sul naso senza troppi complimenti, mandandola al tappeto. Ella, tuttavia, si voltò piuttosto inferocita e cercò di raggiungere il pugnale a pochi passi da lei.
Raf, confusa e stordita dalla botta che aveva preso al fianco quando era andata a sbattere contro il mobiletto, fece l'unica sensata che le venne in mente: afferrò la boccetta di cipria vicino a lei e gliela soffiò in faccia, colpendola negli occhi, facendola gemere di dolore e arrestando la sua avanzata. Fu questione di un attimo: un'altra domestica l'afferrò per un braccio, trascinandola verso un angolo della stanza, avvolgendole le spalle e il capo con le braccia e stringendosela al petto. Poi la porta venne sfondata con un colpo: quattro soldati, capitanati da Ascar, apparvero sulla soglia brandendo le spade.
L'attentatrice alzò lo sguardo su di loro, mostrando gli occhi rossi e gonfi contornati di bianco, rotolò su un fianco e afferrò la propria arma; infine, sotto lo sguardo agghiacciato di Raf, si tagliò la gola senza alcuna esitazione cadendo esanime sul pavimento di legno.
Ascar emise un verso frustrato e rinfoderò la spada: "Dannazione!" esclamò, avvicinandosi al suo corpo e togliendole il pugnale di mano "Uguale all'altro. Temptel aveva ragione" aggiunse, osservandolo, tenendolo con la lama rivolta verso il basso per non sporcarsi le mani con il sangue fresco che vi gocciolava.
Raf, ancora stretta tra le braccia della domestica, fissava ad occhi sgranati quell'orrida scena, non trovando una spiegazione a ciò a cui aveva appena assistito. "Perché?" domandò, con voce tremolante, attirando l'attenzione degli astanti. Degluti e specificò "Perché si è uccisa?"
Ascar la guardò per un istante e tirò fuori dalla tasca un grande fazzoletto bianco nel quale avvolse il pugnale: "Per non parlare" rispose "Sapeva che l'avremmo interrogata per sapere chi l'avesse mandata ad uccidervi e ha preferito la morte piuttosto che tradire i propri mandanti."
L'uomo incastrò il fagotto nella propria cintura e sospirò: "Queste non sono coincidenze, principessa" aggiunse, con voce grave "Qualcuno non vuole che arriviate in città."
Quelle parole trafissero Raf come – ironicamente – una lama gelida lasciandole un enorme peso sul petto e sullo stomaco. Ascar chinò il capo in direzione delle due donne, come ringraziamento per il loro intervento, che risposero con cenno simile, poi prese la ragazza in custodia e la scortò personalmente fino alla carrozza con cui la duchessa Isono era arrivata. Le venne consegnato l'anello di fidanzamento che indossò, seppur con mani tremanti, all'anulare sinistro. Poi prese posto di fronte a Lily e partirono, seguite dal proprio corteo e dalle altre carrozze di Raf, dirette alla capitale. Eppure, continuava ad avere davanti agli occhi l'immagine della donna che si toglieva la vita, ripetendosi ad oltranza come un disco rotto: aveva visto ben due persone morire di fronte a lei e solo nel giro di poche ore; questo sarebbe bastato a far venire a chiunque un esaurimento nervoso, eppure lei sentiva di non poterselo permettere. Aveva come un blocco, dentro di sé, che le ripeteva di non poter fare scenate isteriche o di pianto in mezzo a tutte quelle persone.
Paradossale ma tristissimo allo stesso tempo.
Lily prese la parola dopo qualche minuto spiegandole, con pazienza e delicatezza, cosa sarebbe successo una volta giunti a destinazione e cosa prevedeva il protocollo cerimoniale: non si sarebbe svolto all'interno del palazzo, come credeva, ma dinnanzi e, quindi, di fronte a tutti gli abitanti del posto. Sulfus l'avrebbe accompagnata fino al cospetto del re e la principessa le avrebbe fatto dono di una spada...
"U-una spada?" la interruppe lei, incredula, credendo di non aver capito bene e distraendosi un attimo da tutti quei macabri pensieri. La donna alzò gli occhi su di lei, stupita da quell'intervento.
"Sì, principessa" annuì, come se fosse normale regalare un'arma ad una ragazzina di tredici anni "È una tradizione del nostro regno donare una spada alla futura regina: fu la prima Imperatrice in persona a dare il via a quest'usanza regalando la propria alla figlia quando convolò a nozze, un'usanza che continuiamo a mantenere tutt'oggi. Quella spada è il simbolo della forza e della tenacia che ha sempre contraddistinto la linea femminile della famiglia reale, nonché un augurio di non perdersi mai d'animo ed essere in grado di affrontare con grinta e fierezza ogni problema. Ovviamente la vostra è stata forgiata appositamente per voi in vista del vostro arrivo: la spada della prima Imperatrice non è più stata erditata da dopo la Grande Guerra e giace in una teca commemorativa nella Stanza del Tesoro" spiegò "Sarà la principessa ad affidarvela poiché, come prevede la tradizione, l'arma può passare solo di donna in donna e la nostra regina, purtroppo, non è più tra noi."
Raf annuì registrando quel pezzo di storia, affascinante senza dubbio, con ben poco entusiasmo: quello che era appena successo e il pensiero di ciò che stava per accadere avevano smorzato persino la sua passione per il sapere. Lily inclinò un po' il capo, guardando la sua espressione tesa con malinconia.
"Qualcosa non va?" domandò. Raf alzò gli occhi su di lei, arrossendo un po', senza smettere di giocare con la gonna dell'abito per il nervosismo.
"Beh, è solo che... francamente parlando non mi sento molto forte e tanace in questo momento" ammise con un sospiro. La donna osservò quella ragazzina seduta di fronte a sé con aria affranta e preoccupata e non poté fare a meno di provare una certa dose di empatia nei suoi confronti, cercando anche solo lontamente ad immagine come dovesse sentirsi, e si riscoprì improvvisamente triste.
"Se posso permettermi, principessa, avete scampato a due tentativi di assassinio nei vostri confronti in poche ore e ancora non avete avuto un crollo nervoso: se non è forza d'animo, questa, non so cosa altro possa esserlo" ammise, dolcemente "Non avete nulla da temere, questa è casa vostra ora e sarete trattata con l'amore e il rispetto che meritate."
Forse era proprio quello il problema: Raf non sapeva se meritarselo o no quell'amore e quel rispetto che, era indubbio, le avrebbero dato solo in quanto futura regina di Zolfanello City.
Aveva di nuovo la nausea e quella sensazione l'accompagnò per la restante ora di viaggio, quando finalmente giunsero alle porte della città. Dal finestrino della carrozza poté scorgere i lati delle strade gremiti di persone in festa, gioiosi e bramosi di accogliere la loro nuova principessa. La ragazza, dal canto suo, aveva l'umore sotto le scarpe che non migliorò neanche quando attraversarono i cancelli del palazzo reale, dove l'interno della mura era pieno di persone (nobili, supponeva, visti i loro abiti appariscenti); il suo cuore si fermò con la carrozza e, per un attimo, sentì le gambe così intorpidite che non era sicura di riuscire a scendere. Cercò di farsi coraggio e assumere più compostezza possibile quando lo sportello venne aperto: un cortigiano l'aiutò a scendere i gradini e Lily la condusse fino ai piedi delle grandi scale, scavate nella roccia nera, che conducevano ai portoni del palazzo.
L'intero castello si ergeva su un enorme scogliera, Raf riusciva a sentire il suono delle onde che si infrangevano contro la base della stessa al di là delle alte mura di cinta, ed era interamente fatto di mattoni e pietre nere come la pece; solo le tende rosse e viola che sporgevano dalle finestre davano un po' di colore al tutto non riuscendo, tuttavia, a smorzare quell'atmosfera lugubre che circondava l'intera magione. I lati delle scale erano occupati da decine di persone e, in cima, l'imperatore Isihogo la stava aspettando vestito di tutto punto con l'uniforme militare d'onorificenza; dietro di lui vi era un ufficiale che stringeva tra le mani, in perfetto equilibrio sui palmi, un lungo fagotto avvolto in seta dorata. Accanto al re, un solo gradino più in basso, vi era una ragazza poco più piccola di lei con corti capelli viola e grandi occhi gialli, con indosso un lungo abito a balze di tre differenti tonalità di viola (uno per ogni strato della gonna) aperto sul davanti così da lasciar intravedere le spesse calze nere e gli stivaletti in tinta; solo una giacchetta dalle maniche lunghe le copriva le spalle e il corpetto era ornato da grandi disegni di fiori bianchi. Un piccolo ed elegante diadema in oro bianco ornato da diamanti blu era poggiato sul suo capo e immaginò, dunque, che fosse la sorella minore di Sulfus. Quest'ultimo, invece, se ne stava in piedi alla base delle gradinate, in attesa che lei lo raggiungesse per salire insieme.
L'unica persona che non vide fu Temptel ma non ebbe molto tempo per chiedersene il motivo: Lily si allontanò da lei, prendendo posto su uno dei gradini insieme agli altri nobili, e il ragazzo le tese mano. Raf, nervosa al massimo e sul procinto di sentirsi seriamente male, dovette fare uno sforzo immane per restare lucida: poggiò le dita sulle sue e iniziò a salire lentamente la grande scalinata al suo fianco... sperando di non svenire prima di arrivare in cima, ovviamente. Sentiva gli occhi di tutti su di sé e il silenzio che era calato d'improvviso intorno a lei le risuonava quasi assordante nelle orecchie. Sperava che finisse tutto in fretta, non sapeva se sarebbe riuscita a reggere ancora a lungo quell'atmosfera.
Si fermarono sul penultimo gradino, proprio di fronte all'uomo, e Raf si prese la gonna fra le mani inchinandosi in una profonda riverenza come prevedeva la tradizione, in attesa. Isihogo la guardò per un lungo istante poi si voltò e tolse il velo dal fagotto, mostrando un lungo e sottile fodero azzurro ornato da smeraldi e opali grossi come noci; l'elsa era in oro bianco con, incastonato nell'impugnatura, un grande diamante purissimo. La prese tra le mani e si voltò verso la figlia, affidandogliela con cautela; Raf alzò la testa e si tirò in piedi, sentendosi tremendamente piccola sotto lo sguardo scuro e indagatore dell'uomo e quello curioso della ragazza.
"Vi faccio dono di questa spada, principessa..." cominciò Isihogo, con voce profonda e tonante "...e insieme ad essa della mia benedizione."
La principessina si avvicinò a lei e le porse il fodero senza staccarle gli occhi di dosso; Raf la prese con mani tremanti, sperando di non farla cadere, e nel momento esatto in cui le sue dita si strinsero intorno ad essa il popolo e i nobili esplosero in un tripudio di grida, applausi e fischi, facendola sussultare impercettibilmente. Si voltò verso di loro, stringendo a sé la spada, sentendo come mai prima di allora il peso di tutto ciò che quella cerimonia significava e le venne una fitta allo stomaco.
Quello, dopotutto, era solo l'inizio.






Raf aveva quasi dimenticato come si vivesse serenamente. Aveva avuto talmente tanta angoscia in quelle ultime ore e con una tale intensità che le sembrava di non aver mai provato nessun'altra emozione nella propria vita. Dopo la cerimonia di benvenuto una damigella l'aveva scortata fino a quella che, da quel momento in poi, sarebbe stata la sua stanza, seguita da un gruppo di domestici che trasportavano tutti i suoi bagagli, poi se n'erano andati per farla riposare un po' in vista del matrimonio che si sarebbe svolto di lì a poche ore.
Rimasta sola, la ragazza si era seduta ai piedi del letto e si era sciolta in lacrime, dando sfogo a tutte le emozioni accumulate dalla sera prima. Non sapeva neanche lei da quanto tempo stesse piangendo, sfilando un fazzoletto dopo l'altro dal pacchetto posto sul comodino, fatto stava che ad un certo punto credette davvero di poter morire disidratata.
Non si era neanche tolta l'abito di dosso e il corsetto le dava fastidio ogni volta che singhiozzava, ma non aveva voglia di alzarsi e litigare con quella roba (togliersi un corsetto da soli era un'impresa titanica, anche se non impossibile); si era appena asciugata le ultime lacrime quando qualcuno bussò alla porta. Tirò su con il naso e mormorò un "Avanti" con voce rotta, non le interessava neanche sapere chi fosse o di farsi trovare in quelle condizioni pietose: tanto peggio di così non poteva andare.
"Ok, questa non era esattamente la scena che mi aspettavo di vedere... ma presumo fosse prevedibile" ammise una voce che lei conosceva anche troppo bene: sospirò stancamente quando, alzato lo sguardo, scorse Sulfus a pochi passi da lei.
"Senza offesa, ma mi piacerebbe rimanere sola mentre mi deprimo" esalò, gettando con malagrazia il fazzoletto nel piccolo cestino già pieno.
Il ragazzo era evidentemente a disagio in quella situazione ma non sembrava per nulla intenzionato ad andarsene, con grande disappunto di Raf; si schiarì la gola ed era ovvio che non sapesse cosa fare. "Oh, suvvia, tolto tutto quì non si vive poi così male" disse d'un tratto, in un maldestro tentativo di tirarle su il morale, ma lei capì al volo che lui, di fatto, non aveva capito una ceppa.
"Non è questo il problema" esclamò, esausta, afferrando un altro fazzoletto e soffiandosi il naso.
"Allora è per le nozze?"
"Neanche."
A quel punto Sulfus era davvero confuso: "Temo di non seguirvi" ammise infine. La ragazza scosse il capo, rassegnata, e sentì di nuovo le lacrime pungerle gli occhi.
"È la situazione" esplose infine "Avete anche solo una vaga idea dell'ansia e dell'angoscia che ho avuto addosso tutto il santo giorno? Per non parlare delle cose assurde che sono successe nelle ultime ore: per la miseria, da ieri sera ho visto ben tre persone morte e di cui due ammazzate davanti ai miei occhi... non è proprio una passeggiata a livello morale" esclamò, sfogandosi con tutta la rabbia che aveva in corpo "Non è solo sconvolgente sapere che qualcuno mi vuole morta, è anche frustrante e mi fa incazzare tantissimo. Sto cercando di sfogare tutte queste emozioni nel modo più innocuo possibile ma prima o poi finirò le lacrime e cosa mi resterà da fare a quel punto?!" concluse, tamponandosi gli occhi con il fazzoletto "E poi si può sapere perché regalare una spada ad una ragazzina? Io non la so neanche usare una spada!" aggiunse, come se fosse il problema principale in tutta quella faccenda, guardando il lungo fodero azzurro poggiato sul muro di fronte a sé. Si prese la fronte in una mano e lasciò che tutte le lacrime di rabbia, angoscia e frustrazione che aveva le scorressero allegramente sulle guance: tanto valeva farle uscire, a quel punto.
Scese un lunghissimo istante di silenzio nel quale il ragazzo la fissò, sconcertato e un po' disorientato: quando l'aveva vista piangere sul pavimento della stanza aveva immaginato ben altri motivi dietro quel comportamento e di certo non erano quelli da lei elencati. Certo, aveva saputo cosa era successo quella notte e Ascar lo aveva aggiornato sugli eventi della mattinata... ma non gli era minimamente passato per l'anticamera del cervello una reazione simile da parte sua. Era sorpreso, per non dire turbato, e disse la prima cosa che gli venne in mente.
"Quella non è da usare" spiegò, titubante, indicando la spada "È solo per bellezza..."
Raf aprì gli occhi, voltandosi piano verso di lui con uno sguardo al contempo gelido e incredulo per quel che aveva appena udito: di tutto ciò che aveva detto era davvero di quello che si era preoccupato?
Sulfus, inteso perfettamente di aver detto una stupidaggine, cercò di correre ai ripari: "Ma non è questa la cosa importante" annuì, grattandosi il capo con imbarazzo. Lei sospirò, poggiando l'avambraccio sul ginocchio rialzato, seriamente convinta di aver toccato definitivamente il fondo e che non sarebbe tornata su tanto presto. "Non so quanto questo possa esservi di conforto ma almeno quì siete al sicuro da chiunque voglia farvi fuori" aggiunse.
"Oh, che bello" mormorò, con un sottile velo di ironia nella voce, quasi come se il pensiero di essere fatta a pezzi non fosse poi così brutto in fin dei conti.
Lui la guardò qualche altro istante poi s'infilò le mani nelle tasce dei pantaloni: "Volete deprimervi un altro po?" chiese.
"Sarebbe molto utile, sì" ammise Raf. Il ragazzo annuì.
"Molto bene, vi lascio tranquilla" rispose, voltandosi ed uscendo lentamente dalla stanza. Quando si fu richiuso la porta alle spalle, Raf abbandonò stancamente la testa sulla sponda del letto e sospirò, asciugandosi le guance bagnate con il fazzoletto; ripensò che, fino ad allora, i loro incontri erano sempre stati molto pacifici e tranquilli mentre, in quel momento, gli aveva praticamente urlato contro in lacrime tutta la propria frustrazione per la situazione inverosimile in cui si era ritrovata (apparentemente) senza alcuna spiegazione plausbile. Aveva apprezzato, in ogni caso, che avesse capito che ciò di cui aveva davvero bisogno era piangere e non l'avesse riempita di frasi fatte per tentare di calmarla.
Restò seduta per terra ancora qualche minuto abbondante, poi si diresse verso il bagno per sciacquarsi il viso con dell'acqua fredda e calmarsi un po'. Era la prima volta che guardava la camera con attenzione e si rese conto, con un certo stupore, che fosse molto meno macabra rispetto all'estermo del palazzo: le mura erano dipinte di un tenue color crema, ornate da sottili ghirigori verde smeraldo che rappresentavano degli arbusti (con tanto di foglioline attaccate) intrecciati tra di loro; la porta era ampia, a due ante, e di una tonalità molto simile a quella delle pareti; il grande letto a due piazze aveva un baldacchino e delle tende in filigrana di uno sgargiante rosso acceso, mentre le coperte erano bianche con i bordi e ampi disegni di gigli dorati. Vi erano poi un armadio, due comodini, una scrivania e un paravento sparsi per la stanza. La parte più bassa della parete alle spalle del letto, invece, era costellata di grandi pannelli bianchi in legno, con un massimo di dieci centimetri di distanza uno dall'altro, come ornamento.
Infine c'era la grande finestra proprio accanto al letto, di fronte la porta, ornata da lunghe tende rosse che dava direttamente sul mare aperto. Una vista spettacolare, senza dubbio, accentuata dal sole che si stava lentamente avviando verso il tramonto.
Sospirò, poggiando gli avambracci sul bordo e affacciandosi per godersi meglio il panorama, respirando a fondo la brezza salina che arrivava fin lassù: aveva appena trovato un altro lato positivo.
Bussarono nuovamente alla porta, facendola sobbalzare, e sperò che non fosse ancora Sulfus o sarebbe stata capace di gettargli il fodero della spada contro; si schiarì la voce ed esalò un leggiadro: "Avanti" che non mascherò del tutto la voce ancora roca per il pianto.
Quattro domestiche entrarono di gran carriera portando con sé una grande valigetta di pelle nera, talmente pesante che erano in due a tenerla, e annunciarono che doveva iniziare a prepararsi per la cerimonia di nozze. A Raf salì un groppo in gola a udire quelle parole ma non poteva sottrarsi a ciò, quindi lasciò che l'aiutassero a togliersi l'abito rosso e tutti gli accessori incorporati; aprirono la valigia, poggiata sul letto, mostrando un ampio abito da sposa bianco al suo interno che Raf trovò esageratemente pomposo.
Le fecero indossare l'intimo, le calze, il corpetto e delle alte scarpe argentate. Poi le sciolsero i capelli e li pettinarono accuratemente, acconciandoli in un complicato chignon tutti i giri e ghirigori dietro la testa, fermandolo con decine di ferretti, lasciando sole due lunghe ciocche di capelli ai lati del viso che arricciarono con un ferro caldo; la truccarono leggermente e, infine, l'aiutarono ad entrare nel vestito e lo tirarono su, stringendo il corpetto perché aderisse il più possibile.
Quando si guardò allo specchio a Raf sembro di essere una meringa gigante: il corpetto era semplice, senza spalline, e con un complicato disegno di cristalli che scendeva dal bordo fino alla vita. La gonna era composta da due strati: il primo, che fungeva da base, era di un tessuto molto pesante e pieno di ghirigori cuciti con della stoffa; sopra, invece, era stato poggiato un velo di chiffon ripiegato su sé stesso diverse volte, aperto sul davanti così da mostrare gli ornamenti della gonna di sotto, e acconciato così da creare diverse onde. In cima e tutto, proprio sotto la vita, sul lato sinistro era stato poggiato un ricalco di stoffa modellato per avere le forme di due grandi fiori bianchi con il centro rosato.
Non si sentiva a suo agio lì dentro e l'ampia gonna era decisamente pesante. Mentre le poggiava il velo sul capo una delle donne si premurò di avvertirla che dopo la cerimonia ci sarebbe stato un cambio d'abito per renderle più facile muoversi al banchetto. Beh, almeno quello... si ritrovò a pensare Raf, sbattendo le palpebre e iniziando a vedere tutto sfocato quando le abbassarono il velo sul viso. Infine la guidarono fuori dalla stanza e giù per stretti e ampi scaloni, attraversando probabilmente mezzo castello, per arrivare di fronte un grande portone di legno massiccio. Le consegnarono un grande mazzo di fiori d'arancio e si dileguarono in fretta, per non essere con lei all'apertura delle porte. Raf provò il fortissimo impulso di afferrarsi tutti gli strati dell'immensa gonna e fuggire a gambe levate il più velocemente possibile da lì; non sapeva fin dove sarebbe arrivata prima di essere recuperata da qualcuno, ma tanto valeva provarci...
Le porte si aprirono di colpo, distraendola dai suoi allettanti pensieri di fuga, facendola sobbalzare: si ritrovò quindi ad osservare un'ampia sala dalla volta a cupola, ornata da grandi finestre sulla parete in fondo. Un centinaio di persone erano in piedi dentro di essa e avevano posato la loro più completa attenzione su di lei, facendola sentire tremendamente fuori luogo; in fondo alla sala, in piedi in cima ai gradini di marmo, vi era Temptel avvolta in un lungo abito di un viola chiarissimo pronta a celebrare il rito nuziale. Da quando le religioni erano sparite del tutto e le caste sacerdotali si erano sciolte, era compito dei ministranti celebrare le nozze ufficiali nelle famiglie reali; per tutti gli altri ceti sociali vi erano dei funzionari dello stato investiti della possibiltà di celebrare i matrimoni civili.
Dietro di lei vi erano posti cinque scranni, due grandi e tre più piccoli, e Raf immaginò quindi di trovarsi nella Sala del Trono; Isihogo era seduto su quello di destra, con due piccoli troni vuoti accanto a sé, mentre sulla sinistra, accanto al secondo grande seggio (probabilmente il posto della regina) era seduta la principessa. Infine intravide Sulfus, fermo di fronte all'altare, infilato in una divisa militare bianca e nera dall'aria molto scomoda.
Temptel fece un cenno con la mano e un organo iniziò a suonare, facendole intendere che poteva iniziare l'avanzata. Con le gambe molli Raf si diresse verso l'altare e incrociò lo sguardo di Miki (infilata in uno stretto abito blu oltremare) in prima fila, alla sua sinistra: questo le ricordò che non era l'unica a passarsela male in quel momento. Il tragitto le sembrò lunghissimo, complici anche gli alti tacchi delle scarpe e la stoffa pesante della gonna, ma, quando arrivò di fronte alla donna, probabilmente non erano passati neanche due minuti.
Temptel sorrise ampiamente e Raf ebbe l'inspiegabile impulso di gettarle il bouquet in faccia; invece lo affidò a Lily, a pochi passi da lei, che le fece cenno di porgerglielo appena si fu fermata accanto al ragazzo. Quest'ultimo, che sembrava solo volersi togliere quell'uniforme di dosso il più in fretta possibile, si voltò ad alzarle il velo quando la musica cessò. Per un momento assunse un'espressione strana, che Raf non riuscì ad indentificare con certezza, ma ritornò in fretta al serio sguardo fermo di sempre e alzò di nuovo gli occhi sulla zia; forse, nonostante tutti i discorsi sul "far funzionare le cose nel miglior modo possibile" che le aveva fatto, anche lui avrebbe preferito più che volentieri alzare i tacchi e sparire pur di evitare quelle nozze. E lei non poteva biasimarlo nemmeno un po'.
Temptel prese un piccolo rotolo di bende candide da un altarino accanto a lei, portato appositamente per l'occasione, iniziando il rito e i due ragazzi si strinsero le mani mentre lei vi avvolgeva intorno il tessuto, legandolo ben stretto. La cerimonia non fu affatto breve e, ad un certo punto, fu sicura di aver udito Sulfus mormorare un "E stringi" molto lievemente; dovette farsi violenza per non scoppiarle a ridere in faccia ma durò poco. Aveva la mano sudata e il sole era ormai quasi tramontato del tutto, immergendo completamente la sala in un'atmosfera arancione quasi magica: probabilmente era quella l'unica cosa positiva di quel momento, che Raf odiava ogni secondo di più.
Quando, finalmente, pronunciarono le fatidiche parole la donna poggiò sul capo della ragazza un piccolo diadema dorato ornato di diamanti e perle, a formare dei piccoli fiori, e li dichiarò ufficialmente sposati. Tirarono entrambi un sospiro di sollievo, le bende vennero sciolte e i due ragazzi si diressero fuori la stanza, in un applauso generale che la infastidì moltissimo; Lily le riconsigliò il bouquet mentre usciva e Sulfus la condusse di nuovo verso la grande scala principale, iniziando a salire un piano dopo l'altro.
"Dove stiamo andando?" domandò dopo qualche minuto, ansante e con i piedi doloranti sia per i tacchi che per il peso della gonna.
"Sulla torre" rispose lui, come se ovvio.
"A fare cosa?"
Sbucarono in un corridoio e si diressero verso una piccola porticina che dava su una stretta scalinata a chiocciola; in cima ad esso vi era un ampio balcone con delle tende dorate ripiegate ai lati e due uomini della guardia reale in piedi fuori di esso. Il ragazzo si fermò qualche gradino più in basso, voltandosi verso di lei, non sapendo come dirle cosa sarebbe successo lassù nel modo più delicato possibile.
"Beh, dobbiamo mostrarci al popolo..." iniziò, con una calma che non possedeva "...voi lancerete il bouquet..." continuò, forse un po' troppo lentamente, mentre Raf lo guardava in paziente attesa "...e poi ci baceremo. Su, andiamo" concluse, pronunciando le ultime parole velocemente, ricominciando a salire. La ragazza registrò quelle parole in ritardo e sbarrò gli occhi, allibita.
"Noi faremo cosa?" esclamò, con voce gelida e sconvolta, facendolo fermare di nuovo sulle scale. Persino i due uomini si erano voltati ma avevano saggiamente pensato di tornare a farsi gli affari propri e non intromettersi. Il ragazzo strinse gli occhi, evidentemente aspettandosi quella reazione, e si voltò di nuovo verso di lei.
"È tradizione che i novelli sposi si bacino di fronte al popolo" spiegò, con un sospiro "Dato che non hanno potuto assistere alla cerimonia gli si concede questo. Ecco perché non lo abbiamo fatto di sotto: in un certo senso è un modo per dividere il rito in due parti così da concederlo ad entrambi i ceti sociali" disse, cercando di esprimere il concetto il più brevemente possibile, ma che in realtà aveva alle spalle diversi millenni di storia e un significato spiegato accuratamente in non meno di otto rotoli di pergamena "Insomma, i nobili si sorbiscono la noioisa manfrina e il popolo si gode la limonata in diretta" tagliò corto.
Raf capì in fretta il meccanismo e dovette ammettere che aveva perfettamente senso, ma lei si rifiutava categoricamente di baciarlo davanti a tutta la città. Si rifiutava di baciarlo e basta.
"Senza offesa, dico sul serio, ma io non ho la benché minima intenzione di salire su quel balcone e "limonarvi in diretta" davanti a tutta la capitale" esclamò, con veemenza.
"Beh, neanche io ho tutta questa voglia di farlo" ammise Sulfus, con una naturalezza devastante nella voce "Così come non ne avevano voglia tutte le persone prima di noi e come non ne avranno voglia le persone che verranno dopo di noi... ma abbiamo qualche alternativa? Perché se avete un'idea sarò ben lieto di ascoltarla" esclamò, con voce piuttosto gelida.
E Raf si ritrovò a ricordare, in modo piuttosto sgradevole, che non era l'unica vittima in quell'assurdo matrimonio combinato. Inspirò a fondo, ben capendo che lui avesse dei doveri e delle tradizioni da rispettare e che non poteva metterlo nei casini per un proprio capriccio personale; e poi, da quel momento in poi, quei doveri e quelle tradizioni erano irrimediabilmente diventate anche sue e inimicarsi popolo e corte il primo giorno per non volerli rispettare non era una decisione saggia da prendere. Abbassò lo sguardo e annuì, seria in volto, afferrandosi le pieghe della gonna.
"Molto bene" rispose neutra, salendo i gradini per raggiungerlo. Lui sembrò quasi sul punto di dire qualcosa, ma ci ripensò e la seguì fuori. Appena si avvicinarono al parapetto l'enorme folla radunata tra le mura del palazzo iniziò ad urlare ed applaudire, accogliendo la giovane coppia con esulti vari che Raf a malapena capì. Si sforzò di sorridere il più naturalmente possibile, non riuscendoci per nulla, e il ragazzo le fece segno di lanciare giù il mazzo di fiori che sparì volando in un gruppo di fanciulle. Sulfus le prese la mano e si avvicinò a lei, Raf s'irrigidì ma non poteva sottrarsi a quel contatto nonostante la voglia fosse incontenibile; voltò il viso e, quando il ragazzo premette le proprie labbra sulle sue, sperò che durasse il meno possibile.
Era il suo primo bacio e lo stava dando ad una persona che non amava e che era appena diventato suo marito, davanti a centinaia di persone per giunta! Decisamente non un momento romantico o da sogno, come la maggior parte delle ragazze desideravano.
La folla esplose in grida e applausi ancora più rumorosi, ma Raf sentiva le orecchie fischiare e le guance andare a fuoco: era la cosa più imbarazzante che avesse mai fatto in vita sua. Il tutto durò meno di venti secondi, poi si staccarono e la ragazza giurò di vedere il viso di Sulfus decisamente più colorito. Ma non ci diede nessun peso (anche lei era arrossita dopotutto) e tornarono dentro poiché dovevano entrambi cambiarsi in vista del banchetto: aveva come l'impressione che, purtroppo, quella tortura non sarebbe finita tanto presto.








Il chiacchiericcio allegro nella sala era assordante ma Raf quasi non lo udiva: le faceva malissimo la testa, le orecchie le pulsavano e aveva lo stomaco completamente chiuso, accompagnato da un forte senso di nausea. Il diadema che le avevano poggiato sul capo durante la cerimonia di nozze, e che le domestiche le avevano fatto tenere, le pesava più di quanto avrebbe dovuto in realtà e sentiva il corpetto del vestito di ricambio stretto all'inverosimile.
Era ufficialmente sposata da neanche un'ora e già desiderava divorziare: un vero record!
Guardò con una smorfia la ciotola con la zuppa e il piatto di bistecca in agrodolce che uno dei camerieri le porgeva ma, nonostante non avesse per nulla appetito, rifiutare di mangiare ad una tavola in cui si era ospite era una gravissima mancanza di rispetto verso i padroni di casa; scelse quindi la zuppa e, prendendo il grande cucchiaio d'argento accanto a sé, si fece forza iniziando a mandarla giù.
Non sapeva cosa ci fosse dentro e non le importava, tanto tutti i sapori che sentiva erano amari, persino il succo di menta e lampone che aveva nel calice risultava sgradevole al suo palato; voleva solo allontanarsi da tutte quelle persone, chiudersi in uno sgabuzzino e rimettersi a piangere finché non sarebbe stata troppo stanca persino per respirare. Ma la festa era appena cominciata e non poteva allontanarsi essendo lei "l'ospite d'onore". Isihogo, seduto sulla grande sedia alla sua sinistra, non aveva ancora toccato cibo e parlava, sorseggiando dei liquori, con Temptel seduta al suo fianco; dopo di lei vi era la sorella di Sulfus, di cui ancora non era riuscita a scoprire il nome, che mangiava un enorme bistecca con totale indifferenza e Raf si chiese dove mettesse tutta quella carne essendo di corporatura molto esile.
Intanto, alla propria destra, Sulfus aveva già rifiutato diverse portate e osservava il resto della stanza con espressione indecifrabile. Non riusciva a capire cosa gli passasse per la testa ma, in quel momento, aveva difficoltà anche a gestire la propria quindi decise di ignorarlo e basta: non poteva preoccuparsi anche per lui. Andarono avanti così per tutta la cena, Raf accettò solo un filetto di pesce e una fetta di torta alle mandorle poi rifiutò tutti i piatti che poté con la scusa di essere sazia, quando in realtà aveva solo voglia di vomitare.
Ad un certo punto venne servito a tutti un calice, in vetro soffiato e con i bordi dorati, pieno di vino speziato e il re propose un brindisi agli sposi, ai loro regni e all'elleanza stipulata grazie a quel matrimonio; Raf, che non aveva mai toccato un alcolico in vita sua, bevve solo un leggero sorso per buona educazione ma quello bastò a farle bruciare lingua e gola, com'era prevedibile. Aveva appena messo giù il bicchiere e bevuto un sorso di succo per pulirsi la bocca che Isihogo si sporse verso di lei.
"Vedete, mia cara, è tradizione che la sposa si esibisca al banchetto nuziale" le mormorò, con discrezione, facendola gelare sulla sedia "Potete danzare o suonare uno strumento... una nostra principessa una volta si esibì in duello ma dubito che voi sappiate usare un'arma, vero?" domandò. Raf boccheggiò un istante, in preda al panico, infine si scharì la voce.
"Temo di no" ammise, riposando il calice sul tavolo "E sono una pessima danzatrice... però so suonare l'arpa" rispose, cercando di mantenere un tono tranquillo che non lasciasse intendere le sue isteriche e disperate urla interiori. Al re si illuminarono gli occhi a quella frase, come se fosse contento di sapere che sua nuora sapesse suonare quel tipo di strumento musicale, e sorrise.
"E arpa sia, allora" decretò facendo un cenno ad una cortigiana di avvicinarsi. Le mormorò qualcosa all'orecchio che la ragazza non udì ma la donna sembrò stupita, alzò gli occhi su di lei per un istante e poi annuì, dirigendosi fuori dalla stanza. Dopo una decina di minuti quattro uomini varcarono la soglia portando con sé una grande arpa nascosta da un lenzuolo bianco e uno sgabello, che poggiarono al centro della sala; tolsero accuratamente la coperta e mostrarono così il magnifico strumento: era almeno il doppio di quella che aveva Raf in camera sua, interamente fatta d'oro e con dei fili spessi intrecciati a della filigrana dorata, così da creare un effetto magnifico sotto la luce delle torce. In cima e tutto, incastonata nel grazioso ricciolo di metallo ornamentale, vi era un topazio enorme e purissimo: un vero capolavoro della goielleria.
Raf rimase sbalordita quando la vide, trovandola meravigliosa, ma il suo entusiasmo scemò in fretta quando notò l'atmosfera tesa e pesante che era calata sugli astanti; i nobili, seduti alla grande tavolata disposta a ferro di cavallo nella grande sala, fissavano l'arpa con sguardo agitato e alcuni bisbigliavano tra di loro con aria incredula. La ragazza non capì cosa stesse succedendo ma, stranamente, anche Sulfus apparve nervoso. L'unico ad avere un minimo di allegra aspettativa era il re che, con un gesto della mano, la invitò a dirigersi verso lo strumento.
Lei annuì e si alzò, tenendosi la gonna del lungo e stretto abito bianco mentre faceva il giro del tavolo e si portava al centro della stanza, sotto gli occhi di tutti, sedendosi sul piccolo sgabello dall'imbottitura color ocra e sentendo il peso di quell'aria inspiegabilmente tesa su di sé; non sapeva a cosa fosse dovuto ma preferì non chiederselo. Portò invece le dita sull'arpa e ripassò velocemente i brani che conosceva, scegliendo una sinfonia in sol maggiore: complicata, certo, ma era forse l'unica occasione che aveva per fare bella figura in qualcosa che riusciva davanti a tutta la corte. Iniziò quindi a pizzicare dolcemente le corde assumendo via via un tono sempre più deciso, facendo su e giù con ritmo perfetto tra gli accordi ed espandendo nell'aria il suono di quella melodia; era così concentrata che quasi non si accorse che molti soldati e domestici si erano affacciati dalle varie porte che circondavano la stanza, incuriositi da quella esibizione. Il tutto durò all'incrica sette minuti e mezzo, tempo nel quale l'intero castello sembrò fermarsi per poter ascoltare la musica che proveniva dalla sala, e quando Raf diede l'ultima nota fu accolta da un lungo silenzio che la innervosì molto.
Non credeva di essere andata poi così male, dopotutto...
Poi, all'improvviso, un soldato iniziò ad applaudire e i presenti lo seguirono a ruota, facendo rieccheggiare tra le pareti un breve ed educato applauso di apprezzamento. Isihogo, che era rimasto tutto il tempo con gli occhi chiusi a godersi la musica, li aprì lentamente e Raf poté giurare di vederli molto più lucidi; sorrise e si alzò in piedi, elogiandola con un certo trasporto e facendola arrossire dall'imbarazzo. Si limitò a ringraziare timidamente e tornò al proprio posto per "godersi" gli ultimi tratti della festa.
Dopo all'incirca mezz'ora il re congedò tutti e lei poté tornare in camera sua. Era ormai passata mezzanotte e le domestiche l'aiutarono a togliere il vestito e sciogliere i capelli, porgendole una corta veste da notte grigia; forse un po' troppo corta per i suoi gusti, benché arrivasse a malapena sotto le cosce, e si chiese come mai non ne avessero presa una dai suoi vestiti (che qualcuno si era preso la briga di mettere a posto nell'armadio mentre lei era di sotto) poi la lasciarono sola. Si diresse in bagno per sciacquarsi il viso, ancora con dei residui di trucco sugli occhi, e quando uscì sobbalzò nel ritrovarsi Sulfus poggiato alla scrivania che leggeva con curiosità uno dei suoi libri personali. Si portò una mano al petto, dove il cuore batteva furiosamente per lo spavento, e lo trafisse con lo sguardo.
"Cosa... che diamine ci fate quì? Mi avete fatto prendere un colpo" esclamò.
Il ragazzo alzò gli occhi su di lei, inarcando un sopracciglio: "Io ci devo dormire quì" rispose, perplesso, come se fosse ovvio. Ma per la ragazza non lo era neanche un po', tanto che si ritrovò a fissarlo allucinata.
"Cosa?" fu tutto ciò che le riuscì di dire.
"Vostra madre non vi ha spiegato cosa fanno due persone una volta sposate?" domandò lui, con un evidente tono ironico nella voce, facendola gelare sul posto: certo che sapeva cosa succedeva la prima notte di nozze... solo non le era passato per l'anticamera del cervello neanche una volta che avrebbero dovuto farlo anche loro. Insomma, per la misera, erano due ragazzini! Non potevano davvero aspettarsi che consumassero il matrimonio fin da subito, era assurdo.
Sulfus si beò della sua espressione sconvolta per un lungo istante, poi rise di gusto: "Calmatevi, sto scherzando" la tranquillizzò, chiudendo il libro, e Raf tornò a respirare senza neanche ricordare quando avesse smesso di farlo "Ripeto: sono quì solo per dormire" replicò, rimettendo il tomo al suo posto sulla scrivania.
La ragazza fece una smorfia, non muovendo un passo da dov'era, sentendosi improvvisamente in imbarazzo per essere così scosciata di fronte a lui: ora capiva perché le avevano fatto mettere quell'affare...
"Dovete proprio?" domandò d'impulso: non c'era alcun bisogno che lui restasse lì, in fin dei conti, dato che non avrebbero fatto un bel niente e lei non aveva intenzione d'infilarsi sotto le coperte con lui. C'era un limite a tutto, che cavolo!
"Beh, è la tradizione" alzò le spalle lui "In ogni caso sarebbe successo comunque prima o poi, tanto vale iniziare a prendere confidenza" aggiunse, in tono malizioso, e la ragazza si augurò che stesse nuovamente scherzando. Certo, prima o poi avrebbero dovuto consumare per forza il matrimonio per poter mettere al mondo almeno un erede, ma era indubbio che sarebbe successo più avanti. Decisamente molto più avanti. E l'idea di dormire con lui non le andava giù neanche un po'.
Sulfus incrociò le braccia al petto, perdendo di colpo tutta la sua voglia di fare il simpatico: "Sapete, anche mia madre suonava l'arpa" la informò d'un tratto, facendole sgranare gli occhi "Quella che avete usato stasera apparteneva a lei, per questo erano tutti un po' nervosi: erano anni che non veniva fatta uscire dalla sua stanza."
Un flebile "Oh" fu tutto ciò che le riuscì di dire, sentendosi improvvisamente sgonfiata di tutto il malumore e il fastidio che aveva provato fino a quel momento, sostituiti da un'improvviso senso di malinconia. Non sapeva cosa fare in una situazione simile e non voleva dire nulla di inopportuno o indelicato: non sapeva nulla sulla scomparsa delle regina e l'idea che Isihogo avesse fatto riesumare l'arpa appartenuta a lei, dopo anni, solo per fargliela suonare la faceva sentire lusingata ma anche molto a disagio. Aveva l'impressione di aver profanato qualcosa di sacro e dal grande valore affettivo per la famiglia reale e ne era mortificata.
"Però non mi aspettavo che sapeste suonarla così bene" ammise d'un tratto lui, con una lieve nota stupita "Viste le vostre scarse abilità nella danza credevo che vi riuscisse male un po' tutto il repertorio artistico."
Tutti sentimenti deprimenti che Raf provava svanirono di colpo di fronte a quell'affermazione così beffarda e velatamente canzonatoria: se prima aveva sentito una sorta di empatia nei suoi confronti ora era piuttosto irritata. "Molto gentile da parte vostra" sbottò con gelida ironia.
"Non era mia intenzione offendervi."
"Non si direbbe."
La ragazza lo guardò di sottecchi, decisamente seccata da quel suo comportamento strafottente, e il pensiero di doverlo sopportare per tutti gli anni a venire le fece venire l'insano l'impulso di gettarsi dalla finestra.
"Dico sul serio" aggiunse Sulfus, con fare divertito "Prendervi in giro è esilirante ma non potrei mai offendervi di proposito."
Raf aveva molti dubbi al riguardo ma decise di voler provare, almeno per il momento, a dargli un minimo di fiducia: in fin dei conti una possibilità la meritava comunque. E iniziava a sentire tutto il peso della lunga giornata su di sé: era davvero stanca ma era combattuta perché non voleva dividere il letto con il ragazzo per nessuna ragione. Ma aveva anche molto sonno e sentiva i muscoli intorpiditi.
Che situazione assurda.
Fu lui a "sbloccare" il momento staccandosi dalla scrivania e dirigendosi verso il letto, con suo enorme disappunto. Si infilò con disinvoltura sotto la coperta, appoggiandosi alla spalliera, e si voltò verso di lei: "Volete restare lì fino a domani mattina?" chiese. Raf abbassò lo sguardo, arrossendo leggermente.
"È... è imbarazzante" ammise, non sapendo neanche lei dove trovò il coraggio per esternare quelle parole. Il ragazzo, tuttavia, annuì.
"Certo che lo è" rispose con naturalezza "Sarebbe strano se non lo fosse" notò. Poggiò la mano sul materasso accanto a sé e la batté un paio di volte, sorridendo "Su, venite, si vede lontano un chilometro che state per addormentarvi sul pavimento. E poi è soltanto per stanotte, cosa potrà mai succede di male?"
La ragazza fece una smorfia, vedendolo fin troppo a suo agio in quella situazione: "Non ditelo che porta sfortuna" borbottò, stringendo nervosamente l'orlo della camicia da notte tra le dita. Inspirò a fondo e si avvicinò con passo cauto al letto, scivolando il più silenziosamente possibile sotto il lenzuolo e adagiandosi praticamente sull'orlo del materasso, il più lontano possibile da lui, dandogli quindi le spalle. Aveva un sonno atroce ma era così nervosa che non riusciva a tenere gli occhi chiusi; la candela venne spenta e nella stanza scese il buio più totale. Dalla finestra aperta, coperta solo dalle tende, proveniva il dolce e soffuso suono delle onde che si infrangevano piano sugli scogli e questo contribuì a rilassarla un po'.
"Comunque..." iniziò Sulfus, a bassa voce "...non siete tenuta ad indossare tutto ciò che vi rifila la servitù: potete decidere voi quali vestiti mettere" la informò, evidentemente riferendosi alla veste vergognosamente corta che le avevano fatto indossare le domestiche.
Strinse le gambe più vicine al corpo, ripiegandole su sé stesse, arrossendo: per fortuna il letto era molto grande così che la distanza fra loro fosse molto più che accettabile. "Non sono abituata a questo genere di iniziative" ammise, impacciatamente.
"Dovete semplicemente dire di no" mormorò lui, quasi dolcemente "Altrimenti vi ritroverete ad indossare corsetti tutti i giorni, credetemi."
La ragazza fece una smorfia al solo immaginare quella prospettiva e pensò che forse era il caso di iniziare a mettere da parte le vecchie abitudini: aveva sempre vissuto nelle mani di sua madre, ogni cosa che faceva e che indossava era lei a deciderla e non aveva mai potuto dire nulla per opporsi. Ma ora la situazione era diversa: sua madre non era lì e lei aveva il pieno controllo della situazione; era appena diventata principessa consorte, in fin dei conti, qualche privilegio quel ruolo doveva pur averlo!
Nessuno dei due parlò più e, dopo quelle che erano sembrate ore, finalmente Raf si addormentò cullata dal lieve mormorìo del mare al di là della finestra.
   
 
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