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Autore: I am on my way    27/08/2020    1 recensioni
Le sua labbra sono calde, morbide, sanno di menta e il suo volto profuma di shampoo e bagnoschiuma, ma anche di dopobarba: è un odore pungente che mi solletica il naso e mi fa girare la testa.
I nostri respiri si inseguono, mentre le sue mani scendono lungo la mia schiena, fermandosi qualche centimetro più giù del previsto e io vorrei togliermi la maglietta per poter far aderire il suo petto nudo al mio, per sentirlo mio e fondermi con lui in una cosa sola.
I suoi capelli bagnati mi stuzzicano il volto, mentre lascio vagare i miei polpastrelli sulle sue spalle umide, beandomi della sensazione della sua pelle pallida sotto i miei palmi, esplorando, avida, ogni singolo centimetro di pelle, imprimendomi nella mente ogni imperfezione, ogni suo lineamento.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Prologo
 
  
Mi guardo allo specchio da almeno dieci minuti. Cerco di imprimermi l'immagine del mio corpo nudo, di adesso, voglio stamparmelo bene in mente, voglio fissare la piccola voglia color caffè-latte a forma di goccia che ho sul basso ventre. Voglio osservarmi di profilo per almeno un'altra ora. Voglio rimanere qui, così, fino a che non mi faranno male le gambe, fino a che non sarò costretta ad afferrare la canottiera crema abbandonata in bilico sul bordo del letto, che sembra quasi si stia disperatamente aggrappando alle lenzuola bordeaux pur di non cadere.
Continuerò a fissare il mio corpo, finché non scoccheranno le diciotto di sera e allora mi avvicinerò alla scrivania, guarderò il passaporto consumato e sbiadito dal tempo e lo infilerò nella tasca leggermente scucita della mia valigia nera.
Ma fino ad allora lascio che il bagaglio resti atterra con la zip aperta, lascio che il mio portafoglio rimanga sulla poltrona color panna, chiuso, a nascondere la nostra foto, quella che non ho mai avuto il coraggio di gettare via, ma che tante volte ho desiderato bruciare.
No, oggi non voglio far altro se non contare i pochi nei che ho sulle gambe o sulle braccia, otto in tutto, o osservare i miei fianchi troppo poco pronunciati per i miei gusti.
Oggi voglio guardarmi un'ultima volta prima che la mia vita cambi definitivamente, voglio scolpirmi questa visione, perchè forse non l'avrò più.

«Non riesco a dondolare» singhiozzo. In realtà sono almeno cinque minuti che mi lamento, e sto per mettere il broncio al mio amico, che invece si sta divertendo sull'altalena mentre canticchia sottovoce la sigla di un cartone animato di cui ora mi sfugge il nome.
Sta solo facendo finta di non sentirmi, lo so.
«Mi ascolti?!» urlo spazientita, sono arrabbiata, insomma, non può ignorarmi, sono a due centimetri da lui.
L'altalena del biondino si blocca e mi guarda per qualche secondo, sorridendomi. Mi piacciono tanto i suoi occhi, sono blu, blu come intorno alle stelle.
Sì, perchè accanto alle stelle il cielo è più chiaro, lo so, ogni anno con mio nonno il nove agosto ci stendiamo sull’amaca dal motivo fiorato, dondoliamo piano piano e lui mi racconta qualche storia su miti greci o romani, mentre attendiamo di esprimere qualche desiderio
E’ lì che ci ho fatto caso, che ho visto che vicino alle stelle il blu è più candido, sembra quasi celeste.
«Che c'è?» mi domanda lui tranquillo, come se non si fosse accorto che lo sto chiamando da diversi minuti.
«Voglio dondolare anche io» piagnucolo tirando su col naso, mentre una coccinella si posa sulla gamba di lui. Cammina per pochi centimetri, poi come è arrivata se ne va, in silenzio.
«E fallo, cosa vuoi da me?» mi risponde malamente, riprendendo a fare su e giù, ignorandomi di nuovo.
Stavolta mi sento seriamente ferita, gli occhi iniziano a bruciarmi e li strofino con forza, perchè non voglio che un bambino più grande di me mi veda piangere, nemmeno se è il mio amico.
«Non posso» sussurro, poi sollevo la caviglia destra fasciata da una garza bianca «mi fa male» e stringo le mani attorno alla catena - spruzzata di ruggine - del dondolo.
Il biondino alza gli occhi al cielo.
«Wendy è solo una distorsione»
«Sì ma è dolorosa!» solo perchè ha tre anni in più di me non vuol dire che sappia quanto male faccia, è una cosa grave, il dottore mi ha anche detto di non sforzarla e di restare a riposo. Nessuno, però, sia dentro casa che fuori, sembra prendere la cosa seriamente.
«Uffa – si lamenta, scuotendo la testa – e va bene ti spingo io.»


Uno sbuffo esce dalle mie labbra screpolate, mentre penso che ci ho messo anni per accettare le mie forme, anni per smettere di criticarmi e iniziare ad amarmi, anni per riuscire a vedermi realmente come sono. Ci ho impiegato fin troppo tempo a capire chi fossi, cosa volessi dalla vita, e come. Ma adesso tutto questo sta per essermi strappato via e… Ho paura.
Nulla di quello che avevo pensato per il mio futuro si sta realizzando: stretta in una vita che non mi appartiene, credevo che peggio di così non potesse andare. E invece eccomi qui, dopo aver toccato il fondo, incapace di lasciar andare quest'immagine di me stessa, incapace di accettare il cambiamento che di qui a breve avverrà, di accettare il matrimonio che mi aspetta il ventisette settembre.
Mi sento come fossi stata condannata a morte.

Finalmente mi sento realizzata, sto andando sull'altalena mentre le mani di Niall mi danno piccole spinte: mi sembra quasi di poter toccare il cielo con un dito. La giornata improvvisamente non è più così afosa e se prima non tirava un filo d'aria, adesso il vento quasi mi fa lacrimare gli occhi.
«Va bene così?» mi domanda paziente. La cosa che mi piace tanto di Niall è che non si arrabbia mai, mi tratta sempre bene e non mi sgrida, a differenza di mia mamma e di mia sorella, lui è gentile con me, anche se ha undici anni.
«Più in alto» dico semplicemente, e lui inizia a farmi dondolare più forte.
Restiamo entrambi in silenzio; solo il cigolio dell'altalena e il mare poco più in là disturbano la calma piatta del parco giochi vuoto a quest'ora, perchè  mentre all'una del pomeriggio gli altri bambini stanno mangiando,  io posso restare fuori casa con il consenso di mamma, che «dato che domani partiremo e quindi rivedrai Niall solo tra nove mesi, puoi restare a giocare con lui tutto il tempo che vuoi, basta che non ti allontani troppo da casa.»
«Ti è caduto qualcosa dalla tasca» la voce di Niall sovrasta il frinire di una cicala e i miei pensieri, mentre d'un tratto la mia altalena si ferma.
«Ehi!» protesto, poi vedo la sua mano raccogliere un  foglietto di carta accanto ai miei piedi.
«Cos'è?» mi domanda curioso, sbirciando il pezzo di carta.
«Ridammelo!» urlo arrabbiata, non può leggerlo, sono cose personali quelle.
«È una lista dei desideri?»
Divento tutta rossa, e senza pensarci due volte scendo dall'altalena tentando di afferrare il mio piccolo segreto «s-sì, però non leggerla!»
Lui non mi ascolta, alza il braccio, togliendo il foglio di quaderno dalla mia portata e sorride, mentre io sto per mettermi a piangere.
«Ridammelo» ripeto stavolta più ad alta voce.
«Posso tenerlo?» chiede riportando il suo sguardo color pervinca su di me.
Io lo guardo sorpresa, sbarrando leggermente gli occhi arrossati.
«Perchè? No! È una cosa personale» ma mentre lo dico mi chiedo se lo sia ancora, lui ormai l'ha letta.

Allora Niall ci pensa su qualche secondo, poi sorridendo mi dice «perchè quando sarò adulto te li realizzerò uno ad uno, d'altronde sono quello più grande, ho delle responsabilità io!»

Mi passo le mani sul volto sospirando, poi con calma, come se avessi tutto il tempo di questo mondo, afferro i jeans neri.
Tempo. Come vorrei che si bloccasse, come vorrei che smettesse di scorrere, anzi, vorrei tornare a quattro anni fa, a quella sera di agosto, a quella notte che ha segnato la mia condanna a morte. E preferirei davvero esserlo, intendo morta, perchè da allora è stato un continuo sbandare, andare alla cieca e non ritrovare più la strada.
È colpa sua se sta accadendo tutto questo.
È colpa sua se io sto tornando.
È colpa sua se tra poco odierò tutti i ventisette settembre che verranno.
È colpa sua e io ho bisogno di poterglielo rinfacciare ora, prima che sia troppo tardi.


 
   
 
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