Anime & Manga > Detective Conan
Ricorda la storia  |      
Autore: Shireith    28/08/2020    5 recensioni
Shiho [...] sorrise come non sapeva di poter fare. Non era il sorriso usuale e spontaneo di chi sorride da sempre, né il sorriso finto dei feriti e degli stanchi. Era il sorriso raro e prezioso di chi quel sorriso teme di averlo perso brancolando nel nero; il sorriso raro e prezioso, e perciò ancor più speciale, di chi quel nero però l’ha sconfitto ed è tornato a vedere il bianco.
{Shinichi/Shiho ~ one-shot in sei flashfic collegate tra loro che racconta uno spaccato puramente what if?}
Storia partecipante alla challenge "Things you said" indetta da Juriaka sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Hiroshi Agasa, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Yukiko Kudo, Yusaku Kudo | Coppie: Shiho Miyano/Shinichi Kudo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Analogia latente – quasi



#42. Le cose che avresti voluto dire ma non ne hai mai avuto l'occasione
 
 Il respiro gli s’incastrò in gola, quando la vide con una spalla poggiata contro lo stipite della porta.
 «Kudo?»
 La voce di Ai – non più, Shinichi, non è Haibara – vibrò come un eco lontano e ovattato, abbastanza forte però da strapparlo alle sue meditazioni e restituirlo alla realtà: Shinichi scosse il capo e le rivolse lo sguardo, le iridi azzurre incastrate in due occhi che non seppero celare la meraviglia – lei però non la vide, non c’era abituata.
 «Hai preso l’antidoto anche tu», mormorò, consapevole dell’ovvietà contenuta in quell’unica affermazione.
 Non poté formulare altro: rimase a guardarla, semplicemente, mentre Shiho confermava la sua ultima osservazione. La seguì con lo sguardo anche quando lei si congedò, adducendo un «il professore mi vuole» calcato poco dalla voce, e solo dopo Shinichi s’accorse che forse un’altra cosa avrebbe potuto dirla.
Bellissima – un aggettivo sfuggito alla mente ma non alle labbra non appena l’aveva vista, un aggettivo che acquisiva significato solo se associato a lei (Ai, Shiho, non aveva importanza).
 
#02. Le cose che hai detto dopo che mi hai baciato
 
 Le labbra giocavano; si rincorrevano, si trovavano, si perdevano di nuovo, in un circolo che si riavvolgeva come un nastro e li lasciava affamati, desiderosi di quel più che non arrivava mai.
 «Dovremmo… andare, Kudo.»
 Shinichi mormorò qualcosa in assenso, ma fu come se non l’avesse mai sentita, perché le sue labbra tornarono a cercare quelle di Shiho con una fretta che non gli apparteneva, e lo fecero senza chiedere; e Shiho lo lasciò fare – perché lo conosceva, perché sapeva che i suoi erano baci che appartenevano alla passione gentile e all’amore sincero.
Amore – ancora non ci poteva credere, Shiho.
 
#07. Le cose che hai detto quando non c'era spazio fra noi due
 
 Ad accoglierli trovarono due sopracciglia aggrottate e una voce macchiata di preoccupazione: Agasa dilatò le narici e sospirò rumorosamente, scacciando l’ansia che gli si era accumulata nello stomaco al loro crescente ritardo.
 «Oh, eccovi! Dove siete stati?»
 Entrambi guardarono l’uomo con occhi di finta innocenza – bugiardi; e lo sapevano, loro, d’esserlo, ma non potevano fare altrimenti.
 «Miyano voleva accertarsi che il mio corpo non desse i numeri per via dell’antidoto.»
 Shiho lo superò con un’alzata di spalle, prendendo posto al tavolo già per metà seppellito da regali, nastri colorati e disordine vario che lei diede prova di disdegnare arricciando il naso. «Non è colpa mia se hai assunto l’antidoto temporaneo tutte quelle volte
 E mentre la replica indispettita di Shinichi non tardava ad arrivare, Agasa volse loro le spalle mentre tornava ai suoi affari e non poté trattenere un sorriso: non sarebbero mai cambiati, quei due – e invece lo erano eccome.
 Fu silenzioso e furtivo, Shinichi, nel compiere passi misurati in direzione di Shiho, e fu sempre cauto quando le si avvicinò alle spalle, azzerando le distanze, e mormorò parole che esistevano solo per lei. «Te l’avevo detto che non avrebbe sospettato nulla.»
 Il fiato di Shinichi le solleticò il collo e lei rabbrividì.
 
#09. Le cose che non hai detto affatto
 
 «Quand’è che arrivano i tuoi genitori, Shinichi?»
 Bastò un’ingenua domanda a far scoppiare la bolla di sguardi furtivi e gesti timidi che si era creata tra i due: Shiho tossicchiò due volte, scottandosi la lingua per via della cioccolata bollente, e Shinichi lasciò che alla sua mente sfuggisse un’imprecazione silenziosa.
 «Tutto bene, Shiho-kun
 Era abituata, per sua fortuna, a celare i sentimenti e le verità dietro un’armatura che aveva impiegato anni a modellare, e le fu facile ricomporsi nel giro d’un istante. «Sì, tutto bene, solo che la cioccolata scotta.»
 «Stai più attenta», replicò Agasa affettuoso, non sospettando nulla. Volse nuovamente le sue attenzioni altrove, non prima che Shinichi ebbe risposto alla sua domanda. Quella domanda richiedeva però spiegazioni, perché Shiho di tutto ciò non era stata messa al corrente.
 «Ci sono anche i tuoi genitori?» inquisì infatti, modulando la voce affinché quella rimbalzasse tra le pareti della loro bolla senza raggiungere Agasa.
 «Te l’avrei detto, ma l’ho scoperto appena due ore fa e mi sono dimenticato.»
 «Ti sei dimenticato? Cos’altro avevi, per la testa?»
Te.
 Perché ricordava ancora le labbra di Shiho, la fiducia con cui s’era abbandonata a lui senza tuttavia farsi guidare né comandare – mai con Shiho, con lei non serviva.
 «Tranquilla, non c’è nulla di cui preoccuparsi.»
 Non avrebbero infierito, i suoi genitori; perché non sapevano ancora, né Yukiko né Yusaku, che Shinichi amava Shiho – e gliel’avrebbe detto, un giorno.
 
#48. Le cose che hai detto nell'impeto del momento
 
 «Shin-chan
 Il nomignolo familiare di Yukiko venne accolto da un’espressione seccata fiera dei tanti anni che Shinichi aveva impiegato a plasmarla; la indossava così spesso che quasi pareva il suo vero volto. Ma Yukiko, madre di nome, era ormai abituata; e sempre Yukiko, impicciona di cognome, non si lasciò scoraggiare.
 «È molto bella, Shiho-chan, non trovi?»
 Quelle doti tipiche del suo essere investigatore gli permisero di non spalancare la mascella dinanzi alle insinuazioni – sempre inappropriate, mai richieste – di sua madre; il rossore, però, quello lo stava già tradendo.
 «Carina, sì.»
 Fu ingenuo, il pensiero che distogliere lo sguardo da quello carico di malizia di Yukiko sarebbe servito a qualcosa, perché lei, anzi, interpretò il gesto come l’ennesima crepa nella maschera di finto disinteresse del figlio e prese a scavare ancora più a fondo.
 «Lo so che sei ancora giovane, Shin-chan… ma non mi dispiacerebbe pensare già a una futura nuora!»
 E quella maschera si ruppe, certo per imbarazzato, ancor più certo perché l’esclamazione di terrore mista a indignazione e imbarazzo sfuggì alle labbra di Shinichi prima ancora che la ragione avesse dato il consenso e rimbalzò possente tra le mura che, fossero state meno spesse, non sarebbero riuscite a trattenerla.
 «Mamma
 Gli altri tre, presi alla sprovvista, non poterono evitare di far scattare lo sguardo sui due incriminati; li fissarono sbattendo le ciglia e la prima a dare voce ai loro pensieri fu Shiho.
 «Tutto bene, Kudo?»
 Fece appello a tutta la sua pazienza. «Benissimo, Miyano.»
Miyano, non Shiho – perché non avrebbe regalato a sua madre altri appigli su cui arrampicarsi per infierire come solo lei era capace di fare.
 E Yusaku, vittima silenziosa di quella moglie le cui indiscrezioni erano ormai sue migliori amiche, non parlò; eppure qualcosa l’aveva capito anche lui.
 
#45. Le cose che hai detto durante il nostro primo Natale passato insieme
 
 «Lasciala perdere, mia madre… dice sempre cose inopportune.»
 Shiho assottigliò gli occhi in maniera quasi impercettibile, in un gesto spontaneo che mise in atto mentre valutava l’attendibilità delle spiegazioni di Shinichi. Erano palesi bugie, capì subito, ma non era affar suo, decretò poi: Yukiko era la madre di Shinichi, dopotutto, e non poteva pretendere di conoscere ogni aspetto della loro relazione.
 Osservò la donna di soppiatto, cogliendola nel bel mezzo di una fitta conversazione con il marito, poi lo sguardo dardeggiò altrove e infine cadde di nuovo su Shinichi. «Sta per scattare la mezzanotte», osservò neutra, lasciando cadere nel dimenticatoio la questione Yukiko.
 Shinichi, che alla questione nemmeno ci pensava più, sorrise; allungò un braccio verso l’albero e afferrò un regalo che porse a Shiho, strappandole una sorpresa testimoniata subito dalle palpebre che si dilatarono un poco.
 «Mi hai fatto un regalo?»
 «Perché, tu no?»
 «Sì.»
Solo non si era aspettata che lui ricambiasse.
 Li aprirono allo scoccare della mezzanotte, come da tradizione; a Shinichi non importava, di tradizione e consuetudini, ma Shiho insistette – Akemi ci aveva sempre tenuto.
 Il regalo di Shinichi era un mattone, comunemente noto come libro di anatomia, che qualsiasi altro diciottenne avrebbe impiegato unicamente come fermaporta – o arma del delitto, se il diciottenne in questione fosse stato conoscente di Shinichi.
 Shiho ne sfiorò la copertina rilegata e sorrise come non sapeva di poter fare. Non era il sorriso usuale e spontaneo di chi sorride da sempre, né il sorriso finto dei feriti e degli stanchi. Era il sorriso raro e prezioso di chi quel sorriso teme di averlo perso brancolando nel nero; il sorriso raro e prezioso, e perciò ancor più speciale, di chi quel nero però l’ha sconfitto ed è tornato a vedere il bianco.
 «Grazie, Kudo.»
 «Buon Natale, Shiho.»
Shiho, non Miyano – perché erano nella bolla e non c’era nessun altro che potesse importunarli. Miyano era ormai lontano, perso tra gli sguardi furtivi di due bambini che bambini non erano mai stati, perso tra le parole non dette di due ragazzi che della gioventù avevano solo un numero a due cifre.
Miyano era bello, un suono aggraziato e orecchiabile – Shiho però era qualcos’altro, una melodia delicata che mai nessuno aveva intonato così.
Shiho-kun di Agasa era paterno, aveva il sapore di quel nome che non aveva mai sentito pronunciare ad Atsushi.
Shiho-chan di Yukiko era affettuoso, forse materno, aveva il sapore d’una donna che non poteva sostituire Elena ma che le voleva un bene sincero.
Shiho-san di Ayumi, Genta e Mitsuhiko era cordiale, amichevole, aveva il sapore di bambini che non sapevano dell’Ai Haibara di un tempo ma la apprezzavano comunque.
Shiho di Shinichi era Shiho e basta ed era caldo e prezioso, aveva il sapore d’un ragazzo che l’aveva accompagnata per mano nella battaglia al nero e presto aveva compreso di non poterla lasciare andare. Shiho di Shinichi era il nome della ragazza di cui si era innamorato e gliel’avrebbe detto, un giorno – presto.
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Detective Conan / Vai alla pagina dell'autore: Shireith