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Autore: Sophie Ondine    30/08/2020    7 recensioni
Pagarsi gli studi per coltivare il proprio sogno può essere dura: lo sa bene Rin, che si divide tra la scuola di Belle Arti e lavoretti part-time. Rimasta senza lavoro, decide di mettersi alla ricerca di uno nuovo, trovandolo presso un ricco uomo d'affari, che però lei non incontra quasi mai. Ma se un giorno dovessero incrociarsi sul posto di lavoro, cosa potrebbe accadere tra lei, aspirante magaka, e quel demone così enigmatico e freddo? Possono avere qualcosa in comune? E se lui le proponesse un altro contratto di lavoro, lei lo accetterebbe?
Equivoci, risate e sogni si intreccieranno nella vita di Rin, supportata dalle sue amiche di sempre e dallo youkai dai lunghi capelli argentati.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5- L’appendiabiti

-Fammi capire bene, ti paga di più per…?- domandò Ayame.
-Hai capito bene- la liquidò Rin, la quale sperava di non ricevere l’ennesimo commento che insinuasse un rapporto di tipo sessuale tra lei e il suo capo.

La yasha la guardò accigliata, non sapeva se crederle o meno. Nel frattempo Rin iniziò i suoi esercizi di stretching e poggiò il piede sulla panchina per poter stirare al meglio il muscolo. Era molto accaldata per colpa della corsa di qualche minuto prima: quando potevano, lei e Ayame andavano a correre nel parco per scaricare un po’ di tensione. L’unico inconveniente era che Ayame era più veloce e con una resistenza maggiore. Dopotutto lei era solo una piccola umana, niente a che vedere con la forza di un qualsiasi demone.

-Sei sicura che non voglia in cambio delle prestazioni…-

“Ti prego non dirlo!” pensò Rin dentro di sé.

-…Sessuali?-

Rin sospirò rassegnata. Con Ayame era a quota tre persone con quella domanda.

-Guardami in faccia, ti sembro la tipa?- le disse lei leggermente indignata.

Ayame alzò le mani al cielo in segno di difesa.

-Non sto dicendo questo, dico solo che è strano che ti abbia proposto un aumento considerevole, visto che rispetto a prima le tue mansioni a casa sua non hanno subito un cambiamento così radicale-

Questo lo diceva lei, a dirla tutta Rin ne aveva tratto un grande vantaggio: poteva ora permettersi di non fare la babysitter a quelle pesti che aveva preso in carico, in più guadagnava abbastanza da poter investire negli strumenti da artista: penne, matite, blocchi da disegno e altro ancora finalmente nuovi di zecca.
Qualche volta tornava a Shibuya la domenica per disegnare, era un’abitudine che le piaceva continuare ad avere. Solo che le ultime volte si era permessa di farlo seduta al tavolino di un bar carino, accompagnata da una tazza di tè fumante. Ogni tanto faceva ancora ritratti a pagamento, ma non per necessità, era più un piacere e uno spunto per la creazione di qualche personaggio da mettere in un suo futuro manga.
Nella sua testa era ancora alla ricerca dell’ispirazione perfetta, la storia geniale che le avrebbe permesso di sfondare nel mondo delle mangaka. Negli ultimi tempi, quando tornava da casa di Sesshomaru, si era dedicata ad una serie di episodi autoconclusivi che raccontavano le avventure di una cameriera un po’ maldestra, a servizio di un capo freddo e glaciale. Un po’ il ritratto di lei e il suo capo.

Da quando aveva ricevuto quell’aumento e promozione al lavoro, non si erano sprecati gli episodi comici tra lei e il demone.
Tra le sue nuove mansioni era previsto anche che pulisse l’appartamento due volte alla settimana e che preparasse un pasto decente per la sera. Una donna di servizio in piena regola, ma la cosa non era così tragica dal momento che il padrone di casa sembrasse non abitare lì: ogni volta che si rimboccava le maniche per pulire, si rendeva conto che la casa era esattamente come l’aveva lasciata la volta prima e cioè pulita. Non un capello fuori posto, un filo di polvere. Era quasi ridicolo per lei, ma meglio così perché voleva dire soldi certi per un lavoro per nulla faticoso. Il grosso del lavoro era sempre stirare il bucato, ma a quello c’era abituata e lo vedeva come un esercizio per allenare le braccia da disegnatrice.
Anche preparare i pasti era semplice: fortunatamente le piaceva cucinare e aveva qualche ricetta collaudata. E di nuovo qui, il suo demone capo non sembrava chissà quanto interessato a mangiare.

Alcune volte del mese andava un terzo giorno nell’appartamento per sistemare la posta e altre piccole faccende.

I primi tempi operava sempre da sola, ma da qualche settimana capitava che Sesshomaru rientrasse presto dal lavoro. Anche se poi la maggior parte del tempo si metteva sul divano con il portatile sulle gambe e continuava a lavorare.
All’inizio Rin si era sentita intimorita dalla sua presenza, ma con il passare del tempo la curiosità aveva preso il sopravvento e da alcune semplici domande era riuscita ad instaurare una sorta di dialogo tra loro.

Questo dettaglio però non lo aveva condiviso con nessuno, nemmeno con le sue amiche, secondo lei poco inclini a cercare di vedere le cose da un altro punto di vista. Immaginava la scena: Sango che avrebbe preso spunto dalla situazione di Rin per immaginare Miroku in atteggiamenti intimi con le sue colleghe; Ayame, come stava facendo in quel momento, avrebbe fatto allusioni di ben altro tipo; mentre Kagome forse non l’avrebbe nemmeno ascoltata, troppo presa dalla sua relazione con Inu-Yasha.
Ah,sì… lo avevano conosciuto lei e Ayame. E Rin per poco non era collassata dall’emozione: era identico a Sesshomaru. Cioè, senza orecchie appuntite da youkai e con un atteggiamento più… meno… beh, meno elegante, Rin dovette ammetterlo. Se Sesshomaru era posato e silenzioso, Inu-Yasha era rumoroso e a tratti anche rozzo.

Avevano organizzato un’uscita con gli amici di Miroku e con la scusa di passare una serata con un gruppo di persone erano riuscite a dare un volto al nuovo ragazzo di Kagome.
Ma durante quella serata, la povera Rin rischiò di lasciarci le penne una seconda volta, più precisamente aveva rischiato la morte per soffocamento con il suo vino. Perché quel genio di Ayame aveva avuto la fantastica idea di domandare al mezzo demone se avesse un demone completo come fratellastro che rispondeva al nome di Sesshomaru.

Ebbene, la risposta fu affermativa. E Rin tossì fino a diventare rossa per lo sforzo.
Si chiese quando le coincidenze astrali nella sua vita avessero deciso di farsi così palesi.

Rin prese il telefono e guardò l’ora.

-Tra poco devo tornare a casa a preparare la cena- disse alla yasha ignorando il discorso che le aveva fatto poco prima.

Si rimise il telefono in tasca e poco prima di salutare la sua amica le disse:- Fossi in te mi preoccuperei di un bel demone lupo, che quella sera da Miroku non ti staccava gli occhi di dosso…-

Ayame arrossì e Rin dentro di sé esultò. Aveva fatto centro.

-Non so di cosa tu stia parlando- mentì la rossa, alzando il naso in segno di indignazione.
-Lo sai che sei pessima quando dici le bugie?- le disse Rin come ultima cosa, prima di dirigersi verso casa.

Quando rientrò, trovò la casa avvolta dall’oscurità. Sapeva che i suoi erano fuori quella sera per una cena tra amici del liceo. Era stata lei la prima ad incoraggiarli ad andare: si spaccavano la schiena dietro a quel banco di frutta la mercato e avevano il diritto a svagarsi una sera.
Accese la luce in cucina e trovò un bigliettino sul tavolo, dove la sorella le diceva che si sarebbe fermata a dormire dalla sua migliore amica.
Rin aggrottò le sopracciglia. Era davvero curiosa di sapere quale fosse il vero nome della “migliore amica” in questione. Le fece quasi venire una vena di nostalgia pensare ai tempi in cui anche lei usava questo genere di scuse con i suoi per potersi vivere un po’ d’intimità con i primi fidanzatini.

Poiché era sola, non aveva molta voglia di mettersi a cucinare, quindi scaldò qualche avanzo nel frigo e mangiò del gelato, poi si ritirò in camera sua per mettersi un po’ a disegnare.
Da qualche tempo le frullava in mente un’idea per un manga che avrebbe potuto proporre a qualche casa editrice. La storia era in fase embrionale, ma sapeva che le sarebbe piaciuto ambientarla in un epoca lontana, non moderna. Magari l’epoca Sengoku… la cosa le stuzzicava una serie di conoscenze che aveva appreso nel corso degli anni sulla storia mitica del Giappone. Forse quei pomeriggi interminabili ad ascoltare i deliri del nonno di Kagome al tempio di famiglia erano serviti a qualcosa, o sarebbero tornati utili un domani.

Prese un foglio e iniziò a sbozzare alcuni dei personaggi.
Mentre disegnava in preda all’euforia, sentì il telefono vibrare sul tavolo.
Un messaggio. Di Sesshomaru.
Rin lo aprì e vide il messaggio in cui lui le chiedeva di recarsi a casa sua l’indomani mattina per svolgere alcune faccende extra.
La ragazza si chiese cosa potessero essere queste faccende extra. Posò il telefono e si dedicò alle storie brevi che aggiornava quotidianamente sul suo blog e che, fortunatamente, avevano un certo seguito.
Il giorno dopo, poiché era sabato mattina, trovò poca gente in giro per le strade di Tokyo. Anche quella volta aveva preso in prestito la bicicletta di Kanna, ma il prossimo mese si sarebbe fatta un regalo e ne avrebbe comprato una tutta per lei, perché aveva riscoperto il piacere di muoversi con quel mezzo e inoltre era scesa di qualche chilo sulla bilancia, il che non era per niente male.

Arrivò all’ora che il demone le aveva chiesto.
Usò le chiavi senza bisogno di bussare, sapeva che Sesshomaru non si sarebbe mai degnato di aprire la porta a qualcuno, figuriamoci ad una persona che lavorava per lui. Al massimo lo avrebbe fatto con qualcuno particolarmente fastidioso, ma per sbatterlo fuori, non per accoglierlo.
Quando entrò, vide che l’appartamento era già inondato dai raggi solari… il bello di essere ricchi e avere un appartamento all’ultimo piano!

La ragazza si aspettava di non trovare nessuno, convinta che Sesshomaru fosse in giro per chissà quale viaggio di affari. E invece lo vide seduto sull’alto sgabello, poggiato con i gomiti sull’isola della cucina. Una semplice tazza di caffè in una mano e nell’altra un paio di fogli con una serie di numeri sopra.

-Oh, buongiorno- disse Rin accennando un sorriso e togliendosi di dosso il cappotto.

Lui non mosse il viso, si limitò a rivolgerle uno sguardo di sfuggita, emettere una sorta di grugnito, per poi tornare a dedicarsi alle sue carte. Rin si guardò intorno, per capire cosa ci fosse da fare. Si rese conto che quella mattina ci avrebbe messo più tempo del solito, poiché la casa sembrava più in disordine del solito. Inarcò un sopracciglio, perplessa.

Non era da Sesshomaru lasciare un disordine del genere, non sembrava nemmeno casa sua. Si diresse verso il lavandino e afferrò una pezza per iniziare a ripulire i fornelli del casino che era stato fatto.

-Hai dato una festa?- domandò Rin, mentre sfregava sulla superficie lucida. Da quando era entrata in confidenza con lui gli dava del tu. Non che lui glielo avesse detto esplicitamente, ma non avendole mai detto che non doveva farlo, lei prese quel silenzio per assenso.
-No- rispose lapidario.
-E questo casino? Non è da te- continuò Rin. Era più che mai decisa a scoprire cosa fosse successo, anche perché se si fosse trattato di un evento straordinario voleva saperlo.
-Infatti non l’ho fatto io-
Rin si voltò di scatto, la bocca spalancata in maniera esagerata per sottolineare lo stupore.

-Una donna? Non dirmi che hai portato una donna qui!- strillò lei, ridendo divertita.
Se c’era qualcosa che le piaceva di quel lavoro era il rapporto di confidenza, un po’ inusuale, che si stava creando tra lei e Sesshomaru. Rin trovava simpatico avere l’opportunità di rivolgersi così ad uno youkai. In quell’epoca non era difficile vedere umani in compagnia di demoni e anche le strade pullulavano di hanyou, testimonianza vivente di relazioni miste, ormai non più stigmatizzate come in passato.

-Non porto nessuno qui- sottolineò il demone, sorseggiando il suo caffè.
Già, se c’era una cosa che Rin aveva imparato a capire era che Sesshomaru non permetteva a nessuna donna di entrare nel suo piccolo mondo. Piuttosto andava lui da loro, per poi tornare. O almeno così Rin pensava, non era mai entrata troppo nel dettaglio e per il momento non le sembrava il caso di permettersi certe libertà.
-Qualcuno è venuto qui senza il mio permesso- ringhiò sommessamente lui.
Rin continuava a non capire.
-Oltre a me chi ha le chiavi? Non credo che Jinenji sia il tipo da…-
-Non è di lui che sto parlando- la interruppe subito.

La ragazza lo guardò per un po’, ma siccome il demone non accennava a pronunciare un’altra parola, capì che era meglio continuare a lavorare, altrimenti non sarebbe tornata a casa prima di cena. Di lavoro ce n’era, non poteva perdere tempo, considerato il fatto che avrebbe dovuto vedere le sue amiche per un drink. “Una serata alla Sex and the city” diceva sempre Ayame, che nonostante fosse quella più occupata con il lavoro, era l’unica che aveva sempre voglia di fare qualcosa.
Prima di tornare all’incrostazione di sporco, l’occhio le cadde su un catalogo piuttosto alto di una casa d’aste.

-Hai intenzione di comprare delle opere d’arte?-
Sesshomaru annuì.
-Wow, allora se vuoi posso darti una mano. Sai che io ho studiato storia dell’arte?- disse lei, fiondandosi avida sulla rivista.
-Me lo hai già detto almeno quattro volte- le comunicò lui.
Rin abbandonò la rivista, leggermente in imbarazzo: non le piaceva quando sottolineavano il fatto che fosse ripetitiva. Era uno dei suoi più grandi difetti: quando le piaceva qualcosa, tendeva a ripeterlo all’infinito, non considerando il fatto che magari alle altre persone quell’informazione non interessava proprio.

-Chiedo scusa, non volevo essere logorroica. Sarà meglio che torni al lavoro-
-Starò fuori tutto il giorno, devo sbrigare delle faccende di lavoro prima della partenza-
-Viaggio di piacere?- chiese Rin, mentre si apprestava a mettere i piatti sporchi nella lavastoviglie.
Lui si alzò dallo sgabello e Rin ebbe l’impressione che fosse sempre più alto ogni volta che lo vedeva.
-Affari- fu la sua risposta.

Un po’ Rin lo invidiava per tutti quegli innumerevoli viaggi d’affari, almeno lui poteva ammirare città straniere e farlo nel comfort più totale. Non come lei che il massimo del viaggio che aveva intrapreso, era quello alla volta di Sapporo da sua nonna, su un treno scadente e puzzolente.
Sesshomaru si dileguò e riapparve poco dopo vestito di tutto punto per andare in ufficio. Non era un mistero come facesse ad avere tutti quei soldi, in qualche modo doveva pur guadagnarseli e meritarseli.

-Non so quanto starò via- disse lui guardando l’orologio che indossava al polso.
Rin gli rispose in maniera simpatica, portandosi una mano vicino alla fronte a mo’ di saluto militare e disse:- Nessun problema, signore. Sarà tutto lindo e pinto quando tornerà a casa-
Lui non disse nulla e Rin si domandò se la stesse trovando ridicola. Poi lui si voltò ed uscì senza salutare. La ragazza fece spallucce, perché tanto ormai aveva capito che non lo faceva perché la trovasse antipatica, ma proprio perché lui era fatto così. Una volta elaborato l’ultimo pensiero, Rin decise di non farsi più distrarre e si mise a pulire seriamente ogni superficie della casa: era il momento di dimostrare che tutti quei soldi che le dava erano ben spesi.

Dopo che ebbe anche pranzato, Rin passò alla montagna di camicie che l’attendevano in lavanderia.
Mentre il pomeriggio avanzava e le camicie stropicciate diminuivano di numero, Rin sentì la porta aprirsi. Le sembrò strano che Sesshomaru fosse tornato poco dopo l’ora di pranzo, era un evento più unico che raro. Si fermò e allungò le orecchie per sentire meglio. Captò subito delle risatine nervose, da donna ed una voce maschile che intimava il silenzio, sempre in modo scherzoso. Rin scosse la testa: quella non poteva essere la voce di Sesshomaru, lui aveva un tono di voce diverso, più gutturale…a tratti cupo. Quello invece che sentiva lei era irriverente e un po’ scorbutico.

Oh mio Dio, e se fossero dei ladri? Pensò Rin in preda al panico e iniziando a sudare freddo non sapendo esattamente che cosa fare. Si guardò intorno in cerca di un qualche aiuto e notò che la sua borsa personale era lì di fianco a lei: aveva avuto la brillante idea di portarsela lì in lavanderia nel caso le servisse il telefono per evitare di fare avanti e indietro. Rovistò dentro e trovò quello che cercava: lo spray al peperoncino.
Ricordava ancora la sua incredulità quando il padre le aveva allungato quel flaconcino nero tra le mani, bofonchiando qualche scusa per mascherare la preoccupazione di un padre nei confronti della figlia.
La prese e con passo felpato, andò ad affrontare i due ladri, anche se dentro stava morendo dalla paura.
Sentì i due ladri nella camera da letto: dalle loro voci sembravano un uomo e una donna. Avevano un tono decisamente allegro, forse perché sapevano che erano entrati in una casa piena di oggetti di valore? Anche se poi Rin si chiese dove tenesse Sesshomaru i veri oggetti di valore.

-Aspetta, non credo che siamo soli-

Rin sentì la voce maschile pronunciare queste parole, allora anche loro si erano accorti di lei. Avrebbe voluto precipitarsi fuori dalla casa, ma continuò ad andare avanti strisciando lungo il muro perimetrale e avvicinandosi alla camera da letto. Quando fu vicinissima, con un balzo in avanti puntò la bomboletta davanti a sé, sperando di colpire la faccia di uno dei due scassinatori. E in effetti qualcuno lo riuscì a centrare.

-AAAAAAH!- urlò Rin non guardando verso la sua vittima.

-AAAAAAAH- urlò di terrore l’altra persona.

-RIN, MA COSA FAI?- urlò Kagome.

Kagome?

Rin si voltò verso di lei, incredula. Da quando la sua amica era diventata una ladra di appartamenti?
Abbassò la bomboletta e guardò la figura che giaceva riversa su sé stessa ai suoi piedi: una cascata di capelli argentati e due orecchie canine sulla sommità del capo. Il fidanzato della sua amica non faceva che lamentarsi per un dolore agli occhi.

-Kagome? Ma che ci fate voi qui!-
-Questa è la seconda casa di Inu-Yasha, siamo venuti per stare un po’ da soli- rispose lei, chinandosi sul suo fidanzato per poter vedere meglio come stessero i suoi occhi.
In effetti la parte superiore del viso del mezzo demone era tutta rossa, colpa dello spray al peperoncino di Rin.
-Ma che ti è saltato in mente?- si lamentò Inu-Yasha, voltando il viso verso Rin ma con gli occhi rigorosamente chiusi.
Lei di rimando, incrociò le braccia al petto e sorrise divertita.
-Seconda casa, eh? Chissà cosa ne penserebbe tuo fratello se sapesse che venite qui ad accoppiarvi nel suo letto-
-Che cosa?- chiese la sua amica.
Rin annuì:- Hai sentito bene. Non so cosa ti abbia detto il tuo nuovo ragazzo, ma questa è la casa di suo fratello-
Ora capiva il senso delle parole di Sesshomaru quella mattina.
-Penserai dopo ad un modo per litigare con lui, Kagome. Ora cerchiamo di vedere che cosa fare per rimediare al bruciore agli occhi, prima che Sesshomaru ritorni e si infuri con voi- disse Rin, facendosi aiutare dall’amica a tirare su da terra il mezzo demone.
Andarono in bagno e entrambe gli sciacquarono il viso con acqua fresca, sperando che questo portasse un po’ di sollievo ai suoi occhi rossi. Poi Kagome andò in cucina e preparò una camomilla che lasciò raffreddare, per farne poi un impacco emolliente per gli occhi.

Rin aiutò Inu-Yasha a sistemarsi sul divano, lui continuava a guardarla male ma lei non provava alcun tipo di rimorso: dopotutto era lui quello che aveva mentito alla sua fidanzata, usando casa del fratello di nascosto per fare le cosacce. Tanto valeva pagarsi un motel.
-Scusami, Kagome, ma che scusa si era inventato per convincerti ad andare via prima del rientro del fratello?- le domandò Rin quando ebbero finito con Inu-Yasha e si trovavano entrambe in cucina a sorseggiare una tazza di tè.
-Beh in realtà diceva che la casa aveva bisogno ancora di qualche lavoretto di ristrutturazione e che comunque ancora non ci veniva a vivere perché forse interessato ad un’altra casa-ammise lei.
-E tu ci hai creduto davvero?- sputò Rin meravigliata, dal momento che Kagome era sempre stata la prima a darle dell’ingenua.

Non ci fu il tempo di aspettare la risposta di Kagome, perché il rumore delle chiavi nella toppa, allarmò immediatamente Rin, che sapeva benissimo chi stava tornando questa volt: il padrone di casa, il vero padrone di casa!
Con uno scatto fulmineo si precipitò da Inu-Yasha, lo prese per un polso mentre lui la guardava sconcertato.
-Tuo fratello è tornato. Dovete nascondervi- bisbigliò Rin al mezzo demone, cercando di farsi venire in mente un’idea geniale.
Kagome si era appena alzata e Rin ne approfittò per acchiappare anche lei. Come un automa, si diresse nel luogo meno frequentato da Sesshomaru: la lavanderia.
-Hai intenzione di tenerci chiusi qua tutta la notte?- le chiese Inu-Yasha, leggermente infastidito.
Rin non ebbe nemmeno il tempo di arrabbiarsi, perché sentiva ora l’ansia e l’agitazione corroderla dentro. Chiuse la porta alle sue spalle e cercò di darsi un contegno.

Sesshomaru aveva depositato il suo soprabito sull’attaccapanni all’ingresso e si apprestava a fare il suo ingresso in salotto, dove una Rin sull’orlo di una crisi di nervi lo attendeva.
-Sei ancora qui- soffiò lui senza nemmeno salutarla.
Lei si grattò il mento in cerca di una scusa plausibile.
-Beh… c’era tanto da fare- ma si fermò perché lui sembrava nemmeno non ascoltarla. Dentro di sé la ragazza pensò che forse nascondere Inu-Yasha e Kagome sarebbe stato più facile del previsto.

Ma si dovette ricredere quando vide lo youkai dirigersi verso la cucina e subito nella mente le si materializzarono davanti le due tazze con il tè verde che lei e Kagome stavano sorseggiando poco fa.

-NOOOO!- urlò subito lei, piazzandosi davanti all’imponente figura di Sesshomaru, il quale sembrava davvero sorpreso: nessuno aveva mai osato fermarlo così. Rin sentiva la faccia comprimersi in una smorfia di ansia e paura. Doveva ragionare in fretta.

-Ti prendo io quello che ti serve… cosa volevi? Caffè, tè… acqua magari?- balbettò.
Sesshomaru non battè ciglio.
-Acqua. Poi andrò a farmi una doccia. Te finisci quello che stavi facendo- disse lui.

Rin si precipitò in cucina, esultando dentro di sé per essere riuscita ad evitare quel guaio, prese un bicchiere di acqua, gettò le tazze nel lavandino e tornò in salotto. Quando il demone ebbe finito di bere, le porse il bicchiere vuoto in mano e poi andò in bagno. La ragazza attese di sentire il rumore dell’acqua che veniva giù, poi alla chetichella, andò verso la lavanderia e, con l’indice davanti alla bocca, fece uscire i due amanti.

-Presto- sussurrò lei, spingendoli verso la porta d’ingresso.
Fortunatamente se ne andarono senza essere visti, stavolta ringraziandola per averli coperti.
Rin si sentì al sicuro quando la porta d’ingresso si chiuse alle sue spalle.
Mai più, pensò tra sé e sé.
Dopo aver ripreso fiato, sistemò le ultime cose e poi si preparò per tornare a casa. Mentre si avvolgeva la sciarpa intorno al collo, Sesshomaru apparve nella stanza, con indosso quelli che, secondo la ragazza, dovevano essere i suoi indumenti per casa. Niente a che vedere con le tute informi che indossava lei nelle giornate di inerzia emotiva e fisica. Non sembrava neanche uno che aveva affrontato una giornata al lavoro.

-Io ho finito qui. Ci vediamo la prossima settimana- disse lei afferrando la borsa.
Si diresse verso la porta. Aveva appena appoggiato la mano sulla maniglia quando si sentì richiamare.

-Rin-
-Sì?-
-La prossima volta che vuoi coprire Inu-Yasha, assicurati di far sparire il suo tanfo pestilenziale per casa e… di togliere il suo cappotto dall’appendiabiti all’ingresso!- poi se ne andò.

-MA PORCA MISERIA!-

 

 

Buonasera, cari lettori. Come promesso ho aggiornato velocemente.
Spero che vi piaccia la piega che sta prendendo la storia, ne vedremo delle belle. 
Ringrazio le persone che hanno commentato lo scorso capitolo, riceve il vostro sostegno mi aiuta tantissimo!

Al prossimo capitolo

Sophie Ondine

  
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