Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: Fiore di Giada    31/08/2020    0 recensioni
[ispirato all'orribile caso delle tre sorelle Calderone del 1996]
Alcune lacrime tremano sulle lunghe ciglia nere di Alejandro. Marialuisa, pur non amandolo, ha espresso il desiderio di conoscerlo.
Gli ha confessato, il volto velato di rossore, di amare le sue poesie e i suoi racconti, pubblicati in una raccolta antologica, a seguito di una sua vittoria in un concorso letterario.
E la reciproca approfondita conoscenza ha creato tra di loro un legame profondo.
Il tempo trascorso non gli ha fatto dimenticare il loro primo, timido sentimento.
Ma non ha dimenticato l’orrenda fine di quel loro amore di adolescenti.
Avrei preferito essere lasciato. Se il loro amore fosse finito per volontà di lei, l’avrebbe accettato.
Ma quella è una fine crudele.
E’ un insulto alla dignità umana.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Come un velo, il silenzio copre il quartiere.
Gli alti palazzoni svettano contro il cielo, grigio di nubi, prossime a sfaldarsi in una pioggia violenta, mentre un gelido vento spazza le strade, sollevando carte e rifiuti.
Di tanto in tanto, cani randagi di ogni specie, taglia e colore occupano il percorso, poi scompaiono.
Alejandro, a passo lento, percorre il marciapiede e il suo sguardo ceruleo saetta inquieto da una parte e dall’altra.
Il vento scompiglia i lunghi capelli neri e gonfia l’ampio impermeabile, come la vela di una barca.
Il suo viso, ogni tanto, si contrae in uno spasmo. Come sempre, il quartiere è deserto in quella giornata.
Diciannove anni non hanno mutato quel luogo.
La chiesa di Santa Maria dei Fiori, col suo splendente oratorio cinquecentesco, svetta ancora nella piazza principale.
I palazzi nobiliari, vestigia di un glorioso passato, attirano lo sguardo dei turisti, che li fotografano con gli smartphone o con le macchine fotografiche.
Le strade dei quartieri antichi, ornate da lampioni liberty, mantengono ancora l’antico fascino.
Alejandrò si ferma e, lento, si appoggia al muro di un palazzo e chiude gli occhi. I suoi genitori hanno creduto di trovare stabilità, lontani dalla Spagna, ancora dominata da Franco.
E, per anni, anche lui ha creduto di avere costruito un’esistenza tranquilla.
La scuola. Gli amici. Il calcio.
Per tanto tempo, sono stati i pilastri della sua vita.
Apre gli occhi, velati di lacrime, e contempla le strade. In quel quartiere popolare, al compimento dei suoi sedici anni di età, ha conosciuto lei.
Maria Luisa Colombo.
Ne ricorda il corpo alto e sottile, i lunghi e ricci capelli biondi, perennemente raccolti in una coda, e gli occhi castani, screziati di pagliuzze d’oro.
Quello sguardo, così particolare, ha attirato la sua attenzione.
Per cinque, lunghi mesi si è accontentato di guardarla da lontano, il cuore oppresso dal peso della timidezza.
Poi, era riuscito a confessarle il suo interesse.
Ridacchia. In quel momento, ha creduto di svenire, colpito da emozioni contrastanti.
Ha creduto di suscitare lo scherno di lei.
Ma lei si è mostrata gentile e intelligente e gli ha confessato di provare rispetto per lui, pur non ricambiando il suo sentimento.
Alcune lacrime tremano sulle lunghe ciglia nere di Alejandro. Marialuisa, pur non amandolo, ha espresso il desiderio di conoscerlo.
Gli ha confessato, il volto velato di rossore, di amare le sue poesie e i suoi racconti, pubblicati in una raccolta antologica, a seguito di una sua vittoria in un concorso letterario.
E la reciproca approfondita conoscenza ha creato tra di loro un legame profondo.
Il tempo trascorso non gli ha fatto dimenticare il loro primo, timido sentimento.
Ma non ha dimenticato l’orrenda fine di quel loro amore di adolescenti.
Avrei preferito essere lasciato. Se il loro amore fosse finito per volontà di lei, l’avrebbe accettato.
Ma quella è una fine crudele.
E’ un insulto alla dignità umana.

Sorelle Colombo uccise a colpi di pugnale nella loro abitazione.
Indagato il padre per omicidio.



Ricorda ancora quell’articolo di giornale, letto al suo ritorno da una vacanza in Spagna con la sua famiglia.
Maria Luisa è morta, colpita da cinquanta pugnalate, assieme alle sue sorelle, Cristina, di nove anni, e Carola, di tre.
E a sferrare i colpi è stato il loro padre, Antonio, in preda ad un delirio di onnipotenza.
Quell’articolo ha distrutto la sua esistenza.
Perché? Perché non mi hai detto la verità? Avrei potuto proteggerti… balbetta. Il padre delle tre sorelle Colombo era un uomo violento, incapace di prendersi le sue responsabilità.
Sua moglie è morta, lo sa, ha perduto il lavoro, a seguito della crisi della filiale dell’industria di plastici Cox, che, malgrado le proteste degli operai e le azioni dure dei sindacalisti, ha chiuso e ha delocalizzato in Romania e in Vietnam.
Non può negare la tragedia della loro situazione.
Ma questo non giustifica la mattanza da lui compiuta!
Suo padre e sua madre, ardenti comunisti, malgrado la caduta dell’Unione Sovietica, hanno sempre dato affetto e serenità a lui e ai suoi tre fratelli e a sua sorella.
Certo, suo padre, Leon Gonzales, è sempre stato un uomo burbero e chiuso, ma non ha mai levato le sue grandi mani su sua madre, Julia, su di lui e sua sorella, Irene.
Anche lui e Juan, Francisco e Adrian hanno trovato in quell’omone burbero, ma gentile, un solido punto di riferimento.
Li ha sempre incoraggiati a seguire i loro sogni.
E ha mantenuto questo suo atteggiamento composto e introverso, ma buono.
Grazie a lui, è riuscito a non sprofondare nella depressione.
Gli ha dato la forza di non abbandonarsi al mostro della sofferenza.
Ma lui non è riuscito a dimenticare.
Le cure farmacologiche e la psicoterapia non hanno eradicato quel sentimento di rabbia e dolore, per l’ingiustizia subita da Maria Luisa e dalle sue sorelle.
E quella notizia, così crudele, ha riaperto una ferita mai veramente rimarginata.

Scarcerato per buona condotta e per indulto Antonio Colombo.
Uccise le sue tre figlie a colpi di pugnale.

Buona condotta… Buona condotta… Buona condotta… mormora Alejandro, con voce robotica.
Volge lo sguardo verso il cielo, illuminato dal bagliore livido di episodici lampi.
L’articolo di giornale è proseguito con un lacrimevole e disgustoso elenco delle sue presunte problematiche.
Nessuna parola è stata spesa per quelle tre povere sorelle, massacrate di pugnalate dal loro padre.
Sono state dimenticate in tombe anonime, in nome di una legge offensiva per le vittime.
Antonio Colombo è stato trattato come un malato mentale, che ha compiuto un atto crudele senza avere consapevolezza.
Non hanno considerato le pagine del diario di Maria Luisa, che, fedeli, hanno raccontato anni di dolore e di angoscia.
Loro non hanno veduto gli sguardi, ormai spenti, di tre sorelle, addormentate in un sonno privo di sogni.
O meglio, li hanno visti, ma li hanno rimossi dalla loro mente.
Ma lui, Alejandro, sa cosa si nasconde oltre il volto anonimo di Antonio Colombo.
Una belva sanguinaria.

Signore, si sente bene? – domanda una voce femminile, preoccupata.
Alejandro si scuote e fissa i suoi occhi su una giovane prostituta, dai lunghi capelli biondi e occhi verdi.
Sussulta, turbato. Gli ricorda Maria Luisa…
Sbatte le palpebre e fissa il suo sguardo sul viso di lei.
In quegli occhi, neri di mascara, riconosce un lampo di umanità.
Ma non può schiudere il mistero del suo cuore a quelle iridi.
Accenna ad un sorriso amaro, privo di allegria.
Sto bene, signorina. Sono solo un po’ stanco. – rivela, pacato.
La prostituta, per alcuni istanti, lo osserva, dubbiosa, poi scompare nei vicoli.
Alejandro osserva la sua figura procace per diverso tempo, poi, a passo rapido, si allontana nella direzione opposta.


Cammina.
Pensi di potere sfuggire alla giustizia?, pensa, il cuore ardente d’ira. Di solito, lui è un uomo gentile.
Ma, in quel momento, la sua ira divampa e si ciba del suo dolore, troppo a lungo taciuto.
Vuole sottomettere quell’uomo, che si è sentito padrone della vita delle sue figlie.
Desidera vedere nei suoi occhi bovini il riflesso della paura.
Così, spera di riscattare se stesso agli occhi di Maria Luisa, Cristina e Carola.
Certo, una simile punizione non darà loro la vita rubata, ma ridurrà il delirio narcisista di quell’uomo.
Devo farlo., si dice. Lui, stupido sedicenne, non aveva compreso la realtà di dolore della sua amata.
Ma, anche se avesse compreso, Antonio Colombo avrebbe avuto ragione di lui.
Alejandro ghigna. La situazione si è invertita.
L’esile adolescente è scomparso e ha lasciato il posto ad un campione di pugilato alto e robusto, conosciuto come “il Toro di Siviglia”.
I suoi avversari, spesso, si compiacciono della sua ferocia sul ring, unita ad una indiscutibile correttezza.
Cosa gli può fare un uomo come Antonio Colombo?
Ora, può sottometterlo e picchiarlo.
Può restituirgli la violenza da lui inflitta a tre ragazze indifese, prive del sostegno della loro madre, morta in un incidente stradale, pochi mesi dopo la nascita di Carola.
Una smorfia deforma il suo viso. Ricorda le parole del prete, al funerale di Maria Luisa e delle sue sorelle…
Perdonate un uomo solo.
Anche lui, malgrado la sua morale specchiata, non ha mostrato alcuna comprensione per la disperazione di una comunità.
Ha preteso, in nome di una religione stupida, di coprire d’oblio la sofferenza di quell’atto lacerante.
E nessuno ha osato dirgli nulla.
Perfino lui, malgrado il cuore straziato, è rimasto prigioniero del silenzio.
Ma il suo animo è mutato.
E non intende più sottomettere se stesso alle direttive moraliste degli altri.
No, il perdono è per deboli.
Solo i vigliacchi non si prendono la loro giustizia e si ammantano di belle parole.
E lui non vuole essere definito vile.

Giunge davanti ad una palazzina assai alta.
Sfiora i muri e, per alcuni istanti, contempla la sua mano, bianca di intonaco.
Ride. Presto, la sua mano sarà rossa di sangue.
Antonio Colombo morirà presto.
E, forse, sa che cosa fare.
Non ha bisogno di armi.
I suoi pugni sono armi micidiali.

Osserva il citofono, poi preme il pulsante.
Sa che è una scelta assai azzardata, ma non gli importa.
Non vuole più pensare.
Poi, può trascorrere l’intera esistenza in carcere.
Perfino il pugilato, sua grande passione, passa in secondo piano.
Chi è? – abbaia una voce maschile.
Bingo., pensa Alejandro. E così Antonio Colombo abita ancora in quei palazzi.
Bene, non deve cercare a lungo.
Signor Colombo, sono il postino. Può scendere? C’è una raccomandata per lei. – domanda, d’impulso. Sa di stare precipitando, ma non gli importa.
Ormai sta precipitando.
Non può tirarsi indietro.
Desidera spegnere quella vita inutile.

Attende.
Nessuno passa in quell’ora gelida.
Alejandro sorride. Al termine del suo lavoro, si costituirà, ma non gli importa nulla del giudizio altrui.
Sopporterà il carcere per lei e le sue due sorelle.
La porta, con un rumore secco, si apre e un uomo alto e imponente esce.
Gli occhi verdastri, bovini, si guardano intorno, poi si posano sul giovane pugile.
Per alcuni istanti, Luis Alejandro lo studia.
Quasi gli viene da ridere. Non lo ha riconosciuto.
Ma presto saprà tutto.
Un violento montante, rapido, crea una traiettoria curva nell’aria. Colpisce Mario Colombo allo stomaco.
L’uomo, colto di sorpresa, precipita a terra a gambe all’aria.
Agevolmente, Luis Alejandro lo solleva per il bavero della camicia e lo fissa negli occhi.
Non urlare. – sibila.
Mario Colombo sgrana gli occhi, sgomento, e il suo cuore comincia a martellare contro le costole.
Chi è il suo aggressore?
Chi lo ha cercato, in quel paese dimenticato?
Eppure, venti anni dopo l’omicidio delle sue tre figlie, ha cercato l’anonimato.

Lo getta a terra, a poca distanza da lui. Gli fa schifo toccarlo, ma deve compiere il suo dovere.
Deve fare conoscere a quell’uomo la paura e il dolore delle sue tre figlie.
Deve provare una minima parte della loro angoscia e della loro disperazione.
L’uomo, ancora sofferente per il pugno, si solleva e fissa il viso del giovane. Nessuna pietà riverbera in quelle iridi cupe.
Sembra un robot, privo di qualsiasi emozione.
Gli ricorda un detenuto nigeriano che, nei suoi primi mesi di carcere, lo ha massacrato di calci.
Se non fossero intervenute le guardie, sarebbe morto sotto i colpi di quell’omone, che ha creduto di vendicare tre ragazze innocenti.
Che… Che… vuoi? – domanda, impaurito.
Una pedata spegne le sue parole in un gemito, misto a frammenti di dente.

Poi, Alejandro si china e solleva per il bavero Antonio.
Gli pare quasi di sentire l’odore fetido della paura.
Un senso di godimento si espande nel suo corpo. Si compiace della sofferenza di quello stronzo.
Lo vede sottomesso e impaurito, dominato da una forza soverchiante.
Le regole si sono sovvertite e lui, ora, è la vittima.
E non avrà una pietà negata a tre innocenti.

Implacabile, il suo montante colpisce ancora l’addome dell’uomo.
A stento, Antonio Colombo cerca di non urlare. In quello sguardo, ha scorto decisione.
Non vede scrupoli in quelle iridi cupe.
Sa che quel giovane sconosciuto può ucciderlo.
Fanno male i suoi pugni, degni di un maestro del pugilato, ma teme la morte.
Non vuole morire, dopo diciannove anni di prigione.
Fa male, vero? Fa male quando qualcuno di più forte di te ti picchia? Fa male essere completamente indifesi? – sibila.
Le lacrime di paura sgorgano sulle guance dell’uomo. Quel giovane sembra conoscere bene la sua storia…
Eppure, perché non si ricorda di lui?
Sii uomo! Non comportarti come un lombrico! – sibila Alejandro, irritato. Spera di muoverlo a pietà con quelle lacrime?
Invece, gli suscita solo disgusto.
Ha costretto quelle tre ragazze ad una vita d’inferno, forte del suo ruolo e della sua forza, ma, davanti a qualcuno più forte di lui, si umilia.
Non ha nessuna dignità.

Scarica un ultimo, violento diretto sul naso di Mario Colombo.
Con un secco scricchiolio, l’osso del naso si rompe e il sangue sgorga dalle narici.
Per alcuni istanti, si agita, come un pesce nelle mani di un pescatore, poi il suo corpo resta immobile.
Alejandro, con sprezzo, getta il corpo a terra. Finalmente, ha liberato la terra da una presenza infestante.
Fino all’ultimo, non ha compreso nulla.
Non ha mostrato alcun rimorso per la morte delle sue figlie.
Bene. – mormora. Nulla potrà ridare loro la vita, ma il loro genitore ha conosciuto l’amaro gusto della sofferenza.
Forse, è stato anche troppo pietoso con lui.
Ora, può costituirsi.
Prende il cellulare e compone il numero della polizia.
Pronto, carabinieri. Qual è la ragione della chiamata? – chiede una voce femminile.
Ho appena ucciso Antonio Colombo. Sono in via Giuseppe Mazzini 198 A. Venite o potrei uccidere ancora.– mormora Alejandro, pacato. In realtà, non vuole uccidere altre persone.
Ma desidera essere arrestato e minacciare un reato è un ottimo sprone di azione per la polizia.
D’accordo… Tu non fare nulla. Resta in contatto. – gli ordina la voce femminile.
Come desidera. – risponde lui.
Alejandro sorride e si appoggia al muro del palazzo. Bene, tutto è compiuto.
Ora, può attendere.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Fiore di Giada