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Autore: I am on my way    31/08/2020    0 recensioni
Le sua labbra sono calde, morbide, sanno di menta e il suo volto profuma di shampoo e bagnoschiuma, ma anche di dopobarba: è un odore pungente che mi solletica il naso e mi fa girare la testa.
I nostri respiri si inseguono, mentre le sue mani scendono lungo la mia schiena, fermandosi qualche centimetro più giù del previsto e io vorrei togliermi la maglietta per poter far aderire il suo petto nudo al mio, per sentirlo mio e fondermi con lui in una cosa sola.
I suoi capelli bagnati mi stuzzicano il volto, mentre lascio vagare i miei polpastrelli sulle sue spalle umide, beandomi della sensazione della sua pelle pallida sotto i miei palmi, esplorando, avida, ogni singolo centimetro di pelle, imprimendomi nella mente ogni imperfezione, ogni suo lineamento.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Inspira, espira.


Eirwen

Inspira.
Durante l'inspirazione l'aria ricca di ossigeno entra attivamente nei polmoni grazie ad un movimento di espansione della cassa toracica, la quale aumenta di volume. A questo scopo il diaframma, si appiattisce e contemporaneamente i muscoli intercostali si contraggono e spingono in alto e in fuori la cassa toracica. Insieme a questa si espandono anche i polmoni.
Più intensa è l'azione dei muscoli intercostali più aria entra nei polmoni.

Espira.
L'espirazione, durante la quale l'aria povera d'ossigeno viene espulsa passivamente, avviene quando i muscoli e il diaframma, che hanno provocato l'inspirazione, si rilasciano. Ciò determina una costrizione della gabbia toracica e una contrazione dei polmoni che, essendo molto elastici, espellono l'aria.

Inspira, espira. Inspira, espira. Inspira, Espira.
Sono due semplici processi che quasi ci vengono naturali, non ci si deve neanche prestare troppa attenzione, ci vengono così, un po' come amare.
Eppure sono tre giorni, da quando l'ho rivisto, che mi sembra come di essere sempre a corto di ossigeno, come se l'aria attorno a me fosse rarefatta, carica solo di anidride carbonica.
I polmoni quasi mi fanno male.
Sembrava così simile al Niall dei miei ricordi, con quei capelli biondi, gli occhi azzurri a cui nemmeno il colore del cielo renderebbe giustizia, le dita delle sue mani affusolate e rosa pallide. Tutto in lui richiamava a galla vecchie sensazioni assopite che non ricordavo nemmeno di aver provato.
Eppure, nel momento in cui aveva parlato qualcosa era andato storto: la voce non era più quella di un ragazzino, era forte ora, simile a quella di un uomo e quegli occhi che prima tanto veneravo, ad un tratto si erano tramutati in angoli d'oceano che mi avevano messa in soggezione, fatta vacillare e forse anche indietreggiare. Mai, in passato, mi aveva fatto questo effetto.
Ma d'altronde si sa, il rischio di aggrapparsi ai ricordi è questo, quando ti scontri con la realtà, l'effetto è simile a quello di una porta presa in pieno volto: doloroso e inaspettato.
Inspira, espira.
L' odore di caffè mi invade le narici dandomi un leggero sollievo. Ho sempre odiato il suo sapore, ma amo il suo profumo, soprattutto quello che ha quando si posa sulle labbra delle persone. Un po' come la sigaretta.
Quando avevo quindici anni avevo provato a fumare e mi era anche piaciuto, a differenza di molte persone adoravo l'odore che mi lasciava la cicca consumata sui polpastrelli.
Ma non appena Niall era venuto a sapere del mio non-ancora-vizio si era arrabbiato talmente tanto che per un attimo avevo pensato avrebbe mobilitato l'esercito per rimuovere dalla circolazione ogni singolo pacchetto di sigarette pur di farmi smettere.
Perlomeno non lo aveva detto ai miei.
Inspira, espira.
È assurdo come tutti i miei ricordi siano legati a lui, come se per una gran parte della mia infanzia o adolescenza io avessi fatto affidamento solo su di lui, come se Niall fosse stato il mio intero mondo e universo.
Probabilmente è così.
Inspira, espira.
Accogliamo le persone nelle nostre vite come se dovessero poi restarvi per sempre, organizziamo le nostre giornate in loro funzione, ma il problema è che nella maggior parte dei casi sono solo di passaggio e non siamo mai pronti a vederle andare via.
Ogni volta è una sorpresa e un dolore che non siamo in grado di affrontare.
Dovrebbero inventare una guida “Vivi solo in funzione di te stesso”, sarebbe un successo, o perlomeno io la comprerei sicuro.
Inspira, espira.
Sollevo un sopracciglio non appena vedo un bambino, forse di cinque anni, rovesciare il frullato,  comprato dal papà, sul tavolo. Immediatamente la superficie di legno diventa un acquitrino e la bevanda oramai si trova ovunque eccetto che nel bicchiere di plastica.
L'uomo sulla trentina inizia ad asciugare il liquido giallastro, tentando di arginare i danni, mentre il ragazzino comincia a piangere, come se fosse accaduto qualcosa di gravissimo, come se un tornado avesse appena spazzato via la sua intera famiglia.
Una cameriera accorre con uno straccio, sorridendo cordialmente all'uomo che non sa più se prestare attenzione al figlio che urla e scalcia o alla bevanda che ora gli è finita anche sui pantaloni beige.
Una smorfia mi si disegna sul volto, questa scena mi sta dando il voltastomaco.
Inspira, espira.
Decido di concentrarmi su altro. Il bar a quest'ora del pomeriggio è gremito di gente e ho l'imbarazzo della scelta: in fondo, all'angolo a destra, c'è un gruppo di dodicenni che si diverte a prendere in giro la signora alla cassa, che probabilmente si è accorta da diversi minuti che si stanno beffando di lei, ma che ha troppa pazienza per dargliela vinta.
Accanto alla porta d'entrata rosso vermiglio, c'è una ragazza forse della mia età che si specchia ogni trenta secondi nella vetrina del negozio, controllando se ha qualche capello fuori posto e puntualmente si infila la ciocca corvina dietro l'orecchio sinistro, mentre quello che dovrebbe essere il suo fidanzato smista nel suo portafogli per pagare il conto.
Sembrano tutti così presi dalle loro vite, appagati e.. Rassegnati.
E io? Mi sono rassegnata anche io?
Non lo so, non ne ho la più pallida idea.
L'unica cosa che non faccio altro che ripetermi è la domanda di Robert Musil “È questa dunque la vita che diventerà mia?”
Sarò come quel papà disperato dai pantaloni sporchi di frappè, o quel fidanzato che guarda sconsolato il portafogli o quella vecchietta che siede sola ad un angolo del bar, sorseggiando un tè verde e guardando con aria di sufficienza chiunque osi compatirla?
Di nuovo un senso di nausea viene a farmi compagnia e non sono sicura se devo dare la colpa ai miei pensieri o al cappuccino che sto sorseggiando, nonostante la mia intolleranza al latte.

«Hai sempre avuto il vizio di bere il cappuccino a qualsiasi ora del giorno»
Una voce mi fa sussultare mentre il mio cuore inizia a battere un po' più velocemente. Alzo la testa di scatto e ci metto qualche secondo a mettere a fuoco la figura che ho davanti.
Le mie labbra si muovono da sole e un sorriso fa capolino sul mio volto «Zayn.»
«Eirwen» e mentre lo dice allarga le braccia, sorridendo e studiandomi, come io sto facendo con lui.
Non è più il ragazzino di sedici anni, dai capelli ordinati e dalle braccia pulite, con il fisico esile e alto poco più di un metro e sessanta. Non è più lo Zayn dal sorriso timido, diligente e dalle mille insicurezze.
È cresciuto, cambiato. Le sue braccia sono nascoste da tatuaggi e mi chiedo cosa significhino, forse un giorno glielo chiederò.
È alto, i capelli sono scompigliati e nella sua posa sembra quasi strafottente, consapevole di quei suoi grandi occhi nocciola e di quel sorriso un po’ prepotente.
La voce è ancora più bassa, forse una, due tonalità.
Il volto velato da un lieve strato di barba. Ha grandi mani ed è vestito completamente di nero. Forse lo sto fissando da troppo tempo.
Fa uno strano effetto rivederlo dopo tutti questi anni.
Inspira, espira.
Mi alzo dalla poltrona in pelle verde e aggiro il tavolo, con una lentezza che mi sembra quasi disumana poi, in pochi secondi, trovo conforto nell'abbraccio di Zayn e per un attimo mi sembra di tornare a respirare.
Finalmente, da quando sono qui, non mi sento poi così estranea o sbagliata.
Inspira, espira.
Ha un profumo pungente forte, che si mischia all'odore di sigarette che impregna la sua giacca scura in eco-pelle.
«Da quanto tempo» sussurra contro i miei capelli «troppo tempo.»
Sento quasi le sue labbra sfiorare il mio orecchio. Rabbrividisco.
Ricordo ancora l'ultima volta che mi era stato così vicino, lo ricordo come fosse ieri. Perchè alle volte anche se a dividerci da una persona ci sono ore, giorni, mesi o anni, basta un momento, uno sguardo o un tocco per annullare qualsiasi distanza, che sia temporale o mentale.
Ero davanti casa sua quel giorno, con le valigie in mano e voglia di scappare.

«Dove stai andando?» mi domanda Zayn, stringendo la sigaretta fra l'indice e l'anulare medio, scruta i bagagli che ho accanto e quelli che mi aspettano nel taxi.
Ha un aspetto tirato, stanco, forse queste notti non ha dormito. Anche il suo abbigliamento urla che qualcosa non va: indossa una maglietta grigia, logora, bucata sulla manica sinistra, e i pantaloni neri sono strappati sui bordi, all'altezza dei piedi nudi.
La figura scura di Zayn contrasta con il cancello bianco pallido di casa sua, quasi stonano.
Mi mancherà.
«Torno a casa» rispondo e sono sicura di avere gli occhi arrossati, pensati e gonfi.
Lui getta la cicca a terra, rilasciando una nuvola di fumo dalle sue labbra sottili.
«È presto, siamo solo al diciassette agosto, l'estate finisce tra tre settimane» mi fa notare accigliato, come se non lo sapessi.
Fa strano anche a me tornare così presto, è da quando avevo pochi anni  che passo tutte le mie estati qui, fino al primo di settembre.
Un rito che dura sedici anni, da prima che la mia memoria abbia ricordi. Un rito che so sto per spezzare.
«Che succede?» le sue mani si posano sulle mie spalle, con un movimento lento e calcolato che mi fa venire la pelle d'oca. Mi sta scrutando, alla ricerca di un segnale, qualcosa che gli possa rivelare cosa mi stia succedendo.
Inspiro.
«Nulla» rispondo incerta, forse troppo «ho solo bisogno di tornare a casa» ed è la verità, so che non sarei mai in grado di mentire a Zayn; in dieci anni che lo conosco è sempre riuscito a capire se quella che dicevo fosse la verità o meno. Basta un suo sguardo, un suo sorriso ed ecco che riesce a smascherare ogni mia singola bugia.
Espiro.
«Avanti Eirwen, che è successo? Ieri alla festa eri così allegra, forse anche troppo» sorride, si sta riferendo al fatto che fossi un po' brilla.
Non mi ubriacherò mai più.
«Non è successo nulla» liquido la frase con un gesto della mano, abbassando gli occhi sulle punte delle mie superga segnate dal tempo.
«Stronzate» infila una mano nella tasca sinistra: altra sigaretta.
«Ti fa male fumare così tanto» cerco di sviare il discorso, ma so già che non funzionerà.
«Grazie per il suggerimento mamma, adesso dimmi chi devo andare a menare.»
Rido.
«Non è succes-»
«Facciamo così» mi interrompe, prendendo un'altra boccata di nicotina «puoi dirmi tutto subito e magari farla finita, o restare qui per altre tre ore e dirmi tutto comunque. Ovviamente il processo sarà più lungo e noioso» mi scruta da sotto le sue lunghe ciglia nere e «quale opzione scegli?»
Zayn non è mai stato un tipo paziente, non gli piace dover cavare le cose di bocca a qualcuno, soprattutto se si tratta di me, perchè in quei casi, sa che gli sto nascondendo qualcosa. E la sua impazienza sprizza da tutti i pori, lo vedo dal fatto che in due minuti si è fumato due sigarette, da come tamburella le dita sui suoi pantaloni sgualciti, o da come batte meno frequentemente le ciglia.
Temporeggio, mi raccolgo i capelli in una coda provvisoria, poi li rilascio cadere sulle spalle. Mi gratto il polso e sposto il peso da un piede ad un altro.
«Ieri sera ti ho vista al faro, eri con Niall.»
Sussulto leggermente a quel nome e lui lo percepisce.
«Te ne sei andata poco dopo, che è successo?» Fa un passo verso di me.
So che non desisterà, Zayn è così: insistente, testardo, alle volte un po' brusco e di poche parole. È cosi differente da Niall.
«Gli ho detto che sono innamorata di lui» dico d'un fiato «in tutta risposta l'ho trovato a letto con mia sorella.» Distolgo lo sguardo da lui, spostando l'attenzione su un aquilone a forma di farfalla poco oltre le villette color sabbia, quelle che amavo tanto perché a sei anni quando passavo davanti alle mura allora ancora in costruzione, mi sembrava sempre di trovarmi tra le rovine di un castello.
Inspira, espira.
«Mi dispiace» e sebbene non dica altro so che è davvero dispiaciuto.
«Potresti restare comunque» aggiunge poi, gettando il secondo mozzicone spento oltre la siepe.
Mi mancherà.
«Ho bisogno di andarmene per un po', tu sai quanto ci tenessi a..» lascio la frase in sospesa perchè la mia voce inizia ad essere irriconoscibile.
«Puoi rimanere qui per me.»
Inspira, espira.
Siamo vicini, così vicini che ho quasi paura possa sentire il mio cuore battere all'impazzata.
Mi chiedo come sarebbe una vita con Zayn, con lo stesso ragazzino che mi aveva regalato il suo palloncino quando il mio mi era scivolato via di mano, diventando un puntino blu nel cielo, o quel ragazzo che mi aveva dato ripetizioni di matematica alle medie.
Per un attimo la mia sicurezza vacilla, forse a causa del suo sguardo ipnotico, o delle sue mani che si sono appena poggiate sui miei avambracci.
«Non posso» sussurro, più a me stessa che a lui.
Vedo sul suo volto un accenno di delusione, rabbia e forse tristezza, poi la maschera impassibile ritorna; l'unico accenno di nervosismo è dato dalla mascella contratta.
«Non vuoi» mi corregge brusco, c'è risentimento nelle sue parole, collera e io sento il mio cuore incrinarsi «sei così concentrata sulla tua infatuazione per Niall che non vedi nessun altro.»
Spalanco gli occhi, perchè il discorso sta prendendo questa piega?
«Non è vero» tento di giustificarmi.
«Sì, invece! Non ti interessa nient'altro che lui, sei ossessionata solo perchè da piccolo si è mostrato gentile con te! Ma indovina? Niall è gentile con tutti! Non sei speciale per lui, ma non te ne accorgi!» Perchè ora sta urlando? La sua voce stona con il volto calmo imperturbabile, stona un po' come un si bemolle suonato al posto di un do.
Le sue parole mi feriscono, si insinuano lente sottopelle, come un veleno letale e so che se potessero mi ucciderebbero anche. Forse lo stanno già facendo.
«Io sono sempre stato qui! Ad aspettarti, sperando che ti accorgessi di me, ma è impossibile! Anche ora che ti sto pregando di restare per me! Tu non lo capisci! È più importante Niall, non è vero? Nessuno sarà mai alla sua altezza.
Io non sarò mai alla sua altezza.»
«Zayn, ti prego, sai che ti voglio bene, ma-»
«Ma cosa?»
Le sue mani mi stringono sempre di più, ora fa quasi male la sua presa, mentre il suo volto è vicino al mio, troppo, mi mette soggezione.
«Ma sei innamorata di lui, giusto?» sorride amaramente scuotendo la testa «vattene.»
Spalanco gli occhi «che cosa?» e spero di aver davvero capito male.
«Vattene, Eirwen. Magari quando tornerai capirai  che c'è tutto un mondo oltre Niall»
E detto questo mi volta le spalle; nonostante le sue parole è lui ad andarsene.
L'ultima cosa che sento è il suo profumo di muschio mischiato all'odore di sigaretta.
Inspira, espira.


«Wen, ci sei?»
Zayn richiama la mia attenzione, agitando una mano davanti al mio volto e io scuoto la testa, cercando di scrollarmi un senso di inquietudine da dosso.
«Sì, sì scusami» sorrido imbarazzata «ero un attimo sovrappensiero, cosa mi hai chiesto?»
«Ti ho chiesto se potevo sedermi al tavolo con te»
Sono quasi sicura di aver già vissuto una scena simile.
«Certo.»

«Sai Wen, mi sei mancata, ti ho aspettata ogni estate.»
Inspira, espira.
 
Niall

«Avanti Niall! Non puoi stare col muso tutto il pomeriggio, sembra che ti abbiano ucciso il gatto» mi sfotte Liam.
«Non ho un gatto» bofonchio e in ogni caso, penso, sarebbe stato meno doloroso che vedere Wendy là davanti a me, guardarmi come fossi un mostro.
«E per fortuna, i gatti sono menefreghisti e ti guardano con quegli occhi  quasi stessero architettando un modo per distruggerti, sono inquietanti» interviene Harry. Sta stappando una lattina di pepsi, mentre si lascia cadere sul divano in stoffa di Liam.
Mi è sempre piaciuta questa casa, così piccola, raccolta, sembra.. Umana. I mobili in legno chiaro, i quadri di artisti sconosciuti, magari di strada, l'ambiente spartano, i modellini di navi in miniatura poggiati sugli scaffali color sabbia, tutto sembra gridare normalità, cosa che a casa mia manca.
«Ehi, Mr. Cookie si offende, non dire queste cose.»
«Ti prego Liam, taci» dice Harry in un mezzo sorriso, roteando gli occhi al cielo «e tieni quel coso peloso, figlio del demonio, lontano da me» e indica il gatto del moro appollaiato ai piedi della tv.
In tutta risposta Mr. Cookie fa uno sbadiglio,  stiracchia le zampe posteriori e poi si rimette a dormire. Sembra quasi disinteressato a tutto quello che gli sta accadendo intorno, se esplodesse una bomba probabilmente resterebbe là.
Odio i gatti.
«Allora Niall, vuoi dirci una volta per tutte cosa vi siete detti tu ed Eirwen?»
La domanda di Liam mi lascia spiazzato, in questi giorni nessuno di loro ha osato chiedermi nulla, Harry si è limitato a fare qualche battuta per tirarmi su il morale e Zayn invece ha evitato qualsiasi tipo battuta, frase, o mugolio.
In realtà, ora che ci penso, non ricordo abbia parlato chissà quanto.
«Non molto» mormoro afferrando il telecomando alla mia sinistra «mi ha rinfacciato ciò che le ho fatto, ha detto che mi meritavo il suo silenzio e poi se n'è andata.»
Inizio a cambiare compulsivamente canale, senza prestare troppa attenzione ai canali che mi passano davanti agli occhi, tutto quello che vedo è un programma per bambini sui dinosauri, un telegiornale,, una donna che mostra una selezione di coltelli e un film degli anni ’70.
«E tu che le hai detto?» Liam sembra una macchina divoratrice di informazioni, è sempre stato un suo difetto quello di essere curioso.
«Che mi dispiaceva» e che mi era mancata, ma questo lo tengo per me.
«Solo? Amico, non basta! Insomma, devi darti più da fare, l'hai combinata grossa all'epoca» mi riprende il padrone di casa.
Io gli lancio un'occhiataccia e sto per rispondergli, ma Harry mi precede.
«Direi che l'hai combinata enorme»
«Siete qui per aiutarmi o infierire?» mi sto davvero irritando.
Liam si siede a gambe incrociate sul tappeto dalla stampa astratta, davanti a me. Lo strappo che ha sui jeans chiari sul ginocchio sinistro si accentua, mostrando un pezzo di pelle nuda.
«Beh non puoi negare che sei stato uno stupido.»
Il riccio si sistema accanto a me e «stupido è troppo leggero, io direi più “coglione” anzi, “stronzo” secondo me gli si addice di più.»
Mi arrendo e smetto di fare zapping: il film anni ’70 ha vinto su tutti.
«Harry, entro trenta secondi ti tiro Mr. Cookie appresso. Avete dei consigli o continuerete ad insultarmi tutto il tempo? Perchè se così fosse me ne torno a casa.»
So che stanno cercando di tirarmi su il morale, che stanno facendo del loro meglio, ma io non sono per nulla in vena di stargli dietro. L'unica cosa che vorrei fare è andare a cercare Wendy e costringerla a starmi ad ascoltare, perchè forse, una volta ascoltato quello che ho da dirle tornerebbe da me e allora stavolta farei davvero funzionare la nostra relazione, stavolta non rovinerei tutto.
«Ok» sospira Harry alzando le mani in segno di resa «hai ragione, abbiamo esagerato, ma resta il fatto che se vuoi avere un'altra chance con Eirwen ammettere che sei stato uno stronzo o scusarti non basta, devi fare qualcosa di più.»
«Qualcosa di più? Del tipo?» gli chiedo, dando voce alla mia confusione mentale.
«Ehi, io ti ho dato lo spunto, l'idea la devi sviluppare tu. Liam aiutami.»
Payne si gratta il capo pensieroso «un mazzo di fiori?» domanda accigliato.
Scuoto la testa sconsolato, chiedere consiglio a questi due è come gettarsi in una guerra disarmati.
«Fino a prova contraria non è la mia ragazza» bofonchio «e no, Liam, neanche una scatola di cioccolatini sarebbe opportuna.»
«D'accordo, d'accordo» traccia il contorno di uno dei cerchi del tappetto bordeaux «entrambi?»
«Fottiti, grazie» il riccio viene a darmi manforte «avanti ragazzi, spremiamoci le meningi, ci sarà qualcosa che possa aiutare Niall.»
In questo momento l'unica cosa che potrebbe aiutarmi è una spinta giù per un dirupo, penso, avrei più probabilità di sopravvivere che ad un secondo incontro con Wendy.
Wendy, Wendy, Wendy.
Ho quasi la nausea a forza di pronunciare questo nome, sono giorni che non faccio altro che riportarlo alla memoria insieme alla sua immagine, sono ore che rivedo quei suoi occhi da cerbiatto che adesso sono diventati ancora più belli, più grandi, ore che accarezzo con lo sguardo il suo volto mentre mi rinfaccia il passato e corre via.
Mi chiedo come io abbia fatto a farmela scappare.
«Comprale un pony» propone Liam.
Mi inizio a domandare sei stia facendo sul serio o meno. Spero per lui di no.
«Si e magari arriva sotto casa sua cavalcando un unicorno» ironizza il riccio.
«Bell'idea» gli fa notare «sono sicuro che suo padre non avrebbe problemi a procurargliene uno.»
«Payne, gli unicorni non esistono» sussurra Harry mentre si passa una mano sul volto, la demenza di Liam alle volte stupisce anche lui.
«Lo so» mormora offeso «alle volte desidererei che non mi prendeste così sul serio.»
Desidererei.
«Che hai detto?» chiedo improvvisamente a Liam.
Lui mi guarda senza capire «che..» tentenna «desidererei che non mi prend-»
«Desideri» e stavolta lo mormoro sottovoce.
Harry dice qualcosa, ma io ormai non li sto più ascoltando. Immagini di me e Wendy da bambini, lei sull'altalena, io che la spingo.
 
«Ti è caduto qualcosa dalla tasca» la mia voce sovrasta il frinire di una cicala e smetto di far dondolare Eirwen, troppo occupato a fissare l'oggetto non identificato ai suoi piedi.
«Ehi!» protesta, scocciata, ma io non le bado e raccoglio il  foglietto poco più in là.
«Cos'è?» le domando curioso, sbirciando il pezzo di carta.
«Ridammelo!» urla arrabbiata, non vuole che lo legga, continua a saltare a destra e sinistra tentando di riprenderselo.
«È una lista dei desideri?»


Ormai le voci dei miei due amici non sono altro che un mormorio indistinto.

 «[...] quando sarò adulto te li realizzerò uno ad uno, d'altronde sono quello più grande, ho delle responsabilità io!»

E prima che possa rendermene conto, urlo «So cosa devo fare!»



 
   
 
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