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Autore: Antocharis    03/09/2020    2 recensioni
Gli abitanti di Fiordland combattono contro la Legge.
Nel passato Èos, figlia della Luce, dovrà scegliere da che parte stare, in subbuglio tra il dovere e il piacere.
Nel presente, Elpìs dovrà ripercorrere il passato alla ricerca delle origini e cercare di mettere a posto le cose.
-
«Elpìs, cosa c’è che non va? Perché non stai con tutti gli altri?» dietro di lei c’è anche il piccolo draghetto, mi guarda con gli occhietti che escono dalle orbite, giallognoli e luccicanti.
«Non so», le rispondo. Non so davvero.
«So cosa provi, sai? Tua mamma non è così, come noi. Lei è... impetuosa, diretta. L’ho sempre ammirata, anche quando sbagliava lei, riusciva a sbagliare con tutta se stessa. Invece noi ci ritiriamo sempre. Siamo sempre un passo indietro.»
Già. Mi sento esattamente così, un passo, due passi, una vita intera a essere indietro.
«Ma non devi abbatterti, sai? Perché se anche tu in questo momento vorresti essere là a... fammi indovinare−» si volta ad osservare velocemente gli altri ragazzi «parlare con Antèros, giusto? Ecco magari a un certo punto sarà qualcun altro a venire da te. E tu scoprirai se riuscirai ad accontentarti o se invece vuoi vincere.»
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PARTE I

COME TUTTO INIZIÒ E COME TUTTO FINÌ

 

1
IRIS
IL VIAGGIO DI NON RITORNO


 
E allora i Cecropidi (miseri!) costretti
a scontare le pene di settanta corpi di figli all'anno:
l'urna sta estraendo le sorti
(Eneide, VI)
 
All’impazzata.
Tum, tum; tum, tum.
Il rumore della pioggia, incessante, come mai ad Aterk, era sovrastato dal ritmo del mio cuore.
Tum, tum; tum, tum.
Eppure ero stata io ad avere l’idea, eppure adesso, che più passava il tempo, più ci avvicinavamo alla rocca del drago, il mio corpo non si reggeva in piedi.
Ero innanzi a tutto il resto del mio villaggio, mi voltai cercando di ricevere il coraggio necessario da mia madre e dal suo compagno, ma non riuscii neppure a scorgerla per quanto vasta era la folla dietro di me, per quanto annebbiati fossero i miei occhi privi di coraggio.
Tum, tum; tum, tum.
Il mio compagno, proprio accanto a me, stava immobile e sembrava così sicuro e audace, nel modo di camminare, di guardare l’orizzonte davanti a sé. Aveva le sottili labbra serrate e le sopracciglia e il volto tesi come non lo avevo mai visto prima.
Sentii il mio passo rallentare, forse stavo indugiando troppo nell’osservarlo, forse tentennavo perché avevo troppa, troppa paura.
«Che razza di idioti, non funzionerà mai!» qualcuno urlò alle mie spalle, ridendo e sbeffeggiando la mia idea. Notai altre osservazioni che davano corda a quella voce, molte altre risate si unirono alla sua, pochi altri inneggiarono al silenzio. Qualcun altro piangeva.
Nausicaa stava dietro di noi. Ogni tanto mi perdevo a scrutarla, cercando di non farmi osservare. I lunghi capelli bruni le percorrevano tutta la curva della schiena, gli occhi buoni, dolci, si perdevano nell’ampio spazio del bosco. E la mano, tremante, tentava di afferrare quella del mio compagno, ma, forse per paura, non giungeva mai a destinazione.
Yzarc non aveva idea di tutto quello che stava accadendo attorno a lui, sembrava sordo ai richiami del nostro villaggio, agli sguardi languidi di lei, al mio cuore che batteva all’impazzata.
Eppure cercavo di rimanere in silenzio, non volevo, assolutamente non volevo che la mia paura traboccasse fuori dal mio respiro.
Eccola, eccola lì! Riuscivo già a vederla di fronte a noi, nascosta solo da qualche albero pieno di foglie. Ci facemmo largo tra i rami e i rovi, ma prima che potessimo continuare il cammino, Jead mi bloccò una spalla.
«Ragazzi», disse con tono profondamente grave.
Notai che anche Yzarc si era fermato e mi raggiunse, anche lui serissimo.
«Siete giunti a destinazione, oltre questi alberi, come potete vedere, si trova la rocca del drago». La pioggia aveva reso i suoi lineamenti ancora più sottili e più tristi. Il suo sguardo, però, pur essendo tanto mesto sembrava star guadagnando serenità.
«Voglio dirvi una cosa», io e Yzarc restammo immobili, tum, tum; tum, tum, «qualsiasi cosa dovesse accadere, voi sarete gli eroi di Aterk. Che queste parole possano darvi coraggio.»
Io e il mio compagno calammo la testa, ognuno di noi stava per prendere parte al proprio destino, muovendo i passi, ma un urlo troppo familiare ci immobilizzò, di nuovo.
«Figlia mia! Non devi! Non andare!» mia madre era arrivata davanti il villaggio portando con sé tutte le sue lacrime. «Jead, perché li lasci andare? Perché? Sono due bambini! Non... perché!»
Jead rimase impassibile di fronte alle accuse.
Provai a difendere la mia decisione, ma il Capo mi precedette. «Aidès», forse la chiamò per nome per calmarla, «se oggi non lascerai andare i tuoi figli nell’incertezza, domani potresti perderli con certezza. So che non sappiamo se questa bislacca idea potrà funzionare, ma io ho fiducia in loro. Io voglio provare. E se anche perdessero la vita, c’è la possibilità che comunque ne salvino migliaia e migliaia in più. Immagino che il dolore possa essere atroce, ma non soffrire adesso, che non c’è ancora nulla da piangere. Non sono morti. Sono ancora vivi.»
Mia madre scoppiò in un singhiozzo disperato. «Perché sei così buona, Iris mia? Perché?» mi abbracciò, bloccando ogni respiro.
«Madre... » cercai di svincolarmi dalla presa. Sentii un’altra mano cingermi le spalle. Era Yzarc.
«Madre, non piangere. Iris non morirà, perché io e lei, insieme, siamo invincibili. E vivremo per sempre.»
Riuscii a farmi sbocciare una lacrima, per quanto tentassi di nascondere la mia paura e la mia emozione. Mia madre, invece, si mise a ridere. «Vi voglio tanto bene, amori miei. Anche tu, Yzarc, anche senza legame di sangue, è come se fossi figlio mio.» Ci perdemmo in un abbraccio che sembrò durare un’eternità, o tutta la vita che forse non avremmo mai più vissuto.
Non appena lasciammo la presa, smise di piovere e dalle fronde degli alberi sbucavano fiochi raggi di sole. Gli uccellini ci rassicuravano col loro canto.
«È ora» disse Jead, rompendo la magia.
Annuii, guardai per l’ultima volta mia madre,  il suo compagno Drev rimasto un po’ più indietro, il Capo, voltai le spalle a loro e ricominciai il viaggio. Anche Nausicaa era con noi.




 
Note d'Autrice: non ho molto da dire adesso che siamo all'inizio! Spero che abbiate apprezzato questo primissimo capitolo, spero anche che, qualsiasi cosa ne abbiate pensato, decidiate di lasciarmi un commento! Soltanto grazie al dialogo si può crescere e migliorare,
Grazie mille per l'attenzione e la fiducia,
A.C.
   
 
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