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Autore: _Bri_    03/09/2020    7 recensioni
[Storia Interattiva - Iscrizioni Chiuse]
Mentre ad Hogwarts si sta svolgendo il Torneo Tre Maghi, da qualche parte, in Inghilterra, esiste un "Giardino Segreto" apparentemente bellissimo ed unico, ma che nasconde ben più degli incanti che lo immergono nel costante clima primaverile. Dodici celle, occupate da dodici creature che il dottor Steiner ha rinchiuso lì. Il motivo è sconosciuto, ma chi vi è rinchiuso dovrà lottare con tutto se stesso, per ottenere la libertà.
Genere: Dark, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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EPILOGO
Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior.
 
14 Aprile 1995
 
Quando gli Auror arrivarono sul posto, della villa e del Giardino non era rimasto che un cumulo di macerie. Le indagini proseguirono per lungo tempo: la squadra riuscì a reperire libri, qualche quaderno di appunti, un paio di oggetti incantati e ben undici bacchette, in quello che doveva essere stato lo studio di Robert Malus Steiner. Inoltre, con raccapriccio, recuperarono anche alcuni effetti personali fra i calcinacci delle celle che avevano ospitato i tredici reclusi, fra cui un paio di pesanti scarpe in ferro battuto. Nell’esplorare le celle, scoprirono in questo modo che all’appello, tra coloro che erano usciti vivi da quell’inferno, mancasse una persona.
 
 
Il momento della riconciliazione con i propri familiari, strinse il cuore di molti dei sopravvissuti al Giardino. Quando Heron e Justine erano stati avvisati che la loro ragazza era stata ritrovata e che in quel momento sostava, sana e salva, al Ministero della Magia, la coppia si apprestò immediatamente a smaterializzarsi, per raggiungere l’accesso all’edificio. La corsa interna, per raggiungere il piano e l’aula a loro indicata, sembrò infinita. Erano passati mesi dalla scomparsa di Jules e ogni giorno, no, ogni minuto, era pesato loro come un macigno.
Quella porta aperta e la voce della loro bambina, giunse come un vero e proprio miraggio. Sembrava serena, si disse Justine nell’ascoltare quel suono delizioso, mentre tratteneva con forza la mano di Heron per non rischiare di crollare a terra per l’emozione. Tremavano, entrambi.
 
- … E allora mi hanno ordinato di lasciare la mia cella la prima volta… è stato brutto, avevo paura e… -
 
- Jules… mon amour… -
 
Con una coperta leggera a cingerle le spalle, Jules scattò immediatamente in piedi, seguita dallo sguardo di Alon che era seduto al suo fianco, di Yann, dal volto tumefatto al quale stavano applicando le prime cure e da tre auror che avevano iniziato a interrogare i superstiti presenti in quella stanza. I reduci del Giardino erano stati smistati per essere soccorsi e sottoposti a un primissimo interrogatorio; inutile dire che né Alon né Yann avevano preso in considerazione l’idea di staccarsi da Jules.
 
- Mamma… papà… -
 
In un volteggiare di capelli chiari, Jules si gettò nelle braccia dei genitori, pronti ad accoglierla fra le lacrime che irroravano i loro volti senza soluzione di continuità. Alon e Yann rimasero in silenzio, a osservare quel ricongiungimento cercando di trattenere a loro volta le lacrime e con un pizzico di malinconia a farli brillare.
Alon, il cuore ricolmo di pura gioia, nel vedere con i propri occhi Jules riunita alla sua famiglia; da quando l’aveva incontrata, non aveva fatto che desiderare con tutto se stesso che la ragazza riuscisse a mettersi in salvo, a costo della sua vita. Le sue preghiere, infine, erano state accolte. Si chiese, il giovane, quando anche lui si sarebbe potuto ricongiungere con la sua famiglia. Sospettava ( anzi, ne era più che certo) che Alyssa stesse soffrendo da impazzire la sua assenza, non sapendolo né vivo né morto; stessa cosa valeva per Blue e sua madre.
Yann, di suo, sapeva che nessuno sarebbe arrivato al Ministero per ricongiungersi a lui e non solo perché le sue erano origini babbane. Probabilmente la maggior parte del suo vecchio clan di Sinti, non si preoccupava affatto se lui fosse vivo o morto, ma Yann ormai da tempo aveva smesso di soffrire per questo motivo. L’unico suo pensiero, in quel momento, era la sorte di Roxanne, che si era spontaneamente consegnata agli Auror non appena erano arrivati lì.
 
- Venite con me! – Intanto la famiglia riunita aveva smesso di singhiozzare e Jules, con spirito ritrovato, strattonava le mani dei genitori affinché si avvicinassero a Yann e Alon, - Devo presentarvi due persone molto speciali. Heron, Justine, loro sono Alon e Yann; senza di loro e tutti gli altri, sapete, io non sarei qui. -
 
Heron e Justine, ancora apertamente sconvolti, si lasciarono trascinare da Jules. I due studiarono con attenzione quelle due figure: se di Alon rimasero stupiti dalla stazza, ma riconobbero in lui un viso giovane e gentile, lo stesso non poterono dirsi di Yann, dal volto accigliato, i lineamenti duri e tumefazioni da scontro sparse in tutto il corpo. E con estremo stupore di quest’ultimo, che Justine si avvicinò a lui e lo abbracciò con forza.
 
- Non vi ringrazierò mai abbastanza per avermi riportato Jules sana e salva. -
 
Yann si lasciò stritolare da quella donna bellissima (aveva compreso da chi avesse ereditato l’aura irresistibile la piccola) e tossicchiando imbarazzato, lanciò uno sguardo a Alon che, nel frattempo, era avvolto dall’abbraccio di Heron. Quello, valutò fra sé, era senz’altro vero amore.
 
*
 
Graham fu il primo a avviluppare la sorella con un abbraccio da mozzare il fiato. Per tutti quei mesi i suoi genitori avevano tentato di rassicurarlo, ricordandogli quanto forte fosse sua sorella la quale se la sarebbe cavata senza ombra di dubbio. A un certo punto Graham aveva smesso di credere a quelle parole; dentro di lui era iniziato un processo di rassegnazione, dolorosissimo, ma che lo aveva aiutato a non impazzire per l’improvvisa scomparsa di Evangeline. Lo stupore, quindi, nell’apprendere che non solo sua sorella era ancora viva ma che stava bene, lo aveva fatto capitolare. Aveva bisogno di una prova empirica, la dimostrazione che fosse davvero lei, che fosse sopravvissuta. Così, quando arrivarono al Ministero, il resto delle persone che circondavano Evie scomparvero come d’incanto: c’era solo lei, in carne e ossa, viva.
Contro ogni previsione, anche Cora ricevette lo stesso trattamento da parte dei suoi familiari; in assoluto, la giovane fu sorpresa dall’estenuante abbraccio del padre il quale, fra i singhiozzi, non aveva smesso di tenerla attaccata a sé. In quel momento Cora non aveva le forze per riversare su di lui la sua rabbia e per accusare i genitori di averla spinta fra le braccia di un maniaco perverso. Non sapeva nemmeno se lo avrebbe fatto mai, in realtà. Ora non voleva che bearsi di quell’abbraccio caldo; uno così, in realtà, non lo aveva mai ricevuto in tutta la sua vita.
 
- Dove sta? Fatemelo vedere, subito! -
 
La voce allarmata di Adam, seguito dal passo celere di Sophie, scosse i presenti. Cora era circondata dalla sua famiglia, altrettanto valeva per Evangeline la quale, di tanto in tanto, si lanciava occhiate con Victor. Il capo redattore della Gazzetta del Profeta, invece, era al fianco di Martha che lo stava assistendo mentre un medimago lo stava visitando. Nel sentire la voce del padre, Victor alzò una mano e accennò un sorriso:
 
- Sono qui ma vi prego… niente abbracci eccessivi, non mi sento troppo in forma… -
 
Martha roteò gli occhi; possibile che Victor riusciva a essere sgradevole anche in una situazione come quella? Nonostante tutto si ammorbidì in un sorriso, non appena Sophie e Adam si avvicinarono a loro e, fregandosene di quanto aveva appena detto il figlio, lo abbracciarono con forza. La strega perse lo sguardo intorno a sé: Evangeline si era lasciata andare a un pianto nervoso ma distensivo; Cora aveva fatto lo stesso e immaginava che la stessa cosa stesse avvenendo, chissà in quale altro luogo del Ministero, per Odette.
Lei invece era ancora in attesa. Guardò la fede nuziale che cingeva l’anulare sinistro, nella speranza che anche per lei sarebbe arrivato presto il momento di ricongiungersi al grande amore della sua vita.
 
*
 
Odette si era finalmente ricongiunta con i propri cari. L’emozione era stata indescrivibile, ma una vena di malinconia non esitò a calcarle il viso quando, nell’allontanarsi dal Ministero, aveva salutato il suo amico Lucas il quale, stremato ma felice, stringeva a sé Joshua. Lucas in effetti poteva contare sui suoi familiari e sui colleghi che, una volta ritrovato, lo avevano accolto come fosse un vero eroe. Ma Joshua? Sapeva bene, Odette, che il metamorfomago fosse più che solo nella vita al di fuori del Giardino.
 
- Aspetta un attimo papà, devo fare una cosa. – Dichiarò proprio sulla soglia d’uscita. Suo padre non avrebbe voluto allontanarsi un altro istante da lei, ma conosceva bene sua figlia e era più che certo che volesse fare qualcosa di importante.
 
- Ti aspetto fuori, poi andiamo a prenderci un gelato. Sono sicuro che muori dalla voglia di mangiarne uno! -
 
Odette annuì, sorrise di cuore e corse di nuovo dentro. Compì un percorso a ritroso, fino a giungere nella sala in cui si trovavano ancora Joshua e Lucas; quest’ultimo stava scacciando un’infermiera che pretendeva di portarlo via per essere visitato a dovere, mentre continuava a raccontare ai colleghi, che lo ascoltavano in stato di adorazione, le peripezie degli ultimi mesi. Invece Joshua era ancora solo, seduto accanto a una delle ampie finestre, a osservare timidamente il panorama al di fuori. Odette affrettò il passo e arrivò davanti al giovane; solo a quel punto Joshua sembrò accorgersi della sua presenza.
 
- Odette, ma non eri andata… -
 
La medimaga lo afferrò per un polso e lo strattonò per farlo alzare, dopodiché non ci pensò su due volte, prima di abbraccialo.
 
- Non sei più solo, hai capito? Se quel maledetto giardino ci ha insegnato qualcosa, Joshua, è che la famiglia non è sempre e solo quella che ci capita. -
 
Per qualche istante il mago rimase immobile, come se quell’abbraccio equivalesse alla morsa di un boa. Eppure dopo poco si sciolse e seppur con iniziale ritrosia, ricambiò l’abbraccio di quella che era ormai diventata una cara amica.
 
*
 
- Ti ho detto che mi sento bene, dico sul serio. -
 
William, sorriso malinconico e sguardo a mezz’asta, stava subendo la strana apprensione dell’auror Madeline, nonostante fosse evidentemente quest’ultima ad avere maggior bisogno di cure, visto che era ridotta come un colabrodo. La donna, comunque, non aveva voluto sentire ragioni e aveva obbligato William a seguirla fino al suo studio personale, dove aveva fatto arrivare un maginfermiere che avrebbe dovuto visitarlo.
 
- Stai zitto Lewis. Forse la cosa non ti è ben chiara ma qui sono io che comando e quindi ti ordino di farti visitare. Ogni tipo di protesta non è consentita. -
 
William accennò un altro sorriso e lasciò quindi che quel giovane lo visitasse. Intanto, il suo sguardo aveva preso a vagare per la stanza e gli occhi chiari fermarono la loro corsa solo quando impattarono su una foto che ritraeva Mad e Gideon Prewett stretti in un abbraccio, davanti a una delle librerie di Diagon Alley. Fu a quel punto che William collegò i pezzi e capì per quale motivo lei sembrava tenerci così tanto alla sua salute. Madeline era stata la compagna di quello che poteva considerare come un fratello e che era stato ucciso, assieme al gemello, da alcuni spietati Mangiamorte.
L’uomo decise di mettere da parte quell’argomento; sospettava, infatti, che avrebbero avuto altre occasioni in futuro per parlare di Gideon.
Un brusco bussare alla porta pose fine allo sciabordio dei suoi pensieri. Senza neanche attendere una risposta, Hestia Jones entrò: la nuca rossa fasciata, un occhio bendato ma nonostante questo sembrava sprizzare energia da tutti i pori. Fra le mani teneva un pretzel più grande di lei, che di tanto in tanto sbocconcellava con avidità.
 
- Mi trovo costretta a farti i miei complimenti, auror Jones: la soffiata fornita dal tuo contatto si è rivelata posarsi su basi fondate. -
 
Nel sentire il linguaggio formale con cui Mad si era approcciata a lei, scatenò prima un’alzata di sopracciglio, poi una risata di gusto. Madeline sbuffò nel vedere pezzetti di pretzel masticati spargersi sul pavimento del suo studio.
 
- Finalmente, maledetta infame! Pensavo non mi avresti più detto nulla! -
 
- Che c’è, ti aspetti per caso una medaglia al valore?! Guarda che siamo state in grave pericolo! Se fossimo state correttamente informate che ci saremmo andate a infilare in un luogo zeppo di Mangiamorte, in cui era impossibile lanciare patronus per chiedere soccorsi, non saremmo ridotte in questo modo e nessuno avrebbe avuto modo di darsela a gambe! -
 
- Se ti riferisci a quell’Adrian, la sua fuga mi sembra il male minore. Lo hai visto con i tuoi stessi occhi aiutare la lupacchiotta a abbattere i Mangiamorte! A proposito di lei… ma che fine ha fatto? – Continuò Hestia, velatamente (ma neanche troppo) stizzita.
 
William sospettava di sapere dove si trovasse in           quel momento Elyon, ma si guardò bene dal dare forma ai propri pensieri. Era consapevole, infatti che al contrario di Roxanne Borgin, se Adrian si fosse costituito, avrebbe dovuto passare decenni all’interno di Azkaban.
 
 
- Vedi di trovarla il prima possibile. Puoi chiedere al tuo amichetto tuttologo magari, però questa volta, mia cara, fatti dire tutto quello che potrebbe esserti utile!
-
- Ma non ti sta proprio bene niente allora! Cosa vuoi che ne sapesse di quella situazione! Sei una vera ingrata, sai? -
 
Le due auror presero a bisticciare con animosità davanti agli occhi sconcertati del magifermiere e quelli pacati di Will. Quest’ultimo sorrise; era tanto tempo che non si divertiva così.
 
*
 
Seduto sulla poltroncina scolorita di una piccola anticamera, Alistair si era perso a guardarsi intorno. Roxanne si era costituita un paio di ore prima e da quel momento lui si era ritrovato in stato semi catatonico. Gli era stato ordinato di attendere e nessuno gli aveva detto “chi” o “cosa”, dovesse attendere. Dopo tutto quello che era successo, comunque, Alistair non sentiva la premura di andare via. Fuori dalla prigionia del Giardino non aveva molto, se non qualche collega e la sua vecchia amica d’infanzia e non era nemmeno certo che i suoi genitori si fossero preoccupati per la sua scomparsa.
 
- Alistair Gordon, se non sbaglio. -
 
Sentendosi richiamato, il babbano alzò lo sguardo e puntò l’attenzione sul mago che lo aveva appellato. Un uomo minuto, particolarmente distinto e se non fosse stato per quegli strani capelli color vinaccia, avrebbe potuto tranquillamente scambiarlo per un qualsiasi funzionario statale della Londra non magica.
 
- Si… sono… sono io. -
 
- Prego, mi segua signor Gordon. -
 
Alistair seguì il mago senza chiedere nulla. Mentre attraversavano i lunghi corridoi animati, notò che varie streghe e maghi, al suo passaggio, interrompevano le chiacchiere e le proprie mansioni per dedicare a lui l’attenzione. Ma se fino a otto mesi prima Al sarebbe rimasto spiazzato da un simile comportamento, ora era così abituato a essere osservato, che la questione non gli faceva né caldo né freddo. Arrivarono, dunque, a una grande porta dorata, sulla quale svettava una targhetta d’ottone, con sopra inciso “Ministro della Magia C. O. Fudge”. Il mago bussò alla porta e subito, dall’altra parte, una voce allegra gli rispose di entrare pure.
 
- Finalmente ci conosciamo! -
 
Il babbano non fece in tempo a indietreggiare, che quello che aveva intuito essere il Ministro della Magia in persona gli aveva già afferrato la mano e aveva preso a scuoterla con veemenza.
 
- Per me è un grandissimo onore averla qui signor Gordon, un grandissimo onore, oh si! Ma la prego, si sieda, non stia lì in piedi! -
 
Alistair tossicchiò e le sue orecchie assunsero il tono di un vivido rosso. Il Ministro della Magia Fudge, che non si era nemmeno degnato di presentarsi, né tantomeno di assicurarsi che stesse bene, passò la successiva ora a sciogliersi in complimenti inopportuni e coprirlo di domande ancora più inopportune. Alistair non era uno sciocco e sospettava che il mondo magico sotto questo aspetto funzionasse esattamente come il suo: insomma, il Ministro non aveva nessun diritto di coprirlo di domande in assenza di un suo avvocato o di altri testimoni. Capì in fretta, Al, che le domande convergevano tutte in un punto ben specifico; stavano cercando subito il modo di incastrare Roxanne, senza perdere ancora tempo. Fu dopo l’ennesimo silenzio di risposta che Fudge si irrigidì e ben presto il tono e i modi concilianti se ne andarono all’inferno.
 
- Lei deve rispondermi signor Gordon, è nostro diritto sapere, per i baffoni di Merlino! -
 
Fu a quel punto che Alistair si alzò: - Se n-non volete altro, io ora andrei. Sapete, ho passato g-gli ultimi mesi r-recluso insieme a un gruppo di maghi… ho bisogno di schiarirmi le i-idee. –
 
- Bene. – Fudge strinse le labbra: - A breve le arriverà una lettera in cui verrà richiamato a testimoniare nel processo contro Roxanne Borgin. -
 
- Vorrà d-dire che ci vedremo di nuovo. Con permesso. -
 
Mentre lasciava quel luogo, Alistair sorrideva. Il suo tartagliare stava sparendo, come per magia e sentiva il coraggio crescere dentro di sé. Avrebbe fatto di tutto per far uscire Roxanne da innocente, il Ministro poteva giocarci tutto il palazzo.
 
*
 
Philip venne svegliato di soprassalto dall’urlo di uno strano animale argentato. Gli era stato assegnato il turno di notte e lui, dopo essersi occupato di un paio di casi davvero complicati, era infine crollato sulla branda di quella stanzetta umida, che usava assieme ai suoi colleghi per riposare un po’ quando ce n’era l’occasione. Con un gesto automatico scattò in piedi pronto a gestire l’ennesima emergenza; ci mise un po’ a mettere a fuoco e comprendere che non era stata la maginfermiera di turno a destarlo, bensì un patronus a forma di volpe, che gli girava intorno con frenesia.
 
- Recati subito al Ministero. È stata ritrovata tua moglie. -
 
Il cuore arrivò alla gola e occupò quel posto con arroganza, togliendogli per qualche momento il respiro.
 
- Martha…? Martha è… oddio. -
 
- Sbrigati, poltrone! – Urlò la volpe con la voce di donna, prima di dissolversi in una nuvola d’argento.
 
- Aspetta! Martha è… viva?! Ehi, aspetta! -
 
Ogni tentativo di richiamare il patronus fu totalmente inutile, visto che quello si era già dissolto. Tutto, intorno a Philip, perse di consistenza. Corse fuori dalla stanza mentre sfilava via il camice che abbandonò a terra; corse verso la reception del suo reparto e gridò che doveva essere sostituito perché era appena stato richiamato al Ministero. I suoi colleghi, che volevano molto bene a Philip, lo incitarono neanche avesse vinto la coppa del mondo di Quidditch.
Fuori era ancora buio ma il ragazzo, che stava correndo a perdifiato verso il primo punto di smaterializzazione utile per il Ministero, notò che le primi luci dell’alba sembravano voler fare capolino oltre i palazzi del San Mungo.
Sarebbe stato un giorno di gioia oppure stava per cadere in un baratro profondo, dal quale non sarebbe più stato in grado di risalire?
 
*
 
Nella sala non era rimasta che lei. Victor era stato immediatamente trasferito al San Mungo, per ulteriori accertamenti sul suo stato di salute mentre Evangeline, nonostante la ritrosia della ragazza a lasciare che la separassero da lui, aveva fatto ritorno a casa con la famiglia. Si erano lasciati, i due, con un abbraccio soffice, davanti agli sguardi sbigottiti delle reciproche famiglie, con la promessa che Evie sarebbe andata all’ospedale appena possibile.
Martha cosa avrebbe dovuto fare? Tornare subito nel suo appartamento? Dove avrebbe trovato Philip? Stava lavorando, o stava dormendo, oppure…
Poi sentì, chiarissima, una voce nella sua testa. Quella voce che lei conosceva così bene, ma che era distante da lei nello spazio almeno di venti metri. Chiedeva di lei, la nominava.
E si faceva vicina, sempre più vicina, come una lucina che prende il coraggio di respirare.
E poi lo vide: Philip spalancò la porta di quella stanza senza esitare, il viso rosso per il tanto correre e gli occhi lucidi, che puntarono subito su di lei.
 
- Sei… sei… -
 
Martha non gli dette il tempo di dire una sola parola. Saltò in piedi come una furia e a ogni passo, gli occhi si gonfiavano di lacrime nuove, pronte a sgorgare. La sensazione che percepì l’istante in cui suo marito la afferrò, fu di pura estasi.
La stretta delle braccia di Phil. I suoi capelli che profumavano di pulito. I suoi singhiozzi a bagnarle la bocca che, con foga, ricercava quella di lui.
Phil era la sua panacea e finalmente, dopo otto mesi, Martha si convinse che tutto sarebbe andato bene. Era viva, lo era con lui.
 
*
 
29 Aprile 1995
 
 
Il processo contro Roxanne Borgin si svolse velocissimo. Purtroppo, la ex Mangiamorte era rimasta l’unica verso cui il Ministero poteva riversare la sua sconfitta nei confronti di Robert Steiner, un uomo che per anni li aveva soggiogati e che per mesi aveva giocato a scacchi con loro. Non potendosela prendere con lui o con i Mangiamorte di cui avevano ritrovato i corpi, dovettero ripiegare solo su Roxanne.
E Adrian? Di lui, dal crollo della villa, non vi erano più tracce. Ma Roxanne non gliene fece di certo una colpa; al contrario, era stata proprio lei a ordinargli di fuggire all’istante, perché se lei era consapevole di avere forti attenuanti a suo favore, lo stesso non avrebbe potuto dire Adrian.
Durante lo svolgimento del processo vennero chiamati a testimoniare tutti coloro che erano stati rinchiusi all’interno del Giardino: Evangeline fu la prima a essere interrogata, poi fu il turno di Alon, poi di Lucas.
Elyon si limitò a contraddire ogni singola stupida domanda formulata da parte dell’accusa: quel povero magiavvocato aveva avuto la presunzione di poter rigirare le parole del licantropo a proprio piacimento, ma Elyon non solo non si era mai contraddetta, ma aveva fatto anche in modo di mandarlo totalmente in confusione, al punto che  l’ometto si trovò a scusarsi con lei, cosa che la fece ridere più del dovuto. Solo in un momento aveva vacillato: quando avevano provato a chiederle se sapeva che fine avesse fatto Adrian Reed. Fortunatamente Elyon aveva dalla sua l’arte dell’occlumanzia e quindi nessuno riuscì a tirarle fuori nemmeno un piccolissimo dettaglio.
Ma furono tre le testimonianze che fecero pendere l’ago della bilancia in favore di Roxanne: quella di Alistair, di Yann ma specialmente di Odette.
Se con il primo dei tre, la giuria a tratti esitò, ritenendolo vittima di una sorta di Sindrome di Stoccolma, le parole del magifabbro ribaltarono la situazione: del resto Yann aveva sancito un voto infrangibile con Roxanne e aveva assistito alla sua redenzione.
Ma quando venne chiamata a testimoniare Odette, fu quello il momento in cui, realmente, Roxanne passò da carnefice a vittima.
In fondo Odette aveva letto i ricordi di Roxanne, ripercorrendo la sua intera esistenza, fin dai primissimi anni di età, passando per la manipolazione e l’obliviazione da parte di Robert. Una volta dimostrato che i ricordi di Odette non fossero distorti, la sentenza era solo una formalità.
 
- Roxanne Borgin, la preghiamo di alzarsi in piedi per accogliere la sentenza. -
La bellezza di Roxanne, se possibile, risultò ancora più disarmante in quel contesto agli occhi di Yann il quale, da testimone e spettatore, era presente nella sala. Sentiva il corpo fremere e solo una stretta della spalla da parte di Elyon, in piedi al suo fianco, servì a distenderlo un minimo.
Roxanne non abbandonò mai la compostezza e la classe innate nella sua persona: si era costituita con piena consapevolezza e aveva deciso di affrontare quel processo senza cercare di scagionarsi. Voleva venisse fatta giustizia e nonostante tutto, per quante giustificazioni potesse avere, aveva compiuto una serie di passi falsi che l’avevano portata sulla via impervia e corrotta. Per questo accolse la sua sentenza senza battere ciglio.
 
- La giuria ha analizzato il suo caso con cura, signorina Borgin. Non fosse per le sue molteplici attenuanti, che abbiamo riconosciuto come concrete e attendibili, lei sarebbe destinata a passare buona parte del resto della sua vita in prigione. -
 
Yann trattenne il fiato, ansioso. Dovevano arrivare al punto.
 
- Visto e considerato quale potere ha esercitato su di lei Robert Malus Steiner e le ripercussioni che  si sono riversate sulla sua vita: Roxanne Borgin, lei è condannata a scontare 10 mesi a Azkaban. -
 
Yann e Elyon si scambiarono uno sguardo; sorridenti e mediamente sereni, anche se avrebbero preferito che Roxanne non scontasse nemmeno un giorno di detenzione, potevano dire di aver raggiunto la vittoria.
 
- Ora devo andare. Stammi bene Yann. -
 
- Anche tu, Elyon. -
 
*
 
14 Aprile 1999
 
Il calore emanato dal braciere non lo tangeva minimamente, anzi: Yann amava quella sensazione, così come il riverbero della fiamma che s’assopiva nella brace viva. Era dall’alba che lavorava senza sosta nella sua fucina e, non fosse stato per un tossicchiare e un picchiettare sulla sua spalla, non si sarebbe nemmeno reso conto che era quasi ora di pranzare.
Nel voltarsi un sorriso malandrino e un paio di occhi blu erano lì, pronti per lui. Roxanne teneva le braccia incrociate, in attesa di essere presa in considerazione.
 
- Sono le dodici e quindici e Al è già arrivato. Per quanto io adori quando ti riduci così… - L’indice di Roxanne roteò in maniera eloquente nella sua direzione, - …credo che i nostri ospiti non la pensino esattamente come me. -
 
Una risata quasi burbera uscì dalla bocca di Yann, che intanto aveva abbandonato gli strumenti del mestiere, per poi stringere la vita di Roxanne con un braccio. Di tutta risposta la donna rise, per poi passare a un sussurro che fece impazzire il magifabbro: - Sarò costretta a cambiarmi, ora… -
 
- Possiamo sempre lasciare il bambino agli altri, mandare tutto al diavolo e passare le prossime due ore sotto la doccia. -
 
- Oppure potete degnarci della vostra presenza e rimandare i vostri affari intimi a un altro momento, che ne dite? -
 
La voce scanzonata di Victor bloccò le effusioni della coppia, così Yann e Roxanne si voltarono verso di lui. Il magigiornalista era poggiato allo stipite dell’entrata della fucina e al suo fianco, aggrappata al suo braccio, c’era Evangeline che fece spallucce, prima di parlare: - Non è colpa nostra, è stato Al a farci entrare. Strano ma vero siamo arrivati in orario. –
 
- Fosse per te staremmo ancora a gironzolare per casa senza reale motivazione. – Sottolineò Victor, in favore della compagna.
 
- Quindi il pranzo è stato spostato qui? Non farà troppo caldo? - Questa volta fu Odette a prendere la parola: alle sue spalle Vila, una ragazza dai lunghi ricci castani e la pelle d’ebano salutò il gruppo con calore, mentre aggrappato alla sua gamba c’era un bambino di circa due anni. Quest’ultimo non appena vide Yann, corse verso di lui urlando “papino!”, ma Roxanne lo tirò su al volo: - E no Loras, se papà ti prende in braccio ora dovrò cambiarti per la terza volta nell’arco della mattinata e non ne ho alcuna intenzione. Forza, usciamo di qui. -
 
Yann lanciò uno sguardo sornione al gruppo variegato che seguiva sua moglie lungo il vasto giardino che divideva la fucina, dalla modesta villetta. Accennò un sorriso, si premurò di spegnere il braciere e si chiuse la porta alle spalle.
 
 
 
Una doccia veloce e Yann fu di nuovo nel piano inferiore di casa sua, intento a compiere uno slalom per evitare i giochi di Loras; non bastavano quelli che aveva già, pensò Yann, ci mancava che ognuno dei suoi amici ne portasse di nuovi.
Una volta nel porticato, venne immediatamente accolto da una voce dolce e sbarazzina:- Per fortuna sei arrivato! Al non la smetteva più di chiedere di te. Incomincio a pensare che dovrei essere gelosa. -
 
Fu Martha, appena arrivata al fianco di Phil, a rispondere a Marceline, la ragazza di Alistair: - Mi domando chi non dovrebbe essere geloso di Yann. – Poi Martha sorrise e prese posto accanto a Evie, che la abbracciò con calore, - è bello rivedervi. –
 
Philip invece raggiunse Vicky, la cui attenzione era momentaneamente catalizzata da Loras: seduti entrambi sull’erba, il magigiornalista sembrava parlargli come se il bambino fosse già in procinto di diplomarsi. Di tutta risposta Loras gli fece una pernacchia e nominò la parola cacca per almeno sei o sette volte di seguito.
 
- Non te la cavi troppo bene con i bambini, amico mio. -
 
Victor alzò lo sguardo su Philip, così si rivolse di nuovo a Loras: - Perdona l’interruzione; dammi cinque minuti e tornerò da te per parlare dei massimi sistemi che muovono il mondo della defecazione. –
 
- Sei disgustoso! – Urlò Evangeline dalla tavolata di legno, prima di versare del vino per sé e Odette.
 
 Victor si alzò; i due amici si guardarono a lungo e poi si abbracciarono. – Ti trovo bene Vicky, vedo che le cure stanno facendo effetto. Sono contento. –
 
- Sono utili a rinforzare lo scudo e diminuire la carica batterica. Non me la cavo male. Tu come stai? Non ci vediamo da un po’, van. -
 
- Mi piacerebbe lavorare di meno e viaggiare di più. Poi, ecco… - Phil si guardò intorno e poi tornò a fissare l’amico di una vita. Victor notò che era diventato rosso.
 
- Ecco cosa? -
 
- Beh, oggi Martha e io vogliamo fare un annuncio e… -
 
- Ehi voi due! – Roxanne, sguardo letale o voce minacciosa, puntò l’attenzione sulla coppia di amici. – Dato che è arrivato anche Will che ne dite di muovervi e degnarci della vostra presenza?! -
 
Will, accompagnato dall’auror (e compagna da due anni) Mad, salutò Victor con un cenno del capo. Quest’ultimo tornò con lo sguardo su Philip: - Da quando si è sposata con Yann è diventata ancor più minacciosa. Roxie ci riserva sempre più sorprese. – Detto ciò, Victor si caricò sulle spalle Loras e si avviò verso la tavolata; prima di sedersi, però, si voltò di nuovo verso Philip: - Quindi devo farvi le congratulazioni? –
 
Per poco Phil non si strozzò; non gli fu dato il tempo di aggiungere altro, comunque, in quanto Roxanne pretese che tutti i presenti prendessero posto a tavola. Il sole splendeva alto nel cielo e filtrava tra le foglie d’edera che tappezzavano il reticolato di legno sotto il quale erano seduti.
 
- Aspettate, dov’è Alon? – Chiese Alistair, mentre prendeva in braccio Loras, passatogli da Victor come fosse un sacco di patate.
 
- E Jules? – Si aggiunse Martha, carezzando sovrappensiero il ventre.
 
- Arriveranno, non temete. Invece Dettie, cosa ci dici di Lucas e Joshua? Notizie del loro viaggio? -
 
- Quei due se la cavano bene. Ho con me le cartoline che ci hanno spedito dalla Nuova Zelanda, dopo che avremo mangiato ve le faccio vedere. – Odette sorrise sorniona, mentre carezzava i capelli della sua compagna.
 
- Mica male come viaggio di nozze. – Commentò Madeline, la quale si stava già versando il secondo bicchiere di vino.
 
A quel punto Victor si alzò, arrotolò le maniche della sua camicia, sistemò gli straccali e alzò il calice: - Beh, mentre aspettiamo gli altri due possiamo comunque brindare, no? –
 
- Ma che razza di maleducato! Stavate brindando senza di me?! -
 
Tutti si voltarono verso il viale da cui provenivano le grida indignate di Cora, assurdamente vestita con semplici jeans, scarpe da ginnastica e viso ripulito dal trucco. La strega raggiunse Victor e fu a quest’ultimo che gli regalò uno schiaffetto dietro la nuca, prima di rivolgersi agli altri: - Scusate, il mio ultimo paziente della mattina mi ha dato un gran da fare. – Così afferrò un bicchiere e si preparò a brindare con i compagni.
Tutti i presenti si alzarono, ognuno innalzando il proprio bicchiere. Solo il calice di Martha conteneva dell’acqua invece che del vino, ma nessuno, per il momento, ci fece caso.
 
- Alla nostra famiglia! – Pronunciò Victor per primo.
 
- Alla nostra famiglia! – Seguirono gli altri in coro. Mentre riprendevano posto, Yann accennò un sorriso a Roxanne, seduta al suo fianco: - A Elyon piacerebbe questa situazione, non trovi? E poi sarebbe fiera di te: questo giardino sta crescendo più rigoglioso che mai. -
 
- Elyon fiera di me? – Roxanne si dedicò a una risata di cuore, - Anche se fosse, non credo me lo direbbe mai! Giusto Ad poteva averci a che fare. Ora che ci penso, è qualche giorno che non ho loro notizie. Credi dovrei preoccuparmi? -
 
Yann scosse il capo e carezzò la schiena della moglie: - Non credo proprio. –
Così il magifabbro passò lo sguardo su ognuno dei partecipanti a quella che era diventata una tradizione irrinunciabile. Era chiaro, a chi conosceva il mago, quanta commozione risiedeva nel suo sguardo scuro.
Nonostante più di qualcuno mancasse all’appello, la sua inaspettata, folle, male assortita famiglia, gli colmava l’animo di un sentimento così caldo e piacevole, che nessuna fiamma ardente avrebbe mai potuto fare di meglio.
 
*
 
Isole Perhentian, Malesia, 14 Aprile 1999
 
 
Il mare dormiva placido, in un tepore umido e soleggiato. Dal baracchino di legno accostato a una grande struttura ospitante un numero ridicolo di avventori, proveniva una musica soft che contribuiva a rendere l’atmosfera paradisiaca.
 
- Signor Shelby, la sua stanza è pronta. Vuole che i bagagli suoi e della sua signora siano portati dentro? -
 
L’uomo, un babbano malese che a malapena arrivava alle sue spalle, si rivolse a lui in un inglese rigido, ma pulito.
 
- Faccia un po’ come le pare. Per ora io e la mia signora dobbiamo consumare i primi di una lunghissima lista di gin tonic. Li metta sul mio conto e già che ci siamo, mandi il ragazzo da noi fra una decina di minuti. -
 
- Ho capito bene? Dieci minuti, signor Shelby? Non crede che… -
 
- Quanto e in quanto tempo io e la signora Shelby decidiamo di tracannare i suoi fottuti cocktail annacquati, sono affari nostri. -
 
- Certo… certo signor Shelby, mi scusi signor Shelby. – Nel voltarsi, l’uomo scosse il capo. “Inglesi”, sussurrò sprezzante fra sé, mentre si avviava verso i bungalow che affacciavano sulla spiaggia chiara.
 
- Ma pensa tu. Ringrazia che ci sia qualche povero disperato come noi costretto a passare le sue giornate in questo posto dimenticato dal mondo. Maledetto idiota. -
 
Adrian, cappello di paglia in testa e costume rigorosamente nero, sedette scomposto sul lettino e allungò uno dei due cocktail che teneva in mano alla sua destra. 
Elyon, intenta a prendere il sole nel suo costume a righe bianco e rosso, spostò appena la falda larga del suo cappello e afferrò il cocktail con un sorriso: - Possibile tu non riesca a rilassarti nemmeno in un paradiso terreste come questo? Dannata me e quando ho deciso di darti una mano a nasconderti. –
 
- Sono quattro anni che mi segui come fossi un cagnolino fedele. – Sputò Adrian in un ghigno divertito: - Ormai è assodato che sono irresistibilmente affascinante, nonché bellissimo. -
 
- Bada a quello che dici, signor Shelby, che a gettare in mare questa ridicola paccottiglia che probabilmente hai trovato dentro delle patatine stantie, ci metto meno di un secondo! - rispose secca Elyon, mostrando l’anulare sinistro, cinto da una fede nuziale.
 
- Paccottiglia?! Ho impegnato una delle mie pistole per comprartelo, maledetta ingrata! -
 
- Allora forse dovresti chiederla indietro. – La strega si sporse verso di lui, mostrando uno dei suoi sorrisi più affilati: - Ti hanno fregato, Ad. Questo non varrà nemmeno uno zellino. -
 
Inutile dire che Adrian rispose con una reazione eccessiva, maledicendo lei, il dannato cocktail che teneva in mano e il giorno in cui aveva deciso di tradire Robert Steiner in favore dell’amore che provava per lei. Prima però che il mago potesse alzarsi in preda a una delle sue ricorrenti scene madre, Elyon gli afferrò un polso e lo attirò a sé, rischiando peraltro di farlo cadere a terra. Mosse poi le labbra piene in un fluire di languide parole: - Quarantatré anni suonati e ancora non hai acquistato un minimo di ironia. Sai che c’è, Adrian Reed… - il nome e il cognome, Elyon si premurò di sussurrarlo sulla bocca di lui: - Hai proprio ragione: io, da te, non mi staccherò mai. Cascasse il mondo. E ora fammi un favore… -
 
Adrian, totalmente annichilito dal suadente suono delle parole di Elyon, si stava già preparando a caricarla in spalla per portarla nel loro bungalow: quello che sarebbe successo poi, non sarebbe stato un finale adatto ai bambini. Ma quale sorpresa spuntò sul suo viso nel momento in cui Elyon non solo lo spinse via, bensì tracannò il cocktail in una solo volta e poi, con gesto secco, lo allungò verso il marito: - Vai a prenderne un altro, lo sai che l’aria di mare mi mette sete. –
 
Volarono parole terribili e cumuli di sabbia che Adrian si premurò di calciare; nonostante questo il mago si alzò e, fra una bestemmia e l’altra, si avviò verso il baracchino di legno. Elyon non si scompose mai e lo segui da dietro le lenti scure degli occhiali da sole; solo quando lo vide sufficientemente lontano, pose una mano accanto alla bocca e urlò: - È anche per questo che ti amo! –
 
- Stronza! – Fu la delicata risposta di Adrian, prima di chiedere un altro cocktail per lei. Ma Elyon non se la prese. Sapeva bene che quello era il modo di suo marito per rispondere “anche io ti amo, mia cara Ellie”.
 
*
 
Spiaggia di Fistral, Newquay, 14 Aprile 1999
 
Le dita, agguantate dalla fredda sabbia di quella spiaggia solitaria, giocavano a cercar sassolini colorati e i polmoni raccoglievano l’aria ricca di salsedine. Non c’era nessuno a condividere quello spazio incontaminato, o almeno per il momento. Jules si tirò su e dopo aver pulito le mani dai granelli di sabbia, passò una di esse dietro la nuca scoperta dal taglio irregolare e lasciò lo sguardo in direzione del mare. Quest’ultimo si muoveva allo stesso ritmo del vento, che la strega accoglieva come fosse una benedizione.
Gli occhi dai riflessi dorati ispezionarono le onde, in attesa.
Poi, d’un tratto, sentì una voce che pronunciava il suo nome. Quella voce conosciuta, che aveva il suono di casa, arrivò dalla sua destra e fu in quella direzione, che Jules mosse subito lo sguardo. Così lo vide.
I capelli lunghi parevano il corpo stesso del sole, tanto erano luminosi e dorati; il sorriso e i suoi occhi verdi esprimevano la felicità di vederla lì, presente a quell’appuntamento che i due non avrebbero mancato per nessun motivo al mondo.
Alon, il suo Alon, di nuovo con lei.
 
- Finalmente sei arrivata!- Gridò, il tritone, mentre allargava le braccia in attesa di accoglierla.
Non poteva aspettare ancora, non ci sarebbe riuscita e, del resto, non ci sarebbe stato alcun motivo. Jules allungò le mani per sfilare le scarpe d’ottone che le cingevano i piedi. Le abbandonò sulla spiaggia, sotto lo sguardo curioso e fiero di Alon e fu verso quest’ultimo che la ragazza corse. Si aggrappò al suo collo, esposta in una risata sprizzante felicità pura e Alon rise con lei, incapace di fare altrimenti.
 
- Ti stavo aspettando. – Sussurrò lui, fra i suoi capelli color del grano, mentre le braccia la stringevano a sé, come se il corpo di Jules fosse fatto di delicato vetro soffiato.
 
- Sono qui, non me ne vado più.- Furono le morbide parole di Jules, prima di avvicinare la propria bocca a quella di Alon e posarvi sopra un bacio leggero, ma che sapeva di vita.
 
 


 
Siamo davvero giunti all’Epilogo. Cari partecipanti, cari lettori. Questo epilogo, proprio come l’ultimo capitolo, da tempo era scritto nella mia testa. Ma come ogni cosa a cui tengo moltissimo, non ero pronta a tirarlo fuori; capitemi: abbandonare questi ragazzi, che sono vostri quanto, oramai, miei, è un lutto che non mi sento di portare, ma che credo sia necessario perché voi, che mi avete seguita, supportata e incitata per tutto questo tempo, lo meritavate molto più di quanto lo meriti io. Avrei voluto scrivere ancora pagine e pagine su tutti loro, ma non avrebbe avuto senso, non in questa sede. Il Giardino Segreto si conclude oggi e io vi ringrazio con tutto il mio cuore per essere stati con me fin proprio alla fine. Sappiate che prestandomi i vostri oc, mi avete fatto un dono grandissimo.
E ora un po’ di cosine: il lieto fine è arrivato per tutti; Roxanne, la mia ragazza che è maturata in una maniera che nemmeno io, agli albori di questa storia, ritenevo possibile, ha scontato la sua pena e ha finalmente incrociato la sua vita con quella di Yann, che nella mia testa l’ha amata quasi dal primo momento, da quel loro assurdo incontro all’odor di testosterone (rido ancora, a ripensarci). Questa è senza ombra di dubbio una delle coppie che più amo e ringrazio Eniente per avermi fatto dono di un personaggio splendido come Yann.
Philip e Martha? Beh, chi è che non ha da subito fatto il tifo per il loro ricongiungimento? Martha è un altro di quei personaggi che meritavano tutto il meglio. Spero di averle reso giustizia e di aver regalato a Em un finale apprezzabile. Ma poi, Martha è forse forse in dolce attesa?! Ma noooo Bri, non lo aveva capito nessuno! Grazie mille Em, per essere sempre ststa presente. Questo è il mio regalo per te.
Victor e Evangeline. Francy, tesoro, ti ringrazio con tutta me stessa per esserti fatta carico di Victor, uno degli oc a cui ho dato vita che amo di più al mondo, ma anche uno dei più complicati. Senza una Evie al suo fianco, non credo proprio che avrebbe fatto una bella fine.
La coppia che scoppia, i folgorati cani pazzi di questa faccenda: si, sto parlando OVVIAMENTE di Elyon e Adrian. Anne, cara amica; tu sai che Elyon ha conquistato un pezzo del mio cuore dal primo istante e non solo per il personaggio che si incastrava alla perfezione in questa storia tetra, ma specialmente per l’amore e la passione che hai impiegato nel costruirla. Tu lo sai che senza di lei, questa storia non sarebbe stata la stessa. Sai anche che (stesso discorso di Victor), il mio povero Adrian non avrebbe di certo avuto un lieto fine, senza di lei. Quindi ti ringrazio per Elyon e per essermi stata vicina sempre.
Vabbè ragazzi, parliamone: Jules e Alon erano predestinati dall’inizio. Io lo sapevo, Shiori lo sapeva e che cosa dovrei dire se non che sono meravigliosi? Tempo fa, in uno dei capitoli, specificai una nota sule Veele: queste creature hanno un compagno a loro predestinato. Beh, Jules, dal sangue Veela, è stata legata a Alon dalla nascita, aveva solo bisogno di crescere e raggiungere un’età consona. Insomma, per me Alon è speciale, e ringrazio Shiori per aver assecondato questa mia passione.
Ma non parliamo solo di coppie fatte e finite: Alistair e Odette, i miei amori grandi, coloro che sono stati fondamentali non solo per far uscire tutti sani e salvi dal Giardino: loro hanno fatto in modo che a Roxanne, la mia Roxie, venisse data una seconda possibilità. Senza di loro non sarebbe stato possibile, quindi ringrazio anche Cara e Keira. Grazie!
Ma anche Joshua e Lucas, o Cora, così come Mazelyn, sono un po’ come figli miei. Sono stati utilissimi ai fini della trama e (nello specifico Lucas, ragazzone mio), hanno aiutato a portare un po’ di colore spirituale a quel grigio Giardino. Senza di loro non sarebbe stato lo stesso, quindi ringrazio Lady White Witch, Lady Maria, Ssailorjupiter e a SlytherinPricess.
Infine ringrazio tutti coloro che hanno seguito la mia storia silenziosamente e anche quelli che mi hanno scritto in privato, facendomi avere la loro graditissima opinione.
Insomma, al solito le mie note sono infinite, ma potevate aspettarvi qualcosa di diverso?
Ok, mi asciugo i lucciconi. Passiamo alle questioni piacevoli! Ho in mente di scrivere, in futuro, alcune Os dedicate ai personaggi del Giardino. Questo ovviamente se pensate possa farvi piacere scoprire un po’ più da vicino cosa è successo a buona parte dei nostri ragazzi. Insomma, fatemi sapere cosa ne pensate!
Inoltre mi prendo un minuscolo angolino per segnalarvi una storia interattiva che ho tirato su con due care amiche di efp: ChemestryGirl,  Demoiselle An_ne e la sottoscritta si sono gettate in un progetto folle a sei mani! Se volete darci uno sguardo, vi lascio il link qui sotto. Come si dice: si chiude una porta, si apre un portone, no?
 
https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3929227
 
Grazie, grazie e ancora grazie.
 
Bri
   
 
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