Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Mirin    08/09/2020    5 recensioni
Le elucubrazioni notturne e le fantasie di una ragazza tormentata da un desiderio mai provato prima e dalle sensazioni che tanto desidera sperimentare per la prima volta con l'uomo di cui si è innamorata.
A separarli c’erano i mari, migliaia di chilometri, dieci anni di differenza, ma nel petto di entrambi c’era la solitudine di chi non desidera qualcuno, ma solo quell’uno. Quando le Sue labbra carnose si separavano e, con voce roca di desiderio, Lui le chiedeva di mostrargli di più, a lei scoppiava un incendio sul fondo dello stomaco. Non era niente che avesse mai provato prima, era tutto diverso, tremendamente confuso e tremendamente eccitante.
Questa storia partecipa al contest “Voglia di tè (II edizione)” indetto da elli2998 e Inchiostro_nel_Sangue sul forum di EFP.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Le dita sul bordo del bicchiere erano tiepide, ma l’algido vetro le intirizziva, il ghiaccio che andava sciogliendosi per raffreddare la bevanda aveva già congelato il contenitore.

Il sapore arrivato in bocca non era quello che si aspettava, quel gusto di melassa che pervade la lingua sciogliendo nell’acqua un po’ di sciroppo alla menta, quel sapore era più gentile, più discreto, più lieve. L’odore di terra della menta piperita era forse l’unica nota forte dell’insieme, così distintivo e intenso.
Il trito di foglie essiccate che aveva preso dall’angolo polveroso di un vecchio armadietto non era l’amico chiassoso che ti porta a dimenticare gli affanni con la sua energia mal distribuita, piuttosto era quella compagnia silenziosa a cui, davanti a un caffè, basta una parola per farti vuotare il sacco. Erano le due del mattino, la notte era scura e nel silenzio c’era solo il cantare delle cicale, dalla finestra della cucinina osservava il cielo incastonato di stelle, ma lei non riusciva a dormire.

Non era tipo da tè. Le piacevano le bevande frizzanti, l’heavy metal e quei romanzi sospesi a metà tra volo pindarico e tragedia romantica. Era pallida, sotto gli occhiali nascondeva ancora occhioni blu da bambina, ma il corpo voluttuoso e pieno di curve era quello di una giovane donna. Un corpo maturo, una gemma sbocciata ma che nessuno ancora aveva mai sfiorato.
A lungo aveva ritenuto le proprie curve piene, carnose e sinuose motivo di imbarazzo, ma le parole di Lui la elettrizzavano: dove lei vedeva difetti, Lui vedeva lussuria. A separarli c’erano i mari, migliaia di chilometri, dieci anni di differenza, ma nel petto di entrambi c’era la solitudine di chi non desidera qualcuno, ma solo quell’uno.
Quando le Sue labbra carnose si separavano e, con voce roca di desiderio, Lui le chiedeva di mostrargli di più, a lei scoppiava un incendio sul fondo dello stomaco. Non era niente che avesse mai provato prima, era tutto diverso, tremendamente confuso e tremendamente eccitante. Il vetro freddo di uno smartphone (freddo come il vetro del bicchiere che stringeva) non poteva riscaldare la pelle esposta, ma la fantasia di Lui che la premeva sul letto matrimoniale sì, le Sue dita grandi affondate nei capelli biondi, la bocca d’angelo che ripercorreva le sue forme sfacciate mentre i denti larghi lasciavano segni di morso. Non lo aveva mai toccato, la sensazione della Sua pelle era sconosciuta, ma il desiderio che aveva di Lui (e che Lui aveva di lei) era sconvolgente.

Un altro sorso, un altro tuffo in quello che sperava fosse un elisir per dissipare la fitta nebbia della sua mente. “Chi sei?”, chiedeva al riflesso sulla superficie verdastra, “chi sei tu, creatura mutata dall’amore?”.

Aveva scoperto che innamorarsi — innamorarsi davvero — per la prima volta è un po’ come morire e risorgere: tutto sembra chiaro fino al momento in cui si viene trapassati dalla lama dell’estasi e del dolore, e quando uno riapre gli occhi sul mondo mutato da un singolo sguardo non ricorda nemmeno il proprio nome. Uno non se ne accorge neanche, all’inizio, fino a quando di quella persona non inizia a mancare persino il russare. Ci si può infuriare, è possibile convincersi di odiare quel qualcuno, si può essere pronti a gridare e a maledirlo, a mandarlo a fanculo, ma poi basta sentirsi dire “mi sei mancata, piccola” e si cade in ginocchio.

Forse era solo lei troppo malleabile, forse era colpa sua per essersi innamorata di uno con la lingua argentata del Demonio, ma quando affogava nei Suoi occhi scuri infossati tutto sembrava andare a posto. Era sconcertante. Era avvilente. Gli bastava sussurrarle: “buona notte piccola mia, ti amo” per farla innamorare di nuovo, da capo, ancora più profondamente. Lo schermo del cellulare premuto sulla guancia, tra le braccia un cuscino e negli occhi le lacrime per il dolore di non avere accanto Lui. Quando serrava le palpebre lo vedeva, i ricci scuri, il petto villoso, la mascella squadrata, sentiva i polsi costretti nelle Sue mani, chiamava il Suo nome nel sonno, si svegliava con il cuore che batteva all’impazzata. “Ti prego… ti prego, stai accanto a me…”

“Sono stanca di essere buona. Sono sempre stata buona.”
“Ed è questo che mi ha fatto innamorare di te.”

Chiuse gli occhi.
A cavalcioni su di Lui teneva il Suo volto stretto tra le mani. “Fallo, piccola, ti prego…”. Con un gemito mordeva le Sue labbra soffici e perfette, gli arruffava i capelli ricci, ansimava quando le Sue mani ruvide la stringevano per la vita premendola più giù sul Suo bacino per farle sentire il rigonfiamento nei Suoi pantaloni. “Piccola, sei troppo bella…”. “Amore,” sussurrava lei senza fiato, “ti amo da morire. Sei perfetto. Ti amo.”
Lui la mordeva, il suo collo bianco era per Lui una tela da dipingere con i baci leccando la propria strada giù verso i grandi seni tondi. Lei soffiava, gemeva, sentiva le mani di Lui afferrare i suoi lombi e poi ghermire il fondoschiena. “Quanto cazzo sei bella…”

Ritornò alla realtà con un sussulto. Tracciò il bordo gelido del bicchiere con un dito, la sé nel tè le restituiva uno sguardo perso e senza direzione. “Come ho fatto ad innamorarmi, io? Perché io? Perché di lui?”
Non si era mai innamorata in ventidue anni. Mai. Aveva avuto delle cotte, una volta credeva di aver perso la testa nel pieno dell’adolescenza per un ragazzo più grande, ma era soltanto dopo aver incontrato Lui che si era resa conto di non essersi mai innamorata per davvero: quello era amore; l’amore infido, sleale, traditore, mellifluo, manipolatore e, per questo, bello e terribile. Amore è un crimine da commettere soltanto per assaporarne la condanna: amare vuol dire soffrire soltanto per il gusto di avere qualcuno nel cuore.

L’ultimo sorso di tè scivolò lungo la sua gola, annacquato, pungente di freddo. Sola con i suoi tumultuosi pensieri e i suoi ‘ma’, si chiese se ne valesse la pena di amare, di desiderare, di volere, di sognare i suoi baci, di fantasticare sulle sue carezze, se poi alla fine si trovava così spesso a fissare il vuoto nel cuore della notte. Si chiese se Lui faceva lo stesso.

La vibrazione del cellulare la scosse, non per la vibrazione in sé, ma per l’orario in cui era avvenuta. Erano passate le 3 del mattino.

“Stai dormendo?”, un messaggio che alle 3 del mattino voleva dire soltanto una cosa: “non riesco a dormire e sto pensando a te”.

“No. Chiamami.”


Note d’autore:
Questo contest mi ha permesso di scrivere in italiano per la prima volta dopo mesi con un risultato che più o meno mi soddisfa, quindi comunque vada sono felicissima di aver partecipato e ringrazio tanto le due giudici che lo hanno indetto.
*Perché “Fiore di menta” come titolo? Il fiore della menta piperita è un fiore molto caratteristico, piccolissimo e dal colore chiaro (un viola pallido o anche bianco), quindi l’ho associato nella mia mente alla protagonista, che ha pensieri poco casti ma è fondamentalmente una creatura innamorata ed innocente. Inoltre non c’è bisogno che spieghi il significato di “deflorare”, “sfiorare”… il titolo gioca sulla ‘purezza’ della ragazza, sulla sua verginità e sul desiderio che ha di Lui.
*Perché “Lui” è scritto con la lettera maiuscola? Ho usato questo accorgimento grafico per ricalcare il fatto che nella mente della protagonista si parla di un Lui ben specifico, l’uomo di cui lei si è innamorata; inoltre, pur essendoci un narratore interno, temevo che l’utilizzo della terza persona potesse generare confusione quando sono presenti gli aggettivi possessivi (suo, suoi, sua, etc.), in questo modo ho ritenuto più facile per il lettore distinguere bene i due personaggi.
Spero che questa lettura vi abbia appassionati almeno un pizzico,

vostra Mirin.

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Mirin