Il drago viveva nella montagna.
Da secoli ne aveva fatto la sua dimora.
I pochi abitanti dei villaggi rimasti in quei territori vivevano rintanati nelle loro capanne, terrorizzati dall'idea di vedere il cielo oscurarsi dall'immenso corpo serpentesco e dalle ali grandi come navi del drago a caccia.
Ma la bestia erano decenni che non usciva dalla sua montagna, nutrita dai sacrifici delle genti da lui soggiogate.
Vapori sulfurei e nuvole di denso fumo nero uscivano dalle pendici della montagna, provocati dal drago che dormiva sul suo tesoro.
C'eano immense ricchezze nel cuore della montagna, rubate dal drago nelle sue scorrerie e mai dimenticate.
Troppi uomini erano partiti per recuperarli e non erano mai tornati.
Troppe donne non avevano nemmeno avuto indietro un corpo su cui piangere.
Era primavera quando l'ennesimo pazzo tenṭ l'impresa.
Non aveva un nome, una scorta o uno stendardo.
Aveva una spada.
Aveva uno scudo.
La spada era magica, si diceva.
Lo scudo era stregato, si pensava.
Di certo c'è solo che l'uomo entṛ nel cuore della montagna.
Ne usć con il cuore del drago.
Non baḍ alla gioia del popolo.
Non prese parte alle feste in suo onore.
Torṇ nella montagna a prendere il tesoro.
Nessuno seppe più nulla di lui da allora.
Si dice peṛ che al di là delle terre conosciute ci sia un regno dorato governato da un re con un mantello di pelle di drago.