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Autore: Chiara PuroLuce    10/09/2020    16 recensioni
Patty è sempre stata gelosa del rapporto di amicizia che lega Holly ad Amy, ma ora ha deciso di cambiare rotta.
Amy ha sempre cercato di avvicinare Patty, ma lei le si era sempre negata e con che grinta, ma se un bel giorno...
Una storia che tratta di un legame di amicizia, tanto insolito quanto vero che riserverà non poche sorprese alle due ragazze e non solo a loro.
Tratto dal prologo:
Cosa ci azzeccavano loro due insieme? Niente, eppure…
«Amy, lasciamelo dire, ho l’impressione che da oggi si scriverà un nuovo inizio per noi due. Ma che non lo sappia nessuno, mi raccomando.»
«Come? E perché?»
«Perché io non ti sopporto, ufficialmente. Lo sanno tutti. E così dovrà continuare a essere.»
Genere: Romantico, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Yayoi Aoba/Amy
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Stadio di Tokyo. Dieci anni.
 
«Capo, ripensaci. Lasciala andare.»

«Lasciami andare tu» rispose lei cercando di divincolarsi dalla sua presa.

«Sei matta? Eddai, in fondo ha fatto solo il tifo per Holly, come noi.»

«No, neanche morta. Quella tizia mi deve delle spiegazioni e quando avrò finito con lei, avrà timore anche solo a ripresentarsi a una partita del mio Holly.»

«Non farle del male per favore… è così cariiiina» le disse un gongolante George.

«Ma per chi mi hai preso. Voglio solo parlarle, non tirarle il collo, anche se mi piacerebbe.»

Così dicendo riuscì a liberarsi con uno strattone e rincorse quella sfacciata nel parcheggio dello stadio.
 
«Ehi tu. Sì, dico proprio a te ragazzina in rosa. Dove scappi?»

Ma che pensava quella, di fare il tifo per il suo Oliver e di potersela cavare… scappando?
 
«Cosa? Parli con me?»

Ma questa è scema, o cosa?, pensò Patty.
 
«Mi sembra ovvio» le rispose «abbiamo una cosa in sospeso da risolvere.»

«Non capisco. Di cosa parli?»

Una cosa è certa, però, questa tipa è furba e, per questo, pericolosa!, pensò.
 
«Del fatto che tu abbia delle mire su Holly, Ammettilo. Eri qui solo per lui, vero?»

«È vero!» iniziò lei, sconcertandola e poi aggiunse «Ma, ti sbagli se pensi che mi interessi, forse un tempo, quando frequentavamo la stessa scuola, ma ora… proprio no. È un mio vecchio amico, tutto qui e volevo solo rivederlo dopo tanto tempo. Ma a te, sì, vero? A te interessa molto. Ho ragione?»

«Cosa? No… io… non…»

«La tua è pura gelosia, lasciamelo dire. Ti auguro tanta fortuna con lui, ne hai bisogno visto che la tua rivale è una palla! E tu sai quanto lui la ami, giusto?»

«Sì, lo so» rispose lei, ormai rassegnata.

«Meglio così. Ciao.»

Che fa? Se ne va? E mi lascia così? Che tipa strana. Come si fa a litigare con lei se non ti lascia neanche il tempo di parlare?
 
«Ehi, io non ho ancora finito con te. Anzi, a dirla tutta non ho neanche iniziato.»

«Ma io sì e poi devo tornare a casa» le disse lei fermandosi «i miei genitori mi stanno aspettando al parcheggio. Salutalo tu da parte mia» e poi se ne andò.

Non è possibile, non ci credo. Ma che cavolo è appena successo?
 
«Be’, devo dire che quella bellezza è molto più matura di te, capo» le disse il suo vice che l’aveva raggiunta.

E fu solo per caso se George si guadagnò una bandierata in testa e uno sguardo di fuoco. Poi, una Patty sempre più alterata, raggiunse la fermata del bus lì vicino e se ne andò.
 
 
Stadio di Tokyo, tre anni dopo. Tredici anni.
 
 
Patty detestava quella ragazzina, la detestava con tutte le sue forze. Aveva scoperto che si chiamava Amy per caso, avendo sentito Bruce fare il terzo grado a Holly sulla comparsa della misteriosa rossa, quel primo anno. A ogni campionato giovanile, quella smorfiosa si presentava allo stadio e tifava a pieni polmoni per il suo Holly. Suo, come no. Ma se non la notava neanche. Amy tifava e poi se ne andava.
Non aveva più tentato di avvicinarla, rischiava di compiere qualche gesto inconsulto da come le prudevano le mani a ogni incontro. Ma quell’anno… quell’anno era diverso. Quell’anno non si era presentata da sola e, invece di essere felice di essere affiancata da un fusto del genere come quel Julian Ross, sembrava preoccupata.

«Ciao!» esordì raggiungendola sulla panchina fuori dallo stadio.

«Come? Oh, ciao… Patty, giusto?» le chiese quella in maniera distratta.

«Proprio io, posso sedermi con te un attimo? Mi sembri… triste. Alla partita di oggi non mi hai spaccato i timpani come al solito, che succede?»

«Ti interessa davvero?»

«Sì, ti sembrerà strano, ma è così. Amy, puoi fidarti di me, non sono una chiacchierona. E poi mi devo scusare per come ti ho sempre trattata.»

«Fa lo stesso. Dici così perché hai capito che mi sono innamorata di Julian e quindi ti senti al sicuro?» buttò lì.

«Be’… cavoli, non ci vai giù troppo per il sottile, tu. Mi piace questa cosa. Comunque, in parte hai ragione. Sì, mi piace sempre Holly, ma ormai della sua indifferenza me ne sono fatta una ragione. Che dire, neanche smettere di comportarmi da maschiaccio, lasciare il club della tifoseria e diventare una delle manager della squadra l’ha colpito quindi… pazienza. Tu, piuttosto, racconta. Che succede?»

Poi Amy aveva fatto una cosa che l’aveva spiazzata e lasciata interdetta per qualche minuto. Era scoppiata a piangere. Forte. A dirotto. E le aveva raccontato tutta la triste storia di Julian e della sua malattia al cuore che continuava a causargli dei fastidi.

«Lo ami davvero tanto» sentenziò alla fine «ma proprio per questo non puoi tarpargli le ali. Prendi me. Fosse per me impedirei a Holly di partire per il Brasile a campionato concluso, perché lo farà questa volta credimi, ma proprio perché so che è il suo sogno, non posso farlo, non ci provo neanche. Soffrirò, ovviamente, ma saperlo felice, renderà tale anche me. Sono sicura che Julian sa quello che fa, fino a dove può spingersi e tu puoi solo sostenerlo e incoraggiarlo, chiaro? Lascia che segua la sua passione e non cercare di farti vedere in ansia, anche se lo sei.»

Amy era rimasta in silenzio per un po’ e poi le aveva sorriso, annuendo con foga.

«Patty, non sei tanto male, lo sai?» le disse asciugandosi il volto con un fazzolettino ricamato e cogliendola di sorpresa.

«Sì, be’, lo so. Che vuoi farci, ho il cuore tenero in fondo, molto in fondo. Ma guai a te se ne parli con qualcuno. Specie con la mia ex tifoseria, ho una reputazione da dura da difendere e mantenere io, ok?»

«Ok!»

«Purtroppo, ci siamo innamorate di due malati di calcio e che possiamo farci noi se non assecondarli? Almeno tu sei ricambiata e quindi sei un bel passo avanti rispetto a me.»

«Cosa? Oh, no, Patty, hai preso un abbaglio.»

«Ma per favore. Si vede da come ti guarda che Julian ha un debole per te, uno bello grosso. Che strano però. Così deciso in campo e così imbranato fuori.»

Amy rimase in silenzio per un po’ e poi le sorrise, triste.

«Lasciamelo dire, siamo senza speranze. Il calcio, per loro, è una priorità, tutto il resto è puro contorno» sentenziò la rossa.

E questa volta fu lei a scoppiare a ridere. Si trovava bene con quella Amy, che, a dispetto dei loro trascorsi, fosse nata una nuova amicizia?

Certo lei, Patty, era più spigliata, decisa, a tratti casinista e non badava per nulla alla moda, facendo impazzire sua madre che la voleva più femminile, a quanto pare l’avere accettato la divisa femminile della scuola non le bastava e dire che le era valso uno sforzo immane. Già e Holly non aveva nemmeno notato quello. Quel primo giorno che l’aveva indossata, aveva ricevuto occhiate sia stranite che di ammirazione da parte di tutti, ma da lui… solo una veloce scorsa e un sorriso. Che delusione.
Amy, invece, era il suo opposto. Femminile fino nel midollo, gentile, carina, e molto, ma molto emotiva.
Cosa ci azzeccavano loro due insieme? Niente, eppure…

«Amy, lasciamelo dire, ho l’impressione che da oggi si scriverà un nuovo inizio per noi due. Ma che non lo sappia nessuno, mi raccomando.»

«Come? E perché?»

«Perché io non ti sopporto, ufficialmente. Lo sanno tutti. E così dovrà continuare a essere.»

«Non ti sembra un po’ infantile questa cosa?»

«Forse, ma preferisco così. Comunque, lasciami il tuo numero, così possiamo tenerci in contatto d’ora in poi.»

E lei lo fece, senza ulteriori spiegazioni e con gioia. Subito dopo le fece anche uno squillo e rise.

«The Never Ending Story? Bellissima. Non l’avrei mai detto fosse di tuo gusto.»
 
«Lo è. E poi è il mio film preferito, il top.»

«Vedi? Una cosa in comune ce l’abbiamo. Penso che andremo d’accordo, dopotutto.»

«Lo penso anch’io. Ma non credere che io sia un amante dei film sdolcinati, proprio no. Oh, guarda, arriva quel bel fusto del tuo amico. Ti lascio a lui. Ci sentiamo presto, ciao.»

E la lasciò, rossa come un peperone, sulla panchina. Passò vicino a Julian, gli rivolse un veloce saluto e raggiunse le sue amiche.
 


 
«Patty, che stavi facendo con quella ragazza? Quella… come si chiama che non ricordo?»

«Amy. Sinceramente, niente, Eve. Stavo parlando con mia madre al telefono, vuole che vada a farle la spesa prima di rientrare e me la sono ritrovata seduta vicino. Pensa, credeva davvero di attaccare bottone con me come se niente fosse, ma non ce l’ha fatta. Poverina, come mi dispiace.»

«Perché proprio non riesci a fartela risultare simpatica?» le chiese una voce alle spalle.

Ma… ma quando era arrivato? Non era negli spogliatoi con la squadra? Si girò a guardarlo. Sguardo truce, Holly la fissava negli occhi e con lui tutta la Nankatzu.
 
«Be’, capitano, credo che sia per…» iniziò Bruce, ma lei lo interruppe.

«Non sono affari tuoi il perché quella non mi va a genio, chiaro?»

«Mi piacerebbe saperlo, invece. Perché lei è sempre gentile e carina con te e tu non fai altro che ripagarla con astio. Immotivato, tra l’altro. Ogni volta che la vedi, non ti trattieni. Amy non si merita questo da te e se non sei capace di cambiare atteggiamento, è meglio che tu le stia alla larga. Lei ci soffre, lo sai? Vorrebbe poterti avvicinare, ma più lei ci prova, più tu la respingi. È meschino da parte tua.»

Oh, questa poi. Quelle frasi la mandarono in bestia e forse… già, forse. Patty prese la sua decisione. Dolorosa, ma necessaria e che sentissero pure tutti non le importava più. Che quel babbeo andasse pure a farsi fottere.
 
«Così lei è una santa e io sarei un demonio, stando al tuo ragionamento.»

«Non ho detto questo.»

Ehi, un momento, stavano litigando? Davvero? Era la prima volta in tre anni che… oh, ma in fondo che le importava. Non doveva spiegazioni a nessuno, lei.
 
«Mister» disse ignorandolo «le dispiace se non torno con voi oggi? Mia zia sapeva che ero in zona, poco fa mi ha chiamato e proposto di passare da lei a trovarla, mi sta aspettando e lei abita a Shibuya. Passerò la notte qui a Tokyo» guardò Eve, sfidandola con lo sguardo a contraddirla, ma lei tacque, per fortuna e la ringraziò con un mezzo sorriso.

«Va bene» le rispose quello, spiazzato dall’insolita richiesta «vuoi che ti accompagniamo fino lì?» propose poi.

«No, grazie, posso raggiungerla a occhi chiusi volendo e poi non me la sento di divedere il pullman con certi personaggi, fosse anche per pochi chilometri.»

«Patty…» iniziò Holly sentendosi tirato in causa.

Ma lei lo ignorò, come ignorò anche tutti gli altri che la stavano fissando con sconcerto. Che pensassero pure quello che volevano di lei. Era stufa marcia della Patty remissiva e femminile che negli ultimi anni si era costretta a costruire. Quella non era lei, non era la vera lei!
Si allontanò dal gruppo in direzione della fermata dell’autobus, senza voltarsi indietro. Patty era morta. Anego era tornata!
   
 
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