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Autore: Sian    13/09/2020    2 recensioni
Nella classe 1-B della scuola elementare Teitan arriva un nuovo alunno che non avrebbe mai pensato di tornare in prima elementare, dato che in realtà aveva ventisei anni. Esatto, per colpa di un’indagine sfuggita di mano, il suo corpo si era rimpicciolito. Fortunatamente non era da solo a condividere quel destino: aveva al suo fianco Conan Edogawa e Ai Haibara, che erano in quelle condizioni ormai da mesi, a causa dello stesso veleno, APTX-4869. I suoi pensieri però sono costantemente focalizzati sulla donna che ama e che avrebbe dovuto proteggerla dal dolore invece che causarne di nuovo. Anche lei ha molti pensieri in testa: non è riuscita a proteggerlo dalla maledizione che l’ha sempre perseguitata.
Dal "Capitolo Uno - Masao Fukuda // Ritrovarsi intrappolato":
Il nuovo acquisto della classe si ritrovò ad osservare attentamente la maestra: sì, si assomigliavano molto, lei e la donna che amava. Diamine, in questa assurda situazione non l’avrebbe più vista tutti i giorni. Nonostante fosse chiaro ciò che provava per lei, doveva dirle ancora tante cose, e non si sarebbe mai stancato di dirgliele.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Miwako Sato, Wataru Takagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Because you have someone to protect

Capitolo DieciMasao Fukuda // di lei. 


Non era ancora rincasata. Eppure avrebbe dovuto finire il suo turno già sei ore prima. A volte capitava che ci fossero degli imprevisti o delle indagini che portavano via più tempo. Ma pur quanto potesse essere una situazione d’emergenza, erano già più di quattordici ore di lavoro in una giornata. Inoltre dopo al finto funerale, che avrebbe dovuto dare la conferma all'organizzazione che l’agente Wataru Takagi era morto, i superiori di Miwako le avevano ordinato di restare in centrale il meno possibile e di dirigersi a casa una volta finito il suo turno per non rischiare che si intromettesse in indagini che non la dovevano riguardare.

Masao si era detto a sé stesso di aspettare mezzanotte senza preoccuparsi. Poteva essere ancora una situazione normale per un poliziotto. Ma l’orologio digitale della sveglia in camera di Sato segnava ormai mezzanotte e due minuti.

Kimiko, la madre di Miwako, lo aveva costretto ad andare a dormire senza poter replicare. Lo aveva rassicurato dicendogli che Miwako sarebbe arrivata presto. Masao non sapeva se le parole della madre erano dirette a lui o a sé stessa, né tanto meno se era riuscita ad addormentarsi tra tutte le preoccupazioni che una madre poteva avere.

Decise. Non poteva aspettare oltre. Sato poteva essere chissà dove in quel momento, e magari aveva bisogno di lui. Accese la luce sperando che Kimiko dormisse e non vedesse la luce accesa. Era parecchio strana sua madre, dolce ma autoritaria. Scese dal letto prendendo i suoi vestiti e cambiandosi dal pigiama che era stato costretto ad indossare ben quattro ore prima. D'altronde non era proprio capace a discutere con la sua futura suocera, oltre ad essere suo ospite, che il pigiama sapeva metterselo anche da solo. Una volta vestito, aprì la porta della camera che dava sul corridoio. Era tutto buio poco più avanti della camera. Doveva recuperare a tutti i costi il suo cellulare che era rimasto in carica dietro alla TV in salotto. Una volta recuperato sarebbe tornato indietro a spegnere la luce della camera per poi dirigersi sull'uscio di casa. Così fece: indossò le scarpe e si coprì con una sciarpa: di notte l’aria non era di certo calda. Uscì di casa silenziosamente, la porta non era chiusa a chiave proprio per aspettare l’arrivo di Miwako.

Non sembrava esserci nessuno nei paraggi. Era tutto così calmo e silenzioso nel quartiere. Ora doveva solo decidere dove andare. Ma non sarebbe stato facile trovarla di notte muovendosi a piedi nelle sembianze di un bambino. Poteva fare un tentativo, provare a chiamarla dal cellulare. Sapeva che poteva essere pericoloso per un poliziotto. Poteva essere ovunque in quel momento, in una trappola per un criminale, in auto per inseguire qualcuno, spiare dei sospettati. Ma la parte negativa dei suoi pensieri lo convinse che chiamarla fosse la cosa giusta. Poteva essere ovunque in quel momento, anche incastrata in qualche piano di qualche criminale, o poteva essere ferita, o mille altri motivi per cui non avrebbe potuto raggiungere casa. Cercò il suo numero nella rubrica e attese una risposta. Ormai sperava di sbagliarsi e che non le fosse successo nulla, ma quante possibilità aveva che andasse tutto bene? Il suo cuore stava accelerando i battiti ad ogni suono della chiamata inoltrata. Nel momento in cui la telefonata era stata accettata dall'altro capo del telefono, proprio prima che potesse sentire la sua voce rispondere, il suo cuore fece un tuffo, si sentì sprofondare nel vuoto.

“Takagi.” Sentire la sua voce lo tranquillizzò. “Sto tornando ora. Ho avuto un contrattempo con le indagini di oggi, sto bene.”

Menomale, non le era successo nulla. “Mi hai fatto preoccupare! Potevi avvisarmi.” Masao tirò un sospiro di sollievo.

“Hai ragione, scusami!” Rise, non era sua intenzione far preoccupare ancora il suo ragazzo. “Ma sono sicura che sei anche uscito per cercarmi.”

“E secondo te avrei dovuto dormire senza di te?”

Rise ancora. “Sciocco, certo che sì. Stai tranquillo, sto bene.”

“Ti aspetto qui fuori.” Masao agganciò la telefonata.

C’era qualcosa che non l’aveva convinto. Veramente si era dimenticata di avvisarlo di restare più a lungo a lavoro? Nonostante tutte le raccomandazioni che aveva ricevuto, nonostante sapesse quanto fosse importante vederla tornare a casa anche quella sera.

Non era solo questo dettaglio della telefonata a non convincerlo, c’era anche qualcos'altro che in quel momento però non riusciva a focalizzare. Forse era solo l’ansia che aveva provato fino a quei minuti, forse era la tensione che iniziava a sciogliersi. O forse...

Vide la sua macchina arrivare. Parcheggiò. Sato scese dall'automobile e si avvicinò al bambino che la stava aspettando di fronte casa. “Vedi? Sono ancora tutta intera.” Lo prese in braccio, stringendolo a sé.

Quella sensazione si era accentuata ancora di più. Nelle sue parole c’era qualcosa che non quadrava. Gli avrebbe detto veramente così tante volte di stare bene? Gli ricordava quasi quando cercava di mentirgli. “Sono felice che stai bene!” Masao le sorrise.
Era meglio non preoccuparsi più. Tutte quelle sensazioni erano solamente l’effetto della paura di non averla più al suo fianco. Giusto? “Hai fame? Ho lasciato la cena nel forno.”

“Hai cucinato tu?” Sato entrò in casa, appoggiando Masao una volta in casa. “Sicuramente sarà ottimo.” Gli sorrise ed entrò nella prima stanza a sinistra dell’ingresso.

“Se vuoi mangiare ti ricordo che la cucina è di là.” Masao fece segno alla porta successiva.

Sato tornò indietro in corridoio, si abbassò all'altezza di Masao e gli sorrise. “Dovevo controllare se avevo già stirato il mio completo per domani.” Si alzò e proseguì verso la cucina.

Forse... Non c’era nulla di strano, vero? Erano solo brutte sensazioni ma andava tutto bene, giusto? La osservò restando sulla porta della cucina, mentre azionava il microonde, e una volta pronto appoggiò il piatto sul tavolo. Sembrava stare bene, non aveva motivo di preoccuparsi.

“Ti... Ti aspetto in camera.” Masao fece per proseguire verso la camera, ma venne prontamente fermato da Sato.

“Aspetta.” Gli teneva un braccio. “Sei strano. È successo qualcosa?”

No... Sono solo preoccupato per te. Quelle erano le parole che avrebbe voluto dirle. Ma sapeva che le avrebbe suscitato come al suo solito un momento di nervosismo. Non le andava bene che gli altri fossero preoccupati per lei e che non si immischiasse nelle indagini. “N-no. Sono solo... Preoccupato per te.”
Perché aveva deciso di dirle lo stesso quelle parole? Se c’era qualcosa che avrebbe voluto evitare era proprio andare a dormire nervosi.

Sato gli sorrise. “Ti ringrazio per preoccuparti di me, mi fa piacere saperlo.”

Masao strappò immediatamente il braccio dalla presa di Sato. “No. Sei tu che sei strana.” Allora... Erano vere le sue sensazioni. C’era qualcosa di molto strano. Il suo sguardo era fisso nei suoi occhi, per cercare di capirla. Per cercare una soluzione a tutte le sue emozioni. Per trovare la verità.

“Takagi-kun? Sei sicuro che va tutto bene?” Sato lo guardò con fare interrogativo, arcuando le sopracciglia.

Però... Quello era il suo solito sguardo indagatorio. Non riusciva più a ragionare. Forse era solo lo stress della situazione, forse era troppo stanco per pensare lucidamente, forse era troppo preoccupato per lei.

Indietreggiò, si sentì mancare le forze, e poi vide solamente buio.




Era appena sorto il sole, Kimiko si svegliò. Si era addormentata in un sonno profondo, forse troppo stanca per badare ad un bambino, e non aveva prestato attenzione se sua figlia era tornata a casa. Si alzò dal letto e andò a controllare in camera sua.

Aprì la porta scoprendo che non vi era nessuno, sul letto le coperte disfatte di quando aveva messo il bambino a letto, e il suo pigiamino buttato lì. Di Miwako nessuna traccia. Non era tornata a casa? E Masao? Possibile che fosse uscito di nascosto?

Controllò anche le altre stanze per scoprire infine che era da sola in casa. Eppure in cucina... Il piatto che aveva lasciato per Miwako nel forno, ora era sul tavolo, intoccato.

Che fosse stato il bambino? Ma dove poteva essersi cacciato a quell'ora? “I bambini di oggi sono così problematici...” Sospirò.

E se... Visto che si era addormentata senza più ricordarsi che aveva lasciato la porta d’ingresso aperta e riposando tutta la notte senza svegliarsi, fosse entrato qualche ladro?
No, la casa era tutta in ordine. Inoltre Masao non sembrava essere stato rapito, visto che si era cambiato con i vestiti.
Era troppo strano. Prese il telefono di casa e chiamò l’ispettore Megure. “Buongiorno, mi scusi se la disturbo così presto di mattina.”

“Si figuri signora Sato. È successo qualcosa?”

“Mia figlia non è tornata a casa stanotte. Mi chiedevo se avete dovuto svolgere delle indagini.”

“No, non abbiamo in corso nessuna indagine a cui sua figlia ha dovuto partecipare.” Maledizione. Megure sapeva che sarebbe successo, eppure l’aveva vista tornare a casa. A quanto pare Miwako non l’aveva capito quanto fosse pericoloso avere a che fare con quei criminali. Non preoccupò oltre Kimiko. “Ma non si preoccupi signora Sato, sarà rimasta in ufficio a svolgere qualche ricerca su alcuni indiziati.”

“Però... non so se ne è a conoscenza. Miwako sta ospitando un bambino qui a casa. Ecco, l’avevo messo a dormire visto che Miwako non era ancora tornata. Ma è molto strano: il bambino è sparito, non c’è più in casa.”

“Come? Ha notato qualche dettaglio?” E a quanto pare nemmeno Takagi era riuscito a proteggerla. Era preoccupato che gli potesse essere successo qualcosa di molto pericoloso. I pensieri negativi avevano iniziato a prendere sopravvento su Megure. Se le fosse successo qualcosa... Non se lo sarebbe mai perdonato!

“In realtà no... Ho pensato potesse essere stato un ladro a rapirlo, anche se qui è tutto in ordine.” Si ricordò successivamente del piatto lasciato in cucina. “Ah! Invece ho notato una cosa molto strana. Avevo lasciato nel forno la cena per Miwako, ma al mio risveglio questa si trovava sul tavolo intoccata.”

Eh no, non era stato un ladro. C’era sicuramente sotto qualcosa. Ma non poteva permettere che la signora Sato ci andasse di mezzo. “Capisco. Stia tranquilla che ci pensiamo noi a trovarli.” La rassicurò e le raccomandò un'ultima cosa prima di riagganciare e mettersi alla ricerca dei suoi sottoposti. “Non si metta in testa di cercarli. Ho bisogno della sua collaborazione e che finga che sia tutto normale o che sua figlia sia andata in qualche località portandosi dietro quel bambino. Intesi?”

Kimiko non poté che accettare le condizioni della polizia. Dal tono dell’ispettore questa scomparsa era ancora più sospetta, qualcosa che lo aveva scosso. Le tornò in mente quella chiamata di diciotto anni fa. Quella chiamata in cui venne informata dell’investimento di suo marito. Le tornò in mente l’espressione di sua figlia, gli occhi spalancati, le lacrime senza sosta.

Cosa avrebbe fatto se le fosse successo qualcosa? Miwako era la sua bambina, e lo sarebbe stata per sempre. Non avrebbe sopportato perdere anche lei.

Quando le disse di voler diventare come suo padre, orgogliosa di lui, e che avrebbe fatto giustizia sulla sua morte; rimpianse di non averla fermata, rimpianse che fosse una ragazza così testarda, rimpianse di averla vista crescere troppo velocemente rispetto a tutti gli altri bambini.

Kimiko ritirò nel frigorifero il piatto, nella speranza che sua figlia tornasse presto, dicendole che stava bene e che non doveva preoccuparsi per lei.
Era successo qualcosa, ne era più che certa; in quel momento si ritrovò a pensare anche a Masao, a quel bambino che avrebbe voluto viziare un po’ come una nonna.
Unì le mani in una preghiera rivolta a suo marito: lo pregò di proteggerli, di vegliare su di loro.

Le parole di Megure continuavano a rimbombarle in testa. Avrebbe fatto come le aveva chiesto, ma le sarebbe costato molto. La sua bambina... Era in pericolo.




“Ma che strano... Di solito Masao è già qui al mattino.” Ayumi guardò in giro per la classe.

“Si sarà svegliato tardi e si starà ancora abbuffando per la colazione.” Anche Genta si sedette al proprio posto visto che le lezioni sarebbero iniziate a breve.

“Voi non ne sapete nulla?” Mitsuhiko si rivolse ad Ai e Conan.

“Mi spiace, non ci ha detto nulla.” Ai riferì di non averlo né visto né chiamato stamattina.

Conan aveva uno sguardo preoccupato, che fosse successo qualcosa? Eppure erano rimasti d’accordo di chiamarsi se ci fosse stato qualsiasi problema. Magari non ne aveva avuto il tempo. Come avrebbe fatto a restare seduto su quel banco per tutto il giorno? Doveva sapere dove si era cacciato, e perché non era a scuola come tutti gli altri bambini. Lo sapeva che non avrebbe dovuto lasciarlo andare a vivere con Sato. Ma d'altronde ormai lei era a conoscenza di tutto. Escluderla non sarebbe stato giusto, e questo era ciò che avevano fatto i suoi superiori: toglierle la possibilità di indagare in prima linea sull'organizzazione. Possibile che...?

“Edogawa-kun!” La maestra Kobayashi lo riportò alla realtà. “Almeno rispondi all'appello...” Lo guardò esprimere come al suo solito una risatina agitata chiedendo scusa per essersi distratto.
La maestra proseguì nell'appello saltando Fukuda Masao. Era stata avvisata telefonicamente pochi minuti prima delle lezioni. La persona che l’aveva contattata non era la stessa di quando Masao aveva effettuato l’iscrizione alla scuola. Le sembrò un po’ strano, ma poteva essere qualche zio. D'altronde era un bambino nuovo, doveva ancora conoscere tutta la sua famiglia.

“Masao non c’è oggi?” L'insegnante di sostegno notò il banco vuoto di fianco al ragazzino con gli occhiali. Questa sua assenza era molto interessante, soprattutto per le sue indagini che doveva svolgere ogni giorno.

“No, mi ha telefonato un suo parente. Mi ha detto che non si è sentito bene stamattina.” La Kobayashi informò la maestra Rumi.

“Capisco...” Rumi proseguì insieme alla Kobayashi l’appello di quella mattina. Una volta iniziata la lezione uscì dalla classe per andare a prendere del materiale che sarebbe servito.
Digitò un numero sul suo cellulare. “Ho un compito per te, Vermouth.”  

   
 
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