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Autore: Watson_my_head    15/09/2020    3 recensioni
Raccolta di one shot a tema Johnlock.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“fanfiction scritta per la “30 days hath September” del gruppo facebook “Non Solo Sherlock – gruppo eventi multifandom” – venite a trovarci!: https://www.facebook.com/groups/366635016782488/

 

Sono venuto a prenderti
 

 

John non riusciva quasi a credere di avere una serata libera, libera dai casi e da Sherlock.

Nell'ultimo periodo, e per ultimo periodo si intendevano i passati due mesi, la loro relazione di coppia aveva raggiunto il culmine, o forse il limite, della decenza. Si interrogava spesso, a tal proposito, su quanto fosse consono per due uomini adulti e con una certa posizione sociale, comportarsi come forse sarebbe stato giusto comportarsi da adolescenti, ma la risposta alla domanda era sempre la stessa, ovvero che in fin dei conti non gli importava. Aveva scoperto quanto fosse incredibile avere a che fare con uno Sherlock emotivamente esigente che non desiderava altro che averlo accanto ogni secondo, che fosse sulla scena del crimine più efferato (e su questo punto le cose non erano cambiate molto), tra le lenzuola del loro letto (usare la parola “loro” gli risultava ancora strano a volte) o semplicemente tra le mura domestiche, in una rinnovata intimità fatta dei soliti gesti già collaudati mille volte e di altri gesti invece sempre nuovi, come gli abbracci improvvisi dopo il caffè al mattino, i baci fugaci tra un turno di lavoro e l'altro, i sorrisi sempre complici, le parole dolci prima di addormentarsi. John aveva quasi paura di pensarlo eppure poteva dirsi felice. Ma la vita con Sherlock Holmes non poteva mai essere facile, non lo era stata negli anni passati e non lo sarebbe stata adesso e anche se ora l'uno poteva esigere dall'altro nuove pretese (e forse questo contribuiva ad inasprire i conflitti quando si presentavano), Sherlock rimaneva Sherlock, nel bene e nel male. Ecco quindi che ai giorni di beata spensieratezza e totale pace seguivano altrettanti giorni di drammi esasperati all'ennesima potenza dalla fatica che Sherlock mostrava di compiere nel gestire i nuovi sentimenti e le nuove dinamiche di coppia. Si può dire che per certe cose fosse del tutto impreparato, e non tanto sul lato sessuale, nel quale dimostrò una spiccata fantasia e una capacità di adattamento e assimilazione quasi incredibile, ma piuttosto sul lato relazionale tra la nuova entità coppia Sherlock-John e il mondo esterno. Su questo versante era un vero disastro.

A John non era permesso (secondo Sherlock) intrattenere rapporti troppo stretti con nuove persone che Sherlock non conoscesse, o che conoscesse poco, o che magari conoscesse bene ma non gli andassero a genio (quindi praticamente tutti). Non poteva uscire da solo (sempre secondo Sherlock) se non per casi del tutto eccezionali o per emergenze. E non c'è nemmeno bisogno di menzionare rapporti di qualsiasi genere con donne (tutte) o con uomini di bell'aspetto, o troppo intelligenti, o troppo saputelli, o che facessero troppo i simpatici ecc. Insomma, la lista era infinita. Quando John aveva capito che queste erano più o meno velatamente le richieste di Sherlock, era scoppiato a ridere, pensando in buona fede (povero John) che Sherlock stesse scherzando. Inutile dire che a quella risata seguirono giorni di broncio sul divano, silenzi esasperanti, mal di testa e quasi ripensamenti, della serie “ma chi me lo ha fatto fare”.

Quindi si, John era felice, perché all'inizio era stato ben disposto a chiudersi in casa con il suo amore dimenticando fuori tutto il resto, ma ad un certo punto si era reso conto che i giorni sul calendario erano passati in fretta e che da quasi due mesi non vedeva Greg se non quando qualcuno veniva squartato in un vicolo puzzolente. Non poteva andare avanti così ancora per molto. Non che volesse intrattenere relazioni con i primi sconosciuti incontrati per strada, chiaro, ma almeno rivedere il suo amico al di fuori del lavoro era qualcosa che gli spettava di diritto. Quella loro nuova relazione aveva bisogno di trovare presto un equilibrio e per John amare Sherlock ed essere effettivamente una coppia, non poteva prescindere il continuare ad avere una vita anche al di fuori del 221B di Baker Street. Sherlock avrebbe dovuto farsene una ragione. Quella sera quindi, dopo ripetuti tentativi (alcuni falliti miseramente, altri ostacolati da casi improvvisi ed emergenze varie) e tira e molla da una parte e dall'altra, John finalmente aveva guadagnato la serata libera, ma la cosa che più lo aveva sconcertato era che Sherlock non aveva fatto una piega. Aveva provveduto ad avvisarlo qualche giorno prima e si era preparato a schivare in tutti i modi bronci molesti e freddezza emotiva, ma le cose erano filate stranamente lisce e la sera dell'appuntamento con Greg era arrivata senza intoppi di nessun genere.

 

“Esco alle 19. Te lo ricordi?”

Sherlock aveva continuato a guardare chissà cosa nel suo microscopio. “Mh-mh.”

“Mi stai ascoltando?”

“Si John.” già esasperato.

“Ok”

“Ok.”

John lo aveva studiato per qualche minuto.

“Pensi di essere in grado di non combinare casini per almeno due, tre ore al massimo?”

Sherlock finalmente lo aveva guardato, lanciandogli uno di quei suoi sguardi taglienti di quelli che potevano terrorizzarti se non lo avessi conosciuto a fondo così come lo conosceva John. “Non sono un bambino”.

John aveva trattenuto una risata per evitare in ogni modi di offenderlo. Dopotutto non era il momento più adatto per ricordagli ad esempio di come era stato occuparsi di lui quando era stato male la settimana prima. Si era quindi limitato ad annuire un “Ok” e fine delle comunicazioni.

 

*

 

“Beh, come si dice. Chi non muore si rivede.”

“Già...”

“Un giorno ho quasi pensato di mandare una squadra a controllare che non ti avesse, che ne so, incatenato da qualche parte pur di non farti uscire”.

Greg era gioviale e sarcastico, come sempre. Come se effettivamente non fossero passati mesi dall'ultima volta che si erano visti davanti ad una birra. John tuttavia subiva un po' l'imbarazzo della colpa. Dopotutto era a causa sua se il numero dei loro incontri di piacere sfiorava lo zero. Anche Sherlock aveva le sue colpe, questo era certo, ma affermare che gli fosse dispiaciuto restare chiuso in casa con lui nei primi tempi della loro nuova relazione sarebbe stato mentire. E poi c'era il fatto che adesso che finalmente aveva ottenuto la “libera uscita” sentiva una strana nostalgia di casa, di Sherlock. Addossargli tutte le colpe sembrava all'improvviso ingiusto. Sorrise.

“Non mi ha incatenato, come puoi ben vedere.”

“I ragazzi hanno fatto delle scommesse. Ma forse questo non dovrei dirtelo.”

“Che prendete?” La cameriera, fin troppo sorridente, si era intromessa nei loro convenevoli. Ordinarono velocemente due birre, senza troppi complimenti.

“Vai spara. Non mi offendo mica”

Greg sorrise. “Donovan è convinta che Sherlock ti abbia raggirato in qualche modo, con qualche ricatto su non so bene cosa. O che ti abbia plagiato con qualche tecnica di ipnotizzazione”

Anche John rise, mentre la cameriera, distratta da altro, porgeva loro le due pinte ghiacciate. “Che altro?”

Greg bevve un sorso. “Mah, Patrick è più o meno della stessa idea di Sally, Harper invece pensa che tu voglia approfittarti di una qualche fantomatica somma di denaro che Sherlock avrebbe in banca. Il resto della squadra è divisa tra il 'si amano davvero' e il 'si lasceranno presto'”

“Confortante.”

“Hai detto che non te la saresti presa.”

“No infatti.” John restò in silenzio qualche secondo. “Comunque è sorprendente che almeno non tutti pensano che sia Sherlock il cattivo. Tu che pensi invece?” Bevve un sorso per affogare un po' di imbarazzo.

“Io? Che ci avete messo troppo tempo. Avevo quasi perso le speranze quando ti sei sposato. Insomma...lo sai no?”

“Già.”

Il silenzio che seguì fu interrotto quasi subito.

“Beh allora? Se non ti ha incatenato devo dedurre che la tua latitanza sia deliberata.”

“Parli come uno di quei cazzo di rapporti che ci costringi a compilare ogni volta.”

Scoppiarono a ridere.

“Sei felice, John?”. La domanda arrivò imprevista.

“Si. Voglio dire... mi fa andare fuori di testa e a volte è assolutamente insopportabile. Lo conosci. Sa tirarti fuori il peggio...”

“Stavamo dicendo che sei felice.”

John rise. “Lo sono. Lo amo.”

Anche Greg sorrise. Sentiva di essere, e in fondo lo era davvero, il testimone di una lunga storia che aveva avuto finalmente un lieto fine.

“Sono felice per voi. Quell'idiota ti ama dal primo momento.”

“Era così evidente?”

“Ma mi prendi per culo? Praticamente solo tu non te ne eri accorto. L'ho visto cambiare da quella sera, la sera del tassista.”

“Uno studio in rosa.”

“Si, da quel caso. Tu non potevi vederlo perché non lo conoscevi, ma io” sorrise “l'ho capito subito. O quasi. E non solo io.”

“Chi altri?”

“Sally Donovan. Ti dirò. Ho sempre creduto che avesse un debole per Sherlock.”

John rimase a fissarlo per cercare di capire se stesse scherzando.

“Sally Donovan?”

“Già.”

“Quella che mi disse che prima o poi avreste trovato un cadavere e sarebbe stato Sherlock a mettercelo? Quella che mi consigliò caldamente di starne alla larga?”

“Ti disse questo?”

“Si. La prima volta che l'ho vista.”

Greg scoppiò a ridere fragorosamente. “Adesso posso quasi dire che i miei sospetti sono fondati.”

John osservò il suo bicchiere ormai mezzo vuoto. “Non l'ho mai interpretata così”

“Ma magari sbaglio. Dovresti chiedere al miglior consulente investigativo del mondo. Vuoi che non lo sappia?” e nascose un sorriso sarcastico all'interno del bicchiere.

“Puoi scommetterci che lo farò. Comunque, Donovan a parte, non me l'hai mai detto.”

“Non sembravi interessato. Ho conosciuto più tue presunte fidanzate che donne in generale.”

Scoppiarono a ridere.

“E guarda invece che fine ho fatto”

“Almeno hai qualcuno. Non come me.”

“Eppure Sherlock dice che ti vedi con una tipa, ma che comunque non è adatta a te e che devi smetterla perché perdi tempo.”

Greg lo guardò incredulo. “Lo conosco da tanti anni e ancora mi stupisco. E' una maestra d'asilo, ci sono uscito due volte. Come cazzo ha fatto a capirlo?”

“Io ci vado a letto e ancora non capisco come abbia fatto la prima volta che ci siamo incontrati. Non chiederlo a me.”

Greg quasi si strozzò con la birra per l'imbarazzo di quella frase così sincera e anche un po' per le risate.

“Forse dovremmo semplicemente smettere di chiedercelo.”

Stavano ancora ridendo quando il cellulare di Greg si mise a squillare fastidiosamente.

“E' la centrale, devo rispondere. Scusami” disse, prima di allontanarsi in fretta verso l'uscita.

John finì di sorseggiare la sua birra con l'intenzione di ordinare un secondo giro. Era passata solo un'ora, Sherlock sarebbe sopravvissuto senza di lui ancora per un po'.

Greg rientrò visibilmente innervosito. Si fermò davanti a John con una faccia che era tutto un programma.

“C'è stata un'emergenza?”

“Peggio.”

“Che è successo?” John aveva già cambiato atteggiamento. Il secondo giro di birre era chiaramente andato a farsi fottere.

“Non ti incazzare.”

“No, non dirmelo.”

“Ok, se vuoi non te lo dico, ma dobbiamo andare in centrale.”

John si massaggiò la fronte con una mano. “Dimmi che non è grave almeno.”

“Sta benissimo. L'hanno solo arrestato.”

“Questa volta lo ammazzo.”

 

*

 

John fece il viaggio in macchina pensando a tutti i modi in cui avrebbe potuto uccidere Sherlock, una volta tornati a casa. Il nervosismo per la serata interrotta e per l'inutile preoccupazione che Sherlock gli stava facendo provare, alimentava la sua incazzatura in modo esponenziale. Greg guidava in silenzio, ma in verità era piuttosto divertito da tutta quella situazione, anche se John sembrava non cogliere affatto questo aspetto della faccenda. Ogni tanto gli lanciava un'occhiata, giusto per assicurarsi che non bruciasse per autocombustione.

Arrivarono in centrale in venti minuti. John quasi non fece fermare del tutto l'auto prima di scendere, tanto era ansioso di scambiare quattro chiacchiere con il suo compagno. Greg lo seguì a ruota, pronto ad intervenire qualunque cosa stesse per accadere.

Quando entrarono nella stanza dove erano stati convocati, la prima persona che John vide fu Sally Donovan. Se ne stava appoggiata al muro, le braccia conserte e un sorriso strafottente sulla faccia, a ridacchiare con un collega che dava le spalle all'ingresso. A quella vista John sentì montare dentro di sé qualcos'altro oltre alla rabbia, qualcosa che solo in un secondo momento avrebbe interpretato come pura e semplice gelosia. Si avvicinò con ampie falcate.

“Dov'è?”

Donovan sembrò piuttosto sorpresa di trovarselo davanti ma il sorriso strafottente non cedette neanche per un secondo.

“Chi?” chiese, con finto stupore.

“Donovan, dacci un taglio” intervenne Greg. “in quale cella l'hai messo.”

“Ah, Sherlock Holmes. Il consulente investigativo. E' nella 3A, insieme con i suoi compari.”

John, che conosceva benissimo dove fossero le celle di detenzione momentanea, le passò affiancò senza degnarla di ulteriori attenzioni e si diresse alla 3A per riprendersi il fidanzato e dirgliene abbastanza da fargli passare la voglia di continuare a fare cazzate.

La voce di Sherlock era già ben udibile nel corridoio. Anche senza sapere dove, lo avrebbero trovato comunque. Stava discutendo con qualcuno sulle lesioni da armi bianche o qualcosa del genere, quando il flusso velocissimo delle sue parole fu interrotto da un “John?”

Ne aveva riconosciuto il passo.

“Si Sherlock, sono venuto a prenderti.” rispose John, senza riuscire a nascondere nel tono della voce la sua ira. Quando però finalmente si trovarono faccia a faccia, tutti i suoi propositi, tutta la sua frustrazione, l'incazzatura, la rabbia, cedettero il posto a qualcos'altro, alla preoccupazione, al bisogno impellente di toccare e di mettere a posto le cose. Di curare.

Sherlock infatti aveva un vistoso taglio sul sopracciglio destro da cui continuava a uscire del sangue che gli imbrattava mezza faccia e anche parte dei capelli. Non era grave e sicuramente sembrava peggio di come era in realtà, ma era comunque una ferita aperta che non era stata trattata in nessun modo e che Sherlock continuava a toccare con delle mani che sicuramente erano tutt'altro che pulite. Si guardarono attraverso le sbarre.

“Ciao John.”

John prese un profondo respiro. Greg alle sue spalle sembrò rassegnato nel vederlo conciato a quel modo e si voltò verso Donovan che nel frattempo li aveva seguiti. Ancora sorrideva.

“Era necessario arrestarlo in quelle condizioni?”

“Era nel bel mezzo di una rissa. Dovevo fare distinzioni? E' colpevole come gli altri.”

Gli altri, un paio di energumeni tutti muscoli e sicuramente non molto cervello, erano seduti sulle panche nella stessa cella di Sherlock.

“Andiamo Sally. Poche cazzate. Fallo uscire subito.”

“Bisogna pagare la cauzione.”

John, che era rimasto zitto tutto il tempo, parlò con un tono basso che non ammetteva repliche e senza distogliere lo sguardo dal viso del suo fidanzato. “Apri questa cazzo di cella.”

Negli istanti successivi, tutti rimasero in silenzio. Il sorriso sarcastico sulla faccia di Sally svanì lentamente. Greg incrociò le braccia al petto avendo già esaurito la poca pazienza rimasta. Sherlock continuò a guardare John evitando intelligentemente di aggiungere altro. Solo Sally fu così coraggiosa o probabilmente stupida da dire qualcosa.

“Oh andiamo, non si è fatto niente. E' solo un graffio.”

John si voltò verso di lei, con uno sguardo che avrebbe inchiodato chiunque.

“Quindi, fammi capire bene, non solo non sai fare il tuo lavoro, ma vorresti fare anche il mio? Mh?”

Greg sentì la necessità di intervenire per placare un attimo gli animi. “Dammi le chiavi.”

Donovan era rimasta in silenzio, colpita dalla durezza delle parole di John. Distolse lo sguardo. “Sono in quel cassetto” rispose soltanto, indicando una scrivania a pochi metri di distanza.

Quando la porta della cella fu aperta John si avvicinò a Sherlock immediatamente. Lo prese per una mano mentre con l'altra controllava la profondità del taglio. Mormorò che forse erano necessari un paio di punti, ma parlava con se stesso e difatti nessuno rispose.

Sherlock sussurrò un “mi dispiace” con la forza necessaria per essere udito solo da John, a pochi centimetri dalla sua faccia.

“Ne parliamo a casa. Adesso andiamo a disinfettare questo taglio prima che ti venga un'infezione. Passiamo a prendere cinese da asporto, ok?”

“Ok”

Percorsero il corridoio mano nella mano.

Greg portò Sally nel suo ufficio per una ramanzina di quelle storiche e per farle compilare tutta la documentazione del caso, mentre i compari di Sherlock, rimasti in cella, non poterono fare altro che constatare che nessuno sarebbe andato a prendere loro. Si preannunciava una lunga, scomoda notte.
 

*


Nota dell'autrice:

Ciao a tutti!
Dopo tanto tempo eccomi qui con questa breve ff frutto di una challenge. Spero un po' vi piaccia, fatemi sapere! 
Lo so che ho delle long in sospeso, lo so, ma prima il covid, poi l'estate, poi il lavoro... Sono stata un attimo risucchiata. Ma l'inverno sta arrivando, e con lui anche i pomeriggi piovosi, il té caldo e la voglia di scrivere (lavoro permettendo). Insomma, sto tornando anche io!
Aspettatemi!
A presto.

 

   
 
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