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Autore: MidnightRadio    18/09/2020    1 recensioni
Non doveva essere lì, non doveva…
Mezzanotte, almeno così immaginava, il sole era andato via ormai da un pezzo e lui era disperso in quel bosco da ormai troppo tempo.
Genere: Fantasy, Horror, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non doveva essere lì, non doveva…

Mezzanotte, almeno così immaginava, il sole era andato via ormai da un pezzo e lui era disperso in quel bosco da ormai troppo tempo. Tutti i suoi compagni erano andati, presi dalla gelida falce della morte, i primi erano iniziati a scomparire poco prima del tramonto lo stesso giorno.

Era notte fonda e lui era solo, una fuga rovinosa lo aveva costretto a separarsi dal gruppo, aveva giurato di aver sentito qualcosa e se l’era data a gambe. Poco dopo aveva sentito delle urla strazianti in lontananza: quando il resto del suo gruppo scomparve dovevano essere più o meno le dieci e mezza di sera.

Vagava da due ore, o forse anche di più, in mezzo al buio, con niente se non la Luna ed una torcia a rischiarare la tenebra. Ogni minimo rumore lo faceva scattare: nervi a fior di pelle, articolazioni rigide e polmoni pronti ad esplodere in un urlo di terrore.

Giravano strane voci su quella foresta, storie di spiriti e un ordine di cavalieri caduto in disgrazia. Si maledisse al solo pensiero di quelle storie, si maledisse per averle ricordate in questo momento piuttosto che intorno al fuoco sicuro di un camino accogliente, mentre brindava con i suoi com… no, loro non c’erano più…

Involontariamente estrasse il coltellaccio dal fodero. Sebbene la sua impugnatura non fosse delle più salde e la sua fama non fosse quella di un indomabile guerriero, si sentiva al sicuro tenendo il coltello in mano. Un pensiero funesto gli attraversò la testa: qualcosa aveva ucciso il suo gruppo, e tra le urla era riuscito a distinguere la voce forte e ruggente di Eomund, anche se in un tono a lui estraneo, quello della paura. Eomund era un guerriero possente e reduce di centinaia di battaglie, quindi se quella cosa aveva trascinato persino lui nel terrore più primordiale…
 
Che speranze aveva di sopravvivere?
 
Iniziò a tremare, preso da una paura più antica dell’uomo stesso, i suoi polmoni si riempivano e svuotavano ad una velocità terrificante, il suo cuore batteva all’impazzata e il suo stomaco si contorceva come in preda anch’esso alla paura. Rigettò la scarsa cena di quella sera per terra, il suo ventre si svuotava del nutrimento per far posto all’istinto di sopravvivenza.

Gli si gelò il sangue nelle vene, anzi, per un attimo avrebbe giurato di essere già morto. Un clangore lento e brutale si avvicinava lento ed inesorabile, la tensione e la nebbia riempivano l’aria e la foresta si era svuotata di ogni suono eccetto l’avanzare metallico e straziante di quella cosa.
Un fugace momento di indecisione e smarrimento si sostituì alla paura, solo per farla tornare ancora più forte dopo poche frazioni di secondo: quel mostro lo stava cercando!

Corse, corse all’impazzata rischiarando la foresta con la torcia e rischiando di bruciarsi la faccia al primo errore. Corse schivando i rovi per terra, rovi che sembravano voler fargli lo sgambetto, e prendendosi i colpi dei rami che non riusciva a vedere.

Corse nel silenzio interrotto solo dai suoi respiri affannosi e dal lento clangore che non accennava ad allontanarsi, qualcosa non andava, quella foresta era strana. Di solito, anche nel silenzio della notte, le foreste del suo paese erano animate da un sottofondo di grilli, gufi e lontani ululati, questa invece era completamente silenziosa, come se fosse stata svuotata di tutta la vita da un momento all’altro, anzi, sembrava quasi che anche la foresta avesse paura del suo inseguitore.

Corse, e nonostante stesse correndo al massimo delle sue capacità da quelle che gli sembravano ore, il rumore metallico non faceva altro che avvicinarsi, come era possibile? Mentre correva il suo sguardo si andava ad intrufolare tra i tronchi degli alberi più lontani, a causa dello sgomento e del terrore gli sembrava scorgere figure umane tra le piante e i rovi, stava forse impazzendo?

Corse finché i suoi polmoni non divennero troppo piccoli per contenere l’aria necessaria a correre ancora, corse finché ad un certo punto il clangore non si fermò.

Fece lo stesso, gli occhi spalancati ed increduli cercarono quella cosa, ma si dovettero accontentare degli alberi e dei rovi, le orecchie attente cercavano di capire se il rumore fosse effettivamente scomparso, ed effettivamente era scomparso.

Rimase da solo con il silenzio e con il frastuono dei suoi pensieri, con gli alberi e con i rovi, con la Luna e le stelle. Rimase immobile per minuti interi pur di capire cosa stesse succedendo: la cosa si era arresa? No, come poteva conoscere la rassegnazione ciò che non si poneva domande nel massacrare i suoi compagni? Allora si era fermata, ma anche questo non aveva senso. Lo aveva forse perso? Eppure lo inseguiva da ore! Piuttosto… come riusciva a capire dove si trovava? Di sicuro non era umano, nessun umano poteva affrontare Eomund, Wendell e Belloc allo stesso momento e sopravvivere, non aveva senso. Se non era umano allora cos’era? Di sicuro non era un elfo, gli elfi non popolavano quelle zone, e se un tempo le avevano popolate ora erano tutti scomparsi, se non un elfo tantomeno un nano! Escluse a priori l’ipotesi che si trattasse di un animale, a dire il vero… da quando era arrivato nella foresta il giorno prima non ne aveva ancora visti. Non se ne meravigliava, vista la condizione generale della foresta.
Un ululato stridente interruppe i suoi pensieri.

D’un tratto qualcosa lo stava caricando, riprese a correre più veloce che poteva ma la cosa lo raggiunse in pochissimo tempo. Il fendente di una spada lo sfiorò passando poco sopra il suo capo, rovinò a terra in un tentativo di schivarlo e, quando si rialzò, il suo inseguitore… era scomparso! Ma… era lì fino ad un momento fa!

Nella caduta la torcia era rotolata lontana da lui, e per poco non diede fuoco ad un cespuglio secco. Non appena la fonte di luce tornò tra le sue mani si guardò intorno… nulla, ancora nulla. Prese a scappare, poteva star andando verso la creatura, non importava: morire per morire, almeno non sarebbe rimasto fermo a subire.

Corse infilandosi tra i rami e gli alberi più vicini: quella cosa aveva una cavalcatura, ne era sicuro, era riuscito a distinguere il rumore delle zampe della bestia che lo caricava… e le bestie non usano spade, questo era poco ma sicuro. Dedusse che si dovesse trattare di un qualche tipo di cavaliere.
Corse, e gli infiniti rami degli infiniti alberi di quella infinita foresta gli laceravano i vestiti e, a volte, lo ferivano infliggendogli acuti dolori. Se fosse sopravvissuto agli attacchi del cavaliere sarebbe morto per qualche tipo di infezione. Doveva ragionare in fretta, altrimenti non sarebbe sopravvissuto.
Si arrampicò su uno dei tanti alberi scheletrici, durante l’arrampicata innumerevoli fitte di dolore lo rallentavano, probabilmente aveva qualcosa di rotto… e probabilmente non avrebbe mai scoperto cosa.

Una volta sull’albero tirò un sospiro di sollievo. Tenne la torcia lontana dai rami, così da non dare fuoco al suo nascondiglio. Doveva cauterizzare le ferite, soprattutto una molto vistosa sulla coscia destra, ferita di cui si accorgeva solo ora per qualche strano motivo. Forse in preda alla paura aveva semplicemente ignorato la sorgente del dolore. Gli venne un’idea: per cauterizzare la ferita avrebbe riscaldato il coltello con la tor… il coltello… dove era il coltello?

No, no, no…

Aveva perso la sua unica fonte di difesa e la sua unica possibilità di sopravvivenza. Si tolse il mantello con molta difficoltà, ogni minimo movimento gli strappava il respiro e lo mandava su di giri per il dolore. Una volta che si fu tolto il mantello lo strappò in numerose fasce almeno per coprire le ferite e fermare l’emorragia. Solo dopo aver finito di tamponare e chiudere le ferite si rese conto di quanto faceva freddo, poteva sentire le sue ossa gelare ed aveva iniziato a tremare.

Riuscì a respirare per un attimo, e, in quel momento di pace, lanciò uno sguardo al cielo e vide la Luna e le stelle che lo guardavano, forse pietose o forse inquisitorie, non importava, stava per morire da solo, contro un nemico che non poteva vedere e disarmato.
Chiuse per un attimo gli occhi…

Poi un altro ululato, questa volta più vicino, arrivava da dove era diretto prima di salire sull’albero. Anche questa volta non riuscì a vederlo, sentì solo una scossa provenire dal tronco dell’albero e poi il rumore di artigli che si aggrappavano e graffiavano il legno. In preda alla confusione si gettò giù dall’albero, nella caduta si fece male alla caviglia destra e quasi non si bruciò la faccia con la torcia.

Riprese a correre, quando sarebbe finita? La caviglia menomata e l’enorme taglio alla coscia non gli permisero di andare lontano, di contro non sentiva il clangore del cavaliere.

Corse finché non si ritrovò in uno spiazzo. Inciampò, cadendo faccia a terra e lanciando imprecazioni per il dolore. Stava per cedere, non sarebbe sopravvissuto ad un altro attacco, per lui era ormai finita. Si mise a sedere mentre aspettava la morte, la torcia quasi si era spenta quando era cascato, tuttavia ora la fiamma splendeva  come prima.

Il clangore si ripresentò, lo vide spuntare dagli alberi. Era enorme, a malapena riusciva a guardarlo per intero. Le sue previsioni erano giuste, era un cavaliere, però era strano: cavalcava una bestia di rovi, rami e fiori color blu notte, la bestia possedeva un possente becco ed era collegata al cavaliere per le gambe tramite dei rami nodosi e scuri. Suddetti rami spuntavano dalle giunture dell’armatura del cavaliere, anch’essa ricoperta di fiori e foglie. In mano il cavaliere stringeva una spada su cui era ricamato un motivo floreale, mentre il suo scudo mancava.

“C-chi sei?”

Non ottenne risposta, di contro il cavaliere cadde a terra, staccandosi dalla bestia che si accasciò vicino al suo padrone. Nel cadere l’elmo gli si staccò, rivelando che sotto di esso non c’era altro se non un ammasso di rovi. Rimasero fermi per minuti, o forse ore… aveva perso la cognizione del tempo, non riusciva più a distinguere l’ora dal minuto. Il cavaliere e la bestia erano fermi, immobili, erano… piante, vere e proprie piante.

“Johann! Sei vivo, Johann! Hai ucciso il mostro!”

Si girò di scatto, non poteva essere… Eomund? Lo aveva sentito gridare, non poteva essere vivo… eppure… No, doveva essere vivo! Avanti, nessuno poteva uccidere Eomund! Eomund il lupo bianco, la furia di Kingshill! Di sicuro era lui, era venuto a salvarlo!

“Eomund! Anche tu sei vivo!”

Eomund non gli rispose… si stava forse prendendo gioco di lui? Ma sì, Eomund era un uomo gioviale e scherzoso, di sicuro gli stava facendo uno dei suoi soliti scherzetti, che spasso che era quell’uomo!

“Eomund, sono qui aiutami ti prego… Eomund?”

Ancora niente, questo scherzo iniziava a non andargli più a genio.

“Avanti vecchio mio, lo scherzo è bello quan-”

Un urlo agghiacciante si levò da dietro di lui, il cavaliere? Ma come poteva essere? Si girò un’altra volta di scatto, il cavaliere impugnava la lunga spada con due mani, i rami che provenivano dall’armatura erano diradati come quelli di un albero e sopra v’era appesa…

La testa di Eomund…

In qualche modo il cavaliere-mostro urlò,

Menò un fendente con la sua spada…

E poi più nulla.
 
   
 
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