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Autore: Nike90Wyatt    19/09/2020    2 recensioni
Una lettera da Milano sconvolge la vita di Marinette Dupain-Cheng, paladina di Parigi nei panni di Ladybug e neo Guardiana della Miracle Box; una serie di circostanze, insieme ai suggerimenti dell’inseparabile Tikki e dei suoi genitori, la spingeranno a prendere una decisione che stravolgerà il suo futuro e le sue relazioni.
Intanto, Gabriel Agreste, ossessionato dalla vendetta nel nome di sua moglie Emilie, vola in Tibet, accompagnato dalla sua fedele assistente, nonché amica e complice, Nathalie Sancoeur, con un unico obiettivo: scoprire i segreti dei Miraculous che si celano tra le mura del Tempio dei Guardiani.
Genere: Azione, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tibet, 2015

L’elicottero atterrò alle prime luci dell’alba.

Un folto gruppo di persone, bardate fino alla testa, si riunì intorno alla zona di atterraggio, un piccolo spiazzale libero dalla neve. Non appena le pale rallentarono i giri, un uomo con indosso una tuta da lavoro blu aprì il portellone.

Gabriel Agreste fu il primo a scendere. Indossò uno zuccotto di lana per proteggersi dal vento gelido proveniente da Est. Il campo era stato già allestito secondo le sue direttive. Si voltò e porse la mano a Nathalie Sancoeur così da aiutarla a scendere dall’elicottero.

Una guida sherpa del posto li accolse con un inchino. «Molto lieto, signor Agreste.» Era un uomo minuto, vestito con un cappotto di lana beige, il volto solcato da profonde rughe d’espressione. Gli occhi color caramello si soffermarono sulla donna che affiancava Gabriel. «Duōme chūsè de nǚpū .»

Nathalie chinò il capo ed abbozzò un sorriso.

«Cos’ha detto?» Gabriel sollevò un sopracciglio.

«Lasciamo perdere.» Il sorriso scomparve dal volto della donna, lasciando spazio ad una gelida espressione. «Andiamo.»

Entrarono nel tendone. La differenza di temperatura con l’esterno costrinse Gabriel a liberarsi del cappotto, della sciarpa e dello zuccotto. Sul tavolo posto al centro vi era una mappa topologica della zona, bollettini meteorologici e foto del tempio.

Gabriel si tenne in disparte, mentre Nathalie si occupava di prendere tutte le informazioni necessarie alla spedizione. Sebbene non avesse afferrato le parole della guida, era chiaro che quel piccolo omuncolo avesse una particolare attenzione per la sua assistente. Fortuna che lei fosse una donna dedita al lavoro e devota alla causa.

«Non sono previste tempeste in giornata.» Nathalie porse a Gabriel una foto. «L’obiettivo si trova oltre il villaggio, ai piedi della montagna.»

«Lo raggiungeremo a piedi?»

Nathalie annuì. «L’unica strada che attraversa il villaggio è troppo stretta per i nostri fuoristrada. E non sappiamo se vicino alla nostra meta c’è abbastanza spazio per atterrare con l’elicottero.»

«Non è un problema.» Gabriel restituì la foto. «Partiamo ora.» Fece segno a due uomini in uniforme militare, con in spalla fucili semiautomatici. Indossò cappotto, sciarpa, cappello e guanti ed infilò lo zaino con l’equipaggiamento necessario all’escursione. Uscì dal tendone, seguito da Nathalie, dalla guida sherpa e dai due militari.

Viste dall’elicottero, gli edifici rozzi in legno del villaggio sembravano molto più grandi di quanto fossero in realtà. Nessuno di essi superava i due piani, alcuni erano privi porte sostituite da semplici drappi. Gli abitanti del posto gettavano rapide occhiate al gruppo, per poi tornare alle loro mansioni. Da quando il tempio era stato ripristinato, le spedizioni in quella zona, soprattutto delle troupe televisive, erano aumentate in modo esponenziale. Tuttavia, nessuno aveva avuto la possibilità di entrare nel tempio: i Guardiani non erano disposti a condividere i loro segreti.

Gabriel era sicuro che sarebbe stato più fortunato. A differenza di altri, il suo era uno scopo nobile, uno sprone che gli donava la forza e la capacità di scavalcare qualsiasi ostacolo, Guardiani compresi. Ben presto, i segreti dei Miraculous sarebbero stati suoi e li avrebbe usati contro i due paladini di Parigi.

Il gruppo superò un paio di allevamenti di capre e yak e si avventurò su una strada sterrata. La pendenza era notevole. La guida offrì il braccio a Nathalie, ma lei rifiutò con un cenno della mano.

«Non era necessario che venissi anche tu.» Gabriel la affiancò e le diede sostegno passandole un braccio intorno alla vita. «Questa battaglia ti ha già causato grossi problemi.»

Stavolta Nathalie accettò l’aiuto. «Ne abbiamo già parlato.» Scosse la testa. «Anch’io desidero che Emilie torni nelle nostre vite. Ho promesso che ti avrei aiutato fino in fondo in questa lotta, e così farò.»

«Grazie» sussurrò Gabriel. Non voleva che Nathalie corresse rischi in una guerra che lui riteneva esclusivamente sua, ma averla al suo fianco gli dava conforto e tranquillità. Più volte lei si era rivelata essenziale e lo aveva salvato da situazioni di serio pericolo, rischiando lei stessa gravi conseguenze.

La strada curvava verso sinistra, costeggiando un profondo burrone, recintato da un sottile guardrail in legno. Al termine vi era un’immensa parete di ghiaccio.

La guida raggiunse per primo una piccola apertura, una grotta che si estendeva all’interno di quell’immensa massa dal colore azzurro. «Tempio!» urlò mostrando una fila di denti anneriti. «Qui, tempio. Uno va, altri restano.»

Nathalie si irrigidì. «Come sarebbe “uno va”?»

«No possibile andare insieme.» La guida ammiccò. «Ghiaccio rompe se andiamo insieme. Passaggio solo per uno.»

Gabriel mosse un passo in avanti. «Andrò io. Torna all’accampamento e aspettami lì.» Accarezzò il volto di Nathalie col dorso della mano. «Tornerò presto.»

I due militari lo scortarono fino all’ingresso della grotta. I raggi solari che penetravano all’interno creavano riflessi bluastri sulle pareti di ghiaccio. Scorgerne il fondo era impossibile, così Gabriel posizionò una torcia con lampadina allo xeno sul taschino del cappotto in petto, sul lato destro. Chinò il capo ed entrò.

Le pareti erano lisce, come se fossero state scolpite. Dal terreno, invece, sorgevano lunghe lance di ghiaccio, rendendo il cammino accidentato.

Gabriel si inoltrò nella grotta, sempre con le spalle incurvate in avanti, accarezzando di tanto in tanto la parete alla sua sinistra. Un modo per tenere vivido l’orientamento. Accese la torcia: il fascio luminoso azzurrognolo rivelò una scala scolpita nel ghiaccio dove il terreno innevato terminava. Quella fu la conferma del primo pensiero di Gabriel: qualcuno aveva creato quel passaggio, forse proprio uno dei Guardiani, per usarlo quando era necessario reclutare un nuovo apprendista nei villaggi limitrofi.

Gabriel dovette inginocchiarsi per proseguire. Salì la scalinata di ghiaccio carponi, ad ogni respiro il fiato condensava in una nuvoletta bianca. Durante la scalata, perse la cognizione del tempo, gli sembrava di gattonare da ore e ancora non era in grado di scorgere l’uscita in alto.

Il passaggio si restrinse in una leggera curva a destra. Gabriel si fermò a riprendere fiato. Inspirò a fondo, ma riuscì a malapena a riempire i polmoni. L’aria era troppo rarefatta.

Si concentrò sul suo obiettivo, sul perché aveva iniziato quel conflitto. Sua moglie Emilie doveva tornare in vita, doveva tornare a portare luce sull’oscurità che aveva invaso il suo cuore, rendendolo avido e raggrinzito. Anche Adrien ne avrebbe giovato: non erano pochi i momenti in cui Gabriel percepiva le emozioni negative provate dal figlio. Solitudine, tristezza, delusione. Tutto sarebbe svanito una volta risvegliata Emilie dal lungo sonno in cui era caduta.

Gabriel sollevò lo sguardo, poggiò le mani sui grezzi scalini di ghiaccio e riprese la scalata. Non riuscì a decifrare con certezza il momento in cui la luce della torcia iniziò ad essere inutile. Da una fessura non più grande di una gattaiola penetravano flebili lame solari. Gabriel scivolò attraverso l’uscita e si stese sul soffice manto innevato.

Il tempio dei Guardiani dei Miraculous sorgeva su un picco separato dal resto dei monti che lo circondavano. Dal centro, spiccava la torre più alta, divisa su tre piani distinti da tetti spioventi dorati simili a pagode. La struttura era costruita in legno e mattoni. Un monumento all’architettura orientale. L’unico punto di accesso era un ponte in legno, abbastanza largo da consentire il transito di un tir, sotto cui scorreva impetuoso un fiume, la cui sorgente sgorgava dal monte alle spalle del tempio.

Gabriel si alzò in piedi, sorridente. Si spolverò il cappotto e i pantaloni.

Il suo obiettivo era lì, i segreti dei Guardiani, la conoscenza sul reale potere dei Miraculous. E, ironia della sorte, per tutto questo doveva ringraziare la sua nemesi, Ladybug, quando con il Lucky Charm aveva ripristinato la struttura e salvato dall’eterno oblio i Guardiani.

Affondò gli stivali nella neve e procedette sul ponte. Il silenzio era spezzato dalle sporadiche folate di vento, per fortuna di lieve intensità, e dall’acqua del fiume.

Anni prima, Emilie aveva trovato il Grimorio, il Miraculous del Pavone e il Miraculous della Farfalla a fondovalle, dove il fiume confluiva in un affluente, prima di procedere verso l’Oceano Pacifico. Malediva ancora quel giorno e l’irresponsabile curiosità di sua moglie, ossessionata dall’affascinante storia di quei gioielli magici. Era stato l’inizio della fine.

Si fermò davanti al portone in legno. Su entrambi i lati era inciso un disegno, lo stesso disegnato sulla Miracle Box che tre mesi prima aveva sottratto all’ormai ex Guardiano dei Miraculous di Parigi. Il ricordo di quell’amara sconfitta, gli provocò un verso di stizza. Miracle Queen era l’akumizzato più potente che avesse mai creato, ma, anche in quell’occasione, Ladybug e Chat Noir l’avevano scampata. Le traduzioni delle scritte nel grimorio rappresentavano un mero premio di consolazione. Della sorte toccata a quell’insulso omino orientale gli interessava meno di zero. Bussò sul portone a mano aperta.

Non ci fu risposta.

Infilò la mano nel cappotto; da un taschino interno, estrasse una scatolina metallica di forma rettangolare e la aprì. La spilla a quattro punte contenuta in essa si illuminò producendo una sfera violacea che disegnò un arco nell’aria. La sfera implose e comparve il Kwami della Farfalla. Gabriel indossò la spilla all’altezza del collo.

«Mio padrone.» Nooroo si inchinò con rispetto.

Gabriel lo ignorò. Bussò di nuovo, stavolta con più veemenza.

Ancora nessuna risposta.

«Se non vogliono aprirmi loro», Gabriel si tolse guanti e zuccotto e gettò a terra lo zaino, «entrerò da solo.» Allargò le braccia. «Nooroo, che le ali della notte si innalzino!»

Il freddo non fu più un problema. «Mi prenderò ciò che voglio.»

Arretrò di un passo e scalciò con violenza il portone. L’impatto provocò un’eco che si espanse per tutta la gola. Si aprì una piccola fessura. Papillon spinse con entrambe le mani il pesante portone ed entrò.

L’unica fonte di luce nella sala proveniva dall’ingresso, le candele poste accanto alle pareti erano spente. L’aria era secca e calda. Una statua raffigurante un dragone cinese accoglieva gli ospiti nel tempio: era di marmo, posta lì per incutere timore agli invasori e conforto agli alleati. Un simbolo del potere dei Guardiani.

«Guardiani dei Miraculous!» Papillon piantò sul pavimento in legno il suo bastone. «Il mio nome è Papillon, sono il portatore del Miraculous della Farfalla.» La voce tonante rimbombò per le sale del tempio. «Sono qui per conoscere i segreti delle Miracle Box; so che ne esistono altre oltre a quella che conteneva il mio Miraculous. Datemi ciò che voglio e vi prometto che non vi farò del male.»

I colpi del bastone sul pavimento cadenzavano il passare dei secondi. Quel silenzio lo infastidiva. «Noto che non siete particolarmente socievoli con il mondo esterno. Posso dire che condivido questa scelta. Ma in questo momento, non giova a vostro favore.»

Il portone si richiuse alle sue spalle, le candele si accesero all’unisono proiettando una luce ambrata sulle mura della sala.

Papillon ghignò. «Finalmente.» Si voltò.

Accanto all’ingresso erano comparse due figure. Il riverbero della luce rese impossibile scorgere altri dettagli al di là delle sagome. Una delle due doveva essere una donna a giudicare dal profilo minuto ed aggraziato. L’altra aveva una stazza imponente, sulla testa un elmo da cui spuntavano due corna taurine. Erano due portatori di Miraculous.

«Portatore del Miraculous della Farfalla», la donna fece un passo avanti, «qui non sei il benvenuto. La tua aura è ammantata di oscurità. Restituisci la spilla e vattene o sarai punito per i tuoi crimini.»

Papillon gettò la testa all’indietro e scoppiò a ridere. «È forse una minaccia?»

«Vattene!» La donna lo indicò. «Questo è l’ultimo avvertimento.»

«Molto bene.» Papillon passò il palmo sulla cupola in vetro all’estremità del bastone. Lo afferrò e sguainò lo stiletto.

«Così hai scelto.» La donna sollevò le mani all’altezza delle spalle e produsse due lingue di fuoco viola. Si manifestarono due piccole bilance che levitavano intorno a lei.

Papillon si incurvò in avanti pronto a sferrare un attacco. I muscoli si irrigidirono di colpo, un senso di soffocamento gli occluse la gola. Riusciva solo a roteare gli occhi. I piatti delle due bilance erano incendiate.

Il colosso si mosse in avanti, con passi pesanti e minacciosi. Impugnava un’ascia bipenne tenuta poggiata sulla spalla. Il torace imponente era coperto da un drappo con appuntata una spilla. Afferrò la gola di Papillon, le iridi rosse come sangue. «Non tornare mai più qui.» Se avesse potuto muoversi, Papillon avrebbe provato brividi di terrore sentendo quella voce cavernosa. Il colosso strinse la presa.

La donna lo fermò. «Non osare ucciderlo!»

Il colosso girò la testa e grugnì. Roteò il corpo e scagliò Papillon contro il portone che si spalancò. Il corpo inerme impattò su un montante del ponte, si rovesciò e finì nel torrente impetuoso.

Le orecchie gli fischiavano, l’acqua gli riempì la gola e i polmoni. La forza della corrente lo trascinò contro una roccia. Provò ad evitare l’impatto spingendo con le gambe, ma la spalla colpì lo stesso la roccia, provocandogli un dolore acuto. La trasformazione terminò e Gabriel capì di essere spacciato. Perse di vista Nooroo. Una curva stretta lo catapultò sott’acqua. Senza più forze si lasciò trasportare dalla corrente. Il buio calò sul suo mondo.



Angolo Autore:

Salve a tutti, ragazzi.

Dopo mesi e mesi, finalmente riesco a pubblicare la storia su cui ho lavorato a lungo e che solo di recente sono riuscito a perfezionare. Spero che sarà di vostro gradimento. Cercherò di intervenire il meno possibile con questi piccoli commenti alla fine, lasciando che sia la storia a parlare, e tenterò, per quanto possibile, di mantenere una costante pubblicazione settimanale (la storia è già conclusa quindi non c’è il rischio che venga brutalmente interrotta). Ringraziandovi del tempo che impiegate nel leggere ciò che scrivo, vi do appuntamento per la prossima settimana con il secondo capitolo.

A presto.

Nike90Wyatt

 

 

 

 

   
 
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