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Autore: Aya88    19/09/2020    1 recensioni
A volte comprendere i propri sentimenti può rivelarsi molto difficile e complicare relazioni e amicizie.
Sakura, Kakashi e Tenzo si troveranno costretti a dover fare i conti con se stessi e a prendere decisioni importanti.
"Qualsiasi parola le morì in gola appena incrociò lo sguardo di Tenzo. [...] Qualche mese prima, durante una festa, complice una quantità eccessiva di alcool, gli aveva accidentalmente confessato il turbamento per la possibilità, fin troppo concreta, di essersi innamorata di Kakashi. Era stata la stessa sera in cui lui le aveva rivelato il suo vero nome, senza un chiaro motivo se non i numerosi bicchieri di sakè bevuti."
Paring: KakashiSakuraTenzo
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Sakura Haruno, Yamato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Capitolo I - Incubi e risvegli

A un passo da te



Dedicata a Nejiko,

perché mi ha supportata e sopportata durante la stesura.

CAPITOLO I



Incubi e risvegli




La luce dorata del tramonto illuminava il corridoio del reparto, infondendo calore all’ambiente solitamente asettico e impersonale.
Con una cartellina tra le mani, Sakura lo percorreva per la seconda volta, con l’intenzione di controllare di nuovo alcuni pazienti: prima di terminare il turno, voleva assicurarsi che non le fosse sfuggito nulla.
Sembrava tutto calmo; solo il leggero chiacchierio, proveniente da alcune stanze, spezzava la quiete apparente di quel piano dell’ospedale, che a tratti tornava a essere ricoperto dal silenzio.
Dopo essersi fermata a visitare un chounin ricoverato qualche ora prima, la kunoichi si trattenne incerta davanti a una porta socchiusa. Era entrata già diverse volte nella camera, sfruttando in alcuni casi una scusa, però farlo anche in quel frangente le parve fuori luogo.
In teoria il quadro clinico si stava stabilizzando, ancora un paio di giorni e il jounin sarebbe stato dimesso, eppure a preoccuparla era il suo sguardo talvolta perso nel vuoto; l’aveva scorto sul suo volto nei momenti in cui, senza sapere di essere osservato, aveva abbassato la maschera di cordiale tranquillità, indossata fin dall’istante in cui era stato portato in ospedale.
Di soppiatto, un pensiero si intrufolò rapido nella sua testa: da quando esattamente aveva cominciato a leggere al di là delle espressioni e degli atteggiamenti del suo maestro?
Era tuttavia una domanda troppo scomoda e la lasciò scivolare via immediatamente, abbastanza in fretta da consentire a se stessa di aprire la porta senza altri ripensamenti.
Dopotutto era un suo paziente e aveva il diritto di preoccuparsi.
Si affacciò nella stanza e rivolse lo sguardo verso il letto: Kakashi dormiva, con la testa reclinata di lato sul cuscino, il corpo nascosto a metà dalle lenzuola e le fasciature visibili sotto la canotta nera.
A prima vista, il suo appariva un sonno tranquillo, ma avvicinandosi Sakura notò gli occhi serrati in un’espressione sofferente, le mani chiuse a pugno e la tensione percepibile nelle braccia irrigidite.
Gli era ormai vicina quando l’uomo si girò di scatto su un fianco, sospirando in modo agitato e trascinando con sé, nel movimento, il lenzuolo bianco stretto tra le dita in un gesto nervoso.
Sotto l’immancabile maschera, le sue labbra si dischiusero per pronunciare poche incerte parole.
“No, Obito… dovevi… lasciarmi lì,” sussurrò il jounin, con la voce rotta dall’angoscia.
Con un vuoto improvviso allo stomaco, la giovane dottoressa si sedette accanto a lui senza rifletterci molto, gli posò una mano sulla spalla e allungò l’altra per toccargli la fronte, provando un moto istintivo di sollievo quando appurò che la temperatura corporea era normale.  
La reazione subitanea di Kakashi la fece però sussultare di sorpresa.
Risvegliato dal suo tocco inaspettato e ancora confuso dall’incubo interrotto, l’uomo le afferrò con una presa decisa i polsi e allontanò le sue mani da lui, poi si alzò bruscamente mettendosi a sedere.
"Kakashi-sensei,” mormorò la kunoichi, ma i suoi occhi scuri la fissavano senza vederla, annebbiati forse dallo stesso dolore silenzioso che lo tormentava da quando era tornato dalla missione.
Sakura sapeva solo che uno dei ninja della spedizione era morto sul campo di battaglia e non era stato possibile recuperarne il corpo; delle altre informazioni frammentarie, ascoltate mentre interveniva d’urgenza sugli altri feriti, nessuna le era rimasta impressa. 
Il ricordo del battito debole di Kakashi e della sua divisa coperta di sangue le causò un momentaneo giramento di testa e, se non avesse avuto ancora le braccia bloccate dalle sue mani, probabilmente gliel’avrebbe gettate al collo, aggrappandosi al suo corpo per sentirlo ancora lì, presente, anche se turbato da una sofferenza per lei sconosciuta. 
“Kakashi-sensei, va tutto bene…” aggiunse con un filo di voce, le iridi smeraldine ancora incatenate alle sue, quasi ipnotiche, ora che non c’era il coprifronte a celarle in parte.
Le parve di cogliere finalmente nel suo sguardo un barlume di lucidità; tuttavia, prima che potesse capire se l’avesse riconosciuta davvero, Kakashi le liberò i polsi, chinò il capo e appoggiò la fronte sulla sua spalla, stringendo le dita sulle sue braccia, come alla ricerca di un sostegno.
Sakura avvertì un’ondata di calore arrossarle le guance e il ritmo del proprio cuore accelerare di botto. Rimase immobile, con il calore delle sue mani e del suo respiro affannato contro la pelle, i suoi capelli a sfiorarle il collo e il suo profumo a disorientarla più di quanto già non fosse.
Non ebbe il coraggio di seguire l’impulso iniziale di abbracciarlo, né riuscì a proferire anche una sola sillaba, un po’ per il timore di spezzare il tempo sospeso che li avvolgeva, un po’ per la paura di affrontare le conseguenze di un gesto o di una parola. 
Il bussare contro la porta la riscosse dall’atmosfera ovattata in cui era scivolata, con una violenta scossa di adrenalina lungo la spina dorsale. Catturata dalla vicinanza fisica del jounin, aveva imprudentemente dimenticato il luogo in cui si trovavano, gli altri pazienti da controllare, gli infermieri e i visitatori che giravano per il reparto e potevano entrare in ogni momento.
Si augurò di riuscire a trovare le parole adatte per chiarire l’equivoco, se necessario.
Anche Kakashi sembrò risvegliarsi del tutto solo in quell’istante, perché si allontanò da lei e si passò una mano sul viso e tra i capelli, poi la guardò negli occhi con un’espressione neutra.
Ancora una volta, Sakura intuì la dissimulazione calata sul suo volto dai lineamenti regolari e tale consapevolezza accentuò il profondo imbarazzo che provava.
“Scusami, è stato un pessimo incubo,” si giustificò l’uomo.
Era sul punto di aggiungere altro, ma si fermò quando vide la persona alle sue spalle.
A sua volta, la kunoichi si alzò e si voltò per scoprire chi fosse entrato, pronta eventualmente a spiegare la situazione, però qualsiasi parola le morì in gola appena incrociò lo sguardo di Tenzo.
L’abituale sensazione di disagio che ormai l’assaliva puntualmente in sua presenza, specialmente se erano tutte e tre nella stessa stanza, si fece strada nel suo petto: con lui, il pericolo non era il nascere di un sospetto infondato, ma semmai la conferma di quel sospetto.
Qualche mese prima, durante una festa, complice una quantità eccessiva di alcool, gli aveva accidentalmente confessato il turbamento per la possibilità, fin troppo concreta, di essersi innamorata di Kakashi. Era stata la stessa sera in cui lui le aveva rivelato il suo vero nome, senza un chiaro motivo se non i numerosi bicchieri di sakè bevuti. 
Quando l’aveva rincontrato a mente lucida, non era stata in grado di parlargli in modo naturale e di sostenere a lungo il suo sguardo. Non sapeva cosa avesse temuto esattamente, se scorgere nei suoi occhi color nocciola, di solito gentili e rassicuranti, la disapprovazione o semplicemente la preoccupazione per un sentimento che le avrebbe potuto causare solo problemi. 
Nonostante le sue ansie, da allora Tenzo si era comportato con lei come se nulla fosse accaduto, come se la sua confidenza da sciocca ubriaca non fosse mai avvenuta; tuttavia, quando era con lui, non riusciva a non sentirsi impacciata e, in qualche modo, in difetto.
“È tutto a posto?” chiese il nuovo arrivato con naturalezza.
Eccolo di nuovo, il suo atteggiamento disinvolto e tranquillo, pensò Sakura, mentre si avvicinava a loro con passo leggero. Da una parte gliene fu grata, perché non avrebbe saputo davvero che cosa dire se si fosse creata un’atmosfera tesa, dall’altra provò una sensazione vaga e confusa a cui non seppe attribuire un nome preciso, preferendo quindi etichettarla come il consueto imbarazzo.
“Solo un incubo, niente di più,” rispose Kakashi con un tono di voce incolore.
“Credevo stesse risalendo la febbre, ma per fortuna non è così,” intervenne la kunoichi, adducendo una spiegazione professionale.
“Comunque, torno al mio giro di controllo,” disse, sistemandosi una ciocca dietro l’orecchio, un piccolo gesto utile per distogliere lo sguardo da quello di Tenzo.   
Recuperò la cartellina lasciata sul letto, li salutò e uscì abbastanza in fretta dalla camera.
Dopo pochi passi, la porta ormai alle spalle, si fermò con un sospiro, fissando sovrappensiero la scheda con i nomi dei pazienti della giornata. Era sollevata di essersi liberata da una situazione difficile, ma nello stesso tempo si domandò, con un pizzico di amarezza, perché i suoi sentimenti dovessero essere sempre così complicati.  
Ad un certo punto, la voce di un’infermiera la strappò dai suoi pensieri disordinati, consentendole finalmente di concentrarsi solo ed esclusivamente sul lavoro. 


Kakashi la riconobbe quando Sakura pronunciò il suo nome per la seconda volta.
Fu solo allora che i suoi sensi, ancora disorientati dall’incubo, iniziarono a riprendere contatto con la realtà: la prima cosa che vide davvero furono i suoi occhi verdi, illuminati dalla sorpresa e dalla preoccupazione, poi prese coscienza dei suoi polsi sottili stretti tra le proprie mani e del suo corpo snello a pochi centimetri da lui.
Avrebbe dovuto interrompere subito quel contatto fisico, così come da molti mesi evitava anche semplicemente di toccarla in innocui gesti affettuosi, ma non ci riuscì. Ancora fortemente scosso dai ricordi suscitati da una missione conclusa nel peggiore dei modi, avvertiva con urgenza il bisogno di sentirla accanto a sé, di cercare conforto nella sua vicinanza. Le liberò le mani e appoggiò la fronte sulla sua spalla, stringendo le dita intorno alle sue braccia.
Per una volta, almeno per pochi istanti, riuscì a non preoccuparsi del suo desiderio nascosto di accarezzare ogni centimetro della sua pelle, travolto com’era dallo scoramento e dalla spossatezza.
Si lasciò cullare dal suo calore e dal suo profumo dolce e delicato fin quando qualcuno non bussò alla porta della sua stanza d’ospedale, infrangendo l’illusione che il mondo esterno non esistesse.
Si allontanò da lei e si passò lentamente una mano sul viso e tra i capelli, il tempo necessario per ricomporre i lineamenti del viso in un’espressione distaccata sotto cui celare le proprie emozioni.
La guardò poi negli occhi e scorse in essi una luce di imbarazzo, chiedendosi se dipendesse dalla prossimità dei loro corpi o dalla capacità di leggere oltre le sue finzioni che Sakura, con sua grande sorpresa, sviluppava sempre di più.
Accantonato subito quel quesito senza risposta, Kakashi si giustificò attribuendo il proprio comportamento allo stato confusionario generato dal sonno agitato.
“Scusami, è stato un pessimo incubo,” spiegò con tono pacato.
Voleva inoltre aggiungere che sperava di non averle causato inutili preoccupazioni, ma si bloccò quando vide Tenzo entrare nella camera con disinvoltura e naturalezza.
“È tutto a posto?” chiese l’amico, avvicinandosi tranquillamente al suo letto.
Mentre Sakura era ancora girata di spalle, i due jounin si scambiarono un’occhiata di tacita intesa, perfettamente consapevoli dell’ambiguità della situazione: se uno sguardo malevolo avesse scorto Kakashi così vicino alla sua ex-allieva, come lo aveva appena trovato Tenzo, ci sarebbe stata sicuramente più di qualche difficoltà a dissipare ogni dubbio.
“Solo un incubo, niente di più,” rispose il copia-ninja senza nessuna particolare enfasi.
L’impressione di ordinarietà era la prima cosa da sostenere con parole e atteggiamenti, se non voleva lasciar trapelare incauti sentimenti.
Era stato quello il consiglio che l’amico gli aveva dato quando non aveva potuto più negare  l’attrazione che provava per la kunoichi, almeno sotto l’occhio attento di una persona che lo conosceva da tempo. Ed entrambi, in quel frangente, stavano cercando di metterlo in pratica, ognuno a proprio modo.
Il disagio di Sakura era, infatti, molto evidente: anche se la giovane dottoressa cercò di camuffarlo con motivazioni strettamente professionali, il suo sguardo che evitava quello di Tenzo e la sua fuga repentina non lasciavano spazio all’incertezza.
Appena lei uscì dalla porta, Kakashi chiuse gli occhi e si appoggiò contro la spalliera del letto, emettendo un sospiro di stanchezza e sollievo insieme, mentre l’amico si sedette su una sedia a portata di mano, osservandolo in silenzio e con attenzione per alcuni minuti.
“Quindi come era la storia del ‘cercherò di non starle troppo vicino’?” chiese poi con un tono di semplice curiosità, escludendo dalla voce qualsiasi nota di rimprovero che sapeva bene di non potersi permettere. 
Dopo mesi ormai dalla involontaria confessione della kunoichi sui sentimenti per il proprio maestro, la reazione abituale di Sakura, le iridi verdi che sfuggivano costantemente le sue, gli risultava sempre meno tollerabile. Il jounin mise però a tacere il fastidio e qualsiasi altro pensiero inopportuno, poi attese la replica dell’amico.
“Credi che chiedermelo sia di aiuto?” gli domandò di rimando in modo pacato, fissandolo con un  solo occhio aperto.
“Non lo so, ma poteva vedervi chiunque,” rispose con altrettanta calma, limitandosi semplicemente a constatare i fatti.
Il suo voleva essere niente di più che un consiglio e Tenzo sapeva che il jounin ne era consapevole, senza bisogno di sentire altre parole di chiarimento.
Anche se non l’avevano mai espresso apertamente, entrambi comprendevano la necessità di reprimere un desiderio irrealizzabile che, oltre a poter creare equivoci, avrebbe rischiato a lungo andare di ferire tutte le persone coinvolte.
Spinto da un pizzico di egoismo, non aveva confermato a Kakashi i sentimenti dell’ex-allieva, ma ogni piccolo atteggiamento di Sakura in sua presenza era più che eloquente, anche se dubitava che la ragazza se ne rendesse conto.
“Lo so, ma era la verità… è stato davvero un pessimo incubo,” si giustificò l’amico, strascicando le parole a fatica e richiudendo gli occhi sopraffatto dalle immagini ancora vivide del sogno.
Tra di loro scesero alcuni istanti di silenzio, scanditi dal ritmo dei rispettivi pensieri.
“La missione è finita malissimo, ma fa parte del presente. Lascia stare il passato,” gli disse Tenzo dopo un momento di riflessione, conscio della profonda origine del suo turbamento.
“Ci proverò. Grazie.” 
Mentre pronunciava quelle poche parole, notò la sua espressione rilassarsi un poco. 


Alcune ore dopo, camminando all’aria ormai più fredda della sera, il grazie sussurrato di Kakashi gli ronzava ancora per la testa, acuendo il senso di colpa che provava man mano che si avvicinava all’appartamento di Sakura.
In realtà, non aveva davvero qualcosa per cui incolparsi, almeno niente a cui potesse razionalmente porre rimedio, ma non riusciva a non pensare all’ultima conversazione con l’amico. Lui l’aveva ringraziato per il suo tentativo di confortarlo, un motivo che aveva poco a che fare con ciò che lo spingeva a voler parlare con la kunoichi; tuttavia, la sua coscienza non perdeva tempo a pungolarlo, rinfacciandogli il segreto che aveva tenuto solo per sé.
Nonostante talvolta l’avesse sfiorato l’idea di rivelarglielo, non era mai stato in grado di confidare a Kakashi che anche lui provava qualcosa per la giovane dottoressa; un qualcosa che era abbastanza da impedirgli di biasimare i due amici per i loro sentimenti, abbastanza da dover essere soppresso per non rovinare la normalità a cui ognuno di loro aspirava.
Ed era proprio per tutelare quella normalità che si trovava davanti alla porta della casa di Sakura: non poteva permettere che continuasse ad evitarlo, dopo tutti gli sforzi che da tempo compiva per comportarsi con lei in modo spontaneo e naturale, pur di non perdere la loro amicizia.


Note dell'autrice
L'inizio di questa capitolo era stato già pubblicato nella raccolta "Il gioco delle parti", una raccolta incentrata sul triangolo KakashiSakuraTenzo come lo sarà questa mini-long.
La storia di fatto è scritta tutta, è solo da rivedere man mano, quindi l'intenzione attuale è quella di pubblicare un capitolo a settimana, di solito il sabato.
Grazie in anticipo a chi riuscirà a lascere un piccolo segno del proprio passaggio^^




  
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