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Autore: AlessiaDettaAlex    22/09/2020    2 recensioni
[LLS!! Post-canon | KanaMari | presenza di OCs | è la storia di due amiche che si ritrovano dopo essersi perse di vista (di nuovo) | ed era una scusa per scrivere una fanfiction in cui Kanan e Mari flirtano incessantemente, ma a Los Angeles | uso intensivo di cliché e fluff, una spolverata di melodramma | 10 capitoli totali]
City of stars / Are you shining just for me? / City of stars / Never shined so brightly.
[“City of stars”, from La La Land]
«Fino a quando resti qui?» […]
«Settembre, probabilmente. Non sarà una toccata e fuga»
Un sorriso nuovo fiorì sul volto di Kanan, non previsto.
«Quindi rimani»
«Rimango»

[dal cap. 2]
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Kanan Matsuura, Mari Ohara, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2. Ritornare per rimanere
 
Oh I swear to you, I'll be there for you
This is not a drive by

 
“Drive By”, Train
 
Dalla poltroncina del suo jet privato, Mari guardava fuori dal finestrino ovale: muoveva impercettibilmente la testa a ritmo della canzone che stava ascoltando, ed era totalmente immersa nella felice corrispondenza tra il ritmo vivace nelle sue orecchie e la costa radiosa della California meridionale davanti ai suoi occhi. Alla sua destra i genitori scorrevano grafici statistici su un iPad che sembrava aver affrontato vittoriosamente numerose cadute, a ricordo delle quali rimanevano graffi visibili come cicatrici di guerra. La madre teneva stretto sulla sinistra un bicchiere di cristallo con un non meglio identificato alcolico bianco e frizzante.
Quando il pilota avvertì la famiglia Ohara dell’inizio della manovra di atterraggio, Mari si tolse le cuffiette e tornò consapevole dell’ambiente che la circondava.
«Mari, ben ritrovata tra noi» iniziò soavemente sua madre, «quando arriveremo potrai fare quel che vuoi: una dormita, una doccia, un giro in città o anche andare al mare… ma tieni presente che dovrai anche rimanere disponibile per aiutarci a lavoro»
«Mamma, dai… mi sono laureata solo qualche giorno fa, col massimo dei voti e al primo appello disponibile. Potreste lasciarmi questa vacanza»
«Certo tesoro, ma fare vacanza tutto il giorno tutti i giorni rammollisce lo spirito» attestò la donna ammorbidendo il tono, «e poi non potresti trovare opportunità migliore di questa per un tirocinio!»
Mari sospirò rassegnata. «È da quando sono nata che faccio questo tirocinio» avrebbe voluto replicare, ma valutò di rimanere zitta, perché non intervenisse anche suo padre. Gli Ohara possedevano un cinque stelle a Downtown, il cuore finanziario della metropoli di Los Angeles. Era probabilmente uno degli stabilimenti più redditizi e costosi sotto la loro direzione, e durante i mesi estivi una sala meeting avrebbe subito un’importante opera di ristrutturazione d’urgenza: la loro presenza era stata caldamente richiesta dal direttore.
Ma questi erano problemi di Mr. e Mrs. Ohara. Per lei, la giovane ereditiera, il corso di laurea magistrale in Business and administration a Bologna sarebbe cominciato a ottobre: di certo non aveva intenzione di passare i pochi mesi post laurea sempre al lavoro; per quello ci sarebbe stato tempo. D’altra parte aveva approfittato del passaggio negli Stati Uniti per ben altro motivo.
Qualche ora più tardi, davanti alle porte di vetro decorate d’argento dell’hotel, le fu assegnato un autista di fiducia che l’avrebbe accompagnata liberamente per la città durante tutta la sua permanenza. Zachary era un uomo sulla sessantina, alle dipendenze degli Ohara da praticamente quarant’anni, nato e cresciuto a Los Angeles: californiano di terza generazione, nipote di immigrati dell'Est Europa. Conosceva tutti i distretti cittadini come i cassetti di casa sua, sempre obbediente e disponibile, un uomo di bell’aspetto nonostante l’età; i capelli grigi curatissimi gli si attorcigliavano con naturalezza sulla fronte appena rugata: non se li faceva mai toccare da nessuno che non fosse sua moglie, tanto che girava voce che in realtà fosse una parrucca fatta molto bene.
Mari provò da subito una simpatia infantile per lui: c’era qualcosa in Zachary che le ricordava l’affabile e affettuoso nonno di Kanan, con cui praticamente era cresciuta. Dopo una dormita che sfiorava le quattordici ore causa jet lag, e alcune superflue raccomandazioni da parte di sua madre, poté finalmente saltare in macchina con lui.
«Dove la porto, Miss Mari?»
Pronunciava il suo nome tutto attaccato al titolo di cortesia, e con forte accento anglofono; di conseguenza suonava sempre un po’ come mismèri.
«Zachary, conosci il Centro Immersioni che sta a Santa Monica?» sorrise la ragazza fissandosi la cintura di sicurezza al lato.
L’uomo la guardò stupito.
«Vuole già fare qualche esplorazione subacquea, Miss? Non desidera prima visitare un po’ la città?»
«No, non proprio. Cerco un’amica che lavora lì».
 
I raggi del sole rimbalzavano sugli orecchini d’argento di Nicole a ogni suo movimento; Kanan notò che qualche suo allievo seguiva distratto quel luccichio come una falena attratta dalla lampadina. Era una giornata languida, una specie di noia soffocante sembrava vincere su tutto e non lasciava in pace né studenti né insegnanti. L’afa pareva visibile a occhio nudo. Anche Kanan guardava gli orecchini di Nicole: non se li toglieva nemmeno quando entrava in acqua, perché tanto «l’argento non si rovina mica». Pensò dovessero essere un regalo del suo ragazzo, visto che li aveva sempre addosso; non glielo aveva mai chiesto, chissà perché… uno sbadiglio tradì la sua distrazione.
«Miss Matsuura, mi andresti a prendere i moduli dell’informativa da firmare di là, per cortesia?»
Kanan si alzò subito in piedi, sebbene si sentisse ancora pesantissima. Il suo cognome e quel registro formale in bocca a una come lei le fecero storcere il naso d’istinto, ma annuì in fretta per salvare le apparenze; una Nicole infastidita era una Nicole da assecondare. Pensò inoltre che poteva usare la scusa per stirare le gambe e rinfrescarsi il viso.
Il Centro Immersioni era un posto dei più trafficati durante l’estate: clienti occasionali, corsisti, turisti con pacchetti da viaggio comprensivi di gite subacquee da sogno si mescolavano con lo staff in continuazione. Quel giorno il flusso sembrava essersi leggermente ridotto, segno ulteriore dell’eccezionale pigrizia che era scesa sulla California a grandi ondate di calore. La confusione che aveva nella testa era tale che le sembrò di sentire chiamato il suo cognome: si girò, ma tra la gente che camminava non le parve di notare nessuno che si rivolgesse a lei. Riprese a fare qualche passo, ma la voce insistette, stavolta a una distanza molto minore.
«Matsuura? Tutto bene?»
Scattò sul posto, colta di sorpresa: si voltò e vide che si trattava di uno degli uomini che lavorava alla portineria; fece d’impulso un inchino che nella sua testa era un incrocio tra un saluto e una richiesta di perdono.
«Scusami, non ti avevo notato!»
«Nessun problema! Pensavo avessi lezione con James adesso, per fortuna ti ho vista passare!» Kanan non ebbe la forza di rispondere che sì, lezione con Nicole James l’aveva davvero, ma era stata più o meno esplicitamente cacciata fuori come una studentella svogliata qualunque, «c’è una ragazza all’ingresso che cercava di te. Non le ho chiesto il nome ma dai lineamenti credo sia delle tue parti»
L’attenzione di Kanan s’impennò improvvisamente. Da quel che ricordava non aspettava visite dal Giappone; le prime persone a venirle in mente furono You o Chika: ma un viaggio del genere senza dir nulla le sembrò un azzardo perfino per loro. Dia avrebbe certamente avvertito, se non altro per eccessiva scrupolosità. Non le rimaneva che un’ultima probabile opzione.
«Grazie, vado subito!»
Prima di rendersene conto aveva accelerato il passo fino a correre: in quella languida giornata di luglio per la prima volta non avvertiva più il peso della gravità. Rallentò in prossimità del portone, fino a fermarvisi davanti: e solo dopo aver fatto un respiro più lento proseguì oltre.
«Konnichiwa, Kanan!»
La sua supposizione era esatta. Seduta su una panchina di ferro sul marciapiede stava Mari, coi capelli inusualmente legati in una coda alta.
«Che ci fai tu qui?»
Kanan ascoltò il suono della sua stessa voce e notò come ne trasparisse più felicità che stupore; rimase ferma sulla soglia, con una mano che stringeva gli infissi come se le servissero per non spiccare il volo.
«Sono venuta a reclamare di persona i miei auguri di laurea con l’unica invitata che era assente quel giorno, naturalmente!» la provocò Mari incrociando le braccia e alzando un sopracciglio.
«Quel video d’auguri imbarazzante che ti ho inviato in chat non è bastato per scusarmi, quindi?»
Pregò che la voce smettesse di tremarle fastidiosamente dall’emozione.
«Eri in ritardo, l’hai inviato all’una di notte»
«Ma qui erano le quattro, Mari»
L’amica voltò lo sguardo da un’altra parte, nascondendosi la bocca tra le dita della mano, ma non riuscì a impedirsi di scoppiare a ridere; subito si unì anche Kanan, che non vedeva l’ora di liberarsi della tensione accumulata nel giro di qualche battuta di dialogo. Ripreso il fiato, fece un passo in avanti verso di lei, lasciando l’appoggio sicuro del portone.
«Che tu ci creda o no, sto facendo fatica a trovare le parole in giapponese»
Mari si alzò in piedi.
«Questa non mi sembra una novità...»
Roteò gli occhi in risposta e l’altra la guardò col suo caratteristico sorriso giocoso. Il breve silenzio che seguì non fu spiacevole per nessuna delle due, tuttavia Kanan si risolse a tirar fuori la domanda che sentiva gravarle sulle spalle dall’inizio della conversazione.
«Fino a quando resti qui?» e si fece un altro po’ verso l’amica.
«Quanto vuoi, se stavi lavorando ti posso aspettare, tanto ho l’autista privato!»
«No, intendo… qui, in California»
Finalmente anche Mari fece il suo passo in avanti, con le mani incrociate dietro la schiena e un piglio di serietà che sostituì la voglia di scherzare.
«Settembre, probabilmente. Non sarà una toccata e fuga»
Un sorriso nuovo fiorì sul volto di Kanan, non previsto.
«Quindi rimani»
«Rimango»
«E staremo insieme»
«Of course, sono venuta per stressarti, Kanan!»
Quando ancora stava finendo di pronunciare il suo nome, si slanciò verso Mari per rinchiuderla in un abbraccio: quanto a lungo l’aveva atteso! La foga le fece sbilanciare un poco, ma una volta ripreso l’equilibrio, ancora ridendo, la guancia di Mari si poggiò sulla sua spalla: e stettero semplicemente così, più a lungo di quanto la loro riservatezza suggerisse. E sebbene questo fosse un rimpatrio tanto sperato, pure si resero conto che evidenziava quanto le aveva ferite quella mancanza che entrambe si portavano dentro da troppo tempo.

 


 
Note finali
Big rip per Nicole che nel frattempo aspettava Kanan tornare con i fogli che le aveva chiesto. Sì: me ne ero dimenticata anche io mentre scrivevo, figuratevi lei

Prossimo aggiornamento: 2 ottobre!

Grazie di aver letto!
Alex
   
 
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