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Autore: Herm_periwinkle    24/09/2020    4 recensioni
C'è qualcosa che Virgilio non dice, un amore non ricambiato che ha tralasciato. Perché nessuno parla mai della dolce e obbediente Anna, sorella di Didone?
-dal testo-
Oh, pensava di essersi abituata ad essere sempre la seconda in tutto, ma evidentemente aveva fatto male i conti con il suo cuore. Si sarebbe dovuta rassegnare a una cruda verità: lei non avrebbe mai vinto contro Didone. In niente. Era nata seconda e sarebbe rimasta relegata in quella posizione per tutta la vita.
(TERZA CLASSIFICATA al contest “L'angoscia del nero” indetto da Anatra.Valeria sul forum di EFP)
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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questa storia partecipa al contest “L'angoscia del nero” indetto da Anatra.Valeria sul forum di EFP


LA NERA SERPE DELLA GELOSIA
 
“Ci sono momenti che ci cambiano per sempre. Alcuni dolori non si dimenticano.” Adam
 

“Anna li vedi? Se ne vanno già sulla spiaggia, le bianche vele chiamano i venti e s’ornano le poppe.”*

Sì, li vedeva. Come avrebbe potuto non notarli? Rapidi e precisi i Troiani stavano preparando ogni cosa, pronti a fuggire, pronti a lasciare le terre che tanto affabilmente li avevano accolti. Dove avevano riposto la loro gratitudine?

Anna aveva bisogno di star sola. I lamenti della sorella le straziavano il cuore nel petto, aumentando a dismisura il suo dolore. Didone non si rendeva conto di quanto fosse stata fortunata, non aveva idea di quello che lei aveva patito. Era quasi felice che i Troiani se ne andassero. Qualsiasi cosa sarebbe stata migliore del vedere l’uomo che amava tra le braccia di sua sorella. Oh, pensava di essersi abituata ad essere sempre la seconda in tutto, ma evidentemente aveva fatto male i conti con il suo cuore. Si sarebbe dovuta rassegnare a una cruda verità: lei non avrebbe mai vinto contro Didone. In niente. Era nata seconda e sarebbe rimasta relegata in quella posizione per tutta la vita. Era la sorella ad essere diventata regina, era la sorella ad essere la preferita. Anna era bella, ma Didone lo era di più. Didone era quasi divina.

Credeva di avercela fatta, credeva di aver finalmente accettato il suo destino, ma la vista dell’eroe aveva stravolto ogni cosa. Come avrebbe potuto resistere alla bellezza di un tale semidio? L’alone di Venere lo seguiva ovunque, costringendo chi si avvicinava a lui ad amarlo. Anche Anna era caduta nella sua rete, intessuta con dolci sorrisi e gesti cortesi.
Enea era gentile, affascinante, risoluto e coraggioso. Aveva tutte le qualità per cui un uomo può essere desiderato. Aveva legato fin dai primi istanti con Anna. Erano diventati amici, lui si confidava con lei schiudendo il suo animo e rivelando una profondità che la attraeva come una calamita. Che sciocca, che illusa era stata! Aveva creduto, per la prima volta, di essere speciale. Si era sentita apprezzata, credeva che avrebbe potuto sanare la ferita lasciata dalla moglie perduta. E invece, come al solito, lì era già passata la sorella. La sorella che aveva ogni cosa, si era presa anche quella.

Quando aveva capito che Enea e Didone erano stati insieme, nella grotta, e poi chissà quante altre volte dopo quella, aveva creduto di morire. Il gelo si era impossessato di lei, aveva sentito il suo cuore disintegrarsi in tanti piccoli pezzettini. Aveva desiderato che la sorella morisse, con tutta se stessa. Solo con la sua morte forse, per una volta, sarebbe riuscita ad essere prima.

Ed ora la sciocca si lamentava per la sua sorte. Oh, se solo avesse avuto la metà delle fortune di Didone avrebbe ringraziato gli dei giorno e notte. Stupida viziata.

Didone si girò all’improvviso verso di lei, con gli occhi fiammeggianti di un pericoloso furore. “Anna, sorella mia, devi farmi un favore” le disse con tono accorato. “Devi andare da Enea, devi parlare con il mio amore. È tuo amico, ti ascolterà. Convincilo a restare.”
Anna, suo malgrado, ingoiando tutta la rabbia e il dolore, annuì. “Farò il possibile.”

Percorse i corridoi del palazzo con passo incerto, desiderosa di ritrarsi da quel gravoso compito. Chiese di Enea ad ogni Troiano che incontrava, ma erano elusivi e le davano indicazioni sbagliate. Alla fine, lo trovò al porto. Lo vide da lontano, svettante sugli altri uomini. Dava alcune indicazioni con la mano, mentre una nave veniva caricata di armi e vettovaglie. Perfino la furia del mare sembrava scomparire di fronte alla sua magnificenza.

Si avvicinò titubante, chiamandolo con voce esile. Lui si girò e non appena la vide le si avvicinò. Aveva lo sguardo pieno d’ansia e d’angoscia, ma Anna riusciva a vedervi anche del dolore.
“Mi manda la regina” cominciò a dire. “Vi prega di riflettere, di pensarci bene. O perlomeno di aspettare che il mare si plachi, è troppo pericoloso partire così. Poseidone è evidentemente contrario a tutto ciò.” Fece una pausa, cercando di mettere in ordine i pensieri, di distinguere quello che avrebbe detto la sorella e quello che voleva dire lei. Non ci riuscì.

Cominciò a straparlare, a dire tutto quello che aveva soppresso nel suo cuore. Parlava per Didone, ma i sentimenti erano i propri. Quando terminò si sentì svuotata, priva di un’anima. Enea era di fronte a lei, con il viso di pietra. Solo gli occhi sembravano volerle dire qualcosa, ma Anna non fu in grado di decifrarli. Era sconvolta.
“Mia cara Anna, lo sai che le tue preghiere sono inutili. Non sono io a voler partire, è il fato che decide per me.” Il tono era gentile, ma risoluto. Le rivolse un sorriso incerto, poi le diede le spalle e salì sulla nave, come se stesse fuggendo.

Anna si sentì crollare. Avrebbe voluto fermarlo, avrebbe voluto stringerlo a sé, baciarlo e farlo suo. Ma ci aveva già pensato sua sorella. Ogni volta che guardava l’eroe, involontariamente vedeva anche le mani di Didone percorrere il suo corpo marmoreo, vedeva quello che non avrebbe voluto sapere. E il cuore si induriva ogni volta di più, nel vano tentativo di arginare un tanto grande dolore. Tornò nella sua stanza barcollando sulle gambe deboli, cercando disperatamente di trattenere il pianto, ma vedendo i corridoi da dietro un velo di lacrime.

Aveva bisogno di stare sola, di non essere disturbata da nessuno. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter lasciare quel palazzo, per poter scappare via da tutto e da tutti. Per non dover più sottostare agli sciocchi capricci di Didone. Avrebbe voluto che Didone non fosse mai esistita. Il suo desiderio non venne avverato. Gli dei non sembravano ascoltarla, nemmeno per errore. D'altronde, perché avrebbero dovuto esaudire le sue preghiere? Erano troppo impegnati nel far andare tutto bene alla sorella.

“Posso entrare?” chiese la vecchia balia Barce bussando alla porta.
Anna andò ad aprire, cercando di dare un po’ di compostezza al volto distrutto. Nessuno doveva sapere che anche lei stava male. Non sarebbe stato carino da parte sua sottrarre la scena alla sorella piangente. Nessuno faceva mai caso ai suoi sentimenti, nessuno credeva provasse davvero qualcosa. Anna era consapevole di ciò che era per la gente di quel palazzo: una semplice macchia, l’ombra sbiadita della bella sorella.
“Didone ti manda a chiamare. Dice che ti devi bagnare il corpo con acqua corrente e portare da lei tutti gli animali e le offerte che sai.” Le fece una carezza sulla guancia. “Sei proprio una brava sorella, continua a starle accanto in un momento simile. Soffre molto.”

Anna accennò un sorriso e le assicurò che si sarebbe sbrigata. Oh, in quale follia stava assecondando la sorella! E quale sarebbe stata la prossima? Si attardò a preparare quanto richiesto dalla sua detestabile despota. Non voleva vederla, non voleva aiutarla in quello stupido delirio.

Era quasi tutto pronto, quando un vociare le giunse alle orecchie. Per quale motivo c’era tutto quel rumore? Non erano grida di giubilo quelle che sentiva da lontano, ma grida di paura e disperazione. Affrettò il passo, chiedendo ai servitori, spaesati quanto lei, che cosa stesse accadendo.

Quando arrivò alla pira che Didone aveva fatto innalzare per quelli che dovevano essere dei riti sacri la realtà si presentò ben più cruda ai suoi occhi. Sentì le urla e intorno a sé il mondo vorticò. No, non poteva essere vero. Gli dei non potevano aver esaudita realmente l’unico desiderio pieno di cattiveria che aveva espresso in momenti in cui era accecata dalla gelosia. Era un incubo. Chiuse gli occhi, li riaprì, ma la confusione intorno a lei non era svanita. Corse verso la pira con il cuore in gola e le lacrime che avevano cominciato a sgorgare copiose dagli occhi. Come aveva potuto fare una cosa del genere? Urlò il nome della sorella con quanto fiato aveva in gola, issandosi a fatica sul rogo e gettandosi su di lei.

Strinse a sé il corpo esile, che di secondo in secondo diventava più rigido e freddo. Poteva vedere la porpora delle sue guance impallidire sempre più, lasciandole grigie e scavate. Gli occhi vitrei rovesciati all’indietro facevano contrasto con l’acconciatura ancora perfetta. Anna non voleva, ma si costrinse a guardarle la ferita. Per poco non svenne. La lama della spada le trapassava il petto da parte a parte, mentre il sangue, denso e nero ne sgorgava copioso. Gli schizzi erano arrivati talmente in alto da bagnarle perfino le mani e il viso con tante piccole gocce scure. Anna prese la sua veste e tentò di tamponare il sangue che non dava cenno di fermarsi, di asciugarlo e di assorbirlo in qualche modo. A nulla valsero i suoi sforzi. Il tessuto si intrise del liquido amaro, mentre un odore metallico, un odore di morte le entrava nelle narici.

“Perché hai fatto questo sorella mia? Perché hai abbandonato me e il tuo popolo, egoista che non sei altro? Hai disdegnato me, tua sorella, quale compagna della tua morte! Almeno m’avessi assunta al tuo stesso destino!* E invece no, anche in questo hai voluto superarmi, essere la prima.”

Didone per ben tre volte provò ad alzarsi e parlare e per tre volte ricadde esanime tra le braccia della sorella, mentre la spada strideva nel suo petto ad ogni lieve movimento. Con gli occhi cercava la luce, senza trovarla, mentre la sua anima lottava disperatamente per liberarsi da quell’ultimo soffio vitale che la teneva ancorata alla prigione del corpo.
Anna la strinse più forte, cercando inutilmente di donarle un po’ del suo calore. Sapeva che era tutto inutile e si maledisse più e più volte per il suo egoismo. Era stata una sorella scellerata. Pianse come mai aveva pianto prima di quel momento, maledicendo quell’eroe che aveva sconvolto tutta la loro esistenza. Perché il fato era tanto crudele con lei?

Mentre faceva questi pensieri, la dea Iride scese dal cielo, in un tripudio di luce e colori. Con la sua grazia divina tagliò il capello che teneva Didone legata alla vita. Un ultimo respiro e il corpo di Didone di svuotò, rimanendo un involucro vuoto tra le braccia di Anna.

Anna, che non riusciva più a sentire nulla, nemmeno il battito del suo cuore. Anna, il cui animo era morto assieme a quello della sorella che si era resa conto di amare solo nel momento in cui quest’ultima scomparve nelle tenebre eterne.
 
*Passo tratto dall'Eneide, libro IV


*angolo autrice*
Ciao a tutti, spero che la storia vi sia piaciuta. Non so perché, ma ho sempre creduto che tra Anna ed Enea ci fosse del feeling e che Anna ne fosse innamorata. Studiando mi sono resa conto che non ero la sola a pensarla in questo modo, così eccomi qui!
Vi ringrazio per averla letta fino a qui, lasciatemi una recensione se potete, anche solo due parole, così da poter capire come migliorare in futuro.
Un bacio! <3
 
   
 
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