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Autore: Carmaux_95    26/09/2020    12 recensioni
Il parcheggio all'aperto dove si erano fermati, ad appena qualche centinaio di metri dalla sponda di uno dei laghi, aveva già cominciato a riempirsi: in molti avevano avuto la loro stessa idea. Un'eclissi lunare, dopotutto, era pur sempre uno spettacolo che suscitava curiosità e quale atmosfera migliore per assaporarne l'unicità se non quella naturale, estranea alle luci e agli inquinamenti della città?
-Sto...-, farfugliò Emilio imbarazzato. -sto leggendo un libro un po' particolare.-
Hanna sfoderò un sorriso e, appoggiando il mento sul palmo delle mani, si sporse in avanti per ascoltarlo: -Davvero?-
Rifuggendo quegli occhi da cerbiatta, il ragazzo annuì: -Mi è venuto in mente perché racconta che, se la Terra fosse tonda, guardando il cielo di notte vedremmo stelle diverse a seconda del luogo dove ci troviamo.-
PRIMA CLASSIFICATA al contest "Questo non è un complotto", indetto da Anatra.Valeria sul forum di efp
[storia partecipante alla "Things you said - challenge", indetta da Juriaka sul forum di efp]
Genere: Comico, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Milano quotidiana'
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Lunaburger


 

Appollaiato sul sedile del passeggero, a gambe conserte nonostante la cintura che gli limitava i movimenti, Emilio si leccò il polpastrello dell'indice per riuscire a girare la pagina del romanzo che stava leggendo.

Era un libro molto vecchio e le pagine erano ingiallite. Sfogliandole, il ragazzo si era divertito a contare le macchie che le avevano colorate, interrogandosi sulla loro natura che, fortunatamente, non aveva coperto quello strano aroma di mandorle e vaniglia così tipico dei libri vecchi.
Da lettore accanito qual'era, era sempre stato un fervente sostenitore del detto “Non giudicare un libro dalla sua copertina”, ma doveva anche ammettere che, in questo caso, il semplice e armonico disegno che decorava quest'ultima e quell'aspetto rovinato e logoro erano stati il motivo principale che lo aveva spinto a comprarlo: avrebbe anche potuto trattarsi di un trattato di filosofia teoretica o di metafisica, per quanto lo riguardava.

-Quante volte ti ho detto che non devi leggere in macchina?-

Senza quasi avvertire lo spostamento d'aria, Emilio si ritrovò improvvisamente a mani vuote: il conducente, con un gesto fulmineo, gli aveva requisito il testo per poi lanciarlo indietro, facendolo atterrare sul finestrino posteriore.

-Avevo quasi finito il capitolo!-, si lamentò il più giovane voltandosi per assicurarsi che il gesto avventato dell'amico non avesse danneggiato il suo libro.

-L'ultima volta che hai letto durante un viaggio in macchina ti è venuta la nausea e hai saltato la tua lezione di pattinaggio.-

Se si escludevano le battute e frecciatine tipiche di un'amicizia di vecchia data, Filip, più grande di otto anni, non agiva quasi mai per il semplice gusto di stuzzicarlo e divertirsi. Emilio lo aveva conosciuto tempo prima – all'epoca era solo un ragazzino al suo primo debutto olimpico – e poiché era non solo il suo migliore amico ma, da quando la mamma non c'era più, anche un fratello adottivo e il suo coach, acconsentì a dargli ragione nonostante non avesse allenamenti programmati per la serata.

-Il fatto è che è così interessante! Non riesco a fermarmi!-

-Ma di cosa parla? Assomiglia a un parolario più che a un romanzo.-

Emilio scosse la testa, divertito dalle difficoltà che Filip, nativo di Stoccolma, continuava ad incontrare parlando in italiano: -“Parolario” non esiste: o “paroliere” o “vocabolario” e dato il contesto opterei per quest'ultimo.-

-Che cos'è un paroliere?-

-Una persona che scrive i testi delle canzoni.-

-Se scrive i testi delle canzoni perché non si chiama “canzoniere”?-

-Un canzoniere è una raccolta di poesie-, semplificò Emilio, il sorriso sempre sulle labbra.

-Non ha senso. Canzone, canzoniere: questo avrebbe senso! Perché la tua lingua è così complicata?-, si lamentò passandosi una mano fra i lunghi riccioli dorati per allontanarli dagli occhi.

-Il tuo svedese non è certo più facile.-

-Punti di vista. Non mi hai ancora risposto, comunque.-

-Si tratta di un romanzo di fantascienza in cui viene descritto un universo utopico in cui la terra... è tonda, con tutte le conseguenze che ne derivano!-

-Tonda?-, domandò lo svedese, con una certa enfasi. -Come un pallone da basket?-

-Quasi. È un po' più “schiacciata” di una palla.-

-E questo cosa comporta?-

Aiutato dalla forza di gravità che, non fosse stato per lo schienale, lo avrebbe attirato a sua volta contro il finestrino posteriore, Emilio si sporse indietro per recuperare il libro in modo da poterlo sfogliare mentre tentava di farne una rapida recensione: -Tantissime cose! Per esempio, già nel primo capitolo...-

-Visto che sei girato, puoi recuperare la cartina dalla tasca del sedile?- lo interruppe Filip. -Non ricordo mai che percorso seguire per questo ultimo tratto di strada. Spero solo di non fare tardi...-

Riconoscendo nel suo tono il classico nervosismo di un guidatore che, al volante da ore, non vede l'ora di poter parcheggiare, Emilio evitò di raccontargli che, in quel romanzo, proprio in virtù del fatto che la terra fosse tonda, l'autore aveva inventato degli strani satelliti – GP qualcosa – in grado di calcolare e comunicare direttamente alla macchina il percorso da seguire.
A pensarci bene, Emilio si convinse che forse sarebbe stato meglio rimandare del tutto quel dibattito letterario ad un momento in cui Filip sarebbe stato più incline ad ascoltarlo: frugò nelle tasche degli schienali posteriori del proprio sedile e di quello del fratello e trovò la cartina. Tornato a sedersi composto, la spiegò e stirò sulle proprie gambe, preparandosi a fare, come avrebbe scritto l'autore di quel libro, da “navigatore satellitare”.


 

*


 

Emilio si guardò intorno mentre Filip si sgranchiva, finalmente, le gambe.
Adorava la Svealand, la grande pianura Svedese, con quella vegetazione ruspante e tutti i meravigliosi laghi di origine glaciale.

Il parcheggio all'aperto dove si erano fermati, ad appena qualche centinaio di metri dalla sponda di uno dei laghi, aveva già cominciato a riempirsi: in molti avevano avuto la loro stessa idea. Un'eclissi lunare, dopotutto, era pur sempre uno spettacolo che suscitava curiosità e quale atmosfera migliore per assaporarne l'unicità se non quella naturale, estranea alle luci e agli inquinamenti della città?

Recuperò un paio di coperte dal baule della macchina e, sotto esortazione di Filip, che sperava che i posti migliori in riva al lago non fossero già stati occupati, cominciò ad avviarsi.

La sua mente, tuttavia, tornò subito ad immergersi fra le pagine di quel romanzo.
Non poteva fare a meno di pensarci e di interrogarsi.

Per esempio: quanto sarebbe stato più comodo camminare e passeggiare se la gravità fosse stata quella descritta in quelle pagine consunte? Viveva in Svezia da abbastanza anni per essersi abituato alla gravità inclinata tipica di qualunque regione che non fosse il Centro del piano della Terra e le sue immediate vicinanze e, proprio per questo, faceva davvero fatica ad immaginare un mondo in cui qualunque cosa, in qualunque posto, veniva attirata verso il basso. In questo mondo immaginario, camminando avrebbe avvertito la fatica di una effettiva camminata e non quella di una scalata: impensabile!

Quanto sarebbe stato più comodo anche solo guidare...

La maggior parte delle macchine erano dotate del cambio a tre marce – per andare in salita anche in pianura, dopotutto, non si poteva certo inserire una marcia più alta – ed Emilio non aveva ancora imparato a padroneggiarle del tutto. Provando un leggero risentimento pensò che forse, con una gravità diversa, non avrebbe fallito la prova pratica per prendere la patente 3. Gli piaceva guidare, ma le partenze in salita erano le sue peggiori nemiche e, per fargli cambiare idea, non erano bastate nemmeno le guide di pratica fatte con Filip.

Quest'ultimo, dal canto suo, sognava di prendere la patente 5, caso mai gli capitasse di guidare una di quelle macchine da sogno con cinque marce.
Sarebbe stato certo qualcosa di cui vantarsi e con cui fare colpo: Emilio non dubitava che Filip avrebbe cominciato a parlarne nel momento stesso in cui Britt si fosse fatta viva.

Era quello il piano, in origine.
Come aveva saputo dell'eclissi, Filip aveva pensato di trascorrere una serata romantica insieme a Britt, la simpatica infermiera che aveva conosciuto un paio di settimane prima quando aveva accompagnato Emilio in ospedale perché gli medicassero un taglio sul sopracciglio che si era procurato cadendo durante un allenamento. Non avrebbe potuto chiedere di meglio come primo appuntamento.

O quasi: -Posso invitare anche mia cugina Hanna? È mia ospite in questi giorni. È venuta dall'Australia: mi sembrerebbe scortese lasciarla a casa da sola.-

Sebbene la risposta lo avesse momentaneamente demoralizzato, non lo aveva dato a vedere: -Certo: te lo avrei detto, ma ci sarà anche Emilio. Più siamo meglio è.-

Emilio era ben a conoscenza dell'interesse del fratello maggiore nei confronti di quella ragazza, motivo per cui Filip si era ben guardato dal rivelargli che quella serata in riva al lago si era inaspettatamente trasformata in una sottospecie di appuntamento a quattro: Emilio non avrebbe mai accettato di fargli da spalla per tenere Hanna in disparte anche se non per cattiveria quanto per semplice incapacità.

Si rese conto della trappola solo quando, ormai, era troppo tardi.
Aveva appena steso le coperte in terra quando riconobbe la figura slanciata di Britt, seguita da quella più bassa e sottile di Hanna, che si stava avvicinando agitando una mano in segno di saluto.
Era esattamente come la ricordava, salvo per i jeans e la maglietta, che avvolgevano la sua figura molto meglio della divisa ospedaliera: la coda di cavallo stretta in testa e un enorme sorriso cordiale a far nascere delle piccole fossette sulle guance.

Emilio non fece quasi in tempo a rispondere al saluto che l'infermiera gli prese il viso con entrambe avvicinandolo a sé e scostandogli i capelli chiari dalla fronte: -Ho fatto proprio un bel lavoro: sta guarendo molto bene e non rimarrà alcun segno di cicatrice-, esclamò soddisfatta, tastando delicatamente il sopracciglio ancora un po' arrossato.

-Grazie...-, biascicò il ragazzo, imbarazzato ma grato del fatto che la tenue luce della sera avesse coperto l'arrossarsi delle sue guance.

Stringendosi la coda con un gesto meccanico, Britt si volse e indicò la cugina, più giovane di qualche anno, presentandola ad un Emilio leggermente spaesato ma che, ormai conscio della situazione, attese l'arrivo di Filip prima di esternare il proprio risentimento.

-Filip!-, lo redarguì a bassa voce.

-Te lo avrei detto, ma tu avresti dato di matto-, rispose il maggiore allargando le braccia con genuina semplicità.

-Certo che sì: mi stai usando per poter stare da solo con Britt!-

-E allora? Hai diciannove anni e Hanna non è mica una brutta ragazza.-

-Non è questo il punto! Lo sai che queste situazioni mi mettono a disagio.-

-È così che si cresce: il mondo non sta nei tuoi libri, è qua fuori*. Un giorno mi ringrazierai.- E così dicendo, senza aspettare una risposta, lo spinse verso la ragazza in questione.

Emilio strinse i denti: Un giorno te la farò pagare.


 

*


 

Non riusciva ad immaginare uno scenario peggiore di quello.

Detestava essere così goffo quando si trattava di instaurare nuovi rapporti.

Non era mai stato un chiacchierone: di solito lasciava che fossero le sue esibizioni sul ghiaccio a parlare per lui, a trasmettere quelle emozioni che, a parole, non sarebbe mai stato capace di descrivere nemmeno nella più semplice delle loro sfumature.
Una volta smessi i pattini, però, si ritrovava ad essere improvvisamente esitante e maldestro.

Seduto a gambe incrociate, si stava arrovellando il cervello per trovare qualcosa da dire alla ragazza australiana seduta al suo fianco.

Filip aveva ragione: era bella, con lunghissimi capelli biondi che svolazzavano seguendo la brezza serale e un paio di enormi occhi azzurri. Sembrava dolce... forse troppo dolce, per i gusti di Emilio.

Si morse il labbro inferiore e si passò nervosamente una mano fra i capelli, pettinandoli di modo che nascondessero le sue orecchie un po' sporgenti.
Non sapeva cosa dire.
Anche quando era Hanna ad intavolare una conversazione non riusciva a rispondere se non a monosillabi.

All'improvviso un braccio si avvolse amichevolmente intorno al suo collo, trascinandolo di lato.
Filip, seduto poco distante al fianco di Britt, si era scusato e con un pretesto qualsiasi si era avvicinato al fratellino, cogliendolo di sorpresa: -Sei in riva al lago e al chiaro di luna!-, gli ricordò parlando in italiano, di modo che Hanna non capisse.

-Non sono capace di essere romantico di punto in bianco: non sono come te!-

-Non ti sto dicendo di trasformarti in Shakespeare. Ti basta aprire la bocca e muovere le labbra: sputa fuori anche solo qualche parola, sarebbe già un passo avanti. Fai finta di parlare con me, se questo ti aiuta.-

Avrebbe tanto voluto parlare con chiunque come faceva con Filip, ma semplicemente non ne era in grado: nessuno gli dava quel senso di sicurezza che ritrovava nel viso amichevole del fratello.

Per l'ennesima volta ripensò al romanzo che aveva lasciato in macchina: un altro dei motivi per cui quella lettura gli stava piacendo tanto era il protagonista, introverso e impacciato proprio come lui. Quando si trovava a corto di parole, per esempio, questi cominciava a discorrere del tempo.

Che tempo fa in Australia?

Pessima idea. Non c'era argomento più noioso che potesse scegliere per avviare una conversazione: il tempo, lì in Stoccolma, era esattamente lo stesso di Sidney. Altro che – com'è che le aveva chiamate, quello scrittore? – stagioni e suddivisione meteorologica di climi e ambienti: il ghiaccio e il freddo che tanto gli piacevano erano solo una questione di altitudine – si potevano trovare tanto lì quanto in Australia – e, per il resto, il clima era temperato, con caldo e freddo equamente regolati ovunque.

Fu Hanna, ancora una volta, a prendere la parola: -Non c'è una nuvola in cielo questa sera: le stelle sono magnifiche.-

Che cazzo, Emilio! Era così difficile partorire una frase del genere? Però le nuvole rientrano nell'argomento del “tempo”...

-Sto...-, farfugliò imbarazzato. -sto leggendo un libro un po' particolare.-

Hanna sfoderò un sorriso e, appoggiando il mento sul palmo delle mani, si sporse in avanti per ascoltarlo: -Davvero?-

Rifuggendo quegli occhi da cerbiatta, il ragazzo annuì: -Mi è venuto in mente perché racconta che, se la Terra fosse tonda, guardando il cielo di notte vedremmo stelle diverse a seconda del luogo dove ci troviamo.-

-Sarebbe un peccato.-

-Un peccato?-

-Mi è di conforto sapere che, quando sono lontana dalle persone a cui voglio bene, mi basta alzare la testa per vedere le stesse stelle che vedono loro, anche a migliaia di chilometri di distanza.-

Emilio reclinò la testa, studiando la volta celeste: -Immagino sia un modo di vedere le cose.-

-Non ti convince?-

Rimase in silenzio a lungo, incerto: -A volte preferisco la fantasia alla realtà-, ammise alla fine. -Mi piace l'idea che ciascun luogo abbia qualcosa di speciale, di unico.-

-Ma se ogni luogo fosse speciale vorrebbe dire che non lo sarebbe più nessuno.-

Emilio scosse la testa: -No, io non credo: una cosa non è speciale per tutti nello stesso modo.- Incontrando finalmente lo sguardo civettuolo della ragazza, proseguì: -È vero, guardiamo tutti le stesse stelle, ma vediamo cose diverse.-

Non era la prima volta che un semplice romanzo lo portava a riflessioni di quel genere, ma era la prima volta che parlarne aveva catturato l'attenzione di qualcuno che non fosse Filip.
Non che fosse merito suo, se ne rendeva conto: quel romanzo era decisamente più interessante di tutto ciò che gli era capitato di leggere negli ultimi due anni.

Si domandò cos'altro gli avrebbero riservato quelle pagine. Ci voleva davvero troppa fantasia anche solo per provare ad immaginarlo.

Chi lo sa, pensò ridacchiando fra sé e sé, magari fra qualche capitolo si scoprirà che le scie chimiche in realtà non sono altro che scie di condensazione create dagli aerei.


 

*


 

Stava ancora fantasticando quando Hanna gli strinse improvvisamente un braccio con entrambe le mani. Non poté fare a meno di irrigidirsi e quasi non udì le parole della ragazza: -È iniziata: guarda!-

Un'ombra aveva cominciato a stagliarsi sulla superficie lunare: ancora qualche minuto e sarebbe stata una perfetta eclissi centrale.

-Che meraviglia... non trovi?-, sussurrò Hanna stringendo la presa e quasi appoggiando la guancia sulla sua spalla.

Il disco della Terra tagliava la Luna, dividendola in due metà esatte che si specchiarono negli occhi verdi di Emilio.

-Tu cosa vedi?-, domandò Hanna con voce carezzevole, ricollegandosi al discorso di poco prima.

Emilio corrugò la fronte e, inseguendo un pensiero, finalmente si rese conto che lo strano disegno sulla copertina del suo romanzo altro non era che una rappresentazione di un'eclissi se il pianeta a stagliarsi di fronte alla Luna fosse stato tondo. Tornò a fissare lo spettacolo che gli si presentava davanti, ma con questa nuova consapevolezza non riuscì più a coglierne la poesia: -Un hamburger.-

Dopo quest'ultima affermazione, la ragazza annuì e, sospirando, prese la risoluta decisione di rinunciare a qualunque altro tentativo di approccio e corteggiamento e, sebbene con un sorriso, si alzò per avvicinarsi alla cugina.

Mordendosi di nuovo l'interno della guancia, Emilio si rese conto di aver rovinato tutto con sole due parole. Si stropicciò gli occhi, sbuffando: non si smentiva mai.

Non rimase solo a lungo: qualche istante dopo, Filip occupò il posto lasciato libero dall'australiana.

-Sai quando mi domando come mai tu non abbia una ragazza?-, disse senza guardarlo, ancora troppo interessato all'eclissi. -Ecco: non me lo domando più. Stavi andando così bene: per un momento ho creduto davvero che ce l'avresti fatta.- Non ottenendo risposta, Filip volse la testa nella sua direzione e richiamò l'attenzione del ragazzino dandogli un'amichevole spallata. -Dai, ti sto solo prendendo in giro. Prima o poi troverai anche tu la persona giusta: una ragazza senza pretese... o speranza.-

Emilio stirò le labbra e roteò gli occhi.
Per la prima volta in quella sera ringraziò di non vivere nel mondo inventato da quello scrittore che tanto lo aveva stregato: prima o poi avrebbe spinto Filip giù dai Confini della Terra.


 


 

*citazione da Il Signore degli Anelli (sono nel mood in questi giorni XD)


 


 


 

Angolino autrice:

Buona sera!

Dunque, come spiegare questa shottina?

Innanzitutto dicendo che partecipa ad un contest molto simpatico: “Questo non è un complotto”, indetto da Anatra.Valeria sul forum di efp ^^ Sostanzialmente dovevo scegliere da un elenco un complotto più o meno improbabile e scrivere una storia nel quale fosse reale. La mia scelta è ricaduta su un classico “La Terra è piatta” e come protagonisti ho scelto due dei miei personaggi originali, che forse qualcuno conoscerà già (motivo per cui ho inserito la nota AU): il povero e timido Emilio e il più spigliato Filip.

Lascio qui di seguito un paio di piccole annotazioni in riferimento alla storia fessa che avete appena letto (prendete tutto con le pinze eh XD sono solo un po' di viaggi mentali che mi sono fatta per scrivere questa sciocchezza):

  • SUPPONGO che se la Terra fosse piatta – supponendo che sotto la superficie terrestre al centro della Terra lo spessore sia maggiore che non ai bordi – la gravità agirebbe in modo diverso a seconda del punto della superficie in cui ci si trova perché non sarebbe perpendicolare alla superficie ma diretta verso il centro del “disco” della terra. Di conseguenza sarebbe sempre più inclinata via via che ci si avvicina al “bordo”.

  • Tempo fa avevo letto un articolo su internet che parlava del fatto che, se la terra fosse piatta, i satelliti gps non potrebbero funzionare, ma non sono così esperta in proposito per potervi dare una spiegazione scientifica in proposito XD

  • Se la terra fosse piatta, il Sole girerebbe in tondo sopra la terra... e di conseguenza l'alternanza delle stagioni non sarebbe giustificata.

  • Già gli antichi greci ed egiziani sapevano che nei due emisferi del mondo si vedevano stelle diverse, per cui, se la Terra fosse piatta, vedremmo le stesse stelle al Polo Nord e ai bordi del pianeta...

  • Infine, l'eclissi... dunque, più per sfizio che per altro, ho provato a cercare come sarebbe un'eclissi di luna se la terra fosse piatta... e questo è stato il risultato:
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    Ora! XD
    Quando parlo di “eclissi centrale” (al posto di eclissi totale) mi immagino questa striscia nera esattamente al centro della luna e l'immagine mi ha fatto venire in mente una specie di hamburger (sarà che l'altro giorno ho mangiato da Burger King) ... con le due metà di luna che fungono da panini e la “Terra” come hamburger...

E con quest'ultima idiozia, credo di aver finito XD

Spero di avervi strappato una risata o anche solo un sorriso.

Personalmente, ammetto di essermi divertita parecchio a scrivere questa storia!

Ringrazio tutti voi che siete arrivati a leggere fino a qui ^^

A presto!

Carmaux

  
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