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Autore: SOI_7    27/09/2020    0 recensioni
Una poliziotta di Atlantic City viene coinvolta nelle macchinazioni di un pericoloso anarchico, finendo vittima di un incidente che non solo le distruggerà la vita, ma che metterà in pericolo l'intera città.
Una rivisitazione in chiave moderna pseudorealistica del topos classico delle sirene
Genere: Azione, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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DROWNED DEEDS - GESTA ANNEGATE

Capitolo 1 – La testa del serpente
Nella vecchia palazzina abbandonata riecheggiavano i passi di un uomo in fuga, speranzoso di potersi nascondere dai suoi inseguitori. L’uomo, sulla cinquantina, era vestito in abiti trasandati e aveva un aspetto poco curato, per cui avrebbe potuto tranquillamente fingersi un barbone e passare inosservato in quel luogo desolato. Purtroppo, la palazzina era semidistrutta e non vi era accesso ad altre stanze al di fuori dell’androne principale. L’uomo si guardò attorno, alla ricerca di un possibile nascondiglio, quando una voce femminile rimbombò.
 
 “Smith!”
 
 L’uomo trasalì, spaventato, e si voltò alla ricerca della fonte senza, tuttavia, trovare nessuno.
 
 “Sappiamo che sei lì dentro, è inutile che provi a nasconderti!”
 
 Il battito cardiaco dell’uomo di nome Smith accelerò. Si diede una rapida occhiata attorno, ma non vi erano scappatoie e le scale erano crollate, per cui non avrebbe potuto nemmeno fuggire al piano superiore. Era in trappola.
 
 Tre torce in lontananza si avvicinarono a lui, rivelando tre poliziotti, inclusa quella che doveva essere la donna che lo aveva chiamato. Era una ragazza giovane, dall’aspetto non doveva avere più di trent’anni, aveva lunghi capelli castani raccolti con un codino e occhi di un azzurro così acceso da impedire a Smith di mantenere il contatto visivo. I tre poliziotti erano tutti armati di pistola, ma nessuno di loro la teneva puntata verso di lui. Smith alzò comunque entrambe le mani.
 
 “Vi prego, lasciatemi andare!” disse, ansimando.
 
 “Smith, sei stato sorpreso in pieno commercio illegale di armi. Sei stato perfino filmato mentre trattavi con esponenti della mafia. Non esiste alcun modo per scagionarti” rispose la poliziotta, dura.
 
 “Non è per la galera, io… non posso! Se verrà a sapere che la trattativa è fallita, ucciderà me e la mia famiglia!” replicò Smith, sempre più spaventato. La ragazza socchiuse gli occhi.
 
 “Lavori per lui?”
 
 Smith non rispose, ma dall’espressione che assunse era evidente che si era lasciato scappare un’informazione che sarebbe dovuta rimanere segreta. La poliziotta posò la torcia e tese la sua mano sinistra verso Smith, facendo un passo avanti, ma l’uomo si agitò ancor di più.
 
 “Smith, gli stiamo dando la caccia da mesi. Se tu potessi darci qualche informazione che possa permetterci di arrivare a lui, potremmo ammorbidire la tua pena” disse, incoraggiante. “Possiamo offrirti ogni tipo di protezione che ti serve, e fare in modo che rimanga segreto”
 
 “È tutto inutile! Lo saprà comunque!” urlò Smith, ormai preso dal panico. “Lui sa tutto, è sempre un passo avanti, e non è in nessun luogo! Non potete fare nulla per fermarlo!”
 
 La poliziotta esitò. Era evidente che l’uomo fosse opposto a qualunque forma di collaborazione.
 
 “Smith…”
 
 La ragazza fece un ulteriore, debole passo avanti, ma Smith estrasse una pistola dal suo cappotto. I tre poliziotti puntarono rapidamente le loro armi verso di lui, ma l’uomo, invece di aprire il fuoco su di loro, puntò la pistola sotto la propria mandibola, e premette il grilletto. Il boato riempì l’androne, seguito da un silenzio agghiacciante, interrotto solo dal tonfo del cadavere di Smith, accasciato sul pavimento.
 
 La poliziotta rimase impietrita a fissare il corpo, con un’espressione a metà tra lo sconvolto e l’inorridito, dopodiché emise un sospiro carico di rabbia. Estrasse il suo walkie-talkie dalla fondina, per poi attivarlo.
 
 “Tenente Aqua Sanderson a centrale: Smith è morto. Passo”
 
-----o-----
 
Di ritorno dalla fallimentare missione, il tenente Aqua Sanderson decise di concedersi una doccia ristoratrice, nella speranza che le facesse scivolare di dosso il rammarico. Tuttavia, l’acqua calda riuscì soltanto a renderla meno adirata. Uscita dalla doccia, la ragazza si avvolse il corpo con un asciugamano, per poi darsi una gettata d’acqua gelata sul volto nel tentativo di darsi una svegliata.
 
 Fissò il suo riflesso nello specchio. Era palesemente spossata, principalmente a causa delle ultime ronde, e le parole di Smith rimbombavano ancora nella sua testa.
 
 “Lui sa tutto, è sempre un passo avanti, e non è in nessun luogo”
 
 Strinse le sue mani a pugno. Erano quattro mesi che lei e tutto il corpo di polizia gli stavano dando la caccia, ma ogni volta che erano vicini a trovare una pista, qualcosa andava storto. Che fosse un colpo o un attentato inspiegabile, senza tracce e sempre prima dell’arrivo della polizia, i tasselli portavano sempre alla stessa persona: il pluriricercato Oliver Ursine.
 
 E ora, con il suicidio di un possibile testimone, Ursine l’aveva di nuovo lasciata a mani vuote.
 
 “Aqua, tesoro, sbrigati che la cena è quasi pronta!”
 
 La voce della madre di Aqua Sanderson interruppe i pensieri della poliziotta. Si asciugò rapidamente i capelli con il phon e si vestì, per poi scendere al piano di sotto, dove i suoi genitori l’aspettavano a tavola.
 
 “Scusatemi!”
 
 “Non c’è bisogno di scusarti, è solo che rischi di fare tardi per la prossima ronda…” disse la madre, mentre versava una porzione di arrosto nel piatto di Aqua, “…però potevi almeno indossare la divisa DOPO aver cenato” aggiunse, guardando la figlia già in abiti da lavoro.
 
 “Te la lascerò immacolata, tranquilla” rispose sbrigativa Aqua, prendendo posto e inforcando l’arrosto. Suo padre, intanto, era distratto dal notiziario alla TV, il quale stava riportando gli avvenimenti di quel giorno stesso, incluso il suicidio di Smith.
 
 “Il tizio che avete inseguito oggi,” disse all’improvviso, “lavorava per quel terrorista a cui date la caccia da mesi?”
 
 “Oliver Ursine, si” rispose Aqua, con un filo di amarezza.
 
 “Cavolo, tesoro, lo state cercando da una vita. Possibile che non abbiate fatto nessun passo avanti?” chiese suo padre, comprensivo. Aqua scosse la testa.
 
 “Ci abbiamo provato e riprovato, ma quel criminale è più furbo del demonio. Non lascia alcun indizio od oggetto che ci permetta di risalire a lui, i suoi complici perdono sempre la vita misteriosamente prima che possiamo interrogarli, anticipa ogni nostra mossa, non ha indirizzo o abitazione e agisce sempre in assenza di testimoni oculari”
 
 “Sapete almeno com’è fatto?” chiese sua madre.
 
 “Si, abbiamo un suo identikit, ma è letteralmente tutto ciò che abbiamo, oltre il suo nome e i crimini commessi finora. Non sappiamo nemmeno il luogo di nascita”
 
 “Però penso abbiate capito a cosa miri, visti i suoi colpi” azzardò suo padre. Aqua sospirò.
 
 “Difficile dirlo, finora i suoi delitti sono stati alquanto… sconnessi. O si trattava di furto d’armi, o di omicidi a persone legate all’intelligence, rapine o legami con traffici illegali. Non riusciamo a capire a cosa punti di preciso, la nostra ipotesi più azzardata è che tutti questi attacchi servissero per ottenere oggetti o informazioni per un obbiettivo più grande, ma che non ha ancora deciso di attuare” rispose. I suoi genitori si adombrarono alla sua risposta, ma la ragazza cercò subito di tranquillizzarli.
 
 “Lo prenderemo comunque, prima o poi! Ci serve soltanto una pista migliore!”
 
 “Oh, Aqua, non lo metto in dubbio, ma non è per quello che siamo preoccupati” disse sua madre. “Lo siamo per te”
 
 “Per me?” disse Aqua, lasciandosi scappare una risata. “Fa parte del mio lavoro, mamma, non posso tirarmi indietro”
 
 “Certo che no, ma dal modo in cui parli di quest’uomo, se è davvero così intelligente e pericoloso come dici, potrebbe diventare un’ossessione per te fino a quando non lo avrete catturato” rispose la madre, apprensiva.
 
 Aqua la fissò. Da un lato capiva il suo discorso, ma dall’altro non poteva sottrarsi al suo dovere. Sapeva a cosa sarebbe andata incontro il giorno in cui decise di diventare poliziotto, e mettere al sicuro la città, inclusi i suoi genitori, veniva prima della sua salute, fisica o mentale che fosse.
 
 “Non dovete preoccuparvi,” disse, infine, “quel pazzoide non mi avrà mai, né avrà mai la mia lucidità mentale… o quel poco che ne resta, ormai” aggiunse, abbozzando un sorriso. La madre, suo malgrado, ricambiò il sorriso. Aqua finì l’ultimo boccone di arrosto, e si alzò.
 
 “Devo scappare, la ronda inizia tra poco e ne avrò fino alle due di stanotte” disse, sbrigativa.
 
 “Mi raccomando, fai sempre attenzione” le raccomandò suo padre.
 
 “Lo faccio sempre e sempre lo farò!” rispose la figlia. Diede un bacio sulla guancia ad entrambi i suoi genitori, dopodiché lasciò la propria abitazione.
 
-----o-----
 
Erano le 01:42 quando la volante di Aqua stava percorrendo una stradina di campagna, non molto lontana dal centro urbano, come ultimo tratto della ronda prima della sua conclusione. Insieme a lei vi erano i due suoi colleghi che l’avevano affiancata durante la caccia a Smith. Il poliziotto seduto sul retro sbadigliò sonoramente.
 
 “Un altro quarto d’ora e anche stanotte possiamo chiuderla qui” disse, palesemente assonnato.
 
 “Non so come tu faccia ad avere sonno dopo oggi” replicò il poliziotto al volante. “Io ancora non riesco a togliermi dalla testa la scena di quel tizio che si ammazza pur di non farsi arrestare”
 
 “Beh, ormai è andata, possiamo arrovellarci finché vogliamo, ma non cambierà quanto accaduto” rispose l’altro.
 
 “Senz’altro, ma non è qualcosa che vedi tutti i giorni. Ti rendi conto di quanto Ursine gli mettesse paura? Deve essere un autentico mostro per portarlo a tanto”
 
 “Come se i suoi attentati non fossero abbastanza” intervenne Aqua. “Vi ricordo che ha tentato di uccidere il sindaco tre volte”
 
 “Oh, e chi se lo scorda!” Disse il poliziotto al volante. “Prima con un colpo di cecchino, poi avvelenando un buffet e infine causando un incidente automobilistico. Ci credo che il sindaco non esca più di casa da un po’”
 
 “E in nessuno dei tre attentati siamo riusciti a risalire a lui” disse l’altro poliziotto. “Ma come diamine fa? Neanche tracciando la traiettoria del proiettile, quando ci hanno provato il proiettile risultava provenire dal cielo”
 
 “Non credo che Ursine sappia volare” disse Aqua, seccata.
 
 “Chi può dirlo? Sto cominciando a dubitare perfino della sua esistenza, a questo punto” disse il poliziotto al volante. Prima che gli altri potessero rispondergli, l’auto ebbe un sussulto, e continuò il suo percorso pendendo leggermente a destra.
 
 “Che è successo?” chiese Aqua.
 
 “Credo che abbiamo forato una ruota. Fermiamoci un istante e controlliamo, dovremmo avere una ruota di scorta nel bagagliaio” rispose l’altro. L’auto si fermò e i tre poliziotti scesero.
 
 In effetti, la ruota anteriore destra era completamente sgonfia. Aqua si accovacciò per osservare la ruota da vicino, alla ricerca del foro e la sua causa. Nello pneumatico vi era un buco di circa un centimetro di diametro, grande giusto quanto un proiettile. Gli occhi della ragazza si dilatarono, allarmati ma, prima che potesse dire qualunque cosa, un bagliore di fari investì il gruppo e un camion apparve dal nulla, diretto a tutta velocità verso di loro. Aqua riuscì solo ad urlare un “Attenti!” e a balzare in avanti nel tentativo di schivare la vettura, ma il camion colpì comunque in pieno la loro auto. Aqua fu sballottata a circa una decina di metri, mentre i suoi colleghi furono completamente investiti dallo schianto. La ragazza, tramortita, tentò di rialzarsi, rimanendo impietrita alla vista dei loro cadaveri, appena visibili sotto la loro volante. La cosa più sconcertante, tuttavia, era che il camion fosse privo di conducente. Chi aveva tentato di ucciderli doveva aver lasciato andare il veicolo a tutta velocità, per poi lanciarsi fuori all’ultimo istante.
 
 Aqua si rimise in piedi e si avvicinò zoppicando, impugnando la sua pistola, quando scorse in lontananza una figura avvicinarsi, avvolta dalle tenebre. La ragazza puntò la pistola verso di lui.
 
 “Resta dove sei!”
 
 L’uomo, tuttavia, non si fermò, e continuò a dirigersi verso di lei. Alla debole luce dei lampioni, Aqua riuscì a vederlo meglio.
 
 Indossava un lungo cappotto nero, al di sotto del quale era visibile un giubbotto antiproiettili. Il suo volto era inconfondibile: capelli corti pettinati di lato, barba rasata finemente e due occhi freddi e spietati che incorniciavano un volto dall’espressione impassibile. Indossava guanti in pelle nera e impugnava nella mano sinistra una pistola standard, modificata con un silenziatore e un mirino telescopico. Un brivido percorse la schiena di Aqua: dopo mesi, finalmente lo aveva davanti.
 
 Oliver Ursine puntò la pistola verso la ragazza, la quale si lanciò maldestramente alla sua sinistra, schivando i colpi, dopodiché si mise al riparo della carcassa della sua auto, ansimando. Esitò per qualche secondo, dopodiché si sporse, puntando la pistola in avanti, ma Ursine era sparito. Confusa, la ragazza si guardò attorno, finché un oggetto metallico di forma cilindrica non toccò la sua nuca. Aqua si immobilizzò, e alzò lentamente le mani in alto.
 
 “Ho saputo di Smith. Una fine spiacevole, devo dire. Spero ne siate contenti” disse Ursine. La sua voce era fredda tanto quanto la sua espressione, cosa che non aiutò l’agitazione che Aqua provava in quel momento.
 
 “Che cosa vuoi da me?” chiese, sforzandosi di mantenere il controllo.
 
 “Cosa ti fa credere che voglia qualcosa da te?” chiese Ursine.
 
 “Se non avessi voluto qualcosa, mi avresti già ucciso”
 
 “I criminali si dividono solo in assassini o ladri, giusto?” rispose lui, sempre gelido.
 
 “Perché? Tu cosa ti ritieni?” chiese Aqua, con tono di sfida. Ursine rimase calmo.
 
 “Non ha importanza. Vivere di etichette è da ipocriti. Voi tutti, in fin dei conti, lo siete. Per voi un uomo che ruba del denaro o uccide qualcuno è un criminale, eppure un politico che nega le cure a chi non può permettersele o riduce la gente in povertà rimane un onesto cittadino”
 
 Aqua non rispose. Non era neanche sicura di dove volesse andare a parare, ma non le piaceva quella conversazione.
 
 “Io non posso accettare di vivere in uno stato a cui stia bene un simile sistema. Certo, potrei uccidere il leader, come del resto ho già tentato, ma col tempo ho capito che non servirebbe a nulla. Morto un politico se ne fa un altro, quasi sempre della stessa pasta. E tutto questo perché siete VOI a volerlo. VOI eleggete queste persone, perché credete che siano la giusta leadership per gli Stati Uniti, perché sperate che vi liberino dalla criminalità, senza accorgervi che i veri criminali sono loro… e voi, a vostra volta”
 
 Il discorso di Ursine era delirante e lucido al tempo stesso, il che lo rendeva ancor più agghiacciante.
 
 “Dove vuoi arrivare?” chiese Aqua.
 
 “Il mio scopo” continuò Ursine, “è mettere a nudo questa ipocrisia che attanaglia gli americani. Voglio porre fine a questo sistema marcio che autoalimenta corruzione e criminalità, ma voglio che sia la società stessa a farlo finire, crollando da sola sotto lo sguardo inorridito del mondo intero. Vedi, si dice spesso che per uccidere il serpente definitivamente, bisogna tagliargli la testa. Io non sono d’accordo. Così ucciderai un solo serpente, ma la sua progenie, la sua discendenza, continuerà ad esistere, pronta a generare nuovi serpenti da eliminare. L’unica soluzione è uccidere il serpente, insieme alla madre e alle sue uova”
 
 Aqua impiegò qualche secondo ad assimilare quelle parole, ma si fece coraggio e voltò leggermente la testa in modo da guardarlo con la coda dell’occhio.
 
 “Sappi che non te lo permetterò”
 
 Ursine emise un piccolo sbuffo divertito, dopodiché colpì violentemente la nuca di Aqua con il calcio della pistola, facendole perdere i sensi.
 
-----o-----
 
“Tenente! Si svegli!”
 
 Aqua riaprì lentamente gli occhi. Una fitta intollerabile alla nuca, simile a un coltello conficcato nel suo cranio, la attanagliava, mentre le immagini dinanzi a lei venivano lentamente rimesse a fuoco dalla sua vista. La carcassa della sua auto e il camion erano ancora lì dove li aveva lasciati, ma non c’erano più i corpi dei suoi colleghi, né vi era traccia di Ursine. Una volante della polizia e alcuni membri della scientifica erano sul luogo, intenti ad analizzare la scena del delitto.
 
 La ragazza si alzò gemendo, portandosi la mano dietro la nuca, e guardò finalmente il suo interlocutore, un sergente della sua unità.
 
 “Diamine che male… come mi avete trovato?”
 
 “Abbiamo tentato di contattarvi, ma non abbiamo ottenuto risposta. Il commissario Hardy ci ha mandati in perlustrazione lungo tutto il percorso della ronda, finché non siamo giunti qui. Abbiamo trovato i due veicoli distrutti e…” disse il sergente, con una nota di rammarico nella voce. “L’ambulanza ha già portato via i loro corpi”
 
 Aqua chinò il capo, amareggiata per la fine dei suoi colleghi. Cercò di accantonare subito il senso di colpa, per poi fare mente locale su quanto accaduto: la ruota forata, il camion… e Ursine.
 
 “Avete visto un uomo con un cappotto nero mentre venivate qui?” chiese.
 
 Il sergente scosse la testa. “Abbiamo trovato solo lei, tenente. Non ci sono tracce di altre persone nella zona”
 
 “Impronte?”
 
 “Nessuna”
 
 “DNA? Segni di mani sul volante del camion?”
 
 “Niente, davvero. Chiunque sia stato, sapeva il fatto suo” disse, infine, il sergente.
 
 Aqua si adombrò. Quel bastardo l’aveva fatta franca ancora una volta.
 
 Ma perché non aveva ucciso anche lei?
 
 “Ha idea di chi possa essere stato, tenente?”
 
 La ragazza non rispose, ma si rese conto solo in quel momento che le sue mani stavano tremando.
   
 
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