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Autore: FDFlames    28/09/2020    0 recensioni
La Valle Verde era sempre stata un luogo pacifico, abitata da persone umili e semplici - contadini, pastori e mercanti. Ma è proprio la loro ingenuità che il malvagio Lord Vyde intende sfruttare.
Stabilitosi all'estremo ovest, è riuscito ad unire i clan belligeranti sotto l'unico simbolo e nome di Ideev. E ora gli Ideev, come edera su un albero, si arrampicano sulla Valle Verde, soffocando la vita e la libertà.
Aera non intende sottomettersi. Spinta dal suo coraggio, dall'amore per il suo clan, e dal desiderio di giustizia, decide di intraprendere un pericoloso viaggio, che la porterà dritta nella tana del suo nemico. Ed è disposta anche al sacrificio, pur di restituire al suo mondo la libertà.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
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Capitolo Ventotto

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MINI-WARNING! Niente di abbastanza esplicito da farmi classificare questa storia come "per adulti" ma in questo capitolo succede una cosa che non dovrebbe succedere, che succede troppo spesso (le vittime sono principalmente giovani donne) e di cui si ha sempre troppa paura di parlare.
Il mio è anche un tentativo di distaccarmi da quella parte di narrativa che, più o meno consapevolmente, romanticizza l'abuso. Io non voglio correre questo rischio. Io voglio denunciare l'abuso.
Se siete estremamente sensibili all'argomento, scorrete fino in fondo al capitolo, dove troverete un riassuntino delle faccende più importanti.
Vi ringrazio per essere arrivati fin qui.
F. D. Flames
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Sentì di aver sbattuto il naso contro qualcosa. Si svegliò, aprì gli occhi, e notò che non c’era differenza con il tenerli chiusi.
Si fece prendere dal panico. Che cosa era successo? Era diventata cieca? Dopotutto aveva ricevuto un violento colpo alla testa, era del tutto plausibile che avesse perso la vista.
Si rese conto di essere in movimento, e di avere i polsi e le caviglie legate. Era su un carro trainato probabilmente da un cavallo o da un asino. La ragazza si voltò di lato e notò uno spiraglio di luce provenire dall’esterno. Fu un sollievo, ma allo stesso tempo la cosa la preoccupò – era già mattina. Dove si trovava? La stavano sicuramente portando alla fortezza.
Non fece in tempo a voltarsi di nuovo e cercare in qualche modo di rotolare giù dal carro, che il mezzo si fermò. Il telo venne tolto; Aera si schermò gli occhi con le mani per ripararli dalla luce che ora era accecante. Davanti a lei si stagliava la fortezza di Lord Vyde, imponente e ricca come se l’era immaginata, ma di uno stile architettonico del tutto nuovo, per lei, forse costruita con materiali di cui non conosceva nemmeno il nome. Era probabilmente un tipo di dimora comune tra i nobili Orientali.
La ragazza si voltò poi a guardare chi avesse tolto il telo, e riconobbe immediatamente l’Ideev che si trovò di fronte.
«Kired!» lo chiamò per nome. Avrebbe saputo dire chi era tra mille incappucciati, perché solo dal cappuccio di Kired si sarebbe intravisto quel ciuffo biondo che guardava all’insù, e solo il suo mantello dava al giovane quell’aria misteriosa che pochi Ideev avevano.
Aera cercò di sistemarsi sul bordo del carro, per poi tentare di scendere, ma Kired le si mise davanti e la bloccò, tenendole le ginocchia.
«Buongiorno, principessa,» ricambiò il saluto, «È stato un dispiacere, lasciarci in quel modo.» disse poi, portandosi la sua mano destra alle labbra, baciando il simbolo Ideev inciso su di essa, e continuando a risalire il braccio della giovane; la sua bocca, bramosa, a contatto con la pelle di lei, che cercava senza successo di allontanarsi, con il braccio sinistro del ragazzo che ora glielo impediva.
Tentò di sferrargli un calcio, ma non fece che peggiorare ulteriormente la situazione: Kired le fermò entrambe le gambe, e anche la sua mano ripercorse le curve della ragazza.
«No!» si oppose lei, puntando a raggiungere il collo dell’Ideev con le mani, ma senza riuscirci.
Con la mano sinistra, Kired le prese i polsi e le alzò le braccia, per poi sbilanciarla all’indietro. Ora Aera era completamente incapace di divincolarsi dalla stretta del giovane Ideev, cosa che lo fece eccitare ulteriormente. Quel ragazzo non la stava amando; loro due non si stavano donando l’uno all’altra. Era stato Kired a prenderla con la forza, e l’unico motivo per cui Aera in quel momento era sua, era che non era fisicamente in grado di opporsi.
Era tutt’altra cosa, quello che c’era stato con Reyns: tra loro era stata una dolce intesa a dettare le regole, una scintilla che si era accesa nel primo momento in cui i loro sguardi si erano incrociati. Ed era stato inutile tentare di estinguere quel fuoco, così quella notte preferirono danzare nelle fiamme finché non rimase più nulla da bruciare.
Quello che Kired le stava facendo ora sporcava e profanava ciò che era accaduto quella notte.
Aera continuò ad agitarsi, ma non si abbassò a pregarlo di smetterla, tutt’al più si mise a dare ordini. «Toglimi le mani di dosso!» urlò, all’inizio, continuando a scalciare ma rendendosi conto di non star facendo altro che alimentare il desiderio di Kired.
«Non osare toccarmi con quelle mani sporche di sangue, lurido assassino che non sei altro!»
«Oh, ma tu senti chi parla!»
«Sì, ho ucciso,» ammise lei, pugnalandosi al cuore con le sue stesse parole, «E sono pronta a farlo di nuovo, se non ti allontanerai immediatamente da me!»
Kired non si allontanò affatto, al contrario. Prima si assicurò che Aera non fosse in grado di sfuggirgli, poi tagliò la corda che le teneva legate le caviglie. E allora, proprio come un animale, una belva, un predatore, la assalì. E l’unica funzione di quei «No!» e di quei «Basta!», mai seguiti da una preghiera, per un orgoglio che ad Aera costò molto caro, non fu che quella di soddisfarlo.
I momenti che seguirono furono inondati dalle lacrime, nei suoi ricordi. Per tutta la durata della sua vita, non riuscì a trovare o a vivere una situazione tanto piena di angoscia, paura, vergogna, ma anche di una speranza più forte e più pura che tutto cessasse al più presto.
Per tutto quel tremendo tempo, non ci fu istante in cui Aera smise di lottare per la sua Libertà. E poi, forse per miracolo, il suo calcio colpì Kired, nel punto giusto, e la ragazza prese a correre. E corse verso est, verso casa, verso Reyns.
Fu questione di una ventina di passi di corsa perché incontrasse il compagno di Kired, che li aveva seguiti a cavallo, e che appena riconobbe la ragazza fermò il destriero, scese dalla sella, e immobilizzò Aera, non lasciandole alcuna possibilità di fuggire.
«No!» urlò lei, sconfitta, di nuovo, per poi lasciarsi trascinare via dalla speranza.
Raggiunsero il punto in cui si trovava Kired, ora appoggiato con la schiena al muro della fortezza, che si massaggiava il ventre. All’inizio il giovane Ideev guardò Aera con rabbia, ma quando notò che ancora tremava, assunse di nuovo quel sorriso che tanto la angosciava, e fu ancora più felice di aver suscitato in lei quella sensazione di paura.
«Posso comprendere la Vostra mancanza di fiducia nei miei confronti,» cominciò a dire Kired, rivolgendosi a lei come ci si rivolge a una figura importante, come quella che la ragazza aveva appena scoperto di essere. «Quindi ritengo opportuno presentarmi.»
Aera lo fulminò con lo sguardo; che cosa poteva importargliene del suo nome, dopo ciò che le aveva fatto? Avrebbe passato ogni momento di solitudine a pensarci, tentando di dimenticare, fallendo.
Era questo che voleva Kired – che soffrisse per sempre. Si tolse il cappuccio, dopo una vita passata a nascondersi, mostrando finalmente il suo aspetto. I capelli biondi, tipici della zona settentrionale, gli occhi dorati, vivi e crudeli, i lineamenti giovani, forti e – Aera si odiò per questo suo pensiero – belli. Quanta vergogna serve per nascondere la bellezza?
«Kired, un tempo appartenente al clan Asur, nel nord.» si presentò, con un inchino appena accennato.
«Quindi non sei nato tra gli Ideev?» domandò lei,
«Ah, magari lo fossi!» sospirò il ragazzo, «Entrambe le nostre famiglie sono state sterminate dagli Ideev, Aera. La tua è morta dietro le tue spalle, la mia davanti ai miei occhi.»
Aera non ebbe bisogno che Kired pronunciasse un’altra parola. Chi avrebbe potuto dire che cosa avesse passato, quel ragazzo! Era un miracolo che gli Ideev non l’avessero ucciso, piccolo e indifeso com’era, il giorno in cui aveva avuto luogo quel fatidico scontro, ossia uno l’ultimo giorno rimasto al clan Asur. Così venne portato da Vyde, dopodiché da lui istruito e addestrato, al solo scopo di portare a termine il suo compito: consegnare al Lord la principessa Orientale.
«E tu chi sei, invece?» domandò all’altra figura incappucciata. «Ho l’impressione di averti già conosciuto.»
«Temo di sì.» rispose l’uomo.
Aera aveva già sentito quella voce, tante volte, ma non riusciva a collocarla nella sua memoria e ad associarla con uno dei volti che conosceva. O forse, semplicemente non voleva. Ancora una volta, non voleva credere. «Sei uno dei traditori del clan Knej, ammettilo!»
«Mi dispiace, Aera...»
L’Ideev si tolse il cappuccio: i capelli scuri gli scendevano sulle spalle, gli occhi verdi la osservavano e le sopracciglia folte li adornavano e donavano loro quell’espressione colpevole, che mai Aera aveva visto sul volto di quell’uomo.
«Neal!» esclamò, riconoscendolo.
Quindi il traditore che aveva portato il clan Knej alla rovina, che era la causa della morte di tutti i suoi membri tranne lei, era l’uomo che più era stato vicino a Ikaon? Era arrivato a tanto, pur di eliminare i sospetti sul suo conto? Imbrogliare l’intero clan, a partire dal suo capo, al quale tutti facevano affidamento, e gettare sospetti e ombre anche su di lui, pur di sembrare innocente? E perché, poi? Per denaro!
«Sporco traditore!» lo accusò Aera, «E tu saresti l’uomo che avrebbe fatto di tutto perché il clan superasse le Montagne? Il braccio destro di Ikaon? Che cosa avevi intenzione di fare?» pose altre domande, ma l’uomo non rispose, continuando a tenere lo sguardo basso, fisso verso il suolo, «Avanti, dillo! Ammettilo! Speravi di essere tu a trovarmi, mentre ero da sola in quella grotta, volevi essere tu a consolarmi e a convincermi a scappare, magari davvero a est, in modo che, superate le Montagne, l’esercito di Lord Orlud mi trovasse e mi consegnasse a Vyde. Non è così? Poi avresti nascosto tutto dicendo che non avevi idea dell’esistenza di quei soldati, e io ti avrei creduto. Mi sarei fidata di te. Sei un essere ignobile e senza cuore! Il Neal che pensavo di conoscere non è mai esistito!»
«Se avessi tradito gli Ideev, mi avrebbero ucciso.» tentò di giustificarsi inutilmente.
«Avresti potuto dire la verità, e noi ci saremmo sbarazzati degli altri traditori!»
«Non è così semplice, Aera...»
«Come sai di Lord Orlud?» intervenne Kired.
Aera fu felice di rispondergli, «Forse c’è ancora qualcuno che ha abbastanza coraggio da fare le scelte giuste, ed essere onesto.»
Neal comprese il significato delle parole della giovane, e distolse lo sguardo, ma Kired no. «Ah, sapevo che quel ragazzino non sarebbe mai stato in grado di chiudere una volta per tutte con la sua stupida coscienza! È sempre stato un debole. Non ero l’unico a pensare che il titolo di Secondo Prescelto non gli si addicesse per niente, tanto meno quello di Ideev Prediletto. Nemmeno il primo lo sopportava.»
Aera accantonò per un attimo le sue domande, o meglio i suoi, dubbi, sulle versioni contrastanti riguardo al Primo Ideev Prescelto. Reyns gliene aveva parlato come di un ragazzo ingenuo e benevolo, mentre Kired sembrava sottolineare una sorta di rivalità tra lui e Reyns. Ma ormai Aera sapeva che di verità non ne esiste una sola, e che solo raccattando e ricucendo i brandelli di storie differenti sarebbe potuta arrivare a una versione dei fatti che fosse plausibile, e che avrebbe potuto chiamare verità, ma che non poggiava su nessuna certezza.
Tornò a rivolgersi a Kired: «Già, e di tutti voi Reyns sarà l’unico a potersi dire un uomo! Voi due siete solo degli strumenti, per Vyde, due burattini. Ma guardatevi! Uno che ha tradito il clan formato solo da persone che si fidano di lui e lo considerano parte della loro famiglia, e l’altro che è stato capace di profanarmi prima di consegnarmi al mio legittimo sposo
«Sarà, ma mi sembra di essere stato preceduto.» se ne uscì Kired, con un sorriso beffardo. «Non hai urlato così forte.»
«Tu non capirai mai...» sospirò la ragazza, rassegnata.
«Kired, tienila ferma. Io vado alla porta.» ordinò Neal al suo compagno.
«No, Neal, torna qui!» lo pregò Aera, mentre già si immaginava che cosa Kired sarebbe arrivato a farle mentre l’uomo si sarebbe allontanato, sentendo le sue braccia stringerla di nuovo, e il suo respiro sul collo – troppo vicino. «Per una volta nella tua vita affronta le tue responsabilità, codardo che non sei altro!»
«Sarò anche un codardo,» disse lui, senza neanche voltarsi, «Ma almeno, il mio compagno l’ho guardato, per un’ultima volta.»
Aera rimase senza più nulla da dire. Era vero, lei non aveva mai detto addio a Zalcen, né ad Aniène. Non aveva avuto il coraggio di farlo.
Ma ora il suo cuore era pieno di odio nei confronti di quell’essere spregevole che aveva per anni considerato un membro della sua famiglia.
Pensò alla sua situazione, mentre le mani di Kired scivolavano lungo i suoi fianchi; era stata tradita due volte, da due persone diverse, in due giorni: Neal e Reyns. E quei due non avevano minimamente pensato a lei, la consideravano solo una fase del loro piano, il raggiungimento del loro obiettivo che, per ironia della sorte, era lo stesso.
Sia Neal che Reyns avevano in mente di portarla da Vyde per ottenere in cambio la ricca ricompensa; entrambi sapevano chi lei fosse realmente, e avevano convinto i compagni di viaggio a tenerglielo nascosto, come se fosse stata creata una verità parallela appositamente per lei.
La differenza tra i due era che il giovane, durante quel viaggio, aveva saputo riconoscere ciò che era giusto da ciò che gli avrebbe garantito una vita agiata, mentre Neal, per tutto il tempo che lui e Aera avevano vissuto come una famiglia, non aveva fatto altro che soffrire, decidendo di gustarsi appieno la vita solo dopo aver commesso il suo grande e imperdonabile tradimento.
Quello che faceva più male era che non erano stati solo Neal e Reyns a mentirle. Persino Ikaon, Zalcen, e i suoi stessi genitori erano stati d’accordo sul tenerle nascosta la verità. Già, tutto veniva proprio dai sovrani del regno Orientale.
Questo allontanava da Aera il desiderio di tentare di salvarli, e cancellava quello di salvare se stessa. Dopotutto aveva già accettato che sarebbe morta; almeno se ne sarebbe andata conoscendo la verità.
Ma ora che capiva il motivo del gesto di Reyns, di confessarle la verità, si rendeva anche conto che eliminare Venam, Daul e Ridd non significava altro che far scomparire quel briciolo di dignità che ancora le era rimasta. Si sentì estremamente colpevole, e capì che se non avesse perdonato Neal e Reyns per prima, non avrebbe potuto aspettarsi di venire perdonata a sua volta.
Ma è forse sincero un perdono dettato dalle circostanze?
È difficile andare avanti sapendo di avere dei conti in sospeso con la coscienza – anzi, è impossibile. Si rese conto di aver bisogno del perdono di Reyns, di quello di Venam, Daul e Ridd. In fondo, che cosa aveva fatto, lei, di diverso da ciò che avevano fatto anche quei quattro, Gatto e Neal? Erano uguali – ugualmente traditori, e probabilmente altrettanto traditi.
Mentre veniva accompagnata verso il grande portone, Aera sentì di doversi togliere un peso. «Neal, Kired, sappiate che vi ho perdonato.» mormorò, per nulla convinta, come se fosse stata un’altra persona, un’ipocrita e una codarda, a parlare per lei. O era forse lei stessa ad esserlo diventata?
Il viso del ragazzo rimase impassibile, mentre Neal chinò leggermente il capo, per farle capire di aver inteso il senso di quelle poche e semplici parole.
Aera si sentì leggermente meglio, ma non poté fare a meno di pensare di aver detto addio a quei due con una bugia.
 
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RIASSUNTINO: Aera è stata portata fino alla fortezza di Vyde da Kired e il suo complice, che si scopre essere Neal. Kired non è stato molto carino con lei.
F. D. Flames
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