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Autore: Sabriel Schermann    28/09/2020    5 recensioni
«Sindy Schermann! Ti odio! Ora dovrò andare in spiaggia con la sciarpa! Ma ti sembra normale?!»
La giovane si mosse un poco sotto il lenzuolo, giusto per abbozzare un sorriso malefico: finalmente Rickard si era accorto dei segni che gli aveva lasciato la sera prima, in un momento di distrazione, prima che la scagliasse via con tutta la forza di cui era capace.
[Storia partecipante alla challenge "Seasons Die One After Another Challenge Edition!" indetta da Laila_Dahl sul forum di EFP]
Genere: Commedia, Demenziale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La Casa di Cristallo'
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La maledizione della prima psicopatica

 

 

 

 

 

 

 

 

La sveglia suonò puntuale, tirando giù dal letto i due coinquilini di buon mattino.
Com'era solita fare durante i giorni di vacanza, Sindy affossò la testa sotto al lenzuolo, nonostante fosse piena estate; Rickard, invece, fu il primo ad alzarsi, sbadigliando placidamente mentre si trascinava giù dal letto.
«Ma chi ce l'ha fatto fare di alzarci così presto? Magari arriviamo in spiaggia e piove pure... oddio!»
Nonostante lo stupore nella sua voce, l'amica non si mosse di un centimetro. In verità, era già sveglia da almeno mezz'ora: colpa delle nottate passate a pattinare che, nel corso del tempo, le avevano rovinato il gusto di un lungo e sano riposo.
Tuttavia, mai si sarebbe scomodata per curiosare che cosa stesse facendo il ragazzo, ora impegnato a tastarsi il collo davanti allo specchio come se qualcuno gli avesse asportato una clavicola mentre dormiva.
«Sindy Schermann! Ti odio! Poi come fa la gente a non pensare che stiamo insieme?!»
La giovane si mosse un poco sotto il lenzuolo, giusto per abbozzare un sorriso malefico: finalmente Rickard si era accorto dei segni che gli aveva lasciato la sera prima, in un momento di distrazione, prima che la scagliasse via con tutta la forza di cui era capace.
Nonostante si impegnasse per sventare i suoi attacchi, giungeva sempre un momento in cui Sindy riusciva a coglierlo di sorpresa, avventandosi sul suo collo come un mastino a digiuno da settimane; per la verità, anche un morso sul petto l'avrebbe soddisfatta, oppure nella parte interna di un braccio o di una gamba; il collo di Rickard, però, era così morbido e liscio da non poter proprio resistere.
«Ma non ci posso credere! Ora dovrò andare in spiaggia con la sciarpa! Ma ti sembra normale?! Signorina mangiatrice di colli, sto parlando con te!»
Finalmente, la coinquilina decise che era giunto l'ora di alzarsi, o perlomeno provarci: non aveva nessuna voglia di passare la giornata con la nuova amichetta di Rickard, ma non sarebbe comunque riuscita a continuare a dormire con tutto quel trambusto.
Quando l'amico le andò vicino per farle notare i segni dell'agguato, il suo sorriso si estese fin quasi ai lobi delle orecchie.
«Come lo giustifico questo a Esmee? Eh?! Dimmelo tu!»
«Non le devi mica delle spiegazioni» replicò seccamente l'altra, dirigendosi barcollante verso il bagno. «E poi le puoi sempre dire la verità!»
«E cioè? Che sei una serial killer mancata?»
«No, che tu sei segretamente innamorato di me!» sorrise Sindy, scomparendo dietro la porta.
Rickard non glielo aveva mai detto apertamente – né lo avrebbe mai fatto, se lo conosceva bene come credeva –, ma lei aveva intuito dal primo incontro che in lui c'era qualcosa di diverso, qualcosa che lei apprezzava profondamente e che forse consisteva nell'essenza stessa della loro relazione.
Forse, l'omosessualità di Rickard era proprio ciò che le permetteva di dormire nel suo stesso letto, spogliarsi nella stessa stanza e stringerlo in un abbraccio senza sentirsi in imbarazzo.
Eppure, era sempre stato tutto così spontaneo e naturale che non le era mai passato per la testa che potesse non esserlo per un estraneo.
I vicini di casa, ad esempio, dovevano essere convinti che i due costituissero una coppia stabile, come i suoi stessi colleghi credevano, soprattutto dopo che si era lasciata sfuggire che il coinquilino era “un cavallo imbizzarrito” durante la notte: non era certo colpa sua se, mentre dormiva, Rickard si muoveva a intervalli regolari, scoprendola quasi completamente e, talvolta, anche colpendola con le braccia.
Quando Sindy uscì dal bagno, vestita e pettinata, notò che l'amico aveva provveduto a indossare qualche abito leggero, per poi esaminare le condizioni del proprio collo davanti allo specchio come un chirurgo sul punto di sostituire un organo vitale.
«Sappi che mi vendicherò» l'udì brontolare mentre si infilava le scarpe, «ora dovrò andare in giro con questi segni per tutto il giorno!»
La ragazza gongolava nell'osservare l'agitazione dell'altro quando, giunti al locale dove lavorava la sua nuova amica, si ostinava a stringere il foulard che aveva deciso di indossare per non mostrare i lividi.
Si erano dati appuntamento proprio lì, Rickard ed Esmeralda, quando quest'ultima l'aveva invitato a una partita di beach volley che si sarebbe svolta in una delle spiagge più conosciute di Rotterdam.
«Per colpa tua non ho potuto nemmeno fare colazione in pace» borbottò Sindy incrociando le braccia, in attesa della sconosciuta. «Smettila di andare avanti e indietro, mi fai venire il mal di mare!»
L'altro, in tutta risposta, le lanciò un'occhiataccia tastandosi il collo. «Nessuno ti ha obbligato a venire, in fondo sono stato invitato solo io!»
Di tanto in tanto lo notava lanciare occhiate indulgenti all'interno del locale, come per controllare se ci fosse qualcuno di sua conoscenza.
«Solo perché non mi conosce» ribatté Sindy piccata, spostando lo sguardo sul menù affisso sulla vetrata del locale, indugiando su un gonfio cornetto che non si sarebbe potuta affatto permettere di mangiare.
La sconosciuta doveva essere appena apparsa alla fine della strada, a giudicare dal sorriso che comparve sul volto dell'amico. Una donna dalla chioma castana raccolta in una vaporosa coda di cavallo camminava lascivamente incontro a loro: indossava un vestito leggero senza spalline e un paio di scarpe sportive bianche come l'abito.
«Piacere di conoscerti» si presentò una volta raggiunta la coppia di amici. «Tutti mi chiamano Esmee, quindi puoi chiamarmi così anche tu!» sorrise.
Tranquilla, non ti chiamerò affatto, pensò Sindy dentro di sé, osservando come la giovane aveva afferrato la mano di Rickard prima che quest'ultimo si svincolasse gettando un'ultima occhiata tra i tavoli.
«È bello poter passare una giornata insieme» sorrise Esmeralda, «Ci saranno anche un paio di amici con noi» aggiunse rivolgendosi esplicitamente a Sindy, che storse il naso alla vista delle labbra cariche di un rossetto acceso.
Dopo una trentina di fermate in autobus e circa mezz'ora di cammino, il mare comparve finalmente davanti ai loro occhi.
Stranamente, il clima era stato clemente quel fine settimana: il sole era caldo sulla pelle e il vento pareva più calmo del solito; la spiaggia, infatti, era colma di famiglie e turisti giunti apposta per godersi gli ultimi raggi di sole estivo.
«Non vi dispiace se vado un attimo in bagno, vero?» si dileguò in fretta Rickard, dirigendosi verso un capannone eretto proprio in mezzo alla spiaggia, lasciando da sole le due ragazze.
«Comunque...» cominciò Esmee dopo qualche istante di silenzio, «Non ricordo il tuo nome! Rick mi ha parlato di te, ma proprio non ricordo chi tu sia! Sono contenta che tu sia qui, però» sorrise.
Il suo modo di sorridere, mostrando i denti sporgenti come la mascella, innervosiva parecchio la corvina, che non aveva alcuna voglia di conversare. Tuttavia, non percepì alcuna cattiveria nella sua voce.
«Mi chiamo Sindy» rispose osservandola un poco di traverso, «Sai, come la pattinatrice...»
La vide aggrottare un poco le sopracciglia, forse anche a causa del sole battente. «Oh no, non seguo proprio quello sport» replicò Esmeralda, «Non lo capisco, sinceramente... insomma, tutti quei salti, quelle piroette... mi sembra tutto così inutilmente pericoloso!»
Per fortuna, la giovane non notò l'espressione dipintasi sul viso dell'altra, continuando a sproloquiare osservandosi attorno, come del resto era accaduto per tutto il viaggio.
«Però mi piace molto la pallavolo, che è l'unico sport che seguo! L'ho anche fatto per qualche anno, poi alla fine ho dovuto abbandonare... sai, il lavoro e tutto il resto!» rise.
Una folata improvvisa la costrinse a tirarsi indietro i capelli, sebbene legati; dietro di loro, Rickard si accingeva a tornare sui propri passi.
«Toglimi una curiosità» continuò la sconosciuta, «Come vi siete conosciuti tu e Rick?»
Sindy, ancora offesa per la risposta che aveva ricevuto, non aveva distolto lo sguardo dal suo viso, mantenendo la stessa espressione torva che aveva assunto non appena l'aveva vista fuori dal locale: Esmee era senza dubbio una bella ragazza, ma se il suo obiettivo era provarci con Rickard, aveva decisamente fatto la scelta sbagliata.
«Io sono la sua ragazza» sorrise trionfante Sindy, eludendo il senso della domanda. «Forse Rickard ha dimenticato di dirtelo?»
Inutilmente pericolosa sarai tu, stronza! Ti farò pentire di aver incrociato il mio cammino...
La vide esitare per qualche istante, chiaramente stupita da quelle parole. Quando il ragazzo si riunì al gruppo, gli cinse le spalle con un braccio: «Stavamo giusto parlando di te! È passato tanto tempo da quando vivevamo insieme solo da amici, vero patatino mio?» e così dicendo avvicinò il viso al suo, sorridendogli sulle labbra.
Si rifiutò di osservare l'espressione spaesata e iraconda dell'altro quando cominciarono ad avviarsi verso il campetto di beach volley.
«Ovviamente sta scherzando»sorrise Rickard imbarazzato, «La mia amica è una burlona, le piace prendere in giro la gente!» rise, come faceva sempre quando era in preda all'agitazione.
«Ma che cosa ti è venuto in mente?!» sibilò poi, tastandosi il foulard nero che aveva ancora annodato al collo.
In tutta risposta, Sindy sorrise trionfante: «Zugzwang¹».
L'amico, tuttavia, non ebbe il tempo di replicare, nonostante avrebbe ardentemente desiderato domandarle di che cosa diamine fosse fatto il suo cervello. Temeva di aver capito fin troppo bene che cosa aveva detto, lui che era da sempre amante degli scacchi; questo, però, non presagiva nulla di buono.
Il campetto di beach volley, delineato alla bell'e meglio sulla sabbia, era già occupato da alcuni ragazzi che Esmee sembrava conoscere: li presentò come “gli amici a cui avevo accennato” – anche se Sindy ne ricordava chiaramente solo due –, i cui nomi vennero coperti dalle grida del bagnino, che aveva deciso di transitare proprio in quel momento accanto al campo.
Le squadre si formarono in fretta e Sindy si ritrovò vicino a uno sconosciuto che l'aveva subito squadrata da cima a fondo: porco, pensò prima di evitare una pallonata in faccia.
«Ehi, la palla la devi prendere!» udì sbraitare Esmeralda.
Simpaticona, sai dove te la metterei la palla?, pensò ancora Sindy, osservando il sorriso sfacciato che aveva ora dipinto sulle labbra.
Aveva sempre detestato i giochi di squadra e, a distanza di anni, si rese conto di non essere cambiata affatto. Tentò una schiacciata, poi un'altra, fino a quando quella maledetta palla non oltrepassò la rete.

 

 

 

♪♪♪

 

 

 

«Ha detto proprio piroette, capisci?! Si chiamano trottole, madre nera! Trottole! È così difficile?! Ma poi ha detto proprio “inutilmente pericoloso”, cioè ma inutilmente pericolosa sarai tu! Rickard? Mi stai ascoltando?! Dì qualcosa!»
Il volume della voce di Sindy si era vertiginosamente alzato da quando si erano allontanati dal locale in cui Esmee aveva insistito per cenare insieme.
«E non solo mi sono dovuta sorbire quella psicopatica, ma pure quel caprone del suo amico! Ma hai visto come mi guardava? Sicuramente in quella noce di cervello che ha mi stava facendo i raggi X!»
«Smettila, ci stanno guardando tutti!» sibilò il ragazzo, tirando un sospiro di sollievo quando intravide il portone del condominio in cui abitavano.
Erano ormai passate le dieci di sera e dire che era distrutto sarebbe stato un eufemismo: Rickard trascinava ormai i piedi su per le scale come una serpe in fin di vita, mentre Sindy pareva stranamente rianimata, nonostante la stanchezza; quella giornata doveva decisamente averle iniettato in corpo parecchia adrenalina.
«Ma poi quell'altro squilibrato che mi ha lasciato il numero? Vogliamo parlare di lui? Solo lei può farsi degli amici del genere! Mi ha guardato il culo per tutta la partita!»
Quando entrarono in casa, Rickard andò istintivamente alla ricerca del letto: avrebbe potuto addormentarsi con i vestiti indosso da quanto era esausto. Se non fosse stato per gli altri, ancora attivi dopo una giornata sotto il sole cocente, sarebbe stato a casa già prima di cena; per fortuna era riuscito a evitare di andare al locale in cui lavorava Esmee, in cui senz'altro a quell'ora avrebbe incrociato anche Den.
«Hai voluto la bicicletta? Ora pedali!» borbottò spogliandosi in fretta per infilarsi nel letto.
«Grazie per il supporto morale!» ribatté la coinquilina. «In verità io non ho mai voluto nessuna bicicletta! Anzi, non saprei nemmeno scegliere se odio di più la pallavolo o la bicicletta!»
Esausta, s'infilò anche lei tra le lenzuola. A tutto il resto avrebbero pensato domani.
«Si chiama ciclismo...»
Nel buio della stanza, Sindy alzò gli occhi al cielo. «Però sai cosa?»
«Cosa?»
«Con la maglietta, i capelli al vento e il foulard sembravi davvero un pirata» ghignò, «Se contiamo poi che assomigli anche a Johnny Depp...»
Senza potersi trattenere, la giovane scoppiò in una fragorosa risata; forse non era ancora così stanca da lasciarlo in pace.
«Rickard e la maledizione della prima psicopatica²» rise. «Non hanno nemmeno notato i segni, hai visto?»
Il dormiveglia del coinquilino si trasformò subito nello sguardo vispo di un gufo.
«Non ci provare! Scappo via dalla finestra se mi azzanni!» borbottò invano; uno sguardo minaccioso era già puntato su di lui.
«Bisogna rimediare» gridò Sindy mostrando i denti affilati, avventandosi sull'amico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

¹ Nel gergo degli scacchi, indica una situazione in cui l'avversario è costretto a subire lo scacco matto oppure l'irrimediabile perdita di qualche pedina.

² Un sottile – ma neanche troppo – riferimento al primo film della saga de I pirati dei Caraibi, ossia “La maledizione della prima luna”.


   
 
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