Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Marti Lestrange    29/09/2020    12 recensioni
Quando la tranquillità della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts viene spezzata da una misteriosa sparizione, l’Auror del Dipartimento Investigativo Teddy Lupin è mandato sul posto a cercare risposte. Ma, mentre l’uomo insegue la verità, le domande aumentano. Lo sfuggente gruppetto capeggiato da Albus Potter e Scorpius Malfoy nasconde qualcosa, un segreto celato tra amici e cugini, e in cui anche l’irreprensibile James Potter è rimasto invischiato. Chi crollerà per primo? Chi finirà per cedere sotto il peso della verità?
[ dal testo: ❝ La notte in cui successe era una notte strana. Su Hogwarts e i suoi prati era sceso il buio, quel buio fitto e pregno di spettri delle notti d’inverno, cariche di presagi e nuvole ammassate come mostri in cieli di piombo e carbone. ❞ ]
Genere: Introspettivo, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Teddy Lupin | Coppie: Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'GENERATION WHY.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

EPILOGO

 

 

“Take me to the Lakes 
where all the poets 
went to die.”

 

“Portami ai Laghi
dove tutti i poeti

andarono a morire.” 
Taylor Swift, the lakes

 

 

Lake District, Inghilterra, 5 mesi dopo

«Take me to the Lakes where all the poets went to die

Victoire canticchiava e gli dava le spalle. Era poggiata al bancone della piccola cucina e muoveva la testa a ritmo con la canzone. 

«I don’t belong and, my beloved, neither do you1

Indossava un pesante cardigan bianco dal quale spuntavano le sue belle gambe nude. Teddy sapeva che sotto portava solo la sottoveste che usava come pigiama. Era a piedi scalzi e i capelli biondi le ricadevano sulle spalle come grano al sole. 

«I want auroras and sad prose… I want to watch wisteria grow right over my bare feet… ‘Cause I haven’t moved in years… And I want you right here…»2 

«Ancora questa canzone?» chiese Teddy raggiungendola e cingendole la vita con le braccia. 

«Sempre questa canzone. È la nostra canzone, ricordi?»

«Io ricordo tutto.»

Affondò il viso nel suo collo e aspirò il suo buon profumo di fresco, di mare, di casa. Aveva sempre saputo di oceano, Victoire, l’oceano di Villa Conchiglia, l’oceano calmo delle giornate di sole, e l’oceano in piena tempesta delle notti di pioggia selvaggia che si consumavano nei suoi vortici. 

Lei si voltò nel suo abbraccio e gli sorrise prima di baciargli gli occhi, e il naso, e la labbra. 

«Va’ a sederti fuori, ti porto io la colazione», le disse. 

«Siamo galanti, questa mattina?»

«Solo questa mattina? Mi ferisci, signorina Weasley.»

Victoire rise e lui le pizzicò un fianco da sotto il cardigan. 

«Okay, va bene, quasi sempre. Contento?» si arrese lei.

Teddy annuì. «Sì, molto. Ne andava del mio onore, sa? E ora vada a sedersi, io arrivo subito da lei», aggiunse indicandole la porta-finestra che dava sul portico.

Lei lo baciò sulla guancia mal rasata e uscì saltellando e canticchiando. Teddy sbirciò che si fosse effettivamente seduta sul divanetto in vimini e poi tirò fuori la scatolina rossa dalla tasca del pigiama. La osservò per qualche istante e fece un bel respiro. 

Zia Audrey aveva prestato loro il suo cottage ai Laghi, che era stato dei suoi genitori, così come faceva sempre con tutti quelli della famiglia che avevano voglia di evasione e relax, con il risultato che lei non ci andava mai, ma le stava bene così, diceva che conservava così tanti ricordi della sua infanzia da risultarle troppo doloroso. Teddy e Vic ci andavano spesso, il Lake District era il loro posto preferito, dopo Villa Conchiglia. Prendevano il sole, leggevano, mangiavano e facevano l’amore, e così tutto il giorno, a ripetizione, tutti i giorni. 

Ora tolse l’anello dalla scatolina e lo appoggiò casualmente accanto alla tazza del caffè. Aveva scelto una semplice fascetta in oro bianco con sopra incastonato un diamantino, discreto com’era Victoire, ma prezioso, e bello e luminoso proprio come lei. Roger lo aveva aiutato a sceglierlo e Teddy sperava tanto che le sarebbe piaciuto. E che gli avrebbe detto di sì, soprattutto. La cosa più importante. Aveva immaginato quel preciso momento tante volte, nella sua testa, nelle ultime settimane. Non era riuscito a organizzare nulla durante la loro prima gita ai Laghi subito dopo la conclusione del caso Jenkins, ma aveva pensato a tante di quelle cose, e a tante di quelle proposte… Infine, aveva deciso di puntare sulla semplicità, come aveva sempre fatto con lei, da quando erano bambini e si amavano già senza neanche saperlo. 

Fece un altro respiro e afferrò il vassoio. Uscì e raggiunse Victoire, poggiandolo quindi sul tavolino che divideva il divano sul quale la sua ragazza era accoccolata dalla poltroncina nella quale prese posto lui. 

«Muoio di fame», esclamò lei chinandosi verso il suo piatto. Spiluccò un pezzo di pancake e poi il suo sguardo cadde proprio . Teddy ne seguì la direzione, ché la osservava, quasi senza respirare, teso e pronto a scattare. Avrebbe benissimo potuto mangiarsi le unghie fino all’osso per il nervosismo, ma si trattenne. 

Victoire alzò gli occhi su di lui, ed erano sbarrati, azzurrissimi, bellissimi, carichi di sorpresa e stupore.

«Teddy…?» cominciò, una mano sul petto, mentre spostava lo sguardo dall’anello a lui, e ritorno. «Cosa…?»

Teddy si alzò e si andò a sedere di fronte a lei. Victoire non parlava, si limitava a guardalo, incapace di articolare un suono. Non l’aveva mai vista a corto di parole. 

Poi lui le prese le mani e le strinse tra le sue. Gliele baciò e la guardò negli occhi. 

«Ho pensato a tantissime cose da dire e da fare», cominciò. «Sai bene che non sono bravo in queste cose, anzi, sono una frana.» Victoire sorrise e lui si sentì meglio. «L’unica cosa che so, e che so da sempre, è di volerti stare accanto per tutta la vita, e in qualsiasi vita ci attenda, perché ti amo, ti amo da sempre, e ti amerò per sempre. Per cui, che ne dici di sposare questo matto con i capelli blu? Vuoi?»

Victoire non gli diede quasi il tempo di finire la frase. Gli si avventò addosso e lo abbracciò, gridando un sonoro «SIIIIIIIIII» che probabilmente avevano sentito sin da Londra. 

«Certo che lo voglio», aggiunse guardandolo. «Lo volevo già a cinque anni senza neanche sapere cosa voleva dire matrimonio, l’ho sempre saputo, Teddy. Sempre.»

Allora lui prese l’anello e glielo mise al dito e la baciò, teneramente, e a lungo, con pazienza, così come avrebbe continuato a baciarla teneramente, e a lungo, con pazienza - e ardore e fiducia e passione, tenacia e amore. 

«Non avresti potuto pensare a nulla di più bello», sussurrò Victoire, accovacciata addosso a lui, a cingergli le spalle con un braccio e a spettinargli i capelli. 

Teddy la baciò. «Lo dici solo perché mi ami.»

«E ti sembra poco?»

«Il fatto che mi ami? Affatto, mi sembra troppo

«Nulla è mai troppo, con te, Teddy Lupin. E io non potrei amarti meno di troppo. È fisiologicamente impossibile.»

«Anche io, lo sai, vero?»

Victoire annuì. «Lo so.»

 

 

«Scusate se ci ho messo tanto.»

«Tutto bene, Lils?»

«Pensavo fossi caduta da qualche parte, sorellina.»

«Sei sempre gentile, Al, grazie.»

«Albus, grazie.»

«Al, Al, AL

«Okay, basta, adesso», intervenne James riportando l’ordine. 

Lui e Albus avevano aspettato Lily sotto il loro solito albero all’incirca per mezzora. Avevano finito gli esami e avevano deciso di passare del tempo solo loro tre, a godersi quel bel pomeriggio di sole nel parco della scuola. 

«Cos’è successo?»

«Emma Nott ha appiccato il fuoco agli arazzi del corridoio del quinto piano e ho dovuto fare un giro pazzesco per scendere», cominciò a spiegare Lily, sistemandosi i capelli rossi dietro le orecchie e raddrizzandosi la divisa. Aveva corso fin lì, probabilmente. «L’ha combinata davvero grossa, stavolta, mi sa che la espelleranno.»

«Io quella ragazza la amo», commentò Albus ridendo, tutto fiero. 

«Attento che non ti senta la tua ragazza», rise Lily dandogli una gomitata. 

Albus si scansò e le fece una smorfia. «Non preoccuparti della mia ragazza, pensiamo piuttosto ai tuoi ragazzi.»

Lily alzò gli occhi al cielo. «Non c’è niente da pensare, Albus. Semplicemente non esistono.»

«Ah, sì? Allora perché Rosalie Greengrass mi ha detto che esci con quel cretino con la mono-espressione di Dwight Jones3? E invece Morgan Rosier non si è beccato un pugno solo perché non volevo mettermi ancora più nei guai, ma l’altro giorno si vantava di uscire con te per tutta la Sala Comune, sai quanto è stata dura non picchiarlo?»

«Albus, non esco con nessuno dei due, okay? Sei completamente fuori strada, Rosier è il solito imbecille e Rosalie Greengrass la solita pettegola, perché non escono insieme?»

«Allora con chi esci, sentiamo? So che ti vedi con qualcuno…»

«Esco con Alex Baston, OKAY?» esclamò Lily quasi gridando. Alcuni uccellini si alzarono in volo da un albero lì vicino, stormendo e urlando indignati. 

«Alexander Baston? Quell’Alexander Baston?»

«Quanti ne conosci, scusa?»

James sorrideva tra sé e sé, mentre camminava insieme ai suoi tre fratelli lungo le rive del Lago Nero che, solo qualche mese prima, era stato teatro della tragedia che aveva cambiato - di nuovo - le loro vite, ma ora come ora, sentiva che niente e nessuno avrebbe potuto rovinargli quel pomeriggio, e quel momento, neanche il ricordo di Karl Jenkins. Erano di nuovo tutti insieme dopo mesi complicati e freddi di quel lungo inverno, dopo aver superato mille e più difficoltà e aver affrontato prove durissime. Era fiero di come Albus aveva gestito la cosa, con remissione e pacatezza, in un modo così poco alla-Albus che lo aveva stupito, ma che aveva solo dimostrato quanto fosse maturato. Certo, poi cadeva in fallo davanti alla disarmante prospettiva che la sua sorellina uscisse con i ragazzi, ma in fondo, non sarebbe certo potuto maturare così tanto da accettare una cosa del genere, no? 

«Avresti dovuto continuare a uscire con Lorcan Scamandro, lui sì che è uno a posto.» 

«Che Pluffe, Albus, solo perché è figlio di zia Luna non è che mi deve piacere per forza, no?»

«Certo che no, ma—»

«La volete piantare, voi due?» intervenne James interrompendo un’ulteriore invettiva di suo fratello, le braccia incrociate sul petto e il muso lungo. 

«Ha cominciato Albus», si difese Lily agitando i capelli e alzando le sopracciglia.

«Non mi interessa chi dei due abbia cominciato, sta di fatto che sono stufo di sentirvi ciarlare sempre delle solite cose. Albus», cominciò rivolgendosi al fratello, «Lily può uscire con chi vuole, basta che non sia Morgan Rosier», e Lily fece finta di vomitare. «Lily», continuò James guardandola, e lei tornò seria, «smettila di prendere in giro Albus per Cassandra. Ora sappiamo tutti che ha un cuore, neanche lui può più negarlo, ma farglielo costantemente notare lo rende solo più isterico, siamo intesi?»

«Io non sono isterico!»

«Shhhhh.» James lo guardò male. «A cuccia.»

«Con il nome che porti, dovrei essere io a dirlo a te, James Sirius», esclamò quindi Albus.

Alla fine risero tutti e tre, mentre Lily li prendeva a braccetto, uno per lato, e li conduceva poco più avanti, proprio di fronte al Lago, da dove si vedeva bene il castello, e sedettero tutti e tre sull’erba soffice e verde.

«Ora possiamo fare un discorso serio?» iniziò lei.

James annuì e così fece Albus.

«Jamie, so che non vuoi parlare di cos’è successo con Cait, ma voglio dirti che mi dispiace che sia finita, perché so che ci stai male, ma allo stesso tempo non mi dispiace che sia finita, perché penso che lei non facesse per te, in fondo. Ti serve una ragazza intraprendente e sveglia, non una che passa il suo tempo a frignare.»

«Sai che sono d’accordo con te, sorella?» esclamò Albus. «Non credevo che sarebbe mai potuto succedere…»

Lily alzò gli occhi al cielo e James le sorrise. «Grazie, Lils, per la tua sincerità e il tuo affetto. In fondo, quest’anno non poteva andare peggio di così, no?»

Tra lui e Caitlin, le cose non avevano funzionato. James era uscito dal processo sfinito e senza stimoli, gli avevano tolto il Quidditch, una delle cose più importanti della sua vita, e si era sentito vuoto, senza più voglia di fare e di imparare. Aveva studiato per inerzia, solo perché non avrebbe mai potuto deludere i suoi genitori più di così, fallendo anche in quello, e si era impegnato anima e corpo per prendere dei M.A.G.O. decenti. Sperava con tutto il cuore di aver fatto bene, in modo da uscire da Hogwarts con almeno un buon curriculum accademico. La sua vita sarebbe rimasta in stand-by per un anno, che avrebbe trascorso a lavorare all’Istituto Correttivo per Giovani Maghi e Streghe di Heydon Hall, e aveva imparato ad accettare la sua sorte e ciò che era stato deciso per lui, e nel corso di quell’anno avrebbe dovuto aspettare con pazienza, sperando, alla fine, che ci fosse ancora una chance per lui, là fuori. C’erano giorni in cui ci credeva, e altri in cui vedeva tutto nero, e cercava di compensare quei giorni neri pensando a ciò che lo rendeva felice, ai suoi amici e i suoi cugini e ai suoi fratelli. La preside McGranitt gli aveva concesso di assistere agli allenamenti di Quidditch, nonostante non potesse giocare e il ruolo di Capitano fosse stato assegnato al cugino Louis - e James pensava che nessun altro lo avrebbe meritato più di lui. Viveva per quei pomeriggi trascorsi sulle tribune, a spronare ciò che era rimasto della sua squadra, che era stata smembrata e ricostruita. Il suo posto come Cercatore era stato preso da sua sorella Lily, che durante la partita contro Tassorosso se l’era anche cavata bene, ma il Cercatore avversario era stato più bravo e più veloce e aveva acchiappato il Boccino d’Oro prima di lei. Durante l’ultima di campionato, contro Corvonero, aveva battuto sul tempo lo scattante Lysander Scamandro, ma non era servito a vincere il campionato, e la coppa del Quidditch era andata a Serpeverde. Rose era stata sostituita da Lorcan Scamandro, che si era rivelato un ottimo Cacciatore, nonostante i suoi tentativi come Battitore, e James sperava che sarebbe rimasto in squadra in quell’inaspettato ruolo anche il prossimo anno. Roxanne invece era stata rimpiazzata da Hugo, che si era buttato nella mischia dei provini e aveva sbaragliato tutti i suoi avversari, tra i quali una Polly Chapman piuttosto contrariata e inviperita. James aveva esultato per il cugino con ancora maggior vigore solo per darle fastidio. Gli faceva male al cuore vedere la sua squadra così in difficoltà, poco amalgamata (vista la brevità con la quale era successo tutto) e palesemente inferiore rispetto alle altre, composte da giocatori ben rodati e con schemi di gioco ben precisi, consolidati negli anni. Louis però aveva fatto del suo meglio ed erano comunque arrivati terzi, dietro Serpeverde e Corvonero, quindi non era andata poi così male. «Almeno non siamo arrivati ultimi», aveva commentato Lily, funerea. 

In tutto questo, con Caitlin qualcosa si era rotto. La ragazza era uscita dal processo in uno stato precario, scossa e psicologicamente a pezzi. James le era stato molto vicino, nelle settimane che erano seguite, trovando la forza necessaria per infonderle speranza e coraggio, insistendo che ormai era tutto finito, che si erano lasciati tutto alle spalle e che avrebbero potuto riprendere in mano le loro vite, ma non era servito a consolarla. Sembrava quasi che Caitlin stesse meglio quando non era con lui, e vederla ridere in compagnia di Michael McLaggen, un pomeriggio in Sala Comune, era stato troppo. Con lui non faceva che piangersi addosso e lamentarsi che la sua vita era stata distrutta, e poi con gli altri rideva e sorrideva e scherzava? No, James non aveva potuto accettarlo. E così avevano discusso furiosamente, si erano gridati addosso tutto ciò che non si erano detti in quelle settimane, ed era finita lì, rapidamente e senza neanche una porta sbattuta. Al momento, James non sapeva come si sentiva. A volte si sentiva svuotato, ché quello che aveva provato per Cait era stato forte e vivido e totalizzante, e credeva di non aver mai provato niente di simile per nessun’altra, prima. Altre volte si sentiva solo sollevato, sollevato all’idea di non doverle più tenere la mano, di non dover trascorrere le notti con lei aggrappata al suo braccio, di non dover sempre giustificare le sue mosse e le sue decisioni, «scusa, Cait, sono stato giù al campo», «mi spiace se ci ho messo tanto, ma c’erano gli allenamenti», «sì, certo, dico ad Alex e Louis che non riesco a raggiungerli e stiamo un po’ insieme noi due». Louis gli aveva detto, molto saggiamente (cosa strana, da parte sua), che forse quella non era la giusta relazione per lui, che forse Caitlin non era Lei. Lucy invece gli aveva detto candidamente che secondo lei la Finnigan aveva scambiato James per il suo psicologo. «Severa ma giusta», aveva detto Louis stringendosi nelle spalle. Rose, infine, una sera in Sala Comune in cui lo aveva beccato da solo davanti al fuoco, ché nessuno dei due riusciva a dormire, dopo che lui si era sfogato con lei, gli aveva detto che era normale, era tutto normalissimo, e che forse entrambi meritavano cose diverse - persone diverse. James aveva accettato tutto e aveva capito che semplicemente non era il momento, e forse non lo sarebbe stato mai, o forse quel momento sarebbe arrivato in futuro, non lo sapeva, e nemmeno gli interessava saperlo. Era finita, e basta. Lo aveva accettato ed era pronto ad andare avanti, fuori da lì e nel futuro che lo aspettava, nel bene e nel male. 

La cosa più importante per lui era aver ritrovato la serenità con i suoi genitori, sapere di non aver perso il loro affetto e la loro stima, essere conscio di poter sempre contare su di loro, per qualsiasi cosa. E avere di nuovo accanto i suoi fratelli, dopo tutto ciò che era successo, era qualcosa che lo faceva sentire a posto con il mondo, finalmente nella sua giusta dimensione. Sentirli battibeccare era oro per le sue orecchie e si rese conto che avevano ricominciato e che a nulla sarebbero valsi i suoi rimbrotti. Erano troppo simili per non discutere sempre di tutto, quei due. Li sarebbero mancati da morire, l’anno prossimo. 

«Quindi la difendi? La difendi nonostante tutto ciò che ha combinato in questi anni? Un’altra sarebbe già stata espulsa, ma lei è la cocca della Simson, quindi…» protestò Lily, le braccia conserte. «La difendi solo perché è una Serpeverde…»

«Questo non è vero, Pucey e Rosier mica li difendo quando si comportano da coglioni, eppure sono Serpeverde», replicò Albus inarcando le sopracciglia, sfoggiando la sua solita faccia da culo. «La difendo perché secondo me è geniale, ma deduco che sia un tipo di genialità così sottile da non poter essere interpretata, né tantomeno apprezzata dai più. E poi a te Emma sta sulle Pluffe a prescindere.»

«Questa è una calunnia, non mi sta sulle Pluffe a prescindere, per chi mi hai preso?»

«Si può sapere perché state discutendo, ora?» si intromise James, confuso.

«Lui difende la Nott e le sue azioni da vandala, io ovviamente no, e quindi discutiamo», spiegò Lily, pragmatica. 

Albus alzò gli occhi al cielo. 

«Comunque penso proprio che verrà espulsa, questa volta, sì sì», continuò sua sorella annuendo. «Forse la spediranno a Heydon Hall, Jamie. Ci pensi?»

«Emma Nott? A Heydon Hall?» esclamò lui grattandosi una guancia. «Per Godric e tutti i fondatori, ci manca solo questa!»

 

 

TO BE CONTINUED…


 



Note:

1. I don’t belong and, my beloved, neither do you: non appartengo e, mio amato, neanche tu; © Taylor Swift, the lakes. 
2. I want auroras and sad prose / I want to watch wisteria grow right over my bare feet / ‘Cause I haven’t moved in years / And I want you right here: voglio aurore e triste prosa / voglio guardare il glicine crescere proprio sui miei piedi nudi / ché non mi sono mossa per anni / e ti voglio proprio qui; © Taylor Swift, the lakes. 
3. Dwight Jones: Serpeverde del quinto anno; personaggio di mia invenzione.

 

Ebbene, mi sembra di aver capito che siamo giunti alla fine di quest’avventura, giusto? Chi lo avrebbe mai detto! Dovete sapere che è la prima volta che concludo una long qui su Efp: nel mio (torbido) passato ho sempre iniziato “cose” che poi non ho mai portato avanti, e tantomeno finito. Cos’è cambiato? Sinceramente non lo so, di preciso. Forse sono invecchiata (ahimè) e questa “vecchiaia” mi ha portato a impegnarmi maggiormente e a rispettare l’impegno preso con voi lettori. Forse l’affetto che avete riservato a questa storia - e ai suoi protagonisti - ha contribuito a darmi la giusta spinta per arrivare al fondo. Quale che sia la ragione precisa, ci sono arrivata e non sapete quanto sia contenta di tutto ciò! 

 

A proposito, vorrei ringraziare tutti voi lettori, silenziosi e non, che in tutti questi mesi (precisamente dal 22/O5) hanno seguito, letto, amato e recensito questa storia, che segna anche un mio piccolo traguardo personale: essere riuscita a scrivere una storia thriller - voi continuate a definirla tale, nonostante a me sembri una bestemmia, ma per una volta mi voglio fidare. Vorrei ringraziare, ultime ma non meno importanti, anche tutte le amiche di Facebook che mi hanno supportata (e sopportata; e sopportato Albus, anche) in questo viaggio stupendo. 

 

Ovviamente, credete che ora me ne starò buona buona e mi prenderò una pausa? Neanche per idea. Sono già al lavoro da giorni sul sequel, che vi ho annunciato nelle note allo scorso capitolo, e vi dico anche che ho già scritto il prologo che, per buttare alle ortiche la modestia, oserei definire una bomba. Quindi mi raccomando, tenete d’occhio il mio profilo (vi consiglio di aggiungermi, se vi va, agli autori preferiti, in modo da tenere monitorati i miei aggiornamenti) perché il sequel potrebbe arrivare prima di quanto crediate. E vi ricordo che potete trovare i collegamenti social sulla mia pagina autrice, per chi volesse ricevere spoiler, anticipazioni e retroscena su tutte le mie storie. Intanto, se vi va di approfondire il rapporto tra Roger e Prudence, vi lascio qui Magic in the Sunrise, dal quale è nata una raccolta sulla coppia ♥︎

 

Concludo queste note eterne ringraziando in modo particolare mia sorella, che quotidianamente sopporta le scenate di Albus, mi aiuta con il plottaggio e revisiona i capitoli appena scritti: è una risorsa preziosa senza la quale, lo ammetto candidamente, “Death in the Night” non avrebbe mai visto la luce ♥︎ 

 

Non vi posso dire “alla prossima settimana” e un po’ mi viene il magone, ma vi dico solo

a presto, Marti (se volete, vi aspetto qui)

EDIT: potete trovare il sequel qui: THE HAUNTING OF HEYDON HALL

 

 
   
 
Leggi le 12 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Marti Lestrange