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Autore: storiedellasera    30/09/2020    3 recensioni
C’è una casa, in fondo alla via, che nasconde un mistero inquietante.
Genere: Horror, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Quella casa in fondo alla via


“Ti aspetto fuori, dopo le lezioni. Hai capito? Ti aspetto fuori e ti massacro di botte!”
Quelle parole non facevano altro che ronzarmi in testa.
Da diverso tempo venivo tormentato da un bullo. Era un mio compagno di classe, un ripetente... perciò più grande di me.
Era pigro, svogliato e stupido. Ma compensava la sua scarsa intelligenza con un’impressionante forza fisica. Era tremendamente alto, con larghe spalle e grandi mani.
Il suo faccione era tondo e lentigginoso. Il suo naso, piccolo e rivolto all’insù, lo faceva assomigliare a un porcello. Un grosso e pericoloso porcello dai capelli rossicci.
“Ti aspetto fuori!”
Ancora una volta pensai alle sue minacce nei miei confronti.
Io non avevo fatto nulla per provocarlo. Del resto ero un ragazzo mingherlino e codardo, non avrei mai pensato di attaccar briga con nessuno… figuriamoci con un bullo grande e grosso come faccia-da-porcello.
Ma lui aveva scelto me.
Tra tutti i gracili ragazzini che frequentavano la mia stessa scuola, lui aveva scelto proprio me.

In passato avevo già assaggiato i suoi pugni, quindi sapevo il male che avrei provato una volta terminate le lezioni.
L’aggressione avvenne nel cortile della scuola, esattamente come aveva promesso il bullo.
Non mi ero neanche accorto che mi stava seguendo.
Mi sorprese alle spalle e mi fece cadere a terra con una poderosa spallata. Lui si allontanò subito da me mentre tutti i ragazzi che avevano assistito a quella scena sghignazzarono o si voltarono da un’altra parte.
Strane emozioni si mescolarono nel mio animo mentre mi rialzavo: un misto di rabbia e frustrazione legate alla mia impotenza. Non ero in grado di competere con quel bullo eppure una parte di me voleva fargli del male, voleva fargli provare il dolore che lui arrecava a me.

-.-.-.-.-

Fu durante una tetra mattinata d’inverno che scoprii un fatto molto curioso: il bullo viveva a pochi isolati dalla mia casa.
Ogni volta che uscivo da scuola, passavo proprio sotto la finestra della sua camera mentre raggiungevo la mia abitazione. Ogni giorno quindi il bullo mi vedeva camminare per strada.
Forse era per quel motivo che avevo attirato la sua attenzione. Forse era proprio per quel motivo che aveva scelto me come sua vittima da tormentare.

Per ironia della sorte, non ero neanche costretto a passare vicino la sua casa per raggiungere la mia.
Esisteva infatti una scorciatoia: una piccola via tortuosa che avrebbe accorciato di molti minuti il mio tragitto.
Ma mai, per nessuna ragione al mondo, avrei imboccato quel percorso.
C’era qualcosa, proprio in fondo a quella stradina, che mi terrorizzava fin nel profondo. Si trattava di un terrore inspiegabile e sconfinato. Un terrore scaturito dalla casa in fondo alla via.
Sembrava esser uscita fuori da un’oscura e terrificante fiaba d’altri tempi.
Era isolata dalle altre abitazioni, torta su se stessa e quasi interamente di legno. Era circondata da un grande giardino che nessuno curava ormai da anni. Erbacce e ortiche avevano preso il posto di rose e gerani.
Una vecchia altalena arrugginita si trovava sul retro della casa. Emanava un sinistro cigolio quando si alzava il vento.  
Il cancello era composto da contorte sbarre di metallo nero e arrugginito.

Il sol vedere quella casa mi riempiva di paure fantastiche, specialmente durante le notti di luna piena. Potevo infatti scorgere quella terrificante casa dalla mia abitazione. Allora chiudevo le tende e correvo a nascondermi nel mio letto… come se le coperte potessero in qualche modo offrirmi una sorta di magica protezione. Raramente avevo l’ardore di chiedere ai miei genitori chi vi abitasse in quel luogo.
Ricevevo solo delle vaghe informazioni. Scoprii così che in quell’agghiacciante costruzione vi dimorava un uomo. Si trattava di un tipo schivo e solitario. Era un reduce di qualche guerra, senza più alcun parente, amico o conoscente.
C’è chi diceva che era un tipo pericoloso, reso folle dagli orrori della guerra. Altri dicevano che era solo un uomo depresso e infinitamente triste… tutti validi motivi per evitarlo.

Rammento che una volta, durante la primavera, scorsi il misterioso abitante di quella casa.
Era affacciato a una finestra del pian terreno. Guardava nella mia direzione e tremai al sol pensiero di essere fissato da quello sconosciuto.
Vestiva abiti logori. Aveva circa sessant’anni, portava una lunga barba ispida e i suoi occhi erano incavati in un volto indurito da una misera e travagliata esistenza.
Senza dire una parola, senza fare alcun cenno, l’uomo si ritirò nel buio della sua dimora.

-.-.-.-.-

Faccia-da-porcello continuò a tormentarmi giorno dopo giorno.
Adorava il fatto che non ero in grado di contrastarlo. Del resto i bulli cercano individui facili da battere e da sottomettere. Inoltre i suoi tormenti lo rendevano molto popolare a scuola.
Io ero sempre più spaventato, abbattuto e frustrato.  
Un giorno però decisi di ribellarmi: eravamo in classe e mi voltai verso faccia-da-porcello mentre quest’ultimo mi scherniva con la sua comitiva di amici.
Gli giurai che avrei raccontato tutto ai miei genitori e ai professori.
Avrei confessato ogni sua aggressione. Sarei andato persino dal preside.
Inizialmente il bullo mi fissò con occhi spalancati, come se gli stessi parlando in una lingua a lui incomprensibile. Ma quello sguardo da ebete si tramutò rapidamente in un’espressione di puro odio. Potevo leggere tutta la sua rabbia ardere nei suoi grandi occhi.
Mi giurò che avrei pagato la mia insolenza.
Avevo già ricevuto molte minacce da parte sua… ma quella era diversa da tutte le altre. Iniziai a temere per la mia stessa vita.

Pensai che mi avrebbe aggredito nel cortile o in un altro punto della scuola. Ma così non fu.
Finite le lezioni mi apprestai a tornare a casa.
Ero così confuso e assorto nei miei pensieri che, durante la mia solitaria camminata, mi accorsi solo in ritardo che faccia-da-porcello mi stava aspettando vicino la sua dimora.
Conosceva benissimo i miei movimenti ed era sicuro che mi avrebbe trovato in quel posto.
Sussultai quando mi accorsi della sua presenza.
Senza neanche perdere un solo istante, il bullo iniziò a correre nella mia direzione.
Fui pervaso dal terrore: non ero più in grado di ragionare e un intenso formicolio si espanse sotto la mia pelle.
“Fuggi!” Urlò la vocina nella mia mente.
Allora mi voltai e iniziai a correre. Volevo raggiungere la mia casa il prima possibile, così imboccai la tortuosa scorciatoia.
Mentre scappavo mi voltai all’indietro: faccia-da-porcello mi aveva quasi raggiunto.
Era scomposto ma incredibilmente veloce. Accorciava la distanza tra me e lui con ampie e sgraziate falcate.

In breve tempo raggiunsi la terrificante casa in fondo alla via.
Il cancello era chiuso così lo scavalcai e raggiunsi il soffitto del garage che comunicava con l’abitazione. Mentre finivo di issarmi, sentii la mano del bullo sfiorare la mia caviglia.
Il mio cuore sussultò così forte nel mio petto che credetti di morire di infarto. Volevo scendere dal garage, percorrere il giardino incolto della casa e scavalcare l’altro lato del cancello.
Allora mi sarei ritrovato proprio a pochi isolati dalla mia casa… sano e salvo.
Ma le lamiere del tetto del garage, marce e arrugginite, cedettero sotto il peso del mio corpo come lastre di ghiaccio sottile.
Caddi all’interno del garage e precipitai su una vecchia Pontiac… o forse dovrei dire su ciò che rimaneva di una vecchia Pontiac. Di quell’auto infatti c’era solo il telaio e qualche altro componente.

Ignorai il dolore che si espandeva nel mio corpo e scesi sul pavimento.
Faccia-da-porcello si era affacciato sul buco del soffitto. Non aveva alcuna intenzione di fermarsi. Stava iniziando a calarsi nel garage.
Mi guardai rapidamente attorno e vidi che c’era una sola porta aperta. Conduceva all’interno della casa.
Senza avere il tempo per ragionare, spalancai la porta e finii in una sala pranzo. Era una camera che versava in un disastroso soqquadro. Pentole e piatti sporchi erano accatastati nei lavelli e sul tavolo. Cibo andato a male tappezzava il pavimento e i vari mobili, attirando un gran numero di insetti.
C’erano escrementi di topo ovunque, una pila di vecchi giornali accatastati in un angolo, un’antica radio rotta e moltissimi barattoli di legumi aperti disseminati un po’ ovunque.
Ma l’elemento più raccapricciante di quella stanza era il tanfo. Un indescrivibile olezzo di marcio e putrescenza che mi impedì di respirare per alcuni secondi e che addirittura mi fece lacrimare gli occhi.
Feci per continuare la mia fuga, poiché il bullo voleva prendermi a tutti i costi, quando qualcosa mi impedì di avanzare in quella casa.
Si trattava di un terrore sprigionato dal più profondo dei miei istinti. Mi paralizzò dalla testa ai piedi. Fu come urtare contro un muro invisibile.
Il mio inconscio aveva percepito qualcosa che sfuggiva ai miei sensi.
Ma il bullo stava per irrompere in quella disgustosa sala da pranzo, così decisi di nascondermi in un basso mobiletto, proprio sotto il lavello.
Chiusi le ante e mi tappai la bocca per evitare di far rumore con il respiro.

Per alcuni secondi non sentii nulla… poi udii chiaramente lo struscio dei passi di faccia-da-porcello sul lurido pavimento della sala da pranzo. Attraverso la sottile fessura del mio nascondiglio riuscii a scorgere il bullo.
Buffi sono i pensieri che una mente terrorizzata è in grado di partorire. Nel mio caso, in quel momento, la mia mente sconvolta rievocò dei ricordi di un vecchio documentario che vidi qualche mese fa.
Parlava di squali... e posso giurare che faccia-da-porcello, mentre si guardava attorno nella sala da pranzo, aveva lo stesso sguardo assassino degli squali che avevo visto in televisione. Lo stesso sguardo di un animale assassino in cerca di una preda da sbranare.

Ma il terrore che provavo in quel momento non fu nulla se paragonato all’orrore che sperimentai negli istanti successivi.
Esordì come un suono lontano e sommesso. Un debole tonfo sordo di un passo si produsse in un’altra stanza… così debole che il bullo non riuscì a sentirlo.
Una porta aperta comunicava con la sala pranzo. Oltre quella porta vi erano solo tenebre.
Proprio da quel buio scorsi improvvisamente la sagoma del proprietario di casa.
Non riuscii a vederlo in volto. Notai solo la sua barba ispida e i suoi logori abiti.
Si avvicinò alle spalle del bullo con movimenti sicuri… del resto conosceva bene la sua casa. Quasi come se stesse slittando sul pavimento, raggiunse faccia-da-porcello.
Fu solo in quel momento che mi accorsi che l’anziano proprietario della casa stringeva tra le mani una pesante e ruvida corda.
Avvolse la corda attorno la gola del bullo che non ebbe neanche il tempo di urlare.
Spalancò gli occhi mentre il proprietario di casa, che si dimostrò incredibilmente forte, lo trascinò con se in un’altra stanza. In un batter d’occhio erano scomparsi nelle tenebre.

La paura mi privò della ragione.
L’adrenalina che avevo in circolo mi diede la forza per uscir fuori dal mio nascondiglio. Tornai in fretta e furia nel garage. Balzai sul tetto di lamiere marce mentre orrendi suoni si levarono dall’interno della casa. Suoni che non ho l’ardore di descrivere.
Superai il giardino di ortiche e erbacce, scavalcai il cancello e mi riversai per strada.
Fui quasi investito da un auto che passava di lì proprio in quel momento.
Con la coda dell’occhio vidi la vettura sterzare mentre l’autista mi riempiva di insulti.
Entrai finalmente nella mia casa e, tremante e traumatizzato, scoppiai a piangere.

-.-.-.-.-.-

Non andai a scuola il giorno dopo. Mi rifiutavo di uscire di casa.
Ero chiaramente sconvolto e i miei genitori cercarono in tutti i modi di farmi star meglio.
La mattina seguente vidi le auto della polizia pattugliare il quartiere.
Cercavano faccia-da-porcello.
La sua famiglia, non vedendolo più tornare a casa, avevano allertato le autorità.
Il suo cadavere fu ritrovato in quella casa in fondo la via.
Gli agenti, prima di portarlo fuori dall’abitazione, lo riposero in un sacco nero e non mostrarono a nessuno il corpo dato che era stato scempiato in una maniera troppo raccapricciante.

Appresi inoltre che un secondo cadavere fu ritrovato in quella casa. Apparteneva al padrone di casa, l’anziano solitario dalla barba ispida e gli abiti logori.
Secondo il medico legale, l’uomo si è tolto la vita impiccandosi nel salotto della sua abitazione.
Per farlo ha usato una spessa e ruvida corda che ha legato sul lampadario della sala.
Il medico inoltre ha constato che il suicidio risale ad almeno un mese fa.

   
 
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