Storie originali > Comico
Ricorda la storia  |      
Autore: LawrenceTwosomeTime    19/08/2009    2 recensioni
Una boutade che ho scritto, cosa ben strana a dirsi, in un momento in cui mi sentivo in pace col mondo (ovvero tre minuti fa). Leggetelo. Leggetelo. Leggetelo.
Genere: Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Gironzolavo allegramente per i fatti miei, quando avvenne il fatto di cui intendo raccontare.
Era una notte cupa, come un'occhiaia incavata, e io spozzangheravo le stradine con il cappuccio calato sulla testa. Una sottile pioggerellina aguzza e bastarda mi puntellava le spalle, lavorandosi i miei mutandoni attraverso le brache strappate; esistono poveracci che vestono comodamente, e riccastri che vestono scomodamente – è il corretto equilibrio delle parti, no? – ma per quanto mi concerne…Potete definirmi un poveraccio che veste scomodo, ecco.

Non era stata una giornata propriamente esaltante. Amavo il mio lavoro, ma ultimamente avevo iniziato a stroppiare con gli "straordinari", e questo comportava sedentarietà, carenza lacunosa di interscambio sociale, e la mia mortale nemica…l'Insonnia.
Aggiungete il fatto che sono un tipo sanguigno, irascibile e permaloso, mescolate il tutto con una spruzzata di educazione borghese-buonista-benpensante e otterrete…bè, sono qui che scrivo, se mi cercate in futuro.
Dire che ero frustrato è dire poco. Mi sentivo un cappio attorno al collo (eppure non ho mai portato la cravatta), avvertivo il mondo come una presenza ostile e nel mio intimo ero convinto che non sarei mai riuscito a spezzare questo circolo vizioso di insinuazioni a mezza voce, bisbigli avvelenati, scatarrate intolleranti…
Riassumendo: cappio, mondo ostile, imprigionato a vita. Ne avevo azzeccate due su tre.
Ma alla terza posi rimedio, dirò tra poco il perché.
Una cosa che proprio non riuscivo a capire, consideravo tra balzelli e singhiozzi, era l'aggressività della gente: i rispettabili beneducati che cercano più o meno educatamente di calartelo nel culo; oppure (la scelta è vasta, signori!) gli sciroccati col serramanico a dente di squalo che ti sgozzano all'angolo.
Immaginatevi la mia faccia allibita mentre ci pensavo. Sembravo una rana con l'ictus.
Ci credo se poi sono stressato, mi dicevo. E camminavo, camminavo, camminavo nel tentativo di svaporare la tensione.

Finché non mi accorsi di aver perso completamente la bussola. Orientativamente.
Conosco abbastanza bene la mia città, e so che è impossibile perdercisi per un tempo superiore a 40 secondi (poi sbuchi in piazza).
Eppure mi ero davvero smarrito: case estranee mi circondavano, sventolando minacciose le imposte; manifesti di esponenti politici che non erano Berlusconi o Veltroni campeggiavano nella penombra di pallide lampade a patata; nemmeno una boutique di moda o un'osteria.
Di insegne ce n'erano a volontà, ma erano tutte ammonticchiate in un angolo.

Poi, di colpo, lo vidi. Irradiava un tiepido bagliore in un vicoletto cianotico, acciambellato nell'oscurità. Un mini-market? Un tabaccaio?
Spinto dall'urgenza di domandare indicazioni (e di evacuare), varcai la porticina del negozio.
Due tendine sfrangiate mi annunciarono con un musicale tintinnio.
E dimenticai subito l'impellenza fisiologica.
Quel posto era enorme, smisurato, ma – cosa alquanto bizzarra, mi preme di farlo notare – solo in lunghezza. C'erano tre file di scaffali che, per quello che ne sapevo, potevano estendersi fino alla Francia. Lampadine oblunghe illuminavano ogni genere di stranezza (e quando dico stranezza, a ognuno sta di interpretare la descrizione a modo proprio), insegne e cartelloni al neon campeggiavano tra filari di rotaie che si protendevano a sfidare il parallelismo, e una sottile musichetta aleggiava nell'aria, una specie di nenia…Aggrottando i lobi, scoprii che si trattava di una sequela ininterrotta di imprecazioni, volgarità assortite, bestemmie, insulti, parolacce e maledizioni. Rimasi rapito ad ascoltare la voluttuosa, spumeggiante freschezza di quei ritornelli: prima d'allora, non mi ero mai reso conto di quanti posti potesse visitare una persona, o di quanti oggetti potesse inserire nei propri orifizi, a titolo di disdicevole, vergognosa promiscuità.

Un raspare gutturale mi fece voltare.
E così, mi resi conto che all'estremità opposta delle corsie c'era una sottospecie di banco, un trapezio d'acciaio temprato su cui penzolavano centinaia di ritrovati mercantilistici a poco prezzo, a loro volta accerchiati da una tenebra più consistente della polvere. Oh, e dietro al banco c'era un uomo.

Era, come dire…poco comune all'aspetto, ecco. Non molto alto, sui cinquanta, testa grande, la corporatura di uno scaricatore che ha convertito tutti i suoi muscoli in adipe inguinale, barbetta incolta e acuminata che lo faceva assomigliare a un puntaspilli, occhi stranamente fissi. Non sbatteva le palpebre.
Ma aveva una voce insolitamente calma, pensate un po'.
"Il signore è interessato a qualcosa in particolare?"
Devo ammettere che mi spiazzò. Bastava un'occhiata rapida a quel vivaio di cianfrusaglie per capire che la quantità dominava incontrastata sulla "particolarità". Ad un'occhiata più attenta, mi sarei sicuramente convinto del contrario.
"No, grazie…Io, vede…volevo delle indicazioni stradali…"
"Sei uno sfigato, lascia che te lo dica"
Mi spiazzò di nuovo. Due volte in cinque secondi, era un record di spiazzi. Senza contare che la mia superiore intelligenza non riusciva a contrastare la schiacciante incontrovertibilità di quelle parole.
Tentai l'approccio ragionevole. Comportarmi da idiota per assecondare un pazzo mi sembrava la cosa migliore da fare.
"Ahem…Non posso darle torto fino in fondo, diciamolo. Vorrà dire che chiederò a qualcun altro…"
"Frena, ragazzo. Come ti chiami?"
Perché non dirglielo? E glielo dissi:
"Replendo. Replendo Giganocte"
"Bel nome. Ma non dovrebbe essere "Noctis"? Giga-Noctis?" "V-veramente no…"
"Capisco…"Giga" inteso come mega/giga/tera?"
"No, credo che c'entri con il ballo…"
"Ah, d’accordo. Io sono Furio Tostamàno"
E ci stringemmo la mano. Aveva una stretta niente male. Pensai che avesse a che fare col cognome (ma "tosta" era poi un verbo o un aggettivo?).
In quel frangente, le frange che mi avevano accolto all'entrata si produssero in un suono sinistro. Non erano di perline. Erano unghie umane. Lunghe unghie ricurve e giallastre.

Ma continuate a leggere, prima di pensare che si stia trasformando in un cazzo di racconto del terrore.

"Prima di scappare come se avessi il fuoco al culo, ti suggerirei di ascoltare quanto ho da dire", tubò il signor Tostamàno (d'ora in poi lo chiameremo Furio, che è più facile da scrivere).
"Per quanto possa sembrare improbabile, non sono un vecchio pazzo (io annuivo al rallentatore, come una gallina con il Parkinson)"
"Sono solo un onesto commerciante di…merce particolare", riprese.
Io stavo per obiettare, ma lui proseguì:
"No, no, no, ragazzo…Niente merdate tipo il satanismo, l'occultismo, o altre congregazioni fanatiche o mediatiche che terminano per "ismo". Questa, vedi, è un'Incazzerìa"
"Incà…?", sillabai io.
"…Zzerìa", finì lui.
"Oh", aggiunse in tono costernato, "stasera il neon non funziona molto bene, altrimenti avresti notato l'insegna. Ma veniamo a te. Sei stanco, lo vedo. Stressato, esaurito, depresso. Per questo parli e ti muovi da perfetto sfigato, e ne hai ben donde…Ma c'è modo e modo per affrontare la disperazione.
Tu…ti arrabbi?", mi domandò in tono complice.
"Immagino di si…"
"E…che cosa fai quando ti arrabbi?"
"Niente. Cerco…di controllarmi e poi non ci penso più"
"Ma certo. E…che cosa fai dopo? Quando sei da solo?"
"Uhm…", rimuginai, "Corro, faccio flessioni, ascolto metal pesante, gioco alla pleistèscion…"
Furio sorrise.
"D’accordo. Primo, si scrive "playstation". Secondo…
Tu non affronti la questione rabbia nella maniera giusta. Quello che fai tu è accantonare la rabbia, arginarla…Seppellirla. La rabbia è come una lastra di uranio impoverito che ronza con la furia di mille calabroni. Non puoi isolarla e fare finta che non ci sia. Devi trasformarla in un missile e lanciarla addosso alla prima nazione che capita"
"Non credo di seguirla…"
"Pensa: che cosa succede quando corri?"
"Sudo, immagino"
"Sudi, esatto. Arrabbiarsi è come sudare: una reazione naturale, necessaria al corpo come alla mente per sopravvivere…e per vivere bene. Ed è come se tu sudassi al contrario, pezzo di coglione"
Se rimasi spiazzato? Si, un pochino.
"Non ho ben capito che cosa vende qui…"
"Ora ci arriviamo. Sono lieto di comunicarti che il qui presente Furio Tostamàno è il tuo fornitore ufficiale di Incazzo!"
"Che sarebbe…?"
"Ma la materia prima dello Scazzo, ovviamente!", esclamò in tono quasi risentito.
"È roba illegale?", chiesi a bruciapelo, per vedere se lo mettevo in difficoltà.
"Illegale? Semmai è irreale!"
"E come faccio ad acquistarla se è irreale?"
Furio sbuffò.
"Voi gente di città: pretendete che tutto sia schiavo della coerenza…! Oggi è un libro, domani potrebbe essere un'arancia, o non esserci più, chissà"

Avrei voluto puntualizzare che, quand'anche fossi venuto dalla campagna, non ne avrei ricavato un'impressione più chiara. Ma in me cominciava a montare una curiosità che teneva lontani i pregiudizi.
"Mi mostri qualcosa"
Furio si stropicciò le mani, eccitato.
"Non avremo bisogno di spostarci: tutta la roba che vedi esposta lì sono campioni, nulla più…"
Prese a trafficare sotto il bancone, e cominciò a tirarne fuori una sequela di oggetti di ogni forma e dimensione.
Mentre era lì che disseppelliva quel ciarpame (uno gnomo in procinto di svernare, ecco cosa sembrava), mi azzardai a chiedere:
"Lei fa uso di questi…strumenti?"
"Puff…Hai presente la gente che indica, che segna a dito?"
Annuii.
"Odiosi, non è vero? Cominciano all'asilo, finiscono…all'obitorio. Di solito sono spioni, o scarica-pacchi…ma in genere si trovano anche tra i maleducati.
Bè, a ognuno di loro ho preso in prestito un dito. E con le unghie…"
Mi indicò sbrigativamente le tendine all'entrata.
"Sorpresa" è la parola chiave, se state leggendo questo racconto in un'antologia scolastica e vi serve una dritta.
"Di mirabile fattura artigianale", articolai con voce poco convinta.

Furio si era fermato. Si terse il sudore dalla fronte e disse:
"Dunque, caro il mio Reply (si era già ai soprannomi; cosa non farebbe un negoziante per conquistare la tua fiducia!)…Tutta questa roba che vedi sul bancone è stata progettata espressamente per aiutare la tua rabbia a venir fuori. E scaturire le parti più intirizzite del tuo corpo – si, anche quello", aggiunse vedendo il mio viso costernato.
"Mi perdoni, signor Tostamàno, ma visto e considerato che viviamo in una società capitalistica avanzata, e i morti si vedono solo al telegiornale…non mi sembra che abbia molto senso"
Lui ridacchiò.
"Ragazzo mio, l'Incazzo – a differenza della maggior parte delle altre discipline – è una scienza esatta. Perciò si compone di parti imperfette"
Mi limitai a fare un sorriso che sembrava la scorciatoia più rapida per la camicia di forza.

Furio mi mise in mano degli occhiali. Avevano delle lenti tondeggianti, di un cupo rosso sangue.
"Provali"
Li adagiai sulla punta del naso, e ne rimasi basito.
"Vedo normalmente. Non cambia nulla"
"Precisamente. Sono "Sbrocchiali": servono a individuare i potenziali eletti con cui potresti eventualmente litigare nel corso della giornata. Tenuto conto che siamo in una società capitalistica avanzata, circa tre quarti delle persone che incontri. Su, guardami"
Lo guardai. Appariva perfettamente normale.
"Ora non noti nessuna differenza. Ma se solo mi fulminasse il cervello l'idea di fracassarti quella testolina di cazzo…"
Davanti ai miei occhi, la figura di Furio assunse una tonalità rosso acceso. Una piccola sirena corredò l'apparizione.
"Carini", dissi riponendoli.

"Forse ti va di provare due gocce di questo", disse Furio porgendomi una boccetta ambrata che aveva tutta l'aria di essere una medicina.
"Sobillazòn. Serve a liberare il tuo codice comportamentale da tutte quelle fastidiose buone maniere che ti impediscono di concederti una bella scazzottata"
C'era anche il dosatore. Ne lasciai cadere un paio di gocce sulla punta della lingua.
"Avanti", disse Furio, "dimmi un po' cosa hai pensato quando mi hai visto".
La mia lingua saettò senza controllo:
"All'inizio credevo che fossi un opossum con indosso il reggiseno di una megera, ma poi ho sentito la puzza di sperma e mi son detto: o il mottarello, qui, va matto per l'affogato al caffè, oppure non si lava da tre mesi"
"Precisamente", disse Furio, e mi mollò uno sganassone sul naso.

Quando mi riebbi, stava già illustrando il prossimo prodotto.
"Barrette Kilo-Smash. Una primizia. Mordine una, e non ti sentirai sazio finché non avrai gonfiato di botte almeno cinque uomini ben piazzati"
Diedi un morso.
Non fu – è bene precisarlo – per eccesso di patriottismo o xenofobia incallita che pestai a sangue i dodici marocchini che Furio fece spuntare misteriosamente dal retrobottega: la fame di violenza mi ottenebrava il cervello, e solo quando ne fui sazio potei dirmi soddisfatto.

"Anche questa non è male", disse Furio porgendomi un barattolo di pomata verdastra.
"Crema idratante?"
"Per l'esattezza. Con aggiunta di estratto d'iracondio. Fa prudere le mani", precisò con una nota di orgoglio nella voce.

"Questi invece sono "Smerda Guanti: ne ascolti uno, li hai capiti tutti quanti!". Servono a minare i rapporti di lavoro"
Notando il mio sguardo interrogativo, si affrettò a spiegare:
"Sei ad una riunione d'ufficio, c'è un sacco di gente importante: tu, naturalmente, ti sei infilato gli Smerda Guanti – intessuti in microfibra sintetica pressoché invisibile – ma nessuno lo nota. Stringi la mano al tuo capo…e stabilisci una connessione telepatica con lui. Percepisci tutta la merda che pensa di te, tutte le critiche che ti ha mosso silenziosamente, tutto il disprezzo, l'odio, il disgusto che si cela dietro quel sorrisetto di porcellana. E un attimo dopo…la collezione di porcellane di nonna Rolanda va in frantumi, ci scommetti? Io dico di si…"

Furio assomigliava sempre di più a Babbo Natale.

Mi spruzzò addosso un'essenza appiccicaticcia che sapeva pesantemente di merda.
"Scrofumo", enunciò tutto soddisfatto.
"Questa roba se la mette chi persegue l'approccio inverso: saranno gli altri a prendersela con te, perché il tuo odore è talmente nauseabondo, talmente osceno, da rappresentare un oltraggio al pudore"

Mi mostrò una cuffietta simile a quelle che usano i teleoperatori.
"Un moderno esemplare di Scazza-Pensieri: lo indossi per qualche minuto, e nella tua testa…rintroneranno tutti quei ricordi sgradevoli e vergognosi che il tuo cervello si rifiuta di rivivere. Sarai scosso a tal punto che te la prenderai con il primo sventurato che passa"
Mi bastarono due minuti di terapia in cuffia per ricordare di quella volta che correvo per l'asilo con i pantaloni straripanti di cacca e gli altri bambini mi lanciavano addosso cartacce; o di quel giorno che un bullo, alle medie, mi costrinse a dichiarare che ero gay; o ancora quella ragazza, che dopo cinque mesi che facevamo coppia fissa, mi disse che per lei ero solo un amico.
Mi dovetti sfogare su un punching-ball, perché i marocchini erano finiti.

"Abbiamo anche generi alimentari", mi disse Furio porgendomi un frutto giallo bile che assomigliava vagamente a una pera.
"Questo l'ho colto stamattina in giardino. Lo produce il Pero-Wrath-O (pronuncia: "Perorato"). Lo mangiano soprattutto gli avvocati: suggerisce centinaia di futili argomenti di discussione che concorrono a prolungare le cause all'infinito. Ma è adatto anche per una bella lite tra coniugi"

"Qui, invece, abbiamo un mantello fatto con la stoffa cinese di "Di-Xianguat". Viene tinta col sangue di impiegati sottopagati. Ovvio che indossarlo ti renderà molto più incline a rivendicare i tuoi diritti"

Ma la girandola di sorprese non era ancora finita. Furio sembrò ricordarsi all'improvviso di qualcosa, e subito dopo scaricò una pesante cassa di vetro trasparente sul bancone; conteneva le bestie più inverosimili che avessi mai visto: sembravano tanti peni rimbalzanti, con la pelliccia di ogni colore possibile; al limitare del glande, esibivano una dentatura dall'aria molto pericolosa, e ogni tanto sbavavano…Bè, se non vi difetta il buon senso, avrete capito da soli cosa.
"L'esperimento di cui vado più fiero", declamò Furio.
"Controcazzi. Ho incrociato una minchia, un rottweiler e un maiale da tartufi; poi ho fatto lievitare il tutto nella pancia di un'orca assassina"
Leggermente nauseato, stetti a guardare mentre mi illustrava le varie razze.
"Ce ne sono di tutte le forme e dimensioni: questa, ad esempio, è una varietà particolarmente logorroica (e mi indicò un cazzetto che carambolava ossessivamente da un angolo all'altro, squittendo come un topo): non vivono a lungo, ma dimostrano grande tenacia. Ecco poi la varietà corazzata, lenta ma inarrestabile (accennando ad un grosso, unto cazzone che russava in disparte): non abbaiano spesso, ma quando lo fanno, sanno essere più violenti di una staffilata; puro veleno. Oh, e qui viene il mio cucciolo preferito (e prese in braccio una cazzuola lunga e sottile): a scoppio ritardato; ci ripensi dopo due giorni, e ti rendi conto che t'ha inculato.
Infine, la varietà zizzaniante (e agguantò un mostruoso cazzo a tre teste): non molto potente, a dire il vero, ma getta l'ombra della discordia su chiunque ti sta intorno. Per le stragi e i genocidi, va che è una bellezza"

Il signor Tostamàno mi aveva ormai preso in simpatia, e me lo dimostrò svelandomi l'esistenza di un prodotto che – così diceva lui – "vendeva solo ai clienti di fiducia" (il fatto che in quel momento io fossi l'unico cliente del negozio m'insospettì non poco, devo ammetterlo).

Era una linea completa di bagnoschiuma e shampoo che contenevano varie essenze aromatiche.
Si andava dalle più "cool" (Vittorio Sgarbi, Giovanni Trapattoni, Germano Mosconi) alle più "old" (e qui spiccava Carmelo Bene; Furio mi assicurò che si trattava di un aroma stagionato che risaliva ai primi Anni '70: fumi al vetriolo, nichilismo decostruttivista da far evaporare un lago).

La mia gita all'Incazzeria di Furio Tostamàno si avvicinava alla sua conclusione, e io non avevo ancora trovato il prodotto che faceva per me.
Furio sembrò cogliere la mia indecisione, e alla fine mi mise in mano un barattolo di plastica.
"Io ti suggerisco di provare questa. Tre cucchiaini in una tazza d'acqua calda, prima di coricarsi"
"Che cos'è?", domandai, "Un decotto per indurre le maestre a malmenare i bambini?"
"No, quello è finito la settimana scorsa…
È una semplice tisana. Timo e passiflora."
"Che c'è dentro?"
"Timo e passiflora"
"Non capisco…"
Furio mi guardò con espressione paterna.
"Tutto ciò di cui hai bisogno, Replendo, è una bella dormita. Dormire e sognare, possibilmente. Una volta che ti sarai chiarito le idee e avrai fatto pace con il tuo orologio biologico, sarai pronto a dare una strigliata a chi se la merita"
Non volevo credere a ciò che udivo, ma allo stesso tempo mi sembrava la soluzione più ovvia del mondo.
"La vita si divide in tre tempi: un terzo lo passiamo a dormire, un terzo lo passiamo a incazzarci, e un altro terzo, bè…è tuo diritto decidere cosa farne. Io mi occupo delle prime due fasi", disse mentre metteva la tisana in una borsetta di plastica.

Pagai quella tisana al modico prezzo di quindici euro, lo salutai e uscii all'aria fresca.
Un attimo dopo, ero già a casa che dormivo.

E la mattina seguente, la prima cosa che feci fu mandare affanculo il giornalaio.

Mi cambiò la vita da così a così.
  
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Comico / Vai alla pagina dell'autore: LawrenceTwosomeTime