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Autore: ChrisAndreini    30/09/2020    3 recensioni
Niente è meglio di una gita scolastica di una settimana per allontanarsi dai problemi di Parigi, e Verona sembra il posto ideale per rilassarsi, ricaricarsi... e magari anche trasformare una solida e profonda amicizia in qualcosa di più.
È ciò che sperano Adrien e Marinette, ma non hanno fatto i conti con le ombre del passato, pronte a tornare alla luce nel presente e invadere le strade della bella città dell'amore.
Una storia vecchia di centinaia di anni, ma di cui nessuno conosce i retroscena, le verità, i segreti più profondi.
E le enormi faccende in sospeso.
Genere: Mistero, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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L’ombra oscura e la dama scarlatta

Giorno 2

 

Verona, 1529

Giulietta Capuleti era appoggiata al proprio balcone, pensierosa e nervosa, sfiorando distrattamente gli orecchini che indossava.

-Qual è il problema, Giulietta? Se sei nervosa a causa del miraculous del gatto nero non temere, sono sicura che lo recupererai presto- tentò di rassicurarla Tikki, il suo kwami, appoggiata sulla sua spalla intenta a mangiare della frutta.

-Non è solo il furto a preoccuparmi. Ma il ladro. Non riesco a perdonarmi di essermelo lasciato scappare. E non riesco a credere che avevo un Montecchi davanti e non ho fatto assolutamente nulla- la ragazza sbuffò, delusa da sé stessa, e fece perdere lo sguardo all’orizzonte.

-Io trovo che questa faida sia insensata. Quel ragazzo non sembrava cattivo come la tua famiglia lo fa intendere- provò a suggerire Tikki, in tono mite.

-Stai scherzando, Tikki? Ha rubato alla chiesa, ha preso il miraculous del gatto nero e mi ha anche privata del coltello di famiglia! Senza contare che non ha restituito le maschere ai miei genitori- si lamentò Giulietta, incrociando le braccia e facendo sorridere divertita Tikki.

-Credo che tornerà a restituire il malloppo, almeno il tuo. Te l’ha promesso, dopotutto- continuò a supporre, ottimista.

-Non se ha scoperto che sono una Capuleti. Lo trovo piuttosto improbabile- insistette Giulietta, per poi sospirare -Credi che mentisse dicendo di aver rubato per sfamare la sua famiglia?- chiese poi, ricordando le parole del ragazzo.

-Non credo proprio. Da ciò che mi hai raccontato i Montecchi non se la passano bene, dopo tutti gli scandali avvenuti- osservò il kwami, finendo di mangiare e iniziando a svolazzarle attorno.

-Sì, ma sono strettamente connessi con la criminalità veronese. Dovrebbero essere piuttosto ricchi. Almeno è quello che mio padre… inizio a dubitare di molte cose, in effetti. Era vestito con abiti umili. Ma se fosse davvero un criminale possedere il miraculous del gatto nero potrebbe essere davvero pericoloso. Domani dovrò assolutamente aprire una caccia sfrenata per recuperarlo- si ripromise, determinata.

Tikki la squadrò dalla testa ai piedi, con sguardo di chi la sapeva lunga.

-Se dovesse venire come ti comporteresti?- indagò, curiosa.

-Che domande. Mi trasformerei in un attimo e lo abbatterei per poi farmi riconsegnare tutto quanto- rispose lei, di getto.

-Ricorda che la tua identità deve rimanere un segreto- le fece notare Tikki.

-Giusto… beh, allora… insomma… so di doverlo attaccare, in qualche modo. Non serve che mi testi, Tikki- cercò di tirarsi fuori dai guai la ragazza. Tikki ridacchiò.

-Non era una prova. Non hai alcuna intenzione di provare a parlare con lui?- chiese il kwami, con tono che aveva un sottotesto piuttosto chiaro: Tikki sapeva già che Giulietta avrebbe preferito di gran lunga parlare con lui.

La ragazza, però, era convinta che non fosse la scelta che Tikki avrebbe approvato, e cercò di negare con la massima forza.

-Parlare? E che mai potrei dirgli? Oh, Romeo, Romeo. Caro dolce Romeo. Restituitemi ciò che avete rubato in nome della nostra attrazione sbocciata al chiaro di luna. E io sarò vostra per sempre- recitò, in tono finto ed esagerato, che fece ridere ulteriormente Tikki -Oltre ad essere una richiesta stupida, sono piuttosto certa che non ci cascherebbe- aggiunse poi la ragazza, sbuffando ulteriormente.

-Chi lo dice? In realtà ero venuto a restituirvi tutto gratis, ma se posso avervi per sempre lo accetto di buon grado- una voce proveniente dal tetto fece sobbalzare Giulietta così vistosamente che quasi cadde dal balcone. Tikki si nascose in tutta fretta tra le grosse pieghe del suo vestito.

-Romeo?! Cosa ci fate qui? Come siete salito sul tetto?!- esclamò la ragazza, sconvolta, alzando lo sguardo e incontrando gli occhi ambrati del ragazzo, che sembravano brillare al chiaro di luna. Era appoggiato al tetto come se fosse cosa da poco, vestito con una casacca rovinata e con i capelli sciolti che gli ricadevano sulle spalle. Oltre ai suoi occhi, a brillare era anche un anello che portava al dito. Giulietta pensò subito al peggio, ma cercò di arrivarci per gradi. Non poteva affrontarlo di petto, quindi doveva effettivamente provare a parlarci.

-Vi avevo promesso che sarei tornato a restituire gli abiti presi ai vostri genitori. E credo che questo sia vostro- si rigirò il pugnale tra le dita, giocherellandoci con naturalezza. 

Aveva letteralmente il coltello dalla parte del manico.

-Già, gradirei che me lo restituiate, criminale!- Giulietta sollevò la mano in tono freddo, cercando di apparire il più distaccata possibile, ma senza riuscire a trattenere il fastidio della posizione di inferiorità.

Romeo non sembrò prendersela, ma ampliò il sorriso, e continuò a rigirarsi il pugnale tra le mani.

-Andiamo per gradi, principessa. Se vi restituissi subito il pugnale temo che cerchereste di utilizzarlo contro di me. Spero che non biasimiate la mia prudenza- 

-Davvero temete una giovane e inerme signorina di buona famiglia?- Giulietta sbatté le ciglia nella sua migliore imitazione di una brava ragazza a modo, senza alcun successo.

-Visto il modo minaccioso in cui lo tenevate tra le mani, ieri notte, sono piuttosto certo che sapreste come utilizzarlo. E vedete, non ho intenzione di morire proprio oggi. Ma tornando al motivo per cui sono qui. Sareste così gentile da restituire questi abiti ai vostri genitori? Credo che se lo facessi di persona finirei in prigione, e vorrei risparmiarmi la fatica di scappare- Romeo si sporse leggermente dal tetto per tenderle gli abiti “presi in prestito” la sera precedente.

Giulietta li prese con circospezione, continuando a guardarlo storto senza potersi trattenere.

-La prigione è il vostro posto. Soprattutto dopo il furto che avete compiuto alla chiesa- lo accusò, posando gli abiti e incrociando le braccia.

Romeo si rabbuiò leggermente.

-Vi ho già detto che ho solo rubato per il benessere della mia famiglia. La chiesa ha centinaia di cimeli di grande valore di cui non ha bisogno. Dopotutto, il ruolo della chiesa è aiutare i bisognosi, non credete?- cercò di spiegarsi, in tono difensivo.

Giulietta non era propriamente contraria a quell’affermazione, ma non poteva permettersi sentimentalismi.

-Rubare è sbagliato. E vista la vostra famiglia, sono piuttosto certa che abbiate parecchie risorse per procurarvi da mangiare- non riuscì a trattenersi la ragazza.

-Io non sono la mia famiglia- Romeo strinse i denti, e scosse la testa, deluso dalla piega che la conversazione aveva preso.

-Sapete, signorina Capuleti, speravo davvero che potessimo mettere da parte le nostre divergenze familiari. Credevo che foste diversa dalle altre, e non nego di sentirmi decisamente attratto dalla vostra forza e bellezza. Ma temo di essermi sbagliato. Tenete il vostro pugnale. E vi prometto che non mi rivedrete mai più- porgendo con referenza il pugnale, Romeo si alzò pronto a scappare via.

Giulietta era rimasta così congelata dalle sue parole che prese il cimelio senza neanche rifletterci, e quando aprì la bocca per ribattere, scusarsi o trasformarsi per acciuffarlo, lui era già sparito tra le ombre della notte.

Rigirandosi il coltello tra le mani, Giulietta sospirò, e si appoggiò al balcone.

-Giulietta… stai bene?- le chiese Tikki, dispiaciuta, tornando visibile e fluttuandole intorno.

-Ha ragione, sono stata troppo fredda e l’ho giudicato troppo frettolosamente. Ma sono andata nel panico. Non sapevo cosa fosse giusto fare. Vorrei dargli un’occasione, ma so di dover essere responsabile e una brava coccinella. Quindi devo restare fredda… ma sembra così diverso. Così buono, in fondo- iniziò a commiserarsi. 

Sembrava forte e sicura di sé, ma dubitava molto delle sue capacità. Aveva il miraculous della coccinella da poche settimane, e non era del tutto certa di meritarselo. Era giovane, dopotutto, inesperta e donna, cosa che in quel periodo non prometteva molto bene, sebbene lei si battesse per una parità dei sessi almeno minima.

-Giulietta, il miraculous si basa molto sulla mente, e su ciò che è giusto, ma per ottenere l’equilibrio devi anche seguire il tuo cuore- le consigliò Tikki, dandole qualche pacca sulla testa.

Giulietta sospirò.

-Oh, Romeo, Romeo. Perché sei tu, Romeo? Non potevi essere qualcun altro? Non potevi rendere il mio lavoro facile? Vorrei seguire il cuore, ripudiare il mio nome e seguirti nella notte- ammise, parlando alla luna come se fosse l’uomo che si era dileguato poco prima -…ma non posso. Ho troppo peso sulle mie spalle. Se ci incontrassimo in altre circostanze. Se tu non fosse Romeo e io non fossi Giulietta. Vorrei un mondo dove i nomi non siano così importanti- si rivolse a Tikki.

-È un mondo che possiamo provare a costruire insieme- le suggerì la kwami, sorridendole incoraggiante.

-Dovremmo rientrare. Domani vedrò di recuperare il miraculous, e magari proverò a scusarmi- rientrò in camera, pronta per andare finalmente a dormire.

Senza essere a conoscenza che l’oggetto dei suoi dubbi e dei suoi sfoghi non era scomparso nella notte, ma si era semplicemente mimetizzato tre le sue ombre.

E sorrideva soddisfatto dalle nuove informazioni.

-Hai sentito, Plagg? Le piaccio!- commentò con il suo kwami, eccitato.

-Sai che sorpresa- Plagg alzò gli occhi al cielo, per niente impressionato -Ora per favore puoi darmi il formaggio? Ho fame!- si lamentò poi.

-Certo, certo. Fammi prima tornare a casa- e dopo essersi trasformato con il nuovo gioiello magico che aveva deciso di tenere con sé, Romeo scomparve per davvero, tra le ombre della notte.

 

Hotel, Verona, Presente

Adrien non riusciva a tenere gli occhi aperti, ed era molto strano perché aveva dormito come un sasso, quella notte. Neanche il tempo di rientrare in camera dopo cena e prepararsi per andare da Marinette ed era completamente crollato. Non si ricordava neanche esattamente come, a dire il vero. Era praticamente svenuto sul letto e quando si era alzato quella mattina, grazie a Madame Bustier che aveva bussato a ogni camera, si era trovato lì, a malapena coperto e ancora con vestiti e scarpe addosso.

Eppure non riusciva a tenere gli occhi aperti, come se fosse stato sveglio tutta la notte.

Sbadigliando si avviò in mensa, e fu uno degli ultimi. Notò subito Marinette, in un angolo che parlava concitata con Rose e Juleka.

Appena lo notò gli fece un saluto, e lui iniziò ad avvicinarsi, sentendo quasi la stanchezza sparire.

-Adrien! Ti ho tenuto il posto!- lo interruppero due voci che parlarono all’unisono e gli si aggrapparono alle braccia, facendogli quasi perdere l’equilibrio. Lila e Chloe poi si lanciarono due occhiatacce reciproche.

-Grazie, ragazze, ma devo parlare con Marinette- cercò di scrollarsele gentilmente di dosso, ma loro non demorsero.

-Ma… Adrikins, sei stato con Marinette tutta ieri. Pensavo fossimo amici- Chloe lo tirò verso di lei, con sguardo da cane bastonato.

-Mi avevi promesso di passare un po’ di tempo con me, ieri. Non pensavo fossi tipo da rimangiarti le promesse- Lila lo tirò più delicatamente, con espressione ugualmente ferita.

Adrien voleva restare calmo e cercare un compromesso. Magari potevano sedersi tutti e quattro insieme, oppure poteva dividere il tempo.

Ma quando vide l’espressione preoccupata di Marinette, già pronta ad intervenire per salvarlo, e si rese conto di quanto gli desse fastidio essere trattato in quel modo, non riuscì a mantenersi calmo, e sbottò. Non fu estremamente sgradevole, né alzò la voce, ma era un gesto molto lontano da lui, che fece rimanere di stucco le due ragazze.

Si liberò con uno strattone le braccia.

-Non ho promesso niente a nessuno. Non vi è passato per la testa che forse mi piace stare con Marinette perché lei non cerca di forzarmi a fare cose che non voglio? E per inciso, mi da davvero fastidio quando vi appoggiate e me in questo modo, e vi chiedo gentilmente di smetterla. Ora vado da Marinette. Se volete starmi vicino così tanto venite voi, non obbligatemi a raggiungervi- e senza neanche guardarle si avviò dalla ragazza dai capelli scuri, la cui espressione divenne ulteriormente preoccupata.

-Adrien, tutto bene?- chiese, notando le occhiaie e la sfuriata molto poco da lui.

-Sì, sono solo stanco. Mi dispiace non essere venuto in camera tua ieri. Sono crollato appena entrato nella mia stanza- Adrien si sedette tranquillo, come se non fosse successo niente. 

Lila e Chloe erano già tornate al loro posto, cercando di non attirare ulteriormente l’attenzione, e Adrien non voleva pensare a loro.

-Non preoccuparti, sono crollata anche io a un certo punto. Vuoi che ti vada a prendere qualcosa?- Marinette sembrò capire che era meglio non nominare le due ragazze e andrò dritta al sodo.

-Non preoccuparti, vado io, devo solo…- Adrien fece per alzarsi, ma un giramento di testa improvviso per poco non gli fece perdere l’equilibrio. 

Marinette lo afferrò appena in tempo.

-Sicuro di stare bene?- chiese nuovamente, controllandogli la fronte per essere sicura non scottasse, ma sembrava normale.

Adrien arrossì leggermente a quel contatto, e si sedette.

-Forse ho dormito male- provò a supporre, anche se non aveva molto senso. Aveva dormito come un sasso e quasi dieci ore di fila. Al massimo poteva aver dormito troppo.

-Vado a prenderti qualcosa. Un cornetto al cioccolato e un caffè vanno bene?- chiese Marinette, alzandosi senza che lui potesse fermarla e controllando il cibo rimasto.

-Mi sembra perfetto. Conosci bene i miei gusti- Adrien le sorrise riconoscente e rimase seduto ad aspettarla.

Rose gli lanciò un’occhiata maliziosa.

-Allora… tu e Marinette…?- iniziò a chiedere, ma Juleka la interruppe, probabilmente notando che le guance del ragazzo si erano già fatte rosse.

-Hai sentito le ultime notizie? Pare che abbiano rubato al museo di Castelvecchio- rivelò, con la solita voce bassa e timida. 

-State parlando del furto al museo?! Ne stavo giusto discutendo con Nathaniel. Sapete che la teca era quella dove Marinette è andata a sbattere?- si introdusse nel discorso Alix, piegando la testa verso di loro dal tavolo accanto.

Adrien rimase a bocca aperta.

-Cosa? Davvero? Proprio ieri sera?- chiese, sconvolto. La coincidenza era davvero incredibile.

-Già! Hanno rubato un pugnale. Credete possano aver approfittato della crepa nel vetro?- iniziò a supporre Alix.

Rose la guardò storto.

-Non è colpa di Marinette! È solo una coincidenza!- ci tenne a dire, anche se nessuno aveva fatto supposizioni al riguardo.

-Ecco a te, Adrien. Di cosa stavate parlando?- la Marinette in questione arrivò con un piatto di cornetti e il caffè, che per poco non fece cadere a causa della sua goffaggine. In quello Adrien doveva ammettere che non somigliava affatto a Ladybug, ad eccezione del loro primo incontro da supereroi.

-Del furto al museo- spiegò Nathaniel, entrando nella conversazione.

Marinette sbiancò.

-Già, il pugnale della Dama Scarlatta- annuì, sedendosi pensierosa -Che brutta storia- 

-La polizia ha qualche indizio?- chiese Adrien, con una curiosità che non gli apparteneva del tutto.

-Nessuna impronta digitale. Le telecamere hanno ripreso una figura completamente nera e coperta da una maschera e un cappuccio- spiegò Alix, alzando le spalle.

Rose prese il telefono, e lo mostrò ai due ragazzi.

-Ci sono solo alcune foto. Purtroppo gli articoli sono in italiano- disse, un po’ abbattuta.

-Potremmo chiedere a Lila- provò a suggerire Juleka, cercando la ragazza con lo sguardo.

-Aspetta, fammi provare- Marinette prese il telefono e cercò di ricordare qualcosa delle lezioni di italiano di sua nonna.

-Furto al museo di Castelvecchio… figura mascherata. Ombra oscura? Sembra che il vetro sia scomparso nel nulla e c’è solo… della cenere?- alzò lo sguardo su Adrien, con un minuscolo dubbio che iniziava ad aggirarsi nella sua testa.

Il ragazzo osservava l’articolo con un sorrisetto che sembrava quasi soddisfatto.

Emise quello che sembrava l’accenno ad una risata divertita, ma che divenne presto un colpo di tosse.

Non capì neanche lui cosa fosse successo, ma per un attimo, mentre osservava la scena e sentiva il riassunto di Marinette, si era dissociato dal suo corpo, e gli era venuta una voglia assurda di ridere. Riuscì a trattenersi a stento, e non capì l’origine di quelle emozioni così strane.

Cercò di distrarsi mangiando il cornetto.

-Ha preso il pugnale e ha tagliato il ritratto della Dama Scarlatta- concluse Marinette, tornando all’articolo e porgendo il cellulare a Rose, che lo rimise in tasca.

-Credete sia tornato dalla tomba per vendicarsi?- suppose Juleka, interessata.

-Credete che Papillon possa aver akumizzato qualcuno?! Magari il proprietario del museo o qualcosa del genere- osservò Rose, un po’ preoccupata.

-Papillon è stato sconfitto, e il Miraculous della farfalla è il possesso di Purplefly, è impossibile che sia un akumizzato- la rassicurò Marinette, anche se il furto aveva decisamente qualcosa di misterioso. 

Adrien si limitò a masticare il cornetto, quasi forzandosi, perché pensare a Papillon, suo padre, scomparso nel nulla gli aveva chiuso la gola.

-Allora forse è un supercattivo italiano che imita l’Ombra Oscura? Magari ha anche lui un Miraculous?- continuò a speculare Alix, eccitata da tutta la faccenda.

Marinette si tirò fuori dalla conversazione.

-Adrien, com’è il cornetto?- chiese al ragazzo, per cambiare argomento, notando il suo fastidio.

-Non buono come quelli della tua pasticceria- Adrien le fece un occhiolino molto da Chat Noir, che la fece sorridere e arrossire leggermente.

-Mi segno l’informazione per quando torniamo a Parigi- promise la ragazza, facendolo sorridere a sua volta.

Un cornetto, un caffè e la sua più cara amica, collega e cotta. Gli bastavano queste tre cose per risollevargli il morale. 

Anche se c’era un tarlo fastidioso nella sua testa, come un virus dormiente in attesa di essere nuovamente risvegliato.

 

Balcone di Giulietta, Verona, Presente

C’è qualcosa di davvero strano nel visitare il balcone di Giulietta da single. 

Vedi decine di coppie felici in fila per farsi la foto, parecchi biglietti di chi si strugge d’amore e da un lato soffri perché non hai l’altra metà della mela, dall’altro non è così male evitare una fila per un amore che nella maggior parte dei casi non è destinato a durare per sempre.

Inoltre se hai solo quindici anni e stai studiando Romeo e Giulietta sai che non sono esattamente un modello da seguire. Si sono conosciuti, sposati illegalmente e sono morti nel giro di poco tempo. Non è il tipo di amore che Marinette aspira ad avere.

Eppure, sia lei che Adrien, raggiunta la prossima meta della loro gita, durante una visita guidata per la città, non possono fare a meno di pensare a quanto sarebbe bello essere là in coppia… essere una coppia, loro due. 

-Ragazzi, per la visita faremo gruppi da due e uno da tre. Avete un’ora per visitare la casa e scattare le foto o lasciare bigliettini. Ci vediamo poi sotto al balcone. Ora vi passerò i biglietti- Madame Bustier spiegò la situazione, iniziando a distribuire i biglietti di ingresso per visitare la casa.

Adrien e Marinette si girarono l’uno verso l’altro in una muta richiesta di stare insieme. Non che fosse da chiedere. Praticamente i gruppi da due si formarono istantaneamente: Ivan e Mylene, Rose e Juleka, Max e Ivan, Alix e Nathaniel, Sabrina con Chloe, anche se quest’ultima adocchiava Adrien con sguardo di fuoco. Oltre a Marinette e Adrien c’era una sola persona che restava fuori.

-Adrien, Marinette, posso unirmi a voi?- chiese Lila, con sguardo innocente e modi educati. Teneva le mani dietro la schiena imbarazzata e non osò avvicinarsi ad Adrien.

Beh, seppure un’ottima attrice, i due ragazzi apprezzarono questa attenzione.

-Va bene, Lila- acconsentì Adrien, cercando in qualche modo di rimediare per averla trattata troppo freddamente. A dire il vero avrebbe voluto restare solo con Marinette, ma sapeva dal principio che sarebbe stato impossibile farlo in quella tappa.

Almeno non c’era anche Chloe.

-Sapete, è una delle mie mete preferite. Vorrei tantissimo fare una foto sul balcone di Giulietta- cominciò a dire la ragazza, mettendosi tra Adrien e Marinette cercando di non far notare che li stava chiaramente separando.

-Mi sembra un’ottima idea. Che ne dici se vai sul balcone e io e Marinette ti aspettiamo giù e ti facciamo la foto?- propose Adrien, con un sorriso innocente, nascondendo i suoi veri intenti bene quanto la grande bugiarda.

-Non saprei, non dovremmo separarci- provò ad obiettare Lila, non riuscendo ad evitare di far trasparire la sua evidente irritazione dalla piega che aveva subito preso la conversazione.

-Ho un’idea. Potremmo fare un giro insieme e attendere insieme in fila per il balcone e poi quando è il tuo turno io e Adrien scendiamo e ti facciamo la foto. Così staremo insieme la maggior parte del tempo- propose Marinette, talmente abituata ormai ad evitare ogni possibile akuma che anche quando non ce n’era bisogno cercava in tutti i modi di mantenere calmi gli animi.

Certo, la sé di poco tempo prima, così insicura sulla propria cotta, non ci avrebbe pensato due volte a cercare ogni scusa per allontanare Lila da Adrien, ma a pensarci adesso, dopo tutto quello che era successo, quella ragazza non era più il nemico spaventoso che credeva fosse.

Era una ragazza sola che utilizzava enormi bugie per ottenere tutto ciò che voleva. Ma se si basa la propria vita su menzogne, non ottieni mai nulla di reale.

Marinette non sapeva da dove le venisse tale ottimismo, ma era decisa a tenerselo stretto, per una volta.

Lila la squadrò per un minuto buono, indecisa se fidarsi o no di lei, ma alla fine convenne che era l’idea migliore per fare la foto da una buona angolazione e passare più tempo possibile con Adrien.

La prima mezzora la passarono all’interno, ma presto Lila insistette per mettersi in fila al balcone, dato che Chloe sembrava in procinto i unirsi a loro e l’italiana non aveva intenzione di dividersi Adrien anche con lei.

Beh, dividersi non era la parola giusta. Più che altro si stava prendendo qualche pezzo qua e la rubandolo a Marinette.

I due ragazzi infatti non avevano smesso un secondo di chiacchierare tra loro, e sebbene Lila cercasse di entrare nella conversazione, dopo poche frasi ritornava ad essere nuovamente ignorata.

Non riusciva a credere che si fossero uniti tanto in così poco tempo?! Forse si erano avvicinati lavorando insieme? A saperlo, anche Lila avrebbe iniziato a lavorare per Gabriel Agreste.

-Sai, Lila, mancano solo un paio di persone prima di te, forse è meglio che io e Marinette scendiamo, così riusciremo a fare la foto senza perdere troppo tempo- propose Adrien, interrompendo i pensieri infastiditi della compagna di classe.

-Sei sicuro di non voler fare la foto anche tu, Adrien? Marinette potrebbe scattarla da sotto e noi sembreremmo proprio Romeo e Giulietta. Mi farebbe così tanto piacere- Lila tentò di rubare qualche momento solo con Adrien, ma non era il suo giorno fortunato.

-Romeo in realtà è sotto al balcone, non sopra- obiettò infatti Marinette, ricordando la tragedia di Shakespeare.

-Già, io e Marinette ci avviamo, così non ci metteremo troppo tempo e non intaserai la fila- Adrien non se lo fece ripetere due volte, e fece per prendere Marinette per un polso e trascinarla via con sé.

-Allora Marinette potrebbe farci una foto tu come Romeo ed io come Giulietta- insistette Lila, venendo bellamente ignorata ma impossibilitata a seguire i due per non rischiare di perdere il posto nella fila.

Una volta fuori dalla portata d’orecchio, Adrien sospirò.

-Che stress. Perché insiste così tanto?!- osservò, rallentando il passo e avviandosi lentamente sotto al balcone, per passare più tempo possibile da solo con Marinette.

-Forse dovresti essere più chiaro su quello che provi per tutte le ragazze che ti stanno attorno- ridacchiò Marinette, tenendo il passo e non lasciandogli la mano.

-Non credo che servirebbe, sono irresistibile- atteggiandosi come Chat Noir, Adrien fece qualche posa da modello, facendo ridere ulteriormente la sua accompagnatrice.

-Se continui così perderai un’ammiratrice, Romeo- lo prese in giro, dandogli due colpetti sulla testa per farlo tornare normale.

-Ow, che pugnalata al cuore. Perdere l’unica persona che voglio conquistare- Adrien si mise una mano al petto, melodrammatico, e Marinette alzò gli occhi al cielo, senza riuscire a non arrossire.

-Sarà meglio sbrigarci prima che Lila inizi a sclerare- Marinette accelerò il passo e troppo presto i due si ritrovarono sotto il balcone.

Lila non era ancora arrivata, così Marinette e Adrien ne approfittarono per guardare un po’ il cortile.

La statua di Giulietta era davvero bella, e i centinaia di biglietti appesi al muro intenerirono parecchio Marinette. Chissà quante storie contenute in quelle lettere avevano trovato un lieto fine.

Marinette si girò verso Adrien per condividere il proprio pensiero ottimista, ma le parole le morirono in gola quando notò il suo sguardo. Il compagno, infatti, fissava la statua di Giulietta con un cipiglio severo, quasi arrabbiato.

-Adrien, va tutto be…?- Marinette provò ad attirare la sua attenzione, ma la domanda preoccupata venne interrotta dalla voce di Rose, che la chiamò con una certa urgenza da una panchina poco distante, con un foglio in mano e occhi da cucciolo

-Marinette, Marinette! Hai una penna? Volevo scrivere una lettera a Giulietta!- le spiegò, saltellando da una parte all’altra e facendole cenno di avvicinarsi.

Marinette armeggiò nella borsa, ma era piuttosto certa di avere una penna. Dopotutto si portava sempre appresso un blocco per appunti, nel caso le venisse ispirazione per eventuali bozzetti.

-Certo, arrivo subito. Adrien, vado un attimo dai ragazzi, ci pensi tu a Lila?- Marinette mise una mano sulla spalla del compagno per attirare la sua attenzione, e il ragazzo si girò verso di lei come se fosse appena uscito da una trance, e le sorrise.

-Certo, ci penso io. Vai pure- la rassicurò, con la solita adorabile gentilezza.

Proprio in quel momento, mentre Marinette approcciava gli altri amici, Lila fece la sua spettacolare comparsa sul balcone, e quando vide che Adrien era da solo, pronto a farle la foto, le si illuminarono gli occhi.

-Oh, Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo! Rinnega tuo padre e rifiuta il tuo nome…- iniziò a recitare, dritto verso Adrien, in una ammirevole interpretazione e nella palese speranza che lui ricambiasse.

Lui non sembrò cogliere l’invito, e la fissò confuso e con la testa piegata da un lato.

Purtroppo, poco distante, Madame Bustier era ricomparsa e non si era persa la sentita recitazione di una delle sue allieve preferite, e sembrava entusiasta quanto lei dalla situazione.

-Oh, Lila! Che bella idea quella di interpretare la scena. Adrien, perché non continui?- suggerì quindi, tirando fuori il telefono per fare un video.

Avevano imparato il dialogo a memoria come compito in classe, quindi quello era un ottimo ripasso.

-Devo continuare ad ascoltarla o rispondere a ciò che dice?- recitò Adrien, con ben poca convinzione.

Lila continuò la sua parte, e il ragazzo lanciò un’occhiata di scuse verso Marinette.

L’amica si limitò a sorridere ed alzare le spalle.

Erano finiti i tempi in cui si lasciava condizionare da Lila e si ingelosiva per un nonnulla. Lei e Adrien ne avevano passate troppe, ormai, e Marinette aveva ormai imparato che un semplice discorso romantico non significava nulla se non c’era l’intenzione. 

Ed era palese che in Adrien non c’era l’intenzione.

-…Rinuncia quindi al tuo nome, Romeo, e in cambio di quello, che tuttavia non è una parte di te, accogli tutta me stessa- Lila concluse il monologo, e guardò Adrien aspettandosi una risposta.

Il ragazzo l’accontentò, ma invece di rivolgersi a lei, guardò Marinette.

-Ti prendo in parola, d’ora in avanti non sarò più Romeo, ma l’Ombra oscura, se vi garba, mia signora- cambiò però completamente atteggiamento a metà frase, e aggiunse pezzi che non erano assolutamente presenti nella versione originale.

-Che?- chiese Lila, sorpresa.

-Adrien, cosa stai dicendo? L’opera non fa così- commento Madame Bustier, confusa.

-Adrien…- Marinette azzardò qualche passo verso di lui, ma mentre si avvicinava, una bizzarra serie di eventi colsero alla sprovvista tutti coloro che avevano iniziato a seguire la faccenda.

Adrien si prese la testa tra le mani e si piegò in avanti, con un verso dolorante. Marinette si affrettò a raggiungerlo, ma le ginocchia le cedettero, e cadde rovinosamente a terra, iniziando a piangere senza riuscire a trattenersi.

Era un’emozione così inaspettata e ingiustificata che Marinette ci mise qualche secondo a rendersi del tutto conto di cosa stesse succedendo, e quando tornò del tutto in sé, sembrava come se il mondo fosse andato avanti senza di lei per qualche minuto.

Lila era già scesa. Lei e Chloe erano piegate verso Adrien. Madame Bustier stava parlando con delle guardie di sicurezza che si stavano avvicinando a loro mentre Rose, Alix e Nathaniel la stavano sorreggendo e offrendo dell’acqua.

-Che è successo?- chiese Marinette, guardandosi intorno confusa e cercando di avvicinarsi ad Adrien, che si stava alzando a sua volta e aveva appena sollevato la testa verso di lei, preoccupato.

-Siete collassati entrambi un secondo, poi tu sei stata stranissima. Ti sei guardata intorno come se non riconoscessi il luogo e hai fissato Adrien come se fossi spaventata, o arrabbiata, borbottando qualcosa sull’Ombra Oscura- spiegò Alix, l’unica non abbastanza sconvolta da essere del tutto ammutolita.

Marinette era senza parole. Non ne aveva alcun ricordo.

Si portò le mani alle orecchie, dove gli orecchini sembrava che le stessero bruciando la pelle, e cercò una scusa al volo per giustificare il mancamento.

-Devo aver avuto un calo di zuccheri. Ho mangiato poco a colazione. Mi dispiace avervi fatto preoccupare- mentì, alzandosi e sentendo in fretta le forze che le tornavano.

-Signorina, sta bene?- chiese una delle guardie allertate dalla professoressa, avvicinandosi per controllare la situazione, con un francese molto elementare.

-Sì, sto bene. Mi sento benissimo- la rassicurò lei, con un grande sorriso, prima di avvicinarsi ad Adrien, che stava venendo interrogato da un’altra guardia.

-Sto bene, agente. Forse ho preso una leggera insolazione, e ho dormito poco, questa notte- mentì anche Adrien, con la stessa espressione di Marinette.

-Scommetto che quei due hanno passato la notte svegli e insieme a fare chissà che cosa- commentò Kim, giunto da poco, e tirando gomitate maliziose verso Max. Marinette sperò davvero di essere stata l’unica a sentirlo, perché la sola idea che anche Adrien immaginasse quello che le era appena venuto alla mente era troppo imbarazzante da sopportare.

Ma aveva problemi più urgenti di un pettegolezzo.

-Adrien, tutto bene?- chiese Marinette, una volta che gli agenti se ne furono andati.

-Sì, io…- la risposta del biondo venne interrotta da Lila e Chloe, che gli si pararono davanti come a proteggerlo da Marinette.

-Gira a largo, Dupain-Cheng. Sta messo già abbastanza male senza che tu peggiori la situazione con la tua imbranataggine- la insultò Chloe.

-Non voglio certo sminuirti, ma forse tenervi insieme è pericoloso. Siamo già a due incidenti- commentò invece Lila, abbastanza forte da farsi sentire da Madame Bustier.

-Non vorrei certo allontanarvi, ragazzi, ma forse è meglio che nelle successive attività a coppie siate separati, per sicurezza. Adrien può restare con Lila, e Marinette può andare nel gruppo di Chloe e Sabrina- suggerì la professoressa, pensierosa.

-Cosa?! Non può stare con Sabrina e basta e farmi stare con Adrikins?- chiese Chloe, stringendosi al braccio di Adrien, che sembrava in procinto di staccarselo pur di evitare quel fastidioso contatto.

-No, Chloe, la mia decisione è presa. Magari lavorando insieme andrete anche più d’accordo- suggerì la professoressa, sempre gentile ma irremovibile.

Marinette avrebbe voluto obiettare, ma sapeva che sarebbe stato inutile.

Si limitò a sospirare, e annuire, lanciando una triste occhiata verso il ragazzo nascosto dalle due arpie.

Non aveva mai riposto molte speranze in quel viaggio, a dire il vero, ma stava andando tutto molto peggio di quanto avrebbe pensato.

Mentre rientravano nell’autobus per continuare il tour della città, che comprendeva anche il pranzo, Adrien riuscì ad avvicinarsi abbastanza a lei da sussurrarle qualcosa all’orecchio.

-Parliamo dopo cena-

E Marinette non era mai stata così felice di essere in punizione.

 

Hotel, Verona, Presente

Il resto della giornata era stato piuttosto tranquillo, dato che non c’erano state ulteriori attività divisi in coppie, ma Marinette doveva ammettere che non vedeva l’ora di tornare in camera, parlare con Adrien, e cercare di capire cosa fosse successo sotto al balcone.

Più ci pensava e meno riusciva a capacitarsi della stranezza della situazione.

Sicuramente i Miraculous avevano a che fare con gli eventi, ma come era possibile? Che centrasse il desiderio espresso da Papillon? Master Fu aveva intimato a Marinette di non utilizzare il Miraculous a meno che non fosse estremamente necessario. Forse era instabile. Ma perché cancellarle la memoria? E perché mai avrebbe dovuto parlare dell’Ombra oscura?

Passò la cena a rimuginarsi, perdendosi le chiacchiere di Alix, Nathaniel, Juleka e Rose, e quando finalmente fu l’ora di tornare in camera, riuscì a raggiungere Adrien per parlare.

-Adrien, vengo in camera tua o tu vieni nella mia?- chiese, pronta ad agire, e non pensando a quanto equivoca potesse sembrare quella frase. Per fortuna non se ne accorse, o sarebbe diventata più rossa della sua tuta da supereroina.

-Oh, salve. Mi dispiace ma sono molto stanco, stasera. Che ne dici di parlarne domani? Ho davvero bisogno di dormire- Adrien le lanciò un’occhiata scostante e un sorriso falso, che lasciò Marinette interdetta per qualche secondo.

-Cosa? Non possiamo parlare almeno cinque minuti? La situazione è strana e magari potremmo chiamare Master Fu e…- Marinette gli mise una mano sulla spalle per fermarlo e farlo ragionare, ma Adrien si liberò dalla sua presa con uno strattone.

-…e farci tornare a Parigi? No, grazie! È stato un mancamento di poca importanza. Dobbiamo solo riposare entrambi. Buonanotte, coccinella- Adrien la superò con un occhiolino e la precedette in corridoio, lasciandola immobile e incredula.

Adrien si comportava in maniera davvero bizzarra. La faccenda si faceva sempre più strana.

Marinette tornò in camera sua decisa a chiamare Alya e mettersi in contatto con Fu tramite Purplefly, ma si interrompe poco prima di avviare la chiamata.

Forse stava esagerando. Non aveva senso agitarsi tanto per quello che con tutta probabilità era davvero un calo di zuccheri, o un colpo di sonno, o una conseguenza della botta alla testa che aveva ricevuto il giorno prima.

Perché rovinare la giornata di Alya e mettere inutilmente in allerta Fu quando poteva semplicemente stare un po’ più attenta e indagare da sola.

Le arrivò una videochiamata da Alya proprio mentre ponderava se parlare o tenersi tutto dentro, e decise per il momento di non tirare fuori l’argomento, e rispondere e basta.

-Ciao, Alya, come va?- chiese, con un sorriso un po’ forzato.

L’amica non sembrò rendersi conto che qualcosa non andava, perché era troppo entusiasta.

-Pretendo che tu mi faccia una statua per essere la migliore amica del mondo!- esordì infatti, portando il volto in primissimo piano e quasi spaventando Marinette.

-Woo, che ha fatto Purplefly quest’oggi?- chiese Marinette, divertita dal suo entusiasmo.

-Deduco dal tuo sbandierare ai quattro venti la mia identità che sei da sola in camera, quindi ti dirò tutto…- Alya ridacchiò, schiarendosi la voce e cercando di creare un po’ di suspence. Marinette decise che non le avrebbe rovinato la soddisfazione con le sue paranoie.

-Su, racconta!- incoraggiò invece l’amica, che decise di sputare il rospo.

-Ho sventato una rapina nella tua pasticceria!- le rivelò, orgogliosa.

Marinette, già pronta ad esultare, impallidì.

-Cosa?! Hanno tentato di rapinare la mia pasticceria?! Mamma e papà stanno bene?- chiese, preoccupata.

-Certo! Non è stato facilissimo perché il ladro era molto organizzato e un sostenitore di Papillon, ma ho creato il mio primo akuma buono, tua madre, e ho arrestato il manigoldo senza che rubasse nulla, ci puoi giurare!- le rassicurò Alya, facendosi la croce sul cuore.

-Sei davvero la migliore amica del mondo. Avrei tanto voluto vedere mia madre akumizzata a fin di bene- commentò Marinette, rassicurata. 

Chiacchierarono per un’altra mezzora delle rispettive giornate. Marinette raccontò della punizione di Madame Bustier, ma non accennò all’improvvisa perdita di memoria e gli strani riferimenti a Ombra Oscura e Dama Scarlatta.

Alla fine, il sonno iniziò a chiuderle le palpebre.

-Oggi niente Adrien?- chiese Alya, provando a svegliarla.

-Dice di aver dormito male, e che preferisce andare a letto presto. Almeno domani potremo uscire la sera insieme agli altri- Marinette cercò di vedere il bicchiere mezzo pieno.

-Sperando che le solite terze incomode non rovinino tutto. Pretendo quell’appuntamento a quattro, appena tornati. Non scordarlo- Alya era determinata.

-Lo spero quanto te. Ma adesso è meglio chiudere, mi sta salendo un grande sonno- Marinette sbadigliò, e Alya sembrò capire.

-Fa sogni d’oro, Marinette. Domani devi essere sveglia e pimpante per l’operazione Giardino Segreto 2.0- la incoraggiò, decisa.

Marinette ridacchiò, e dopo i rispettivi saluti, chiuse la chiamata.

Si stiracchiò, ripensando ai fatti salienti della giornata, e toccando con attenzione gli orecchini.

Per fortuna li aveva portati in gita, perché se qualcuno avesse provato a rubarli sarebbe stato pericoloso.

Aprì la sua borsetta con attenzione e accarezzò Tikki. Il kwami non si era ancora ripreso dall’uso dei Miraculous che aveva fatto Papillon, e dormiva la maggior parte del tempo. Marinette avrebbe tanto voluto poter chiedere aiuto a lei.

Decise di non pensarci, mettersi in pigiama, e andare a dormire.

 

Balcone di Giulietta, Verona, Presente

Una figura con un mantello e una maschera nera giocherellava distrattamente con il pugnale che aveva trafugato il giorno prima. Dapprima tenendolo in equilibrio sul dito, poi lanciandolo e riprendendolo al volo.

Sembrava annoiato e in attesa di qualcosa, o qualcuno. Era appollaiato sulla balaustra del balcone di Giulietta, e il suo sguardo era fisso sulla statua nel cortile sotto di lui.

Dopo l’ennesimo lancio del coltello, esso non gli ritornò in mano.

Sorrise.

-Speravo proprio che mi raggiungessi qui- commentò l’uomo, alzando la testa e puntando gli occhi verdi verso la figura appena arrivata, con il coltello in mano ben stretto come arma e abilmente in equilibrio sul tetto.

Indossava un corsetto rosso con pois neri, leggins scuri e una gonna corta con simile design. Al volto portava una maschera da carnevale di Venezia che lo copriva quasi interamente. I suoi capelli, neri con riflessi bluastri, erano acconciati in maniera davvero elegante.

-Che ci fai qui, Ombra Oscura?- chiese la nuova venuta, puntandogli il coltello contro.

Ombra Oscura non perse il sorriso, che anzi si ampliò. Un sorriso senza alcuna traccia di emozione ad eccezione di una cieca rabbia.

-Non lo so. Suppongo di essere un’anima errante che vaga nella terra per sfuggire all’inferno che merito. Piuttosto mi chiedo cosa ci faccia tu, qui. Pensavo che la pura Dama Scarlatta fosse già in Paradiso, accudita dagli angeli. Non vedevi l’ora di morire, dopotutto- la figura nera si stiracchiò, iniziando a camminare sulla balaustra e sentendosi il padrone della situazione.

La mano di Dama Scarlatta tremava leggermente, ma cercava in tutti i modi di apparire decisa.

-Sono qui per fermarti. Come ho sempre fatto e sempre farò- annunciò, preparandosi già a colpire.

-Forte, allora abbiamo lo stesso scopo. Anche se il mio si avvicina di più al: distruggere ogni singola traccia di te dall’intero universo!- gli occhi di Ombra Oscura brillarono, la sua mano destra si caricò di potere distruttivo, e attaccò la sua rivale.

Dama Scarlatta evitò il primo attacco, e ricambiò con il pugnale, che però era del tutto inutile, ormai, almeno contro gli esseri umani.

Colpì con la massima potenza il braccio di Ombra Oscura, ma gli procurò solo una ferita superficiale, facendolo ridacchiare.

-Ci andiamo giù pesante, coccinella- commentò l’uomo, per niente turbato, prendendo il bastone con la mano libera e iniziando ad attaccare la donna su due fronti.

Lei iniziò a schivare, con grande abilità, usando lo yoyo per deviare i colpi del bastone.

Lo scontro passò preso dal balcone al tetto, ed infine sul cortile.

Dama Scarlatta lanciò il coltello con un gesto abile in modo che facesse il giro di un boomerang, e approfittò della distrazione di Ombra Oscura, troppo impegnato a schivarlo, per afferrargli il bastone con lo yoyo e disarmarlo.

-Non puoi sconfiggermi. Questa volta non permetterò che semini il panico a Verona- lo minacciò, tenendo il bastone e lo yoyo con entrambe le mani.

Affrontare la sua nemesi le aveva donato nuova sicurezza, e gli occhi azzurri dietro la maschera mandavano scintille.

Ombra Oscura iniziò ad indietreggiare, andando quasi a sbattere contro la statua di Giulietta.

-Hai vinto una battaglia, forse. Ma non la guerra- le promise, sollevando la mano destra dietro di lui e colpendo la statua, che sparì in un cumulo di cenere.

Dama Scarlatta sobbalzò, e gli si avvicinò pronta a fermarlo definitivamente.

-Non arrabbiarti tanto, non ti somigliava neanche. Tu eri molto più bella- Ombra Oscura le fece un occhiolino, e con un balzo tornò sul tetto, sfuggendo alla ragazza.

Dama Scarlatta provò a riacchiapparlo con lo yoyo, ma il commento l’aveva destabilizzata, e sbagliò la mira, lasciandoselo sfuggire tra le ombre della notte.

La donna era pronta ad inseguirlo, ma un attacco di tosse la fece accasciare a terra.

Il bastone le sparì dalle mani, segno che il rivale si era ritrasformato.

E capì che probabilmente era il caso di fare altrettanto.

-Vincerò io la guerra. È una promessa!- annunciò al nulla, rimettendosi in piedi e tornando da dove era venuta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Allora, da dove cominciare?

Magari dal fatto che ho aggiornato a Febbraio e siamo a Ottobre… quasi?

Scusate per il ritardo gigantesco. Tralasciando l’ispirazione a terra, e alcuni esami che ho dovuto fare, sono anche stata impegnata in altri progetti e ultimamente la mia passione per Miraculous è un po’ scesa (in realtà è scesa già dall’inizio della terza stagione, quindi potete immaginare). Ma questa storia troverà una conclusione, dovessi metterci anni. Sono troppo affezionata alla trama che ho scelto, anche se contraddirà un triliardo di cose che vengono dette dalla terza stagione in poi ma dettagli.

Spero che qualcuno ci sia ancora a leggere questa storiella scritta con poche pretese ma molta determinazione, e se vi andasse di lasciare una recensione posso assicurarvi che accelereste il processo creativo ^^’

Ma niente pressioni. Visto il ritardo non pretendo e non merito assolutamente nulla se non delle critiche, probabilmente.

Spero di riuscire a pubblicare il prossimo capitolo in meno di otto mesi (cavolo è stata una gravidanza con parto prematuro) e spero ancora di più che almeno questo capitolo vi piaccia.

C’è la famosa scena del balcone… x2. E un combattimento finale che non so scrivere.

E momenti pucciosi tra Adrien e Marinette, che ripagano un po’ del fatto che effettivamente succeda poco.

   
 
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