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Autore: Lamy_    04/10/2020    0 recensioni
Il sergente Hank Voight e la procuratrice Daphne Collins continuano la loro relazione e continuano a lavorare insieme, cercando di trovare un equilibrio fra vita privata e professionale.
Hank è pronto a fare il grande il passo, ma i suoi piani vengono ostacolati da un omicidio che mette in allerta l’intero Paese. Daphne si trova così coinvolta e viene mandata sotto copertura per risolvere il caso.
Quanto si è disposti a infrangere le regole per la persona che ami?
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hank Voight, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PARTE SECONDA
 
Daphne tremava mentre camminava piano sull’erba. La vittima si trovava su una collinetta erbosa e lei faceva fatica a proseguire dato che i tacchi si infilzavano nella terra.
“Ti serve una mano, principessa? Con quelle scarpe ci metterai una vita!” strillò Carter ridendo.
La donna stava per scivolare quando Kevin l’afferrò per il gomito in tempo.
“Grazie, Kevin. Mi sa che queste scarpe non sono adatte per una scena del crimine.”
Hank dall’alto osservava la scena e sarebbe andato lui stesso ad aiutare Daphne se non ci fosse stato Lopez a tenerlo sott’occhio. La loro relazione era un danno per la valutazione, pertanto lei doveva dimostrare di sapersela cavare da sola. Fortunatamente Daphne era davvero in gamba.
“Sergente, la vittima è Hannah Lester, collega di Manners. Un mese fa entrambi sono stati selezionati per il programma di sicurezza, ecco perché anche a lei hanno asportato l’occhio.”
Kim mostrò alcuni documenti a Voight, indirizzi, foto e dati personali.
“Anche lei proteggeva i nomi degli informatori?”
“Non solo. Proteggeva le nuove identità degli informatori.”
“Eccomi! Che abbiamo?” chiese Daphne, aveva l’affanno per la salita.
“Daphne, ho bisogno di avere le informazioni che le vittime proteggevano. Puoi fare qualcosa per averle?”
“Chiederò alla procura. Farò il possibile, anche se richiedere certe informazioni di massima sicurezza è difficile.”
“Ti ringrazio. Noi nel frattempo revisioniamo il caso da capo e cerchiamo di risalire all’identità dell’assassino.”
“Io vado in procura e parlo con i miei contatti nella speranza di accelerare i tempi.”
“Ti accompagno io.”
Approfittando della distrazione di Carter, Hank e Daphne raggiunsero l’auto e sfrecciarono verso il palazzo della procura.
 
Daphne guardava le sue scarpe con sguardo affranto, erano ormai rovinate e doveva buttarle.
“Ho bisogno di un nuovo paio di scarpe. Peccato, queste si intonano bene con la borsa.”
Hank le lanciò un’occhiata di traverso e tornò a concentrarsi sulla strada.
“Pensi alle scarpe per non pensare alla valutazione? Lo capisco che sei agitata.”
“Io … beh … sì, ovvio che sono agitata. Ho lavorato sodo per diventare procuratrice. Però se Ross non fosse morto io sarei ancora la sua vice.”
“Non dire così. Sei stata scelta perché sei brava. Potevano scegliere un sostituto qualsiasi, invece hanno voluto te. Daphne, sei intelligente e lavori in maniera perfetta.”
“Lo dici solo perché sono la tua fidanzata.”
“No. Lo dico perché abbiamo collaborato anche prima di stare insieme e ti sei dimostrata eccezionale. La tua carriera non dipende dalla morte di Ross né dalla nostra relazione, dipende solo dalle tue ottime capacità.”
Daphne sorrise, era raro che Hank fosse così aperto e le faceva piacere.
“Grazie per il supporto. Ne ho davvero bisogno.”
“Sempre a disposizione.”
 
Daphne entrò a passo deciso in procura, tutti erano a conoscenza della valutazione e voleva mostrarsi determinata come suo solito. Salutava i colleghi con un sorriso gentile mentre si dirigeva verso il suo ufficio con Hank alle calcagna.
“Perché siamo nel tuo ufficio?”
“Perché devo cambiarmi le scarpe. Non posso affrontare il direttore in queste condizioni. Purtroppo alle volte l’apparenza conta, specialmente nel mio lavoro. Novità dalla squadra?”
Hank controllò il cellulare alla svelta ma non trovò nessuna notifica, il tempo scorreva e loro non avevano nulla in mano.
“No, niente. Credo che a quest’ora quei dati siano già su piazza.”
Daphne emise un sospiro, era una brutta faccenda e sembravo bloccati ad un vicolo cieco. Cambiò rapidamente scarpe, si sistemò i capelli e si abbottonò la giacca.
“Sono pronta. Ti sembro cazzuta al punto giusto?”
Hank alzò gli occhi al cielo e poi la baciò con fervore. Lei si abbandonò a quel momento sorridendo contro le labbra del sergente.
“Sei perfetta.”
“E’ per questo che hai deciso di sposarmi.”
Daphne rise, lo afferrò per il bavero della giacca e lo trascinò verso l’ufficio del dirigente. Lungo il tragitto incontrarono Beth, la segretaria dell’ufficio.
“Procuratrice Collins, come posso aiutarla?”
“Sto cercando il direttore. E’ disponibile?”
“Il direttore non è in ufficio al momento. E’ stato convocato dal sindaco per una questione urgente. Vuole prendere appuntamento?”
Daphne si massaggiò le tempie in cerca di una soluzione, non potevano perdere altre ore preziose.
“No, grazie. Non è necessario. Buona giornata.”
Hank fu di nuovo strattonato da Daphne con forza, sembrava improbabile che una donna come lei avesse tanta forza. Lo portò al piano terra dove si trovavano gli uffici informatici. Entrando, vide una cinquantina di computer e addetti che smanettavano sulle tastiere.
“No! Non ti permettere!” gridò un uomo.
Daphne lo fulminò con gli occhi e andò dritta verso di lui, quasi lo aggrediva ad ogni passo che faceva.
“Greg, ho bisogno di te. Si tratta di vita o di morte.”
“No, no, no! L’ultima volta che hai avuto bisogno di me abbiamo guardato per tre ore il sito di Gucci!”
“Perché c’erano i saldi e io volevo quella borsa! Suvvia, è una borsa troppo bella!”
Hank guardò la sua fidanzata con freddezza, la stava rimproverando con lo sguardo. Daphne se ne accorse e abbozzò un sorriso imbarazzato.
“Vattene via!” disse Greg, terrorizzato.
Il sergente, stanco di quei giochetti stupidi, strinse il polso del ragazzo e lo squadrò da capo a piedi.
“Sta zitto e ascoltata, non farmi innervosire.”
“O-okay. Che vi serve?”
“Dobbiamo accedere ad alcuni dati criptati. Sono stati uccisi due membri del nuovo progetto di massima sicurezza che protegge i dati sugli informatori e le loro nuove identità. Abbiamo bisogno della lista completa degli informatori.”
“Cosa? No, no! E’ impossibile superare quel tipo di sicurezza!” obiettò Greg.
“Se non lo fai … dico a tutti che fingi di essere vegano perché ti piace Mike!” bisbigliò Daphne.
Greg arrossì e abbassò la testa, era stato beccato sul fatto.
“E va bene. Datemi due ore.”
“Hai un’ora.” Disse Hank.
 
Daphne beveva meccanicamente il caffè, persa a fissare la parete bianca di fronte a sé. Aspettava che Greg le inviasse la lista, era agitata e quel terribile caffè non sembrava sortire effetto.
“Eccoti qua.” Disse una voce alle sue spalle.
Carter la guardava con un sorriso malizioso dallo stipite della porta.
“Che vuoi? Non posso neanche bere un caffè in pace.”
“Sei davvero bella, sai? Dico davvero.”
Daphne si sentì a disagio all’improvviso, la presenza dell’avvocato la metteva in soggezione.
“Io torno dagli altri.”
“Aspetta, resta con me ancora un po’.”
Carter la bloccò contro la parete e le accarezzò il collo lentamente.
“Lasciami, Carter. Adesso.”
“Non devi mentire. Lo so che sei attratta da me.”
Daphne cercò di svincolarsi ma lui rafforzò la presa sulla sua spalla in modo che non scappasse.
“Lasciami andare o giuro che mi metto a urlare.”
“Ehi, hai sentito? Lasciala andare.” Tuonò la voce di Kim, appena entrata nella stanza.
Carter mollò la presa e indietreggiò, dopodiché se ne andò senza dire una parola. Daphne buttò fuori l’area che aveva trattenuto. Kim subito l’abbracciò.
“Stai bene?”
“Sì, sto bene. Grazie mille, Kim.”
“Figurati. Ti accompagno da Voight?”
“No. – disse Daphne – Voight non deve saperlo per ora. Lui non reagirebbe bene e metterebbe in discussione il caso. Gli racconterò tutto quando avremo risolto il caso.”
Kim annuì e l’abbracciò ancora per calmarla.
“D’accordo. Andiamo, dai, ci sarò io con te.”
“Grazie.”
 
Hank non capiva perché Daphne fosse turbata. Solo pochi minuti prima l’aveva ridere con Adam, invece ora aveva le mani che tremavano e si teneva lontana da tutti. Stava per chiederle come stava quando Lopez sventolò in alto alcuni fogli.
“Ecco la lista! Ci sono all’incirca duemila nomi.”
“Non possiamo controllarli tutti, non c’è tempo.” disse Hailey.
“Abbiamo un grosso problema!”
Jay era appena rientrato da un incontro con un suo informatore, era rosso in viso per aver corso. Hank si mise le mani in tasca e inarcò le sopracciglia.
“Quale problema?”
“L’assassino sta vendendo le informazioni che ha rubato. Il mio informatore ha detto che un paio d’ore fa per le strade si è sparsa la voce di un tizio che vende dati sulle spie che collaborano con la polizia. I capi delle gang e i criminali stanno facendo a gara per accappararsi quei nomi, sono disposti a pagare cifre esorbitanti.”
“Sappiamo il nome del venditore?”
“Si fa chiamare Junk, ma nessuno sa il vero nome. Il mio informatore dice che è un bianco, trenta anni, e che è entrato nel mondo criminale da poco.”
“Cercate qualsiasi cosa su questo Junk: liste di carcerati, arresti, nomi e cognomi, locali, tutto quello che può esserci d’aiuto. Jay, tu e io pensiamo ad organizzare un incontro con questo Junk.”
 
Un’ora dopo la squadra aspettava che il sergente finisse di parlare con la Platt per definire i dettagli dell’operazione. Daphne se ne stava accanto a Kim in silenzio, evitava di incrociare lo sguardo di Carter a tutti i costi e si fissava la punta delle scarpe. Sospirò di sollievo quando Hank tornò da loro, averlo vicino era una consolazione.
“L’operazione è stata modificata perché nella lista sono indicati anche i nomi dei poliziotti. L’unico nome non riportato è quello di Kevin. Lui andrà sotto copertura e fingerà di voler acquistare le informazioni per conto di una gang.”
“Non può andare da solo. E’ troppo rischioso.” Disse Adam.
“Lo sappiamo. – disse la Platt – Per questo ho convocato un collega della narcotici che non è nella lista. Arriva da fuori città, quindi per ora non se ne fa nulla.”
“Ma non c’è tempo!” sottolineò Hailey.
“Posso andare io con Kevin.” Propose Daphne.
Hank le rivolse uno sguardo che le fece raggelare il sangue, ma mantenne un certo contegno.
“Non puoi perché non sei addestrata. Non mando una civile sotto copertura.”
“Hank, non possiamo perdere tempo prezioso. La collega della narcotici impiegherà ore ad arrivare e nel frattempo morirà un sacco di gente. Fidati di me.”
“No.”
Daphne supplicò Kevin con gli occhi e il ragazzo cedette alla muta richiesta dell’amica.
“Sergente, l’idea non è male. Daphne potrebbe fingere di essere la moglie di qualche criminale e io potrei essere la sua guardia del corpo. Ha ragione lei, non abbiamo molto tempo.”
Hank fece spallucce e strinse i pugni nelle tasche dei jeans, detestava quell’idea anche se in verità era una soluzione ottima.
“Va bene. Kevin, ti avverto che se le succede qualcosa io ti uccido con le mie mani.”
“La proteggerò a costo della mia vita, sergente.”
Daphne sorrise compiaciuta, di sicuro partecipare a un’operazione sotto copertura avrebbe segnato un buon punto per la valutazione.
“Grazie per la fiducia.”
Hank scosse la testa e si rintanò nel suo ufficio, aveva un bel po’ di rabbia da sbollire.
 
Daphne si accertò che il microfono fosse ben piazzato quando Hank entrò nello spogliatoio. La sua fidanzata indossava un paio di leggins neri di pelle, una camicetta rossa e una giacca di jeans che la rendevano diversa dal solito. La Platt aveva fatto un buon lavoro di trasformazione.
“Lo so, lo so, questi vestiti sono orribili. Insomma, chi metterebbe mai questa camicetta?!”
Hank non rise, era infuriato con lei per quella scelta sconsiderata.
“Stai rischiando grosso. Non avresti dovuto proporti.”
“Non farmi la paternale, per favore. Ci sarà Kevin con me e voi sarete fuori pronti ad ogni evenienza. Ho interpretato Malefica alle scuole medie, direi che sono brava a recitare.”
“Daphne …”
“Non aggiungere altro. Ti prego. Lascia che ti dia una mano solo per questa volta.”
Prima che il sergente dicesse altro, Daphne ne approfittò per baciarlo. Era un modo per zittirlo ma anche per avere un pizzico di sicurezza.
“Torna tutta intera.”
“Sarà fatto, sergente. Ti ricordo che devi ancora sposarmi.”
 
Kevin e Daphne arrivarono sul luogo dell’incontro, scesero dall’auto e si posizionarono in modo che la squadra avesse su di loro la visuale. Pochi minuti sopraggiunse un’auto con i vetri oscurati che parcheggiò di fronte a loro.
“Ci siamo.” Sussurrò Kevin.
Un uomo bianco, trent’anni circa, biondo e coperto di tatuaggi sulle braccia, li salutò con un breve gesto del capo.
“Siete Barbara e Lonny?”
Daphne lo squadrò da capo a piedi con finta indifferenza, si era calata bene nella parte.
“Sì. E tu sei Junk?”
“Sono io. Allora, che vi serve?”
“Mio marito è Alex Walker, quello beccato dalla polizia il mese storico durante una retata per droga. So che qualche stronzo lo ha tradito spifferando agli sbirri dove si trovava il capannone con la roba.”
“Conosco il caso. Tuo marito è stato arrestato, vero?”
Daphne si guardò la fede fasulla e simulò tristezza per la lontananza del marito.
“Già, quegli sbirri di merda non mi hanno nemmeno permesso di salutarlo. Capisci perché voglio vendetta?”
“Capisco bene. Qui con me ho quello che ti serve. Tu hai portato i soldi?”
Kevin gli mostrò un borsone pieno e lo gettò a terra ai piedi di Junk.
“Centocinquantamila in contanti come volevi tu.”
“Ora dammi quelle informazioni.” Disse Daphne.
Junker sogghignò, tirò fuori la pistola e la puntò contro di lei. Kevin a sua volta cacciò la pistola ma Daphne lo fermò alzando l’indice.
“Junker, Junker, Junker. Stai commettendo un grave errore. Non ti conviene minacciare una donna come me. Io ho amici potenti che possono eliminarti da un giorno all’altro.”
“Non mi fido di voi due. Una bianca e un nero insieme non me la raccontano giusta.”
“Beh, io ho assunto Lonny perché ha due spalle di cemento armato. Non me ne frega un cazzo del colore della sua pelle. Sei razzista, Junker? Bello, sei proprio uno stronzo.”
“L’accordo è saltato. Non mi fido.” Ripeté Junker.
“A tuo rischio e pericolo.” Lo avvisò Daphne.
Junker montò in macchina ma, prima che potesse andarsene, l’Intelligence gli bloccò ogni via di scampo. Adam e Kim lo sbatterono contro il cofano mentre lui si dimenava.
“Polizia di Chicago, ti dichiaro il arresto!” disse Kim.
Daphne gli accarezzò la guancia a sfottò, poi gli diede uno schiaffo sulla tempia.
“Sai, Junker, sei davvero un coglione. Stammi bene in carcere, saluti!”
“Sei stata fenomenale! Sembravi una tipa da gang.” Disse Jay ridendo.
“Ehi, questa ragazza sa il fatto il suo!” replicò Daphne facendo l’occhiolino.
Da lontano Hank sorrise perché era fiero di come erano andate le cose e soprattutto di come Daphne avesse superato le sue aspettative.
 
Daphne si era cambiata e stava scendendo le scale per raggiungere Hank che l’aspettava in macchina. Vide la Platt da sola e si soffermò al banco all’entrata.
“Trudy, posso chiederti un favore?”
“Certamente. Di che hai bisogno?”
“Vorrei che tu facessi una ricerca su Carter Wright. So che ha lavorato come avvocato d’ufficio in molti distretti e mi chiedevo se fosse mai stato accusato di molestie.”
La Platt strabuzzò gli occhi.
“Per caso lui ….”
“Sì, ha dato fastidio anche a me. Vorrei sapere se ci sono altre donne come me e come potrei aiutarle. Sono convinta che Carter abbia insabbiato tutto.”
“Farò il possibile. Tu va a goderti la serata, so che sei stata grande sotto copertura.”
“Grazie mille!”
Daphne trovò Hank che picchiettava le dita sul volante, si stampò un sorriso in faccia e aprì la portiera.
“Eccoti finalmente. Tutto okay?”
“Certo. Mi sono fermata a salutare Trudy. Andiamo a casa? Muoio di fame.”
Voight sapeva che la fidanzata nascondeva qualcosa, il suo sorriso era forzato e non faceva battute da troppe ore. Non disse nulla, guidò come se niente fosse per non metterle pressione.
 
Hank di sottecchi guardava Daphne che se ne stava rannicchiata all’angolo del divano a leggere un libro.
“Che c’è, Daphne? Parla con me.”
“Va tutto bene. Cosa ti devo dire?”
“Non va tutto bene. Sei strana. Sei troppo silenziosa e pensierosa. Sei preoccupata per l’esito della valutazione?”
Daphne richiuse il libro e lo depose sul tavolino, ora la maschera di indifferenza era caduta.
“Devo dirti una cosa, Hank. So che ti infurierai e … e mi dispiace …”
“Parla.”
“Stamattina mi sono allontanata per bere un caffè e Carter è venuto a parlarmi. Lui ha incominciato ad accarezzarmi il collo e poi mi ha tenuta attaccata al muro perché non me ne andassi.”
“Lui ti ha toccata in qualche modo?”
Hank aveva la voce che tremava per la rabbia, le nocche erano bianche per quanto stringeva le mani a pugno.
“No, non mi ha fatto niente perché è arrivata Kim. Sto bene, dico davvero. E’ solo che ho chiesto a Trudy di fare una ricerca su Carter perché sospetto che sia un molestatore seriale. Ha lavorato in molti distretti e quindi con molte donne.”
Daphne lo abbracciò sia per calmarlo sia per lasciarsi consolare. Si rilassò fra le sue braccia quando Hank ricambiò la stretta.
“Quel bastardo la pagherà cara, te lo prometto.”
“Adesso basta parlare di Carter. Parliamo di cose belle, di noi, del nostro matrimonio.”
Entrambi sorrisero, almeno quell’argomento li rendeva felici.
“Io di certo non ho voce in capitolo per il matrimonio. Sceglierai tutto tu perché sei una maniaca del controllo.”
Daphne gli diede un pugno giocoso sul petto per poi mettere il broncio.
“Ah, sì? Bene, lascerò che sia tu a scegliere la trama e i colori delle tovaglie, a scegliere le bomboniere giuste, ad abbin-“
Le parole di Daphne morirono sulle labbra di Hank in un bacio ricco di passione. Erano anni che non si sentiva leggero e felice, da quando Camille e Will erano morti. Provare di nuovo quella marea di sentimenti era una bellissima sensazione.
“Sai una cosa? Fai tutto tu. Sei più brava di me.”
Lei scoppiò a ridere, consapevole che il sergente era negato per certe cose.
“Ci penserò ovviamente io. E tu che ne dici di pensare a me? Magari puoi prepararmi un bagno caldo e unirti a me.”
“Ai suoi ordini, signora.”
L’attimo dopo Daphne emise un gridolino quando Hank la prese in braccio a mo’ di sposa per salire al secondo piano.
 
UNA SETTIMANA DOPO
La gamba destra di Daphne tremava per l’agitazione. Si trovava in procura per avere l’esito della valutazione. Accanto a lei sedeva Carter con l’aria spavalda di chi crede di avere la vittoria in pugno. C’era qualcosa di strano in lui, un alone scuro intorno all’occhio destro malcelato dal trucco.
“Qualcuno ti ha preso a pugni?” indagò Daphne, curiosa.
“E’ stato il tuo fidanzato. Suppongo che tu sia soddisfatta.”
Daphne capì al volo che Hank doveva essere andato da Carter per pareggiare i conti e alla fine il prezzo da pagare era stato un bel gancio destro. In cuor suo sorrise, del resto Carter se lo meritava.
La porta del direttore si spalancò e Beth invitò i due candidati ad entrare. Insieme al direttore c’erano Crawford e il procuratore capo.
“Prego, accomodatevi.” Disse Beth.
Daphne si sedette con calma per non dare l’impressione di essere sul punto di urlare. Il direttore si inumidì le labbra prima di parlare.
“Poco fa ho ricevuto l’esito della valutazione. L’esaminatore è stato irremovibile sulla sua scelta. Vi annuncio con grande onore che Daphne Collins è ufficialmente la procuratrice distrettuale.”
Daphne si portò le mani sul petto dove il cuore batteva forte, finalmente i suoi sforzi erano stati ripagati.
“Vi ringrazio. L’onore è tutto mio, signore.”
“Certo, aprire le gambe al capo dell’Intelligence non è bastato. Magari hai aperto le gambe anche con l’esaminatore.” Disse Carter, irritato.
“Wright, si dia un contegno!” lo rimproverò Crawford.
“La procuratrice Collins non è il mio tipo.” Disse una voce.
Voltandosi, Daphne vide Diego Lopez poggiato alla parete. Era lui l’esaminatore che aveva agito nell’anonimato. E soprattutto era sposato con uno dei medici del Chicago Med.
“Lopez, la ringrazio per la fiducia. Non la deluderò.” Disse Daphne.
“Lei merita questo incarico. E’ andata sotto copertura senza esitare pur di salvare migliaia di vite. Chicago è in debito con lei. Ora vada a seguire il prossimo caso!”
Carter era sul punto di uscire quando Lopez lo afferrò per il polso.
“Carter tu resti qui perché ci sono ventidue denunce a tuo carico con l’accusa di molestie. Sarai radiato dall’albo degli avvocati e sarai processato.”
 
Daphne rincasò intorno alle otto di sera. Era sfinita ma contenta. Il nuovo caso riguardava un affare di droga finito nel sangue e perciò era delicato, ma sapeva che la procura contava su di lei e si sarebbe impegnata al massimo.
“Hank? Sono tornata!”
“Sono in veranda!”
Daphne rimase stupita da come Hank aveva apparecchiato un tavolo in veranda e aveva preparato la cena con tanto di champagne nel ghiaccio.
“Tutto questo è per me?”
“Bisogna festeggiare la nuova procuratrice del nostro distretto!”
Si abbracciarono brevemente, dopodiché il sergente stappò lo champagne e offrì un bicchiere a Daphne.
“Champagne? Wow, facciamo proprio le cose in grande.”
“Festeggiamo anche per un altro motivo: Carter è stato condannato a tre anni di carcere. Hai aiutato tante donne. Sono davvero fiero di te.”
“L’importante è che quel viscido verme sia stato fermato. Solo perché è un uomo crede di avere qualsiasi diritto sulle donne, è il manuale base del misogino perfetto. E grazie a te per avergli dato quel pugno, lo meritava.”
“E’ stato un piacere. E comunque, sei stata scelta perché quando ti arrabbi porti a termine il lavoro.”
“Anche tu quando ti arrabbi porti a termine il lavoro tra quale schiaffo e qualche minaccia.”
Hank sorrise contro il bordo del bicchiere e fece spallucce.
“Ognuno ha i propri metodi.”
Daphne prese posto e adocchiò i piatti, il suo stomaco brontolava da ore.
“Hai comprato tutto al ristorante all’angolo? Questo cibo ha un aspetto troppo buono perchè lo abbia cucinato tu.”
“Io sono un ottimo cuoco.” Disse Hank.
“Scherzi, vero? Sei pessimo! Lasci sempre la pasta troppo cruda, metti troppe spezie sulla carne e usi anche troppo sale.”
“Restituiscimi l’anello, non ti voglio più sposare.”
Daphne rise e si andò a sedere sulle gambe di Hank, poggiando la testa sulla sua spalla.
“Questo anello mi piace davvero tanto. E anche tu, sergente, mi piaci davvero tanto.”
“Non riesci a corrompermi, ragazzina.”
“Non chiamarmi così. Non sono una ragazzina, ho trentuno anni.”
“Ah, beh, sei vecchia effettivamente.”
Si misero a ridere insieme e il sergente ne approfittò per stringerla ancora di più.
“Che ne dici di cenare e poi fare una passeggiata? Ho voglia di camminare.”
“Come preferisci.”
 
Daphne si godeva l’aria fresca mentre camminava a braccetto con Hank. Stavano attraversando il parco e chiacchierando di tutto e di niente. Quelle erano le loro serate preferite, quando tornavano da una serata di duro lavoro e potevano poi trascorrere del tempo insieme per ricaricarsi.
“Lo hai detto alla tua famiglia che ti sposi?” domandò Hank.
“No. Lo sai come sono … loro non approvano.”
Daphne non aveva buoni rapporti con il padre e il fratello da quando la madre, dieci anni prima, era venuta a mancare per colpa di una malattia. Dopo la laurea si era trasferita a Chicago grazie ad uno stage e da allora erano rare le volte in cui chiamava la sua famiglia.
“Daphne …”
“Lascia stare. Lo sai che mio padre non approva la nostra relazione perché tu sei più grande di me e ovviamente mio fratello lo appoggia. Non voglio rovinarmi il matrimonio per colpa loro. Lo dirò a mia zia Mary e a zio Patrick, loro di certo verranno.”
Hank odiava il fatto che il padre di Daphne non vedesse di buon occhio la loro relazione, alla fine lei era adulta e in grado di fare le proprie scelte. Certo, venticinque anni di differenza erano una bella cifra, però per loro non contava niente. Insieme stavano bene, erano felici e si amavano molto di più delle coppie coetanee.
“Voglio solo che tu sia felice, Daphne.”
“A me basti tu, e il mio armadio pieno di borse e scarpe!” scherzò lei per alleggerire il discorso.
“Tu ami borse e scarpe più di tutto e tutti.”
Daphne si interruppe a metà strada e obbligò Hank a voltarsi, le loro figure facevano ombra sotto la luce della luna.
“Devo dirti una cosa, Hank.”
“Di che si tratta?”
“Ti ricordi quando mi hai chiesto di sposarti? Ecco, quella mattina sono andata in una agenzia viaggio per prenotare un weekend a Barcellona perché volevo chiederti di sposarmi.”
Il sergente rimase stupito, quella donna riusciva a lasciarlo senza parole ogni volta.
“Possiamo sempre andare a Barcellona, in fondo è il tuo sogno da sempre.”
“Davvero? Hank Voight prenderebbe tre giorni di permesso per volare con me a Barcellona?”
Daphne sorrise quando Hank l’attirò per i fianchi e le stampò un bacio sulle labbra.
“Farei qualsiasi cosa per la mia ragazzina. E poi la squadra è in ottime mani con la Platt.”
“Trudy li distruggerà.” Rise lei.
“Sì, è vero, ma almeno avranno imparato qualcosa in mia assenza.”
“Davvero andiamo a Barcellona?”
Hank si chinò a baciarla con maggiore trasporto, contento che lei lo assecondasse portandogli le braccia intorno al collo.
“Davvero. Possiamo partire il prossimo weekend. Scommetto che hai già pensato ad un programma.”
“Certamente. Ho in programma di visitare i luoghi meno rinomati della città, mangiare nei ristoranti più piccoli e accoglienti e passare notti intere a fare l’amore con quello schianto del mio fidanzato.”
“Mi piace come hai organizzato il tuo tempo.” sussurrò Hank.
“Non avevo dubbi.”
Daphne si morse le labbra e poi lo baciò ancora, non si stancava mai della sensazione meravigliosa che le provocava stare vicino a lui.  
“Anzi, possiamo partire anche questo fine settimana. Che ne dici?”
“Sei impazzito? Tu non molli mai il lavoro così da un momento all’altro.”
Hank negli ultimi trenta anni della sua vita aveva solo lavorato, lui e Camille non si erano mai presi una pausa e neanche con Justin avevano mai trascorso del tempo insieme in vacanza. Con Daphne, invece, voleva vivere ogni istante perché non avrebbe sprecato quest’occasione come aveva fatto in passato. Sacrificare la famiglia per il lavoro non ne valeva più la pena.
“Sì, sono impazzito. Allora, partiamo?”
Daphne lo abbracciò forte e gli schioccò un bacio sulla guancia.
“Partiamo!”
 
Salve a tutti! :)
A quanto pare tutto è bene quel che finisce bene.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Grazie per aver letto.
Un bacio.
 
 
  
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