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Autore: Nao Yoshikawa    05/10/2020    3 recensioni
Londra è messa in ginocchio da una banda criminale il cui capo è James Moriarty. Tra i diversi uomini che lavorano per lui vi è un sicario che tutti temono e tutti evitano: Eurus Holmes, una donna conosciuta per il suo particolare modo di uccidere le vittime, con la sola lama di un coltello.
Ma non sarà il sangue a dare soddisfazione a Eurus. Ciò che lei desidera più di ogni altra cosa è proprio Moriarty. Ma come quest’ultimo le ripete “non appartiene a nessuno”.
O forse non è del tutto vero.
Terza classificata al contest “Overly Specific Writing Prompts” indetto da fantaysytrash sul forum di EFP.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Eurus Holmes, Jim Moriarty, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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La prediletta
 

 
In un cognome poteva nascondersi una crudele ironia.
Eurus Holmes era un sicario, la più temuta di Londra e dintorni. Dai capelli neri e il viso pallido come una bambola di porcellana, era dotata d’intelligenza, scaltrezza e agilità. Si poteva quasi dire che fosse gentile nel suo modo di uccidere le vittime. Eurus infatti agiva con una sola arma: un coltello dalla lama sottilissima, così tanto che sarebbe bastato poggiarla sulla pelle per creare un profondo taglio.
Si dava il caso che suo fratello maggiore, Sherlock Holmes, fosse uno dei detective più capaci della città, in grado di arrivare lì dove la stessa Scotland Yard alle volte faticava a giungere.
Fratello e sorella, nati per essere nemici. Per Eurus, infatti, Sherlock rappresentava la peggiore minaccia e non solo perché avrebbe rischiato di catturarla.
Oh no, c’era sotto un motivo molto più personale.
Quella sera, dovevano essere le dieci passate, Eurus si avviò per il vicolo buio in cui il suo capo aveva dimora. Al servizio di James Moriarty c’erano diversi sicari, ma nessuno gli dava soddisfazione quanto lei.
C’era in quella donna qualcosa di profondamente speciale, forse l’eleganza con la quale mieteva le sue vittime, l’abilità di non macchiarsi neanche di una goccia di sangue.
Fra tutti, Eurus era definita come la preferita del capo. Si vociferava molto sul loro rapporto, alcuni erano convinti che avessero una relazione di tipo sentimentale.
La ragazza rientrò, incontrando subito l’aria calda di quel seminterrato.
Moriarty si trattava bene, era ricco, dopotutto gestiva un giro di assassini, oltre ad avere agganci con giri di droga.
E sembrava impossibile da catturare, un po’ come lei.
«Eurus, è una delizia vederti. Hai già fatto?» Moriarty sollevò un bicchiere ricolmo di vino nella sua direzione.
Eurus adorava essere la sua preferita. Non viveva i rapporti umani come una qualsiasi altra persona, in realtà non sapeva neanche dire se quello che provava per il suo capo fosse amore o semplice ossessione.
Sapeva solo che avrebbe fatto qualsiasi cosa per compiacerlo ed essere l’unica.
«Non credo che verranno più a disturbarci. Ho ammazzato il loro capo. E lo sai, quando il capo viene fatto fuori, i suoi fedele cagnolini spariscono dalla circolazione.»
Londra era piena di bande o organizzazioni criminali. E altrettanti erano coloro che avrebbero voluto la testa di Jim. Toglieva loro tutto il lavoro, era il più temuto, nonché il più sveglio. Per tal motivo, in tanti cercavano di farlo fuori senza alcun successo. Perché Eurus era lì, pronta a uccidere chiunque osasse anche solo minacciare la vita del suo capo.
«Ma che brava, sei così ubbidiente», affermò Jim mellifluo, invitandola a sedersi sulle sue gambe. Eurus obbedì, assumendo un’espressione languida e seducente.
«Io non ubbidisco a nessuno, lo faccio solo perché mi piaci. Con te mi diverto così tanto che mi dispiacerebbe se quei bastardi di Scotland Yard ti catturassero o, ancora peggio, mio fratello…» sussurrò passandogli una mano tra i capelli.
Non aveva paura di osare, con lui. In realtà non aveva paura di niente. O, per meglio dire, c’era una sola cosa che temeva.
«Sherlock mi diverte. Giocare con lui è piuttosto eccitante. Io scappo e lui non riesce a prendermi. Ah, e pensare che siamo perfino stati insieme…» Jim parlò con fare lento, provocandola di proposito.
Era quella la paura di Eurus: non essere l’unica, essere superata da Sherlock Holmes il detective, la sua nemesi naturale.
Le dita della ragazza tirarono più forte.
«Mio fratello non è abbastanza sveglio», sibilò arrabbiata.
«Sappiamo entrambi che è piuttosto sveglio, invece. Lo conosci più di me, dopotutto. Anche se io lo conosco in modo diverso.»
Eurus tirò fuori il coltello, avvicinando la punta al suo mento. Con qualsiasi altra persona, Moriarty avrebbe indietreggiato e successivamente ricambiato il trattamento con gli interessi, ma con Eurus si divertiva sempre tanto.
«Sai bene che non è saggio minacciare qualcuno che è armato», sussurrò lei poggiando la fronte sulla sua.
«Osi minacciare il tuo capo? Potrei farti uccidere per questo», rispose Jim con fare giocoso.
«Ma sappiamo che non lo farai. Sono la migliore qui dentro. E sono anche la tua preferita, almeno finché non viene nominato mio fratello. Perché non me lo lasci uccidere? Ho sempre desiderato farlo.»
Improvvisamente, gli occhi si Eurus sembravano essere divenuti dieci volte più grandi e le labbra si erano curvate in un sorriso folle. Al contrario, l’espressione di Jim era diventata seria, quasi infastidita.
«Quante volte te lo devo dire? Se c’è qualcuno che deve porre fine alla vita di Sherlock Holmes, quello sono io, nessun altro», e dicendo ciò la spinse.
Eurus serrò le labbra, avvertendo una grande rabbia accrescere in sé. Proprio non capiva perché dovesse essere seconda a Sherlock. Dopotutto era nettamente più intelligente, sveglia e capace di lui.
Ma Moriarty lo preferiva sempre, aveva un’ossessione fastidiosa che cancellava tutto il resto.
Anche se poi, in realtà, il motivo di tale morboso attaccamento era facile da comprendere: Jim e Sherlock erano stati insieme, molto tempo prima. Non erano ancora uomini fatti e finiti, non sapevano cosa ne avrebbero fatto delle loro vite, nonostante le rispettive peculiarità fossero già evidenti. Sherlock mostrava la sua intelligenza e le sue spiccate doti deduttive, Jim non nascondeva la sua indole un po’ stravagante e piuttosto malvagia.
Ed erano state le scelte a separarli: uno dedito alla giustizia, l’altro dedito alla criminalità.
Ed Eurus, che si era sempre sentita soffocare in quel mondo normale, in quella casa, in quella famiglia, una volta diventata abbastanza grande aveva preso la sua decisione: lavorare per Jim, prendersi tutto di lui, spodestare Sherlock, che ora era niente più che un nemico, una nemesi, come in un libro dove il bene era contro il male.
Nel pensarci, Eurus giocherellò con il coltello. Se avesse ucciso suo fratello, avrebbe rischiato di perdere la fiducia di Moriarty, questo non poteva permetterlo.
Ma allo stesso tempo odiava il fatto che Sherlock fosse in vita. Avrebbe dato qualsiasi cosa per ucciderlo, la gelosia la dilaniava, fomentava la sua ossessione, rendendola ancora più spietata.
«Lui finirà con il prenderti e allontanarti da me», lo disse ad alta voce e, nonostante Moriarty fosse in piedi, lontano, la udì.
«Non devi avere paura di questo. Sherlock Holmes non mi prenderà presto. E ricorda: io non appartengo a nessuno», le fece un cenno con il capo e tornò a bere.
Ma era una bugia, Eurus ne era certa. Il cuore, la mente, ogni ossessione di Jim sarebbe sempre stata per Sherlock, la sua nemesi. E lei, invece?
Sempre seconda.
E se c’era una cosa che odiava era essere seconda.
Ma non mostrò il minimo segno di rabbia o tristezza. Si limitò a sorridere, mentre si accarezzava un polpastrello con la punta del coltello. Ne uscì una goccia di sangue, che subito assaggiò.
Così non appartieni a nessuno?
Qui ti sbagli. E tanto anche.
 
Essere un sicario efferato e ricercato voleva dire non potere andare in giro liberamente. Non che Eurus avesse in effetti dei giorni liberi a disposizione, ma anche quando era fuori per lavoro era costretta a esibire i migliori travestimenti per non farsi riconoscere. E poi, in questo modo poteva facilmente avvicinarsi alla preda da uccidere. E si dava il caso che la preda fosse proprio il sangue del suo sangue. Non avrebbe permesso a Sherlock di portargli via la perfetta metà di sé (così aveva sempre definito Jim). E l’unico modo era toglierlo dalla circolazione.
Moriarty avrebbe capito.
Dopotutto era la sua preferita.
Abbassò gli occhiali da sole, seduta ad un bar di fronte la stazione di polizia. Con su una parrucca bionda e vestita con un impermeabile beige, sarebbe risultata abbastanza banale da essere irriconoscibile. Stava attendendo già da mezz’ora quando finalmente il suo caro fratello uscì, scendendo dalla scalinata, seguito da un’altra persona.
Era il momento. Finì di bere il suo caffè e poi si alzò, silenziosa come un’ombra.
 
«Sherlock, aspetta. Sei proprio sicuro che non hai nessuna novità?»
Sherlock Holmes si voltò di scatto, guardando quel Grant Lestrade o come si chiamava, che da un po’ non faceva che stargli addosso. Eppure era risaputo che il detective avesse bisogno del suo tempo per risolvere un caso.
«Avete chiesto aiuto a me e io sto facendo del mio meglio, quindi piantatela di starmi addosso!» si lamentò. «Quando saprò qualcosa, vi farò sapere. Lo sapete che Moriarty è abile a nascondersi tanto quanto i suoi sicari. Uno in particolare», alzò gli occhi al cielo, ripensando a Eurus. Anche lui, come la sorella, trovava ironico il fatto che due persone con lo stesso sangue e cognome avessero preso scelte così diverse.
«I sicari di Moriarty hanno ucciso tre dei nostri. È come temevamo: si sono inferociti e stanno facendo fuori chiunque tenti di sbarrare loro la strada. Siamo tutti in pericolo, te compreso.»
Sherlock scosse il capo, stufo.
«Conosco fin troppo bene Moriarty. E anche uno dei suoi sicari, lo sai. Quindi mi perdonerai se credo di essere la persona più adatta a gestire la situazione.»
Eurus nel frattempo stava ascoltando ogni cosa. Oh, il suo fratello doveva essere così coinvolto sentimentalmente: il suo ex e la sua cara sorella che volevano ammazzarlo. Attese che quei due finissero finalmente di parlare e poi prese a seguire Sherlock, rimanendo alcuni metri distante.
Come sarebbe andata a finire? Sherlock era un tipo molto imprevedibile, nessuno poteva mai dire cosa gli passasse per la testa. Ma lei lo era altrettanto, quindi che il gioco iniziasse pure.
Sherlock, dal canto suo, si era accorto quasi subito di essere seguito, non che lei avesse fatto molto per nasconderlo. E un sorriso compiaciuto comparve sul viso del detective. Eurus si era messa così in mostra per cosa esattamente? Per ucciderlo e nulla più?
Lei capì ben presto che Sherlock aveva notato la sua presenza: questo perché il detective non aveva preso un taxi e a un certo punto aveva cambiato strada. Voleva che fossero solo loro due.
Dopo circa venti minuti, Sherlock entrò in quello che sembrava un magazzino abbandonato, dai vetri rotti e le scritte sui muri.
Eurus ovviamente lo seguì senza pensarci troppo.
All’interno il magazzino era anche peggio che all’esterno: cocci di vetro rotti riempivano il pavimento impolverato, per non parlare del forte odore di muffa.
«Scommetto che non hai chiamato nessuno dei tuoi amici di Scotland Yard, eh Sherlock? Sei sempre stato un po’ orgoglioso, in effetti.»
Eurus si tolse quella fastidiosa parrucca bionda, sistemandosi i capelli. Sherlock comparve poco dopo davanti a lei, con le mani infilate dentro il cappotto.
«Sono del parere che i panni sporchi vanno lavati in famiglia. Ma tu guarda, non ti vedo da un po’.»
«Già anche io. E come stanno mamma e papà? E Mycroft?» domandò con una fredda e falsa gentilezza. Non aveva mai amato la sua famiglia, come loro non avevano mai amato lei: dopotutto era troppo strana, una psicopatica.
«Stanno tutti bene. Ma non parliamo di questo, parliamo piuttosto di te. Ti sei mostrata a me così facilmente per quale motivo?» chinò il capo. «Ti manda lui?»
Eurus sorrise, giocherellando con il manico del coltello conservato in tasca.
«Moriarty non sa che sono qui. Vedi, tu sei suo nemico, ma è così fastidiosamente protettivo nei tuoi confronti. Sei uno di quelli che ci crea più problemi, e visto che uno dei miei compiti è proteggere il capo, beh… temo proprio che dovrò ucciderti.»
Dicendo ciò tirò fuori il suo coltello, da cui tolse il fodero. La famosa arma che Eurus usava per mietere le sue vittime.
Sherlock non fu né sorpreso né tanto meno impaurito. Anzi, sorrise.
«La cosa ti diverte, fratello?»
«Mi diverte pensare che tu sia stata così ingenua. Evidentemente non lo conosci come lo conosco io. Non ti permetterà di farmi male. Mi ha promesso più volte che sarebbe stato lui a porre fine alla mia vita, un giorno. Ma credo si diverta troppo per farlo, almeno per il momento.»
La stretta di Eurus sul manico del coltello si fece più forte. Detestava visceralmente tutto ciò, il fatto che niente fosse sotto il suo controllo, il fatto che loro fossero stati legati. Lo erano ancora, dopotutto. Un fastidioso legame che andava reciso.
E lei era lì proprio per quello.
«Se fossi in te non darei nulla per scontato», rispose Eurus, per poi compiere un salto nella sua direzione.
 
Eurus aveva preso la sua scelta oramai dieci anni prima, eppure sembrava essere trascorsa una vita.
Oramai le era chiaro - chiaro a tutti – che non sarebbe diventata la brava ragazza che i suoi genitori avevano sognato tanto a lungo. Ma se suo fratello nella vita voleva fare il detective, risolvere casi e acciuffare i criminali, perché lei non avrebbe potuto essere la sua nemesi?
«Cosa ti ha portato qui da me?»
Una versione un po’ più giovane di James Moriarty le stava davanti. Qualche anno in meno, ma il velo di follia e il sorriso sul viso erano sempre gli stessi.
«So che stai diventando un pezzo grosso, qui a Londra. Sono sicura che fra qualche anno tutti parleranno di te e chiunque cercherà di prenderti per sbatterti in prigione. E so anche che hai delle persone che lavorano per te. Voglio lavorare anche io per te.»
Eurus aveva sempre ammirato quell’uomo che ora le stava seduto di fronte. Proprio non capiva perché avesse avuto una relazione con Sherlock, non avrebbero potuto essere più diversi.
Con lei invece sarebbe stato perfetto.
Jim la studiò a lungo, accavallando le gambe.
«Come faccio a sapere che non ti ha mandato lui?» domandò, più per provocarla in realtà. Sapeva che Sherlock non avrebbe mai fatto una cosa del genere.
Eurus serrò le labbra e poi parlò.
«Lo sai, io non sono come lui. Uso la mia intelligenza in modo diverso. Potrei essere esattamente ciò che ti manca. La tua pedina più fedele.»
Nel dire ciò si sedette sulle sue gambe, facendo le fusa come una gatta. La tensione sessuale era forte tra i due, si attraevano come calamite.
«Ah, sì? E cosa saresti disposta a fare per me? Anche uccidere?» domandò Jim al suo orecchio, giocherellando con una ciocca dei suoi capelli.
«Tutto quello che vuoi. E magari potremmo anche unire l’utile al dilettevole», lo guardò negli occhi.
In quelle iridi azzurre, Moriarty ci rivedeva Sherlock. Un destino assai crudele e ironico. Senza dire una parola le fece segno di spostarsi e dopodiché si alzò e aprì una vetrinetta. Eurus si sollevò appena per vedere cosa stesse facendo, ma Jim si voltò poco dopo, tenendo in mano un cofanetto allungato. Una volta aperto, Eurus vide luccicare una lama affilatissima, altamente tagliente.
«Visto che sei disposta a fare tanto per me, ti do una delle mie armi che conservo tanto gelosamente. Basta sfiorare qualcuno con questo per ferirlo mortalmente. Se lo vuoi è tuo. Me lo riprenderò quando avrai finito di prestarmi servizio.»
Eurus non aveva badato al tono o al suo sorriso sghembo. Con gli occhi che brillavano, si avvicinò.
«Ah. Sappi che non ti deluderò mai. Ti renderò molto, molto fiero.»
E poi si avvicinò, sfiorandogli le labbra con le sue.
«Staremo a vedere se sarà davvero così» commentò Jim divertito, prima di azzerare le distanze e baciarla.
 
Un proiettile le passò vicinissimo alla tempia, finendo sul muro. Ovviamente Sherlock non era arrivato impreparato.
«Armi al posto del cervello? Questo non è da te, mio caro fratello», sorrise lei, roteando pericolosamente il coltello.
«Non ci tengo a farmi cavare un occhio. Ma rimane comunque come ti ho detto: non mi ucciderai. Sai anche tu che non potrai farlo.»
Eurus non capì perché dovesse essere così sciocco da provocarla. Ci teneva così tanto a morire?
Lei sarebbe stata l’unica e sola. In lei Moriarty non avrebbe più rivisto Sherlock, avrebbe visto solo la donna che era.
Quasi Sherlock non la vide arrivare. Era scomparsa dalla sua vista e se l’era ritrovata improvvisamente alle spalle. Sentì le sue labbra sul collo e la lama gelida sotto il mento. Eppure non si mosse, era completamente controllato.
«Cosa succede? Adesso non mi spari? O sei terrorizzato dalla paura? O forse sei solo sentimentale?» gli sussurrò all’orecchio, languida.
«Eurus, non farlo. Sarai tu a pagarne le conseguenze», disse ora un po’ teso. «Lui non ti perdonerà mai se adesso mi fai del male.»
Eurus però lo morse, come per zittirlo. Sherlock non poté fare a meno che lamentarsi.
«Mi hai proprio stancata. Ma tu cosa credi, di essere così speciale? Perché dovrebbe accontentarsi di te, quando potrebbe avere me? Tu l’hai lasciato andare, io invece sono rimasta accanto a lui per dieci anni. E non accetterò di essere seconda a te, mio caro fratello».
Per un secondo sembrò quasi che la lama fosse affondata sulla sua pelle, ma in realtà ciò non avvenne. Si erano sentiti degli spari, forse la polizia? Forse qualcuno aveva sentito il boato di poco prima?
Ma in realtà non si trattava di nessuna delle due opzioni: Moriarty era entrato, tenendo in mano una pistola con fare annoiato, l’altra mano infilata in una tasca.
«Jim», sussurrò Eurus, per la prima volta con un vero e proprio tono impaurito.
Sherlock invece non si era mosso di un centimetro, quasi avesse previsto tutto.
«Ohi, ohi, Eurus. Cos’abbiamo qui? Hai forse disobbedito ad un mio ordine?»
Lei abbassò il capo, allontanandosi da Sherlock.
Proprio non capiva cosa il suo capo ci facesse lì. Non lo aveva visto arrivare, eppure eccolo, comparso all’improvviso come un’ombra.
Sherlock sembrava non avere atteso altro che il suo arrivo.
«Un altro po’ di attesa e ci sarebbe stato un bel taglio sul mio collo.»
Jim gli sorrise sghembo.
«Non lo avrei mai permesso. Devi rimanere in vita finché non ti ucciderò», il suo sorriso scomparve ben presto e lo sguardo si fermò su Eurus, che ora appariva agitata, respirava affannosamente.
«Hanno sentito gli spari, la polizia arriverà a breve», disse Sherlock riprendendo la pistola. «Può finire bene oppure male. Eviterei spargimenti di sangue, se possibile.»
«Se mi dai un secondo, caro Sherlock, sarò subito da te. Allora, Eurus? Cos’è che ti avevo detto?» Jim sorrideva, eppure il suo sguardo le faceva venire i brividi.
Il fatto che fosse rimasta senza parole, quasi spaventata, la diceva lunga su quanto fosse provata dalla situazione.
«Sei venuto per lui. A salvarlo», sussurrò senza nascondere la rabbia. Le sembrava incredibile, assurdo. Perché Jim non metteva semplicemente fine a quel gioco?
Perché le lasciava uccidere chiunque, meno che lui?
«Non a salvarlo. A impedirti di mettere mano su di lui al posto mio. Mi sembrava di averti detto di lasciarlo in pace.»
Compì un passo nella sua direzione e Sherlock gli puntò la pistola contro.
«Ho detto che voglio evitare spargimenti di sangue. Possiamo andarcene via di qui tutti e tre, vivi»
Ma in realtà Sherlock sapeva benissimo che non sarebbe andata così. Moriarty amava troppo quel gioco per porgli fine così facilmente. Ed era troppo orgoglioso per accettare che qualcuno avesse disubbidito ad un suo ordine.
Eurus se lo ritrovò vicinissimo. Era piuttosto sicura che Sherlock non avrebbe sparato a Moriarty, rappresentava un po’ la sua debolezza, tutto a causa di quel sentimento che un tempo li aveva uniti.
Sentimento che sicuramente c’era ancora.
E questo le era insopportabile.
E le era insopportabile pensare che Jim guardasse nei suoi occhi per rivedere Sherlock, non lei.
Non lei, la sua prediletta.
Ad un certo punto si sentì debole. E umana. E l’umanità non era un pregio per quelle come lei.
«Perché? Perché sei dovuto venire qui? Perché non me lo lasci uccidere? E soprattutto, perché, perché non posso essere io l’unica? Io, che ti sono stata accanto per questi dieci anni, ti ho protetto! Ho ucciso per te, ti ho dato il mio corpo, tutto! Dovresti appartenere a me!»
I suoi occhi parevano spiritati. Jim l’ascoltò in silenzio, per poi sorridere.
«Mi sembra di averti detto che non appartengo a nessuno. Sai, mia cara, io sono caritatevole. Ma non perdono.»
«Jim» gemette, questa volta con una nota di terrore nella voce. Avrebbe potuto ucciderlo con facilità, vendicarsi per non essere stata messa al primo posto.
Un solo gesto, un solo movimento, con la sua agilità sarebbe stato facile.
Eppure non poteva. La sua umanità la stava condannando alla morte. Il coltello era stretto nella mano in modo stretto.
Sentì Jim avvicinarsi al suo orecchio, sussurrarle qualcosa:
«Mi spiace, Eurus. Temo che la tua carriera da sicario finisca qui.»
Era accaduto tutto così facilmente che nemmeno un occhio attento come Sherlock avrebbe potuto fare qualcosa. Eurus si rese conto di quanto fosse stata stupida: dopotutto, la maggior parte di quello che aveva imparato era stato Moriarty stesso a insegnarglielo.
Ripensò a questo mentre la lama gelida della sua stessa arma le attraversava l’addome, causandole un dolore lancinante che non sarebbe mai stato paragonabile a quello emotivo. Moriarty le aveva sfilato il coltello abilmente e con altrettanta agilità l’aveva trafitta. Sherlock era rimasto con una mano protesa e a bocca spalancata. Ancora una volta, il suo ex si era dimostrato crudele.
Eurus avvertì il sangue caldo sporcarla, macchiarla. Tossì, sputandone altrettanto, gli occhi azzurri fissi in quelli di Jim, che oramai la guardava senza alcun riguardo o dolcezza.
O forse di riguardo e dolcezza non ne aveva mai avuti.
Forse, guardando nei suoi occhi aveva visto lei e solo lei per la prima volta, proprio prima che Eurus morisse.
Proprio infame, il destino.
Poco dopo si accasciò, perdendo i sensi. La sua colpa era stata provare sentimenti quali la gelosia e il desiderio. Dopotutto, una delle regole per essere un buon sicario era non provare sentimenti. In questo aveva fallito, aveva disubbidito ed era stata uccisa con la sua stessa arma.
Il corpo sul pavimento gelido provocò un tonfo. Sherlock non era sconvolto per l’omicidio in sé, ne aveva visti tanti in vita sua, era quella situazione a destabilizzarlo.
«… Avresti potuto risparmiarla», mormorò, con gli occhi fissi sul corpo esanime di sua sorella. Avvertiva delle sirene in lontananza, la polizia sarebbe arrivata a breve, ma Jim sarebbe scappato un’altra volta.
Avrebbe potuto catturarlo. O più probabilmente no. Perché Eurus aveva avuto ragione fin dall’inizio: Moriarty amava troppo quel gioco per porvi fine e, alla vista di una minaccia, l’aveva eliminata.
«Mi aveva disubbidito quando le aveva dato il preciso ordine di non toccarti. Non ti dispiace se l’ho uccisa, vero? O sei ancora un po’ troppo sentimentale?»
Sherlock non rispose, passandogli davanti. Non sapeva come fosse opportuno sentirsi, dato che lui ed Eurus erano divenuti due estranei oramai, due rivali.
Era sempre così misterioso e divertente, si ritrovò a pensare Jim.
«Farai meglio ad andare… mi inventerò qualcosa.»
Sul viso di Moriarty apparve un’espressione soddisfatta, ma non sorpresa. Era scontato che finisse così.
Si avvicinò a Eurus, il suo corpo era ancora caldo. Estrasse la lama del coltello ancora intriso di sangue. Finalmente poteva riprendersi ciò che gli apparteneva.
E poi le diede una carezza.
«Grazie per i tuoi servigi, mia prediletta.»

 
Nota dell'autrice
Ultimamente sono un tormento in questa sezione, ma anche i numerosi contest a cui partecipo mi danno idee per scrivere e scrivere.
Il personaggio che dovevo utilizzare è Eurus, appunto, il contesto "Criminal AU" e il prompt "coltello". Inizialmente non avevo idea di cosa scrivere (le CrimianAU poi non sono proprio il mio forte), ma alla fine ne è uscita fuori questa storia che, ancora una volta, mi ha permesso di scrivere su Eurus e sul suo legame sia con Sherlock che con Jim. Non ho molto da dire, penso di essere abbastanza soddisfatta, anche se insicura, come al solito.

   
 
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