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Autore: Ivy001    06/10/2020    1 recensioni
TRIBUTO A NAIROBI
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bogotà, Nairobi, Tokyo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quanto si è disposti a pagare per salvare chi si ama disperatamente? Quanto della propria vita si è pronti a gettare via?

Ma, soprattutto, quanto della vita altrui si è disposti a sacrificare?

Ed è questo il fardello di Tokyo, il senso di colpa che non le dà pace, il dolore che rende schiava la sua mente. Seduta sul pavimento, a pochi passi dal preciso punto in cui, ore prima, venne crudelmente uccisa la sua migliore amica, la giovane donna fissa il vuoto. E’ nauseata dall’odore di detergente utilizzato da Manila per pulire a terra.

“Cazzo, sembra quasi che eliminare ogni traccia di sangue possa cancellare l’orrore che è accaduto qui!” – pensa tra se e se, schifata dall’ordine dato da Palermo alla complice della banda.

Perfino le lacrime le faticano a scendere sulle gote. Troppe ne ha versate da quando Rio, con la voce tremante le ha comunicato la tragica notizia.

Nessuno, nessuno più di Nairobi meritava di vivere. E Tokyo lo sa bene, sa quanto la donna più cazzuta del gruppo desiderasse costruirsi una famiglia, avere tanti bambini, un cane, una villa, un compagno che l’amasse.

E Nairobi aveva trovato quell’amore…quell’amore che scalda il cuore e manda in subbuglio, ma anche quell’amore che va oltre l’attrazione sessuale, quell’amore maturo che cresce ed evolve con il tempo.

Il sogno di una donna è stato distrutto con un atroce sparo alla testa.

Un Boom e addio vita,addio amore, addio famiglia, addio tutto…

Bogotà avanza lento verso Tokyo, mantenendo stretto a se il peluche di Axel.

“Credevo ve ne foste sbarazzati” – commenta la ragazza, riferendosi all’orso di pezza, mentre osserva con la coda dell’occhio l’amico prendere posto accanto a lei.

L’omone sospira profondamente, senza replicare. Si limita a stringere al petto quello che era stato il cavallo di Troia della polizia. Un semplice oggetto che ha scatenato il putiferio…un peluche di un innocente bambino, un tranello degno di un cervello astuto e crudele, quale quello di Alicia Sierra.

“Vorrei che una volta fuori da qui, Axel lo riavesse indietro” – spiega l’uomo,

“Se usciremo vivi…” – le parole dure e fredde di Tokyo, spiazzano Bogotà che replica senza indugiare – “Lo dobbiamo a Nairobi. Non possiamo arrenderci. Questa guerra va vinta, assolutamente!”

“Io farei volentieri a meno di lanciare altri missili. Mi sento talmente esausta e ferita che se per colpa mia qualcun altro dovesse rimetterci la pelle…”
“Hey, ma cosa cazzo stai dicendo? Qui la colpa non è di nessuno” – la zittisce lui, scioccato dal discorso.

“E invece sì! Se non avessi lasciato quella dannata isola, se per una volta nella vita avessi seguito le regole senza fare di testa mia, lei sarebbe ancora tra noi” – Tokyo fatica persino a pronunciare il nome della migliore amica, una sorella che quella maledetta rapina le ha tolto per sempre.

“Chi avrebbe mai immaginato che sarebbe accaduto tutto ciò. E poi, se non fosse stato per questo attacco alla Banca, io non avrei mai incontrato nessuno di voi, tantomeno la mia Nairobi” – sostiene Bogotà, mentre una lacrima gli scivola sulla guancia. Odia mostrarsi debole,così cerca di controllarsi asciugandosi il volto. Quella sua compostezza è stata la stessa che ha utilizzato nel non mostrare direttamente a tutti i suoi reali sentimenti per Nairobi. Ancora una volta si autocontrolla e, infatti,non a caso, è l’unico della Banda a non aver ancora pianto dopo quanto accaduto.

“Sfogati, o rischi di impazzire” – lo consiglia la ragazza, notando l’arrivo dei compagni, pronti a disporsi attorno agli ostaggi, con una calma fin troppo agghiacciante.

Rio è accanto a Stoccolma, visibilmente teso; Lisbona conversa con Palermo e Denver, che le spiegano come muoversi in quel labirinto che è la Banca di Spagna.

“Dove sarà Helsinki?” – domanda, stranito, Bogotà.

“Non si dimentica in un batter d’occhio la morte di una sorella” – puntualizza Tokyo  - “Proviamo le stesse emozioni e la stessa rabbia, e lui come me sarà alle prese con un dolore che preferisce sfogare in solitudine”

Così dicendo, la ragazza si alza da terra e si allontana, mentre la banda la richiama all’ordine.

“Abbiamo bisogno di lei, crede di essere l’unica a soffrire?” – cambia tono, Denver.

“Diamole tempo, era molto legata a Nairobi” – interviene Stoccolma.

“Lo eravamo tutti” – reagisce Rio.

Bogotà, destabilizzato da tanto chiacchiericcio e dai continui battibecchi dei compagni, segue le orme di Tokyo.

“Hey, amico, ora sparisci anche tu?” – lo rimprovera Palermo.

“Va al diavolo! Dannazione, lasciateci soffrire in santa pace” – gli tuona contro, salendo la scalinata e prendendo l’ascensore, diretto ai forni.

Il cuore gli esplode ricordando che proprio lì dentro aveva baciato Nairobi e aveva assaporato la vera felicità.

Improvvisamente il suono della sua voce risuona nelle sue orecchie.

“Devo tornare a dirti che non ti toccherei neanche con un palo…”

Quelle parole alleviano per un secondo il dolore, disegnando un accenno di sorriso sul volto di Bogotà.

Ma è il “Ti amo” che le ha sussurrato poco dopo, quando l’ha aiutata a sedersi di nuovo sulla sua sedia, a dare il via ad un devastante pianto.

“Quanto è dura dirti addio” – singhiozza, senza più autocontrollo.

Grida a squarciagola il nome di lei, fino a quando non raggiunge il piano sotterraneo, lì dove i Chicos de Oro di Nairobi sono alle prese con il lavoro.

 “Capo, è successo altro?” – si spaventa subito Matias, guardando il Boss raggiungerli in tutta fretta.

“No, ragazzo! Acceleriamo il lavoro, prima finiamo, prima lasceremo questo inferno”

“Subito! Lo dobbiamo a Nairobi”  - Matias sprona i suoi compagni a darsi da fare, mentre Bogotà sente un sentimento di leggerezza invadergli il petto.

Tokyo aveva ragione… la sofferenza non passerà mai, però sfogarsi e buttare fuori parte di quel dolore sono un modo per ricominciare.

 

…. To be continued…

 

Angolo dell’autrice:

 

Salve a tutti, mi chiamo Ivana. Avrete capito che sono una fan de La Casa de Papel, soprattutto di Nairobi. Ho pianto come una bambina quando è morta e tutt’ora, se ritrovo video su youtube di lei nella quarta serie, piango. Ho voluto trasmettere quel dispiacere che ho nutrito, attraverso Bogotà e Tokyo. Spero vi sia piaciuta. Ho scritto “To be continued” perché ho intenzione di scriverne altre. Alla prossima.

 

 

 

 

   
 
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