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Autore: Spekled2    07/10/2020    0 recensioni
"Quello era il genere musicale che lui era solito ascoltare quando qualcosa non andava. Quando voleva un po’ cullarsi nella malinconia, per metabolizzarla e superarla. Kurt lo prendeva in giro, dicendo che in realtà non faceva altro che autocommiserarsi. Lui non ci arrivava proprio. Non si stava abbandonando alla tristezza! Semplicemente la rispettava e le faceva fare il suo naturale corso. Tutto scorre, glielo avevano insegnato a Filosofia! Anche le nuvole più buie erano destinate a diradarsi con la giusta pazienza. Il sole era dietro l’angolo se si era disposti ad aspettare. Anche per Brittany valeva la stessa cosa? Si domandava se stesse pensando a Santana in quel momento."
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brittany Pierce, Finn Hudson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note dell’Autore:

Eccoci qui con l’ultimo capitolo che chiude questa storia. Quando avevo cominciato a scrivere non credevo sarei riuscito a darle una fine, e invece Finn e soci hanno avuto il pregio di guidarmi lungo questo percorso! Quindi ecco il match day… nella vita come nello sport, spesso si decide tutto al fotofinish? Sarà così anche per Finn e Brittany?
Ripropongo il Link alla playlist Spotify, una piccola raccolta delle canzoni incontrate durante la storia! Ultima e definitiva modifica con The Game.
https://open.spotify.com/playlist/5MC2XfjV42flx9ugn6Q9bq?si=jQz59SsGTue6vNE7zXNeMQ
 
*****

Capitolo 14.

Difficilmente si era sentito così nervoso come quando era sceso in campo quel pomeriggio. Gli erano tremate letteralmente le ginocchia, quando aveva abbandonato lo spogliatoio, guidando i compagni dentro lo stadio. Perché i ragazzi della High-Pride sembravano tutti almeno il doppio di lui? O era solo una strana distorsione della sua mente, dopotutto non era così minuto, no!? Le Cheerios avevano sollevato in aria i pon-pon al loro passaggio, mentre i tifosi di casa che gremivano gli spalti li acclamavano. Finn ebbe appena il tempo di notare la coda di Brittany, sobbalzare a ritmo di coreografia, prima di superare la fila di ragazze. Era tutta mattina che ripensava al messaggio che lei  gli aveva inviato su Instagram -come spesso era accaduto- e che aveva trovato al suo risveglio.

 
“Lord Tubbington e io ti facciamo un mega in bocca al lupo! ✨🐺🌈
 
Di nuovo, aveva provato sensazioni contrastanti nel leggerlo. Brittany non si rendeva davvero conto di quanto potesse essere difficile per lui tutta quella situazione? Questo era quanto pensava il suo lato egoista del cervello, quello che faticava ad accontentarsi. Ma poi Finn provava a dare retta all’altra metà, che gli diceva che a lui piaceva Brittany per la sua genuinità e per come lei fosse così propensa a supportarlo e a volergli bene senza secondi fini. Così, anche se ci aveva messo un po’ a rispondere, lui aveva digitato la sua risposta mentre faceva colozione.

“ Viva il lupo! Se vinciamo fonduta per tutti!!
Grazie Britt ❤️”

 
Quello non era stato l’unico messaggio che aveva trovato durante la mattinata. Puck aveva infatti inviato una citazione sul gruppo WhatsApp che lui, Mike, Finn e Sam usavano per scambiarsi le ultime notizie sul football e meme stupidi. Soprattutto meme stupidi.

“It's all about the game and how you play it
All about control and if you can take it
All about your debt and if you can pay it
It's all about pain and who's gonna make it”

 
Solo Sam aveva risposto con un “ Time to play the gameee!! 💀 Facciamogli il culo.” Finn non aveva risposto ma si era limitato ad andare su youtube e cercare la canzone dei Motörhead da cui era tratta quella strofa. Più che caricarlo, la canzone gli aveva montato ancora maggior ansia.

Raggiunta l’erba del campo di gioco, non aveva avuto più tempo per pensare a qualsiasi cosa di diverso o per essere nervoso. Titans contro Wild Horses. McKinley contro High-Pride. La possibilità di fare davvero la differenza, per una volta. Senza che le squadre si studiassero a dovere, la partita si era immediatamente incanalata su ritmi importati, assestandosi su un sostanziale equilibrio. Probabilmente, avevano giocato la loro miglior fase offensiva di sempre, perlomeno da quando Finn era entrato in squadra. Ma i Wild Horses della High-Pride sembravano davvero sapere il fatto proprio e ogni punto messo a segno dal McKinley veniva prontamente recuperato. La striscia vincente che aveva accompagnato gli avversari fino a quel momento sembrava davvero giustificata. Fu presto una questione di nervi. Chi avesse mollato per primo la presa mentale sulla partita, ne sarebbe uscito male. E accadde tutto nelle battute finali.

A cinque secondi dalla fine, Finn aveva visto la vittoria scivolargli dalle dita. Il 27 avversario aveva realizzato un field goal dalle trentacinque yard. La visione dell’ovale che sorvolava il campo e si infilava tra i pali era stata come una doccia gelata, e la vista del punteggio aggiornato sul 19-20 per i Wilde Horses peggio di ricevere un montante in pieno stomaco. Gli avversari erano passati in vantaggio per la prima volta, proprio allo scadere. La rimonta era stata completata. Nonostante le loro giocate difensive, non erano riusciti ad evitarlo.

La panchina avversaria era scattata in piedi, ruggendo nella sua esultanza liberatoria, mentre la metà stadio presieduta dagli studenti del McKinley si era ammutolita, sovrastata dalla festa dei sostenitori avversari. A bordocampo i pompon delle ragazze di Sue Sylvester avevano smesso di agitarsi e le cheerleader si scambiavano sguardi amareggiati, mentre un paio dei giocatori dei Titans abbandonava la panchina e invadeva il campo per protestare inutilmente. L’arbitro fischiò per condotta antisportiva, penalizzando il McKinley di 15 yard. Il quarterback della High-Pride chiamò un time-out, seguendo l’ordine impaziente del suo coach che si sbracciava in panchina, sopraffatto dall’euforia.  

Ancora cinque secondi e Finn e soci avrebbero definitivamente abbandonato il sogno play-off e, dopo aver giocato così bene, era una beffa bella e buona. Nemmeno un miracolo sarebbe servito a qualcosa. Cinque secondi. L’ultimo inutile possesso. Gli avversari erano già con la testa allo spumante e alla festa che li avrebbe attesi da lì a breve. I Titans del McKinley si riposizionarono con aria mesta e il capo chino, con in testa la convinzione rassegnata di aver sfiorato soltanto l’impresa play-off, traguardo che sfuggiva al liceo da ben dieci stagioni. L’arbitro sembrava aver fretta di chiudere la contesa.

In realtà, c’era ancora un piano di gioco da seguire in quella situazione, Finn e la squadra ne erano coscienti. Non era ancora realmente finita, anche se tutto dipendeva da cosa avrebbero fatto i Wild Horses. Una labile speranza. Ma persino lo storico ottimismo di Finn ne riconosceva la debolezza. Lo special team dei Wild Horses, che era appena entrato in campo in sostituzione dei compagni, ricorse alla soluzione di maggior senso logico nei cinque secondi mancanti. Uno squib quick. Quello che Finn si aspettava e su cui confidava per poter avere quantomeno il destino nelle proprie mani. Certo, come prima cosa dovevano ricevere con successo l’ovale.

Proprio come da copione, il calcio rasoterra concesse deliberatamente il possesso ai Titans, ma avrebbe permesso una difesa semplice per i Wild Horses che erano già schierati. Una mancata ricezione, o un semplice placcaggio ben piazzato, avrebbe chiuso tutto. Il tempo disponibile a fare qualsiasi cosa di differente, semplicemente non c’era. Finn non si illudeva. Occorreva un grossolano errore degli avversari. Potevano solo scommettere sulla loro convinzione di aver già messo in ghiaccio il risultato e sulla deconcentrazione. Finn ricordò successivamente di esser stato colto da un lampo di incosciente speranza quando Bestie era invece restata immobile, con gli occhi sgranati e le braccia incrociate. Non era molto, ma era sempre qualcosa a cui aggrapparsi. Se il quarterback avversario avesse aspettato altri quattro secondi prima di calciare il field-goal del sorpasso, l’arbitro avrebbe fischiato la fine della partita nel momento esatto in cui il pallone attraversava i pali. A quel punto non ci sarebbe stata un’ultima azione. Ora, quegli stessi quattro secondi erano tutto ciò a cui il McKinley doveva aggrapparsi per sperare nell’impossibile.

Quello che avvenne di lì a poco fu confuso. Alcuni giocatori avversari sembravano già convinti che la partita fosse terminata. Non ancora. Kick-off return. Sam Evans riuscì a ricevere il calcio avversario, bloccando il pallone tra braccia e petto, all’altezza delle 50 yard. Già tre difensori erano pronti in contrasto per soffocare le loro speranze. Sam non ebbe nemmeno il tempo di guardarsi attorno, che i quattro secondi erano già ampiamenti terminati; l’arbitro aspettava soltanto che l’azione venisse interrotta per fischiare. Se Sam fosse caduto a terra, anche le speranze di play-off della squadra lo avrebbero fatto assieme a lui. I secondi passati divennero dieci quando Sam non cadde, e sganciò il possesso verso Karofsky sulle 51 yard. Il ragazzo resistette ad una spallata, senza perdere l’ovale che venne scaricato indietro ad Hangman sulla linea delle 52. Erano ancora nella propria metà campo, non sembravano in grado di fare grossi progressi, quando il ragazzo venne quasi sommerso da due placcaggi in contemporanea. Ma prima che il suo corpo finisse a terra, in qualche modo, era riuscito a liberare il pallone verso Mike Chang che era sfrecciato in avanti, addentando lo spazio come un segugio rabbioso. Alcuni giocatori dei Wilde Horses protestarono con l’arbitro, mentre l’azione continuava, sostenendo che Hangman avesse toccato terra prima di liberarsi del pallone. Ma Finn correva dietro Mike, macinando il campo a piena falcata, sospinto da un’improvvisa e disperata euforia. La tifoseria del McKinley parve rianimarsi, mentre i sostenitori avversari non capivano cosa stesse succedendo.

Mike evitò tre difensori con due finte fluide, sembrava quasi che stesse danzando proprio lì sul campo, come se si trovasse in auditorium a provare a migliorare una delle deboli coreografie che Shouster aveva preparato per le Nuove Direzioni. Superato l’ultimo avversario, passò la palla a Sam, che era riuscito a seguire l’azione. Con la sua iniziativa, Mike aveva conquistato venti yard. Senza nemmeno rendersene conto, Finn si ritrovò con il pallone stretto al petto, sempre intento nella sua corsa perdifiato. Il quarterback avversario cercava di intercettare la sua traiettoria, arrivando con decisione.

Ma Noah Puckerman era sbucato come un razzo alla sua destra, suggerendo lo scarico prima che fosse troppo tardi. Finn indugiò. Ventisei yard. Gli spalti del McKinley erano diventati più infuocati della Bombonera di Buenos Aires e Finn non distingueva più le urla di incitazione provenienti dalla sua panchina dalle imprecazioni del Coach avversario. Continuò la sua corsa forsennata, ben oltre le sue possibilità. Non ce l’avrebbe fatta.

Il placcaggio lo colse in pieno fianco, ma lui si aggrappò all’ultimo brandello di lucidità quando contemporaneamente all’impatto con il corpo avversario, riuscì a far sfilare l’ovale indietro, oltre le sue spalle, in un passaggio No look. Noah Puck Puckerman correva verso la gloria con il pallone stretto tra le mani, con la stessa espressione agitata con cui aveva preso in braccio Beth per la prima volta. Superò la linea del Touch-down nella bolgia generale, esattamente quando Finn rialzò il volto da terra. Lui non ebbe bisogno di cercare lo sguardo trionfante dell’amico per capire di aver concluso l’impresa. L’esplosione dello stadio accompagnò il tabellone che si aggiornava. 25-20 per i Titans. Ce l’avevano fatta.

Quello che ricordò successivamente fu un groviglio di abbracci, maglie rosse sudate e sporche di fango, pacche infinite, esultanze poco sobrie, altri abbracci e le lacrime di gioia delle Beaste che lo liberava dall’ennesimo montone di squadra. “ Credevo non l’avresti passata, disgraziato!” Gli aveva urlato, piangendo e ridendo insieme, sollevando da terra come se fosse stato una lattina di alluminio. Il resto dalla squadra li circondò, saltando e battendo le mani come ossessi, mentre le Cheerios abbandonavano il bordo campo e li raggiungevano gettando in aria i pompon. Finn ebbe solo il tempo di notare Brittany lanciargli un grosso sorriso in mezzo al marasma generale prima di essere investito dall’abbraccio di Puck, Mike e Sam. “ Figlio di puttana, ce l’abbiamo fatta!!” Esclamò Puck, ancora su di giri. Mike gli diede un paio di manate sul viso, strizzando gli occhi a mandorla. “ Play-off babyyyyyyyy!!”
 
*****
 
Le sue chat WhatsApp dei Titans e del Glee Club stavano esplodendo di notifiche, e il fatto che lo stessero facendo nello stesso momento significava solo una cosa. Finn aprì la conversazione di gruppo del Glee e lesse il primo messaggio di Noah.

 
“Chi viene sta sera da Madison? 😏”
 
Quinn aveva risposto chiedendo delucidazioni in merito e Noah aveva risposto che la festa era stata organizzata per le 9.
 
Venire dove? E chi è Madison? 🧐😶”
 
Finn scosse il capo e ridacchiò leggendo la risposta di Brittany in Chat. Solo lei poteva fare una domanda del genere, considerando che erano insieme nelle Cheerios e che era stata spalla a spalla con lei fino a poche ore prima, tifando assieme durante la partita. Chiuse la chat e aprì la conversazione dei Titans. Il tema dei messaggi era lo stesso, ma i ragazzi sembravano più concentrati sul lato organizzativo della festa. Madison Avery, una delle Cheerios più in ascesa nelle grazie di Sue Sylvester (dopo la caduta di Quinn Fabray) aveva casa libera e aveva organizzato in quattro e quattr’otto il party celebrativo. Il fatto che stesse con Hangman era sinonimo della buona riuscita della festa. Il linebacker, nel tempo libero, si dilettava a mettere dischi e a suonare la sua console nei locali degli amici. La musica non sarebbe mancata, così come non sarebbe mancato l’alcool. Ai party Titans-Cheerios non mancava mai l’alcool. Puck aveva sempre il polso della situazione ed era raro che si presentasse senza il giusto numero di fusti di birra. Finn non gli aveva mai chiesto dove li rimediasse, e forse era anche meglio così.

Ripose il telefono nella tasca dei Jeans e lasciò camera sua. Dovette semplicemente percorrere il corridoio per affacciarsi in quella di Kurt, la cui porta era stata lasciata aperta, per parlare con il fratellastro. “Che fai Kurt? Pensi di venire questa sera?”
Il ragazzo stava studiando il contenuto del suo armadio, ma si girò comunque a fissarlo, strabuzzando gli occhi. “ Ma ti pare? Sarà un concentrato di bulli e testosterone… no, no. Mi vedo con Mercedes e… Rachel se ci dà la definitiva conferma.”
Finn annuì, poggiato contro lo stipite della porta. “ Ok, avete già qualche piano?”
Kurt scrollò le spalle, “ Niente di speciale… cena al Bel Grissino e poi da lei a vederci un film…”
“Ok, fico! Salutamela…anche Rachel, se decide di unirsi a voi.”

 
 *****
 
Madison viveva nella parte più benestante di Lima, in una casa sulla collina isolata dal resto del quartiere. Il grande giardino cintato era più volte stato teatro per quelle occasioni elitarie, specie nell’ultimo semestre. Suo padre era un famoso banchiere, sempre in giro per il paese, e la madre non perdeva occasione per accompagnarlo in lungo e in largo, approfittando dei lussuosi Hotel in cui alloggiavano. Madison, d’altro canto, aveva subito capito che quella casa poteva essere la chiave per la popolarità al McKinley e non si lasciava sfuggire la possibilità di sfruttarla al meglio, ogni volta che si presentava l’occasione giusta.

Finn non ci aveva mai parlato, ben attento a starle alla larga per non incorrere nella lista nera di Hangman. Non che non fosse già ampiamente su quella dannata lista. Il ragazzo odiava letteralmente il Glee Club e ognuno dei suoi partecipanti. Solo sul campo di football sembrava rispettarlo, per convenienza ovviamente. A Finn non piacevano i tipi come lui, ma di tipi come lui c’era pieno il liceo e doveva farci semplicemente il callo.

Fu proprio il compagno di squadra ad accoglierlo all’ingresso del cancello, alle nove e mezza, con una pacca fraterna e quel grosso sorriso che non era ancora riuscito a togliersi di dosso dalla fine della partita. Finn lo salutò senza riuscire davvero a replicarne l’entusiasmo, ben sapendo che dal giorno successivo sarebbe tornato bersaglio delle sue granite ghiacciate. Ma per quella sera, il mood generale era diverso, e Hangman sembrava ben disposto a chiudere un occhio circa le loro divergenze. Finn rindossò i pani del re del quieto vivere.
“ Mancavi solo tu, bello mio!” Lo spinse dentro, chiudendo le inferriate alle sue spalle. “ Puckerman ha già finito di spillare il primo fusto!”
“ Però, non perdete tempo!” Rise Finn seguendo il ragazzo dai capelli color sabbia oltre una fila di bassi cipressi. Hangman era più piccolo di lui di almeno venti centimetri, ma era più tozzo, forte e ben piazzato.
“Beh, l’occasione è di quelle speciali, fratello!” Si giustificò l’altro senza guardarlo.

Finn roteò gli occhi per l’ipocrisia, ma si morse comunque la lingua per evitare di rispondere. Non dovette che svoltare l’angolo per avere la scusa perfetta per defilarsi. Quinn, Mike e Tina chiacchieravano animatamente vicino alla grande fontana che svettava in mezzo al giardino. Poco oltre, sotto il grande porticato, notò la folla di ragazzi che già festeggiava chiassosamente.

“ L’eroe del giorno!” Lo salutò Quinn levando il suo bicchiere in plastica, mentre Mike allargava le braccia e lo salutava con un sorriso raggiante. “ Finn Hudson, l’uomo che ha resistito alla grande tentazione, l’uomo che ha detto No all’effimera gloria personale, l’uomo che non ha ceduto all’idea di segnare il touchdown, l’uomo del destino!”
Finn scosse il capo e gli diede un buffetto. “L’eroe del giorno è Puckerman!” Puntualizzò lui, mentre si guardava intorno. “ Che si dice di bello?”

“ Oh, nulla di che… Mike ci stava raccontando di come la Bestie ti stesse quasi limonando dopo la partita!” rispose Tina, fingendo di minimizzare il tutto.
“Il solito gelosone, eh Chang?” Rise Finn, mentre Quinn fingeva di bere dal suo bicchiere come al solito. Orami Finn aveva capito e imparato ad apprezzare la sua strategia per uscire da quelle feste con le proprie gambe. “ Gli altri dove sono finiti?”

“Sam e Puck sono dentro” rispose Mike, allungando il capo in direzione della grande casa, prima di bere un sorso della sua birra. “ Hanno installato la zona bar in cucina… credo si stiano assicurando che il sacro nettare non faccia una brutta fine… mentre..”
“ Mentre gli altri sono in giro…” lo interruppe Quinn, sbrigativamente. Considerando gli sviluppi con Rachel e che Artie, Kurt e Mercedes evitavano quelle feste come la peste, all’appello mancavano solo Santana e Brittany.

Finn annuì, cercando di aggrapparsi alle sensazioni positive che la vittoria gli aveva dato. “ Ok, penso che andrò a farmi dare un bicchiere da Sam e Puck, ci vediamo più tardi?” Non aspettò risposta e si immerse nella folla, verso la casa. Si fece largo tra un gruppetto di tre Cheerios, salutando educatamente quando le ragazze gli indirizzarono grossi sorrisi da dietro le lunghe ciglia. Ogni tanto essere il quarterback della squadra gli ricordava di avere ancora un certo fascino al McKinley. Non che gli interessasse granché in quello specifico momento.
“Bella Finn…” Rupert Coltrane, uno dei runningback della squadra, gli batté il cinque mentre lui lo superava con un cenno del capo, guadagnando finalmente l’ingresso della villa.

A giudicare dal casino che già regnava nel corridoio che portava alla zona relax, Madison avrebbe avuto il suo bel daffare al termine della festa per rendere di nuovo presentabile i locali. Piatti e bicchieri usati erano stati abbandonati un po’ ovunque, il pavimento era bagnato in più punti da schizzi di birra e altre bevande, e popcorn scricchiolavano sotto i suoi passi. Quello gli ricordò esattamente il motivo per cui non aveva mai voluto organizzare una festa, neppure quando ne avrebbe avuto l’occasione. Il grosso divano al centro del salone era occupato da un paio di coppie intente a scambiarsi effusioni vivaci, totalmente noncuranti delle altre persone nella stanza. Finn aggrottò la fronte, perplesso per una manciata di secondi, poi lasciò che il suo sguardo li superasse.

In fondo alla stanza, il tavolo da pranzo era stato adibito a banchetto, dove ciotole di patatine, popcorn e dolci vari erano stati collocati assieme a diverse pile di bicchieri e piatti vuoti, a fianco alla grande boccia del punch e bottiglie di bibite analcoliche ancora sigillate. Proprio mentre Finn stava per imboccare il corridoio per cercare la cucina, facendo vagare il proprio sguardo lungo la sala, notò Santana e Brittany vicino al tavolo. Lui indugiò appena, osservando la ragazza ispanica mentre rabboccava con del punch il bicchiere della bionda. Le due sembravano intente in una discussione alquanto fitta. Tuttavia, come se avessero avvertito di essere osservate, entrambe le ragazze alzarono lo sguardo fino ad individuarlo, esattamente dall’altro lato della sala. Lui alzò il braccio, in segno di saluto, sorridendo appena. Quando Santana non rispose al suo gesto, cercò di non farsi attirare troppo dal sorriso di Brittany. Fece quindi un vago cenno con la mano, mimando un “ci vediamo dopo” diretto a entrambe e tornò finalmente sui suoi passi. Stare insieme a Brittany e Santana era totalmente fuori discussione.

Quelle due potevano non essere ancora tornate insieme veramente, a detta di Brittany, ma a lui sembrava tutto così chiaro. Non che dubitasse di ciò che la ragazza gli aveva ribadito, ma la sua esperienza personale gli aveva insegnato che, spesso, le persone che si hanno attorno sono più brave a sbrogliare le proprie matasse di quanto non riesca il diretto interessato. La cucina non doveva essere lontana e sentiva il bisogno fisico di una birra. O più di una. Già, meglio. Aveva appena condotto i Titans alla qualificazione ai playoff. E allora perché si sentiva come il primo degli sconfitti?

 
*****
 
“Non sono più sicura di volere il tuo posto in squadra…”

Non aveva bisogno di girarsi per riconoscere la sua voce. Passi leggeri e un vago spostamento d’aria, furono tutto il necessario per sapere che Brittany lo aveva affiancato e si era seduta alla sua destra sulla panchina in cemento. Il retro del giardino della casa di Madison era stranamente trascurato da tutti gli altri ragazzi, e lui ne era stato attirato per la tranquillità. Quella ragazza viveva in una fottuta reggia!
“Dopo giorni interi a complottare per diventare il nuovo Quarterback, getti la spugna così?” Rispose lui, sorridendo appena, senza guardarla veramente. Nonostante fosse alla festa da un paio d’ore, era la prima volta che si incrociavano realmente. Si chiese come sapesse dove cercarlo, ancor prima di dove si fosse cacciata per tutto il tempo. In fondo, non era così bisognoso di saperlo. Il posto in cui si era rifugiato era veramente notevole per essere così nascosto rispetto a tutto il resto della casa. Un piccolo capanno per gli attrezzi in legno si stagliava contro la siepe, ombreggiato da un acero dalle forme contorte. Alla sua destra un piccolo stagno, alimentato da un'altra fontanella, contribuiva nel creare quell’angolino bucolico.

“Beh, non credevo che ci si desse quei colpi così violenti…” protestò Brittany, corrugando la fronte mentre studiava con interesse il piccolo specchio d’acqua davanti a loro. La camicia a scacchi giallo e verde le dava un tocco inusuale, ma Finn dubitava che sarebbe mai stata male con qualsivoglia outfit. “Non sono sicura che mi piaccia il Football…” aggiunse oscillando le gambe avanti e indietro.

“Parli come se non fossi mai stata ad una partita prima di oggi!” Esclamò  Finn, esasperato ma divertito. Si girò totalmente verso di lei; con poche parole Brittany riusciva sempre a rigirargli il mood.

“ Non ho mai capito le regole, sono strane!” Fece spallucce la bionda con una strana smorfia. “Non ho capito perché hanno regalato il pallone a Sam alla fine!” Gesticolò con frustrazione. “ Sono stati solo gentili o stupidi? E se non lo volevano tenere, perché hanno provato a stendervi uno dopo l’altro?”

Finn rise di gusto, capendo che lei fosse realmente seria. Non una risata di scherno, ma avrebbe voluto abbracciarla per quanto la trovasse adorabile in quel momento, ma nuovamente non sarebbe stata la sua pensata migliore. A discolpa di Brittany, riconobbe che certe dinamiche delle partite potessero essere complesse. Certo, si aspettava che essendo una Cheerleader e tutto il resto, lei potesse avere almeno una vaga idea di come si sviluppasse il gioco, ma in fondo lui stesso aveva ancora problemi a comprendere la trigonometria nonostante le tante ore di sostegno e ripetizioni, quindi perché sorprendersi tanto?

“Beh, diciamo che non erano i più furbi del cortile…” Rispose, perché sarebbe stato più semplice che spiegarle le decine di regole che erano state applicate semplicemente negli ultimi dieci secondi di gara.

Lei annuì, pensierosa. “ Lo sospettavo, e il loro Quarterback poi… ho capito subito non fosse particolarmente bravo, non ha sorriso per tutta la partita!”
Finn si mordicchiò l’interno della guancia, spiazzato dalla sua uscita. Cosa diavolo?

 “ Perché tu invece sorridi sempre…” riprese lei schiaffeggiando l’aria con l’espressione di chi ha capito tutto.

Oh, ok allora.

Furono risucchiati nel silenzio, sebbene la musica e il chiasso che proveniva dall’altro lato del giardino, oltre la casa, fosse perfettamente udibile. Finn fece un sorso dal suo bicchiere, che giaceva sulla panchina da troppo tempo. Faceva abbastanza schifo. Questa volta il preavviso doveva essere stato troppo limitato persino per Noah, e la qualità della birra che aveva potuto rimediare doveva averne risentito. I pesci rossi respiravano placidamente nello stagno, muovendo le branchie in modo ritmico. Alcune piccole ninfee venivano smosse al loro passaggio, galleggiando placidamente sulla superficie torbida dell’acqua.

“ Non riuscivo proprio a capire perché oggi Rachel non fosse a festeggiare con te… poi ho sentito Tina e Mike parlare…”

Finn aveva ormai imparato a non sorprendersi dei bruschi cambi di conversazione di Brittany, ma era sempre singolare come lei potesse alternare i momenti più spensierati a quei lampi di profonda serietà. Girandosi, fu inchiodato dal suo sguardo. C’era qualcosa di diverso dal solito questa volta. Lei non sapeva?

“ Avevo capito che tra te e Rachel ci fossero dei problemi, ma non mi avevi detto fossero così seri, Finn!” Anche il suo tono di voce lo sorprese. Sembrava rimproverarlo.

Lo stava rimproverando!

Finn scrollò le spalle. “ Beh… sono stati giorni strani. Le cose erano in evoluzione… non, non avevo ancora tutto così chiaro!” Trovò difficile rispondere se lei lo guardava in quel modo. Perché doveva sempre essere ipnotizzato dai suoi occhi? “ Era la cosa giusta da fare…” mormorò, infine, bagnandosi di nuovo le labbra con il contenuto del suo bicchiere.
“ Era questo che avevi in testa quella sera al lago…” mormorò Brittany, più a se stessa che al quarterback.“ Oh Finn… avremmo dovuto riprendere quel discorso, mi dispiace!”

Finn sorrise, senza che il suo sguardo venisse contagiato. “ Parlarne non avrebbe cambiato nulla, Brittany! Non preoccuparti.” E lo credeva veramente, perché il suo rimpianto più grande riguardo quella serata non era aver interrotto il discorso Rachel, ma non essere andato con lei a caccia di ninfe lasciando il via libera a Santana.
Brittany lo scrutava con aria seria. “ Quello che non capisco è… insomma, posso comprendere il non avermi detto tutto al lago. Ma, cavoli, vi siete lasciati giorni fa e l’ho saputo solo oggi da Tina!!” Protestò la ragazza, l’aria un pochino ferita. “Non mi hai detto nulla nemmeno ieri a casa tua!”

“Non è che ne ho parlato con Tina…” puntualizzò Finn, roteando gli occhi. “ E poi credevo lo avessi capito dopo l’ultima canzone di Rachel al Glee.”
“Oh, è di quello che stava cantando?” Brittany scollò le spalle, “Non ero attenta, stavo cercando di fare una videochiamata con Lord Tubbington.”
“Già… come?” Finn strinse le labbra, tendando di vincere la sua perplessità. Ma Brittany non sembrava per nulla in vena di battute.“ E comunque non volevo accollarti altri problemi… visto che avevi già le tue faccende con… Santana.”

Brittany parve ignorare l’ultima considerazione ma fece in modo che la sua mano scivolasse sotto la sua, intrecciando le sue dita sottili con quelle di Finn. Era la prima volta che lei lo prendeva per mano e la cosa lo turbò più di quanto avrebbe potuto immaginare. Sotto il suo palmo la pelle di Brittany era morbida al tatto. “Avresti dovuto farlo…” protestò lei piano, rafforzando la stretta, desiderosa di confortarlo. Non restarono in silenzio a lungo. “Sei sopravvissuto alle ire di Kurt…” constatò lei dando un’altra leggera stretta.

Finn si lasciò sfuggire uno strano suono a metà tra un latrato e un sospiro. “ Beh, è un tipo molto perspicace. Lo aveva capito ben prima di me… mi ha dato solo una strigliatina… ma si è detto sollevato del fatto che ho fatto le cose come si deve.”

“A volte Kurt mi inquieta…” Brittany arricciò il naso, prima di aggiungere. “Sembra leggere nella mente delle persone, nemmeno Lord Tubbington arriva a tanto…”

Uno dei grossi pesci rossi, balzò oltre la superficie dell’acqua, nel tentativo di tendere un agguato a qualche insetto che volava incautamente troppo vicino al pelo dell’acqua. Gli schizzi improvvisi disturbarono la quiete dello stagno, quando gli altri pesci presero a guizzare via in direzioni differenti, spaventati. “ Wow!” Mormorò Brittany, come se avesse appena assistito a uno spettacolo inaudito. Restarono fermi per un po’, sempre tendendosi per mano come se non ci facessero nemmeno più caso, mentre la quiete riprendeva possesso del fondale.

Lei non gli chiese il motivo per cui aveva preso quella decisione, non si informò circa la reazione di Rachel, non chiese dettagli su quello che era successo e su come fosse accaduto. “ Ma tu come stai, Finn?” Gli aveva invece domandato, infine, distogliendo gli occhi dall’acqua e fissandolo intensamente. Ed era la domanda corretta.
Ho la tachicardia” sarebbe stata la risposta più sincera, ma Finn pensò non fosse proprio il caso di farle sapere come si sentiva in quello specifico momento, né il perché il suo cuore stesse marciando così in fretta. E chiaramente Rachel non c’entrava affatto. “ Non lo so.”  Mormorò infine. “Strano, forse… ma era un passo che dovevo fare.”

Lei parve accontentarsi di quella risposta, come se fosse riuscita a leggerci ben altro. “ È ok sentirsi così…” gli disse, le parole quasi biascicate. “Anche io sono strana, infondo lo dicono tutti!” Gli sorrise, e nuovamente quel velo di serietà parve dissolversi così velocemente come si era formato. E lui se ne convinse, mentre lei si alzava senza lasciargli la mano. “Ma non posso farti stare qui tutto solo, proprio la sera in cui hai vinto la partita per i play-off!” Gli disse cercando di farlo alzare. “ Per cui ora, tu Finn Hudson vieni con me…” aggiunse intensificando il sorriso, perché lui non aveva opposto grande resistenza ed era già in piedi, “ e vieni a ballare con me!”

Lui si lasciò trascinare verso la musica, muovendo qualche lieve protesta di cui non era nemmeno particolarmente convinto, che generò semplicemente risatine e linguacce da parte di Brittany. In un baleno erano arrivati all’altro lato del giardino, ben più chiassoso.

“ Prometto che non sarà così terribile!” Esclamò Brittany spingendolo in mezzo agli altri ragazzi e agitando la mano, in un rapido saluto, oltre le sue spalle. Finn si girò appena per trovare Quinn e Sam intenti a ballare. La sua ex lo squadrò leggermente con un sopracciglio levato, prima di cambiare espressione, annuire lievemente, e inviargli un timido sorriso di approvazione. Tornò a rivolgere le sue attenzione a Sam. Come doveva interpretare tutto quello? La sua finale benedizione? Brittany gli afferrò la spalla e lo fece voltare verso di lei. “ Devi ballare con me, già te lo sei scordato?” Lo canzonò.

 
 *****

 
Cinque minuti dopo lui realizzò alcune cose. Era troppo goffo e totalmente scoordinato, senza contare che il suo corpo non aveva il ben che minimo senso  del ritmo. E per arrivare a questa conclusione non gli serviva di certo questa improvvisa esibizione. Le prove del Glee Club lo avevano ampiamente dimostrato in passato. Ma la cosa più importante era che Brittany rideva con lui, e non di lui, e questo gli faceva dimenticare tutto il resto. La bionda, al contrario, si muoveva come se fosse nata per quel momento, ogni muscolo sembrava in totale sincronia, ogni passo fluido. I suoi capelli ondeggiavano selvaggi sopra le sue spalle, i suoi occhi sembravano brillare ad ogni movimento, a seconda di come la luce che proveniva dai lampioni la colpisse. Ma mentre ondeggiava, a ritmo di musica, nemmeno sembrava pensare a passi o movimenti, come se la sua unica preoccupazione fosse quella di non interrompere il contatto visivo con lui.

Erano circondati da decine di ragazzi, persone che erano solite prenderlo in giro quando non erano intente ad incensarlo per il football, persone che lo avrebbero fatto sentire in imbarazzo se quell'occasione fosse stata differente. Ma aveva Brittany davanti a lui. Tutto quello che riusciva a mettere a fuoco erano i suoi occhi e i suoi capelli; fianchi, braccia e gambe che sembravano animati da una strana magia. Gli altri non esistevano. Finn non amava ballare, Finn odiava ballare. Eppure farlo con Brittany meritava un discorso a parte.

Quando Hangman sembrò necessitare di una pausa dalla console, Finn riprese fiato, mentre Brittany non smetteva di sorridere. “ Hai visto, non dirmi che è stato così terribile dopotutto?”

Lui aveva la gola arsa e non riuscì a rispondere, quindi si limitò ad annuire, sorridendo,  convinto e felice di essere sopravvissuto all'esperienza.

“ Ragazzi, un momento di attenzione!” Urlò Hangman dalla console. “ Qui non si festeggia solo la vittoria contro la High-Pride… ma si dà il caso che oggi io e Madison facciamo 6 mesi assieme!”

La folla attorno a loro applaudì, bicchieri di plastica vennero innalzati al cielo e congratulazioni furono urlate a gran voce. Era una fortuna che Madison abitasse in cima a quella collina, lontano dalle altre abitazioni e da potenziali denunce di disturbo della quiete pubblica.

“ Quindi, ci perdonerete se il prossimo pezzo vi sembrerà un po’ fuori contesto… ma devo un ballo alla mia donna!” Spiegò, levandosi le cuffie da DJ e armeggiando con il suo laptop.

Successe tutto molto in fretta. Finn stava già per proporre a Brittany di andare a prendere un nuovo drink quando la musica ripartì e Hangman si affrettava a raggiungere la pista da ballo improvvisata, dove Madison lo attendeva. La melodia si fece largo molto timidamente, sorprendendolo. Possibile? No, che non era possibile, era Hangman a scegliere la musica! In quale universo parallelo quel babbeo avrebbe potuto mettere i Yo la Tengo ad una festa dei Titans?!  Zero, meno di zero. Era più probabile fosse una richiesta della sua ragazza, valutò alla fine. O il suo cervello era ancora scombussolato dai balli precedenti e non riusciva più a riconoscere le note? Eppure, mentre Brittany gli si avvicinava e gli prendeva le mani, guidandole sui suoi fianchi con decisione, e allacciava le proprie dietro al suo collo, radiosa, dovette ricredersi. “ Prima che tu decida di scappare.. sappi che pretendo almeno questo lento, Finn!” Gli mormorò piano Brittany con una strana espressione, nascondendo un sorrisetto. “ Poi potrò ritenermi soddisfatta e avrò pietà di te.”

Lui pensò che gliene avrebbe concessi altri, se solo lei lo avesse voluto e se lo avesse guardato ancora in quel modo, ma preferì rispondere con un mezzo ghigno. “Non mi stai lasciando molta scelta!”

Lui non aveva la più pallida idea di cosa fare, così si limitò a seguirla, mentre Brittany conduceva, dettandogli i tempi del leggero ondeggiare. Già il non sentirsi completamente un tronco non era una brutta sensazione, e il non averle pestato ancora i piedi una conquista. Forse quel ballo era più adatto a un tipo come lui.

“Saw you at a party, you asked me to dance.
Said music was great for dancing.”
 
Erano definitivamente i Yo La Tengo, ma il fatto che Hangman avesse fatto partire Last days of disco sembrava uno scherzo assurdo. Era vittima di una gag, Brittany gli avrebbe fatto una pernacchia da un momento all'altro e avrebbe riso di lui.

 
“I don't really dance much, but this time I did.
And I was glad that I did this time."
 
Invece sentì le dita di Brittany muoversi contro il suo collo, allacciandosi maggiormente tra di loro, mentre lei si faceva più vicina. E quando lui cominciava a farsi assorbire totalmente dalla nuova atmosfera, catturato dalla voce malinconica di Ira Kaplan e dal lento ondeggiare di Brittany, ebbe solo modo di notare Sam fargli un veloce occhiolino dall’altro lato del giardino.

 
“And the song said: Don't be lonely,
It makes me lonely. ”
 
E poi il dubbio lo colse improvvisamente, mentre Brittany si scostava leggermente per guardarlo meglio, con un tiepido sorriso. Cosa stavano facendo?  Perché lei non era con Santana? E soprattutto, dove si era cacciata?
 
 *****
 
Quando Last days of disco era terminate, Brittany gli aveva sorriso in modo strano e si era staccata da lui. Finn era rimasto un po’ imbambolato, stordito dal suo profumo e dall’intensità del momento e non aveva risposto quando lei gli aveva annunciato di dover andare in bagno. Così era rimasto piantato come un palo a guardarla allontanarsi velocemente, pensando che lei stesse invece andando a cercare Santana, come se quel lento le avesse finalmente schiarito le idee. Restò immobile, almeno fino a quando non avvertì la mano di qualcuno sulla sua spalla.
 
“Puck è fuori come un balcone!” Sam gli aveva dato un paio di colpetti e aveva indicato la fontana.
“ Oh, maledizione…” Quinn aveva scosso il capo, al suo fianco.
 
Non aveva idea di come fosse successo, ma Noah era finito nella vasca della fontana. Come se fosse la cosa più normale del mondo, stava semplicemente dormendo, seduto in acqua e poggiato contro la statua da cui sgorgava il getto d’acqua. Finn spalancò la bocca, decisamente sorpreso. L’amico doveva aver esagerato giusto un tantino. Evidentemente l’euforia per il punto della vittoria era stata troppa da gestire in modo sano.
 
“ Perché diavolo non lo avete tenuto d’occhio?” Esclamò Quinn mentre tutti e tre si avvicinavano alla fontana. Anche Mike e Tina si stavano facendo largo tra un gruppetto di altri ragazzi. “Oddio…” 

“ E come facevo a tenerlo d’occhio se ero con te?!” protestò Sam.
“ Ah, quindi il tuo amico beve a tal punto da finire in una fontana e la colpa sarebbe mia?”
 
“Quinn, onestamente chi se ne frega di chi sia la colpa… tiriamolo fuori da lì piuttosto!” Finn roteò gli occhi, mentre aiutava Mike che era già saltato dentro la vasca con tutte le scarpe. L’acqua gli arrivava ai polpacci. “Stai iniziando a perdere i superpoteri, eh Pucky!” Commentò Mike afferrando l’amico con fatica da sotto le ascelle mentre Finn, che lo aveva raggiunto, lo prendeva per i piedi. “ Già, pure i supereroi invecchiano! Un tempo avrebbe retto alla grande.” Concordò Tina, che ancora reggeva il suo bicchiere in plastica.
 
Lo adagiarono contro la vasca, mentre Quinn rubava il bicchiere all’amica e lo riempiva fino all’orlo attingendo proprio dalla fontana. “ In questi casi suggerisco sempre una terapia d’urto…” Esclamò, rovesciandolo improvvisamente in faccia al ragazzo.
 
La terapia d’urto servì al suo scopo. Svegliarlo. Ma i successivi cinque minuti suggerirono che Noah fosse troppo fuori perché potesse restare alla festa senza fare qualche grossa stupidaggine, quindi Quinn prese in pugno la situazione e annunciò che la serata per loro era finita.
 
“ Noah, non farmi incazzare…” lo aveva ammonito Quinn, scandendo piano ogni singola parola. “ Vero che non vuoi che mi arrabbi?”
 
“Eddai, Q-Fabray! Me ne sto buono, lo giuro. E non ho dodici anni che puoi dirmi quando andare a casa. Che figura ci faccio se me ne vado così?” Noah aveva provato ad alzarsi ma aveva ondeggiato pericolosamente. Sam lo aveva sorretto, trattenendo un ghigno.
 
“ Ascoltala, amico. Adesso ce ne andiamo dritti da me e ti prepariamo otto litri di caffè. E poi sarai come nuovo!”
 
Come se le parole di Sam nascondessero in qualche modo una via d’uscita meno umiliante, Noah si era lasciato convincere. Mike e Tina lo avevano accompagnato fino alla macchina di Sam, mentre il biondo andava a salutare la padrona di casa.
 
Finn e Quinn erano rimasti ad aspettarlo davanti alla fontana. “Se vuoi… appena lascio loro da Sam torno indietro a riprenderti…”
“Ma no, non ti preoccupare…” aveva risposto Finn, ben conscio che il furgone di Sam non aveva abbastanza posti per tutti. “ Al massimo chiedo un passaggio a uno dei ragazzi, o a Santana…”
 
“Sicuro? Non sarebbe un problema per me!”
“Sicuro!”
Quinn sospirò. “ Va bene, ma stai lontano dall’alcool.Ci avete dato d'entro a sufficienza. E scrivimi quando arrivi a casa.”
 
 *****
 
Aveva appena salutato gli altri, osservando Quinn alla guida del furgone imboccare la discesa con un filo di preoccupazione, quando era rientrato nel cortile.
“Ti darei un passaggio io, ma sono rimasta appiedata proprio come te!” Si sentì punzecchiare una spalla. Brittany lo fissava con i suoi occhioni blu.

“Credevo fossi già andata via con Santana!” La salutò lui, senza riuscire a trattenere un sorriso. Finn aggrottò la fronte quando la cosa, così evidente, lo colse. “Un momento, dov'è finita?”

Brittany si strinse nelle spalle. “Non più qui… ti va una passeggiata?” Pronunciò con un tono fin troppo calmo.

Non che avessero grosse alternative. Era troppo tardi per chiamare qualcuno e chiedere un passaggio; avrebbe potuto implorare Kurt di venirli a prendere, ma non era sicuro di voler restare in debito con il fratello. Offrire armi e leve per ottenere futuri favori a Kurt Hummel poteva essere pericoloso. Prese a seguirla, considerando che Brittany aveva incominciato a camminare senza aspettare risposta.

“Cosa significa, non più qui?” Indagò Finn. La cosa non aveva senso, perché mai Santana doveva essersene andata prima di lei? “Scusami, credevo foste venute insieme alla festa!?”

Brittany lo sorprese con un mezzo sorriso. “ Significa che è andata già via, Finn!” Gli spiegò con un'aria paziente, roteando appena gli occhi. Finn sospirò, sforzandosi di non replicare. Imboccarono la dolce discesa che si allontanava dalla casa di Madison, superando le automobili parcheggiate di chi non aveva ancora abbandonato la festa. Proseguirono per un centinaio di metri, percorrendo la stradina che ora continuava solo in lieve pendenza.

“E ti ha lasciato qui?” Esclamò alla fine, senza riuscire a trattenersi, piantandosi in mezzo alla strada.

Brittany si fermò, stringendosi nelle spalle. “Mi ha chiesto di andare con lei, perché si annoiava. Tecnicamente sono io a non essere voluta venire via!” Abbassò leggermente gli occhi verso terra, come se alla fine non fosse pienamente riuscita a tenere fede alle proprie intenzioni. Brittany non gli stava dicendo tutto.

“Britt… che è successo?” Le domandò, certo che la faccenda fosse seria. Santana non l'avrebbe mai lasciata da sola altrimenti. Notò una panchina poco distante, sotto la pensilina del Bus. Era sceso a quella fermata per andare alla festa. Ma a quell’ora della notte non venivano più effettuate corse.
“È complicato…” rispose Brittany tornando a guardarlo.

Lui non riusciva a decifrare la sua espressione. Non era proprio così tonto; immaginare cosa fosse successo non era cosi impossibile. Ma aveva bisogno che fosse lei a confermargli la sua teoria. “Ok…” le concesse Finn, pensieroso. “Che mi dici se mando un messaggio a Kurt per farci venire a prendere?” Le chiese invece. “ Ci mettiamo ad aspettarlo qua, su quella panchina, e mi racconti cosa ti frulla in testa!” Lei parve pensarci qualche secondo. Infine, annuì, dirigendosi verso la panchina.

“Io e Santana non possiamo funzionare…credo di averlo definitivamente accettato.” Ammise lei, sedendosi.

Finn si mordicchiò l’interno del labbro, una strana morsa era partita dal fondo del suo stomaco ed era risalita. Il cuore prese a battergli più veloce. “Oh… vuoi, insomma...Ti ascolto, se vuoi spiegarmi il perché… e cosa si successo alla festa.” Dovette faticare per cercare di contenere il suo reale stato d’animo.

“ Non saprei davvero come cominciare…” Brittany si stava torturando le mani, apparentemente concentrata su nocche e falangi.

Nonostante fosse parecchio tardi, la notte era dannatamente afosa. O forse era ancora accaldato per quel paio di birre di troppo? Di certo non era messo male quanto Puck. “Beh, dall'inizio potrebbe essere la cosa più semplice.” Il suo sorriso voleva infonderle sicurezza.

Lei sospirò sonoramente e annuì. Lo soprese un po' quando recuperò il telefono dalla tasca dei jeans. “Se devo cominciare dall'inizio… è giusto ripartire da questa canzone.” Gli disse mentre scorreva l’indice contro lo schermo. Lui la guardò incuriosito, ma il trillo iniziale del brano era inconfondibile.

Rispetto alla prima volta non c'era quel senso di sorpresa, perché ormai lui conosceva i suoi gusti, ma le altre sensazioni provate gli sembravano quasi amplificate. I due ragazzi rimasero in silenzio come quel primo giorno, ma questa volta gli occhi di Brittany sembravano ipnotizzarlo, magnetici, perché lei non li aveva chiusi e sembrava volesse comunicargli qualcosa. Disintegration Anxiety riecheggiava nella buia stradina, tenuamente illuminata dal lampione sopra la pensilina.

“Questa canzone ha un po' cambiato tutto quanto, sai?” Mormorò Brittany all'improvviso, cercando di tenere il tono di voce appena una nota sopra l'incedere della batteria. Finn rimase in silenzio, incapace di dire nulla, così lei riprese. “ Ricordi quando l'abbiamo ascoltata insieme?”

Lui annuì. Come poteva averlo dimenticato? “ Pensavo a Santana in quel momento… mi sentivo così ... vuota. L’avevo appena mollata e una parte di me già avrebbe voluto tornare indietro.” Sorrise, quasi come se stesse pensando con nostalgia a qualcosa di tremendamente lontano nel tempo. In realtà erano trascorse solo un paio di settimane. Finn ancora non riuscì a comprendere.

“ Poi sei arrivato tu con la storia del duetto…” continuò la Cheerleader senza smettere di guardarlo, come se da quello dipendesse tutto ciò che doveva dirgli.
In lontananza si sentiva appena lo schiamazzo dei ragazzi che si erano attardati ancora a casa di Madison. Finn cercò di non darci peso e di focalizzarsi sulla bionda.
“ E ho iniziato a sentirmi confusa perché non sei come gli altri ragazzi che si avvicinano a me solo per il sesso…”

Lei distolse finalmente lo sguardo a quella esclamazione, trovando particolare interesse nella punta delle proprie sneakers, come se provasse imbarazzo. Finn registrò di non averla mai vista davvero imbarazzata prima di quel momento,  ma lei continuò lo stesso. “ E sono entrata ancora di più in confusione quando a te sembrava solo importare che io stessi bene e che avessi qualcuno con cui parlare dei miei sentimenti… ma quando mi sono confidata con Quinn, lei ha iniziato a mettermi la pulce nell'orecchio… e da lì è stato ancora tutto più un casino.”

Riprese fiato, così Finn pensò che fosse il caso di dire qualcosa, sebbene non avesse argomentazioni particolarmente brillanti da condividere. “ Perché un casino?”
Si spostò, cercando di trovare maggior comodità sulla panchina in metallo. Il ronzio di una zanzara, fastidiosamente vicino al suo orecchio sinistro, lo mise in allarme. Con una manata seccata, provò ad allontanarla, senza grande successo.

“ Non so se capita anche a te…” riprese lei, giocherellando con uno dei suoi bracciali. “Quando hai una canzone a cui hai sempre associato qualcosa… ma poi, all'improvviso, succede che non è più così… e quella stessa canzone si lega a tutt'altro. Ed è allora che ho iniziato a capire, credo.”

Si. Finn aveva presente. Era successo anche a lui. Gli succedeva in continuazione. Non riusciva più ad ascoltare nessun pezzo degli Explosion In The Sky senza provare una morsa al petto e pensare a Brittany. Si schiaffeggiò, nel tentativo di far fuori la zanzara molesta. Ma non fece altro che guadagnarsi un'occhiata perplessa dalla ragazza e una guancia pulsante.

“Ma era come se mi fossi convinta di dover stare male…” Brittany scostò ancora lo sguardo, prima di affrettarsi a specificare, “ La storia di Santana mi faceva stare male sul serio… ma poi arrivavi tu e tutto veniva spazzato via… e mi sentivo, leggera…”

Finn la fissava, silenzioso, come se avesse paura che lei potesse interrompere quel flusso di pensieri ora che era cominciato. Finalmente era riuscito ad intercettare la maledetta, schiacciandola contro il proprio braccio. “Scusami… giuro che ti stavo ascoltando!” Esclamò in risposta all'occhiata della ragazza. “ Ti sentivi leggera… dopo che, ehm…parlavamo.” Aggiunse con una lieve vena di imbarazzo, come a dare prova della sua attenzione.

“ E tutto mi sembrava così strano… perché, che diritto avevi di farmi sentire in quel modo?” Continuò lei, guardandolo con esasperazione, prima di sistemarsi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
“Brittany, io…”

“Finn, fammi finire…” lo interruppe lei. “ Più mi facevo domande e più Quinn mi dava risposte… ma non ero sicura potessero piacermi veramente, perché tu e Rachel… oh!” sospirò, come se quel pensiero non le desse ancora pace.

“Io e Rachel?” Stava capendo bene? Tra le file confuse di quella confidenza, lei gli stava dicendo ciò che lui pensava? O il suo cervello stava viaggiando con la fantasia e interpretava secondo quello che lui avrebbe voluto sentire? O era ancora colpa di quelle due birre?
“Ed è per questo che ho pensato che forse era giusto darmi un'altra occasione con Santana quando lei sembrava finalmente cosi.. decisa.” I fari di una macchina di passaggio li illuminò per una manciata di istanti.

“Finn, ti sei mai sentito… così confuso da non saper nemmeno più da che parte girarti?” Lei era già tornata nella penombra.
Lui sospirò. Che senso aveva girarci ancora attorno? “ Tipo… ogni volta che siamo stati insieme negli ultimi giorni…” ammise con un mezza smorfia. “ È per questo che non potevo più stare con Rachel…”

La canzone era termina e Brittany lo fissava con una strana espressione, come se  non riuscisse totalmente a processare quanto udito. “ Santana… voleva che andassi via con lei quasi subito dopo essere arrivate alla festa.” Pronunciò infine, avvicinandosi lentamente. Per qualche strano motivo anche Finn sembrò muoversi nello stesso momento, come se una strana polarizzazione magnetica li avesse chiamati a se in contemporanea.

“ Ma non ti avevo ancora salutato da dopo la partita… e non volevo andare via senza farlo, quindi… lei non l'ha presa benissimo... non sembra una grande fan del nostro… rapporto.” Mormorò la Cheerleader, muovendo appena le labbra. Ormai i loro volti erano vicinissimi. “Ma non sono sicura mi importi molto… in questo momento.”

 “ Oh, credevo fossi andata da lei… dopo che abbiamo ballato!” mormorò Finn cercando di mascherare la sua agitazione.

Brittany strabuzzò appena gli occhi e scosse il capo, ormai vicinissima. “Credevo di averti detto che avevo solo bisogno del bagno… Santana era andata da un pezzo!”

Finn, a quel punto, dovette semplicemente allungarsi qualche centimetro affinché le loro labbra si sfiorassero. Il bacio lasciò inizialmente entrambi sorpresi, come se nessuno dei due si fosse accorto davvero dell'avvicinarsi reciproco, ma presto Finn avvertì le labbra della ragazza, contro le sue, incurvarsi in un sorriso prima che lei approfondisse il bacio. Lei sapeva di vodka alla fragola e lui ringraziò il cielo che Quinn gli avesse offerto una mentina prima di andare via. Il bacio durò poco e tantissimo allo stesso tempo; non ne aveva la più pallida idea. L'unica cosa che sapeva era quella percezione strana, come una scossa all'altezza dello stomaco ed elettricità verso le parti più periferiche. Dita formicolanti. Si erano separati lentamente, riprendendo fiato. O il suo cardio era peggiorato drasticamente, oppure non era stata una cosa così breve. Erano distanziati soli pochi centimetri quando Brittany parlò, le guance arrossate. “ Non mi hai baciato solo perché hai bevuto troppo, giusto?”

“Tecnicamente sei tu ad aver baciato me…”

“Non direi…”

“ Ti sei avvicinata per prima…” protestò Finn, sorridendo.

“Lo saprei se ti avessi baciato io…” replicò Brittany ricambiando il sorriso. Era una conversazione cosi improbabile da fare in quel momento, eppure eccoli lì a mezzanotte passata, su una panchina nella piena periferia di Lima a giocare allo scarica barile.
“Ah, sì?”

Lei annuì, mentre si alzava in piedi e gli si sedeva in grembo, lasciandolo di stucco. Presto il collo di lui venne circondato dalle sue braccia. “Se ti avessi baciato io, credimi, lo avrei fatto così…” gli mormorò con espressione furba, prima di azzerare nuovamente le distanze e di catturare il suo labbro inferiore tra le proprie labbra.

Il loro secondo bacio non aveva nulla a che fare con la delicatezza e la dolcezza del primo. Dopo un minimo di esitazione, quando le labbra di lei presero a muoversi con più decisone contro le sue, e la sua lingua chiedeva accesso, Finn cominciò a rispondere con un trasporto via via crescente. Perse totalmente il senso di dove fossero. In quel momento c'erano solo loro due, il suo retrogusto di fragola e quella strana danza tra le loro bocche, lingue che tentavano la conquista di un territorio inesplorato, alimentata dall'urgenza del momento e dalla voglia di esplorare ed esplorarsi. Quando lei si staccò per riprendere fiato, Finn si sentì guardato come una tigre avrebbe osservato una preda inerme. Ecco, quello era uno sguardo che lei non gli aveva ancora dedicato.

“Ok…” concordò Finn, con una mezza risata, cercando di riguadagnare la completa capacità respiratoria.  “Direi che prima ti ho baciata io…”
Lei ridacchiò, e improvvisamente assunse un'espressione più ingenua, mentre posava la fronte contro quella del ragazzo. Era tornata la Brittany di quei pomeriggi passati assieme a scambiarsi confidenze. Solo che ora quella ragazza gli sedeva in braccio, mentre pareva concentrata nel far sfiorare delicatamente i loro nasi.

“ E la birra non c'entra!” Finn precisò, tutto a un tratto, facendola sobbalzare lievemente prima di essere assorbita in una risata cristallina. Era bellissima con le guance ancora arrossate e i capelli un po' arruffati.

Restarono cosi, nel  silenzio di quella stradina, semplicemente a fissarsi e regalarsi sorrisi più o meno timidi, specchiandosi l'uno negli occhi dell'altra, mentre Brittany giocherellava con i capelli di Finn. “ Così sono un po' responsabile della tua rottura con Rachel?”

“Direi… giusto un pochino.”

“Beh, siamo pari… credo tu sia in parte responsabile se non mi rimetterò con Santana!”

“Pensi proverà ad assoldare un sicario per farmi fuori?”

Brittany parve fingere di pensarci un po’ su. “ In realtà credo lo farà con le sue mani…”

Finn ridacchiò, sebbene la cosa non sembrasse poi cosi improbabile. La baciò di nuovo e Brittany sembrava non aspettare altro, ma si scostò quasi subito, preoccupazione evidente negli occhi. Finn si allarmò.

“ Pensi che Rachel chiederà a Santana il biglietto da visito del tuo killer? Proverà a metterlo sulle mie tracce?”

Finn che stava già facendosi prendere dal panico, pensando di aver fatto qualcosa di sbagliato che l’avesse infastidita, si ricordò di respirare nell’esatto momento in cui lei cominciò a ridere. “ Forse dovremmo chiedere di entrare in un programma di protezione testimoni!” La sua eccitazione, segnalata dal luccichio dei suoi occhi, sembrava la stessa che avrebbe potuto avere nel proporgli di andare al Lunapark. “Aspetta, pensi che potremmo aver bisogno di una guardia del corpo? Potremmo chiedere a Lauren Zizes, mi hanno detto che farebbe di tutto per delle uova di Pasqua!”

“ Dici che Lord Tubbington, con tutti i suoi contatti… non riuscirebbe a procurarci dei passaporti falsi e una nuovo identità?” Chiese Finn, fiero di come la domanda l’avesse illuminata.

“ Sei un vero genio!” Brittany gli regalò un nuovo bacio, questa volta a stampo. “ Se non sta già dormendo al mio rientro, provo a chiederglielo!”

Trascorsero i successivi minuti a fantasticare, pensando ai posti che avrebbero visitato con i loro nomi nuovi di zecca, immaginando una vita avventurosa fatta di spiagge assolate, palme e tramonti, al limite del fantastico. Finn rideva come non aveva riso da giorni. E mentre guardava Brittany negli occhi, assecondando e alimentando le sue fantasie in attesa dell’arrivo di Kurt, era chiaro che quel famoso pezzo del puzzle era finalmente saltato fuori. In compagnia di Brittany non c’era ansia che potesse reggere il banco. Insieme la distruggevano. 
   
 
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